giovedì, maggio 11, 2006

Sacra Conversazione /5

I vaticanisti hanno raccontato l'incontro di Benedetto XVI con un gruppo di teologi per discutere di Islam a Castelgandolfo, il 2 e 3 settembre 2005, come d'un incontro segreto e secretato. Il tema non era come è stato detto "Islam e democrazia" ma un tema molto più teologico, ovvero: la concezione di Dio nella teologia islamica.

Come racconta il "divinus" Magister, si è trattato dell’ultimo di una serie di incontri del "professor" Ratzinger con suoi ex allievi, uno l’anno sin da quando Ratzinger era professore di teologia a Ratisbona.
Divenuto arcivescovo di Monaco, lo pregarono di continuare ed egli accettò. Lo stesso avvenne quando si trasferì a Roma come prefetto della congregazione per la dottrina della fede. Gli incontri durano un fine settimana e avvenivano di solito in un monastero. Al termine dell’incontro del 2004 i partecipanti si lasciarono con già fissato il tema dell’anno seguente: l’islam, o più precisamente, "il concetto islamico di Dio". Già fissati erano anche i due esperti che avrebbero introdotto la discussione: il padre gesuita egiziano Samir Khalil Samir e un altro gesuita islamologo, Christian Troll, tedesco.

Quando il cardinal Ratzinger fu eletto papa, i suoi ex allievi pensarono che la cosa sarebbe finita. Ma Benedetto XVI disse loro che ci teneva moltissimo a continuare. Per l’incontro del 2006 il tema sarà il rapporto tra Cristianesimo e scienza.

Il gesuita egiziano Samir Khalil Samir ha riflettuto sugli interventi fatti in quella occasione da Benedetto XVI scrivendoci sopra un saggio (qui pubblicato integralmente dal divinus Magister) che di papa Ratzinger ne analizza e ne spiega la politica religiosa:
"Benedetto XVI è forse fra le poche personalità ad aver capito profondamente l’ambiguità in cui si dibatte l’islam contemporaneo e la sua fatica nel trovare un posto nella società moderna. Nello stesso tempo egli sta proponendo all’islam una via per costruire la convivenza mondiale e con le religioni basata non sul dialogo religioso, ma culturale e di civiltà, basata sulla razionalità e su una visione dell’uomo e della natura umana che viene prima di qualunque ideologia o religione."



"...I buoni criticheranno questo approccio, perché ritengono che il dialogo interreligioso sia una cosa splendida. I cattivi esulteranno, perché Ratzinger impone "loro" le "nostre" condizioni.

Ma non è così semplice.

Sono quattro decenni che una cerchia di uomini anziani, molto simili tra di loro nonostante alcuni siano vescovi, altri rabbini, altri imam e altri ancora patriarchi, volano in aereo per trovarsi in enormi ville o sale congressi, e ribadire l'ovvio - cioè che i tre monoteismi parlano di Abramo, che nei testi dei tre monoteismi ci sono riferimenti alla pace e all'amore. Si fa il possibile per evitare gli scogli, che però sono tali da affondare qualunque nave.

I cattolici non hanno intenzione di rinunciare alla divinità di Gesù, gli ebrei al proprio ruolo di unico popolo eletto da Dio, i musulmani all'idea di essere la religione ultima e migliore, gli ortodossi non intendono accettare ordini dal Papa. Si potrebbe certo proporre come soluzione quella esoterica, che suggerisce una verità comune, superiore alle parole che dividono: ma se qualcosa unisce i praticanti dell'ecumenismo, è il rigetto dello "gnosticismo" e quindi dell'idea dell'esistenza di una verità al di sopra della teologia (o dei teologi).

Dire che gli scogli esistono - come fa Ratzinger - suscita spesso indignazione tra le persone di buona volontà. E questo avviene per un preciso motivo sociale.

La Chiesa cattolica è infatti concepita dagli italiani come la Grande Madre del Popolo, con due compiti fondamentali.

Il primo sarebbe quello universale di benedire matrimoni di poco credenti e peggio comportanti, offrire spunti per pettegole feste di battesimo e aiutarci a piangere insieme davanti al televisore per i carabinieri morti a Nassiriya.

Il secondo sarebbe quello particolare di provvedere alla tutela delle vedove, degli sfortunati, dei lebbrosi e dei moribondi, nella misura (crescente) in cui non ci pensa la collettività.

In entrambi i casi, "cristiano" è sinonimo di assenza di rigore o di limiti: il prete deve portare cibo all'anziana prostituta, così come deve parlare dell'infinita bontà di Dio alle nozze dell'usuraio.

Questo ruolo di bonaria moglie dello stato è molto antico, ma è diventato l'unico socialmente ammesso per la Chiesa dopo il fuoco fatuo del Concilio Vaticano II, con le sue confuse aspirazioni evangelizzatrici; ed è quello che giustifica l'otto per mille
."
Così commenta sagacemente Kelebek, le cui successive conclusioni non le ritengo condivisibili.

Non è vero che la collaborazione dei cattolici con tutti gli "uomini di buona volontà" interessi poco a Benedetto XVI.
E' vero il contrario ma gli preme far capire chiaramente ai cattolici (e soprattutto ai non cattolici!) che la mutua comprensione e collaborazione nulla ha a che fare con il sincretismo o il proselitismo religioso.
Una volta giustificato dal punto di vista teologico che è possibile per un cattolico operare fattivamente per uno scopo considerato buono e giusto anche da un non cattolico di "buona volontà" (il quale intimamente si faccia beffe dell'incarnazione e della transustanziazione) e che ciò in nulla è di nocumento alla professione di fede cattolica, il compito della teologia si estingue. Ecco che a quel punto il rapporto tra la persona cattolica e quella non cattolica si è spostato sul piano della morale, dell'etica, di ciò che la Chiesa chiama "dottrina sociale", per cui non si vede che cosa centrino le disquisizioni teologiche e le riunioni di preghiera.

Quella del papa non è una difesa ad oltranza di tutto ciò che è occidentale, ma di tutto ciò che nell'occidente c'è di cristiano o di "naturaliter christianus":
"Mentre il papa chiede all’islam un dialogo basato sulla cultura, sui diritti umani, sul rifiuto della violenza, nello stesso tempo egli chiede all’Occidente di ritornare a una visione della natura umana e della razionalità in cui non si escluda la dimensione religiosa. In questo modo – e forse soltanto così – si potrà evitare un conflitto delle civiltà, trasformandolo invece in un dialogo fra le civiltà..."

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