sabato, dicembre 12, 2015

Dolores y Misericordia

ovvero: rifare le Presentazioni

L’ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice, notificando all’universo clero le modalità della "actuosa partecipatio" alla cappella papale nella solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria dell’anno del Signore Nostro Gesù Cristo 2015 –  anno III del sacro principato di papa Francesco – , comunicava agli eminentissimi Cardinali e ai beatissimi Patriarchi siccome agli eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi, volenti concelebrare la solenne liturgia propiziatrice l’inaugurazione del giubileo straordinario della Misericordia, di recarsi all’interno del Tempio Petriano ove poter rivestirsi dei sacri paramenti nella “Cappella della Presentazione del Signore”.  Fin qui la notificazione a firma del maestro delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice monsignor Marini minor.
Il problema è che nella Basilica Vaticana non esiste alcuna Cappella della Presentazione del Signore! 
Oramai abituati a ben altre stramberie, ciò non ha destato verun problema ai sacristi pontifici che infatti – non essendo stato emanato alla bisogna un chirografo “ex audentia Santissimi” che mutasse immantinente la dedicazione di una qualsivoglia cappella della basilica di San Pietro – hanno intuitivamente predisposto le casule per la concelebrazione nella Cappella della Presentazione di Maria. Tale cappella è speculare a quella di San Sebastiano ove solitamente, per mezzo di acconce cortine, si allestisce la sagrestia nelle solenni celebrazioni papali in basilica e da dove il corteo pontificio, passando dall’attigua Cappella della Pietà, si snoda per la vasta navata.  Poiché, al termine della concelebrazione dell’8 dicembre sul sagrato di San Pietro, la teoria dei gerarchi facenti corteggio al Romano Pontefice avrebbe dovuto varcare la Porta Santa, che si trova a lato della Cappella della Pietà, gli officiali delle liturgie pontificali hanno saggiamente deciso di allestire l’effimera sacrestia in altro luogo per meglio lasciar spazio ai presuli, così come ai tecnici delle riprese fotografiche e televisive. Nondimeno, a tal guisa, avranno  preventivato di non intralciare il percorso dei pii pellegrini che dalla vastità della piazza si sarebbero successivamente riversati mercé la “Porta della Misericordia” nella Cappella della Pietà e di poi nella conseguente Cappella di San Sebastiano: luogo oggidì principe dalla cristiana devozione dei pellegrini "ad limina apostolorum" da quando, immediatamente dopo il rito di beatificazione e sfrattando le antiche ossa del Beato Innocenzo XI, sotto l’altare sono state poste le triplici casse contenenti le spoglie di San Giovanni Paolo II.
Sul contraltare della dirimpettaia cappella invece domina la copia in mosaico di una grande tela settecentesca del Romanelli dove i santi genitori Gioacchino ed Anna conducono Maria bambina al Tempio di Gerusalemme, accolta deferentemente dal sommo sacerdote (ben identificabile dai paramenti giudaici descritti nel libro del Levitico). Tale mistero della vita della Santa Vergine si commemora il 21 novembre, e la Chiesa cattolica la celebra come giornata “pro orantibus” (speciale ricordo dei consacrati alla clausura). Ad essere puntigliosi San Pio V aveva espunto tale commemorazione liturgica dal suo Santorale riformato secondo la mente del Sacrosanto Sinodo Tridentino, poiché trattasi di evento narrato dal Protovangelo di Giacomo ignoto alle  Sacre Scritture canoniche. Ma poi Sisto V – er papa tosto! – reinserì la festività mariana nel calendario romano, trincerandosi dietro ad un: “Chi sono io per giudicare un apocrifo?” (mentre d’imperio “correggeva” la Volgata di San Girolamo).
Si è trattato certamente di un "lapsus calami", una piccola svista – staranno dicendo i magnanimi cinque lettori di questo inutile blog tardo barocco –  ma proprio per essere opera di tanta leggerezza non è meritevole di benevola indulgenza!
È mai possibile che i cerimonieri pontifici dopo anni di servizio – e di servizio liturgico! - all’ombra del Cupolone non conoscano non dico tutti gli altari della basilica papale ma almeno le maggiori cappelle! La mastodontica Cappella della Presentazione, che al suo interno alberga i monumenti funerari di papa Della Chiesa di Pietro Canonica e di papa Roncalli di Emilio Greco, nelle sue lunette e nei pennacchi raffigura personaggi veterotestamentari ed episodi tipologici della Santa Vergine, così come nel vasto mosaico della cupola ellittica: l’Eterno Padre adombra l’Immacolata madre dell'Eterno Verbo. 
Ipotizzo: chi ha redatto materialmente il giubilare dispaccio ignorava che oltre alla festa della Presentazione del Signore esiste anche una memoria della Presentazione della Beata Vergine, oppure le candide colombe che reca la popolana ginocchioni in primo piano sono state erroneamente identificate con la coppia di consimili casti volatili che il padre putativo del Redentore offrì al Tempio al momento della presentazione del primogenito, a quaranta giorni dalla nascita, come attestato dall'evangelista Luca.  Imbarazzante decidere quale delle due ignoranze – liturgica o iconografica -  sia più crassa. In fondo, a ben pensare, possiamo salomonicamente affermare che si tratta di un’unica basilare ignoranza! Nella bimillenaria devozione cattolica il rito e l’arte, la bellezza e la liturgia, furono sempre congiunti in sovrano connubio. E mai possibile che chi predispone le coreografie vaticane sia così digiuno dei tesori di arte e di fede della basilica di San Pietro? Possibile che il monsignor estensore del suddetto avviso sacro non abbia mai sostato con lo sguardo all'insù, ammirato, nello scrutare il mistico senso di quella cattolicamente magnificentissima Biblia pauperum? In tanti anni di servizio mai avuto occasione di celebrare il servizio divino all’altare della Cappella della Presentazione? Non rimane che elevare voti affinché consimili rappresentanti di Cristo seppur privi di guida spirituale si premuniscano almeno di guida turistica!


Post scriptum: 
Qualcuno, sapidamente, potrebbe obiettare che nulla vieterebbe che il nostro ipotetico, anonimo (ed apocrifo) cerimoniere, estensore del sacro avviso giubilare, sovente e piamente abbia celebrato a qualche altare della vasta basilica prediligendo, forse, altari più affini alla propria divozione – ogni ladrone ha la sua devozione, recita il proverbio siculo. In effetti al di sotto dell’altare della Presentazione della Beatissima Vergine resiste – ancora! - l’urna con le spoglie di San Pio X. Un santo pontefice il cui culto è abbastanza negletto tant’è che il suo sacro corpo viene ormai annualmente occultato per circa 2 mesi dalla natalizia scenografia presepiale. Bisogna riconoscere invero che papa Francesco (a differenza degli immediati predecessori) ha dimostrato singolare devozione per le sacre ceneri del papa del Catechismo Maggiore e Minore celebrandone a questo altare la messa  nella festa liturgica. In Argentina la memoria di San Pio X è, in effetti, ancora molto vivida tant’è che molteplici sono gli interventi pastorali dell’arcivescovo Bergoglio dedicate alla catechesi, ai catechisti e ai catechizzandi in occasione di tale ricorrenza liturgica. 
Detto questo nessuno può escludere che papa Francesco, dando ancora maggior prova del suo voler essere misericordioso come il Padre, possa decretare "sine die" la traslazione  dei sacri resti di Papa Sarto presso il seminario di Econe, e  far spazio in San Pietro a reliquie in maggior sintonia con lo spirito tutto pastorale del pontificato: le ceneri di Gramsci.

sabato, novembre 28, 2015

Miserando atque Eligendo

Sui siti internet di vari quotidiani italiani, in calce agli articoli dei vaticanisti che piattamente riferiscono che il Pontefice nella sua omelia in Uganda ha sentenziato che: "i piaceri mondani non danno gioia", compaiono i commenti astiosi di chi accusa Papa Francesco di demagogia pauperista. Consimili fervorini spirituali vanno bene per i cristiani occidentali "sazi e disperati" non certo per gli africani che vivono (e i più sopravvivono!) con redditi sotto la soglia della povertà - chiosano stizziti gli italici commentatori internauti! 
Epperò, come spesso ha gesuiticamente insegnato Bergoglio: le affermazioni vanno sempre lette nel loro contesto. E poiché trattasi di estrapolazione dall'omelia della messa celebrativa del cinquantesimo della canonizzazione di quei santi martiri ugandesi che preferirono la morte piuttosto che soggiacere alle avances del re di Buganda, se ne dovrebbe dedurre che "i piaceri mondani" cui velatamente Bergoglio ha fatto riferimento non siano affatto i postmoderni feticci del consumismo capitalistico! Invero il Vescovo di Roma avrebbe potute sforzarsi d'essere più chiaro intorno a che cosa, assai prosaicamente, sia consistito il luminoso esempio di san Carlo Lwanga che anche oggi "continua a ispirare tante persone nel mondo". Consolante, in tutta questa omertà pontificale sulle ragioni del martirio dei paggi del re tribale, è che Papa Francesco non abbia sentito l'obbligo di aggiungere un: "Chi sono io per giudicare Mwanga re di Buganda?"