giovedì, maggio 22, 2008

Gran Rabbi nato /7

Sive: "Sequebatur autem Iesum Simon Petrus et alius discipulus.
Discipulus autem ille erat notus Pontifici et introivit cum Iesu in atrium Pontificis" (Gv.18,15)


Non ci erano ignote -oh lettori carissimi e dilettissimi- le dottrine variamente definite "lefevbriane" , "sedevacantiste" o "fatimidi" accomunate dalla convergente interpretazione del Concilio Vaticano II quale catastrofe teologica, causa di una vera e propria apostasia dalla "vera fede"; quale satanico capovolgimento delle più sacrosante ed inveterate dottrine insegnate costantemento dal Magistero ecclesiastico sino a tutto il pontificato di Pio XII.
L'"aggiornamento" auspicato dal buon Giovanni XXIII, pertanto, altro non sarebbe stato che un complotto criminale giudaico-massonico-satanista in cui il ruolo di freddo e spietato sicario sarebbe stato assolta dal "Servo di Dio" Paolo VI.

In tali esecrandi ambienti "refrattari", infatti, Papa Montini che dovette portare la croce di portare a termine il Concilio è assi più malvisto di Papa Giovanni che fortissimamente volle quel Concilio e quell'aggiornamento (ma che poi vestiva baroccamente, indossava il triregno e si dondolava pacioso sulla sedia gestatoria).
Sarebbe stato, quindi, Giovan Battista Montini che avrebbe trasformato il Concilio ed il Papato nella "sentina di tutte le eresie".
Paradigmatico di tali correnti di pensiero sono gli scritti di tale Daniele Arai che nel suo "sillabico" articolo " La libertà religiosa di Paolo VI" afferma che: "nel 1965 quasi tutti i padri del Vaticano II furono indotti da Paolo VI a sottoscrivere errori ed eresie già condannate dal Magistero. Alcuni ne erano coautori, ma la maggioranza cadde nell’abbaglio dell’«ubbidienza assoluta» a chi era in veste papale."
E poco dopo aggiunge:
"Paolo VI usò spesso in pubblico, l’«ephod» dei grandi sacerdoti, il simbolo di Caifa che condannò Gesù.
Un giorno si capirà meglio le ragioni per le quali ritenne d’inviare il messaggio di un Papa in veste di gran sacerdote al mondo. Per ora conosciamo solo i risultati giudaizzanti di tale iniziativa in Vaticano."
E altrove:
"Ora, il Vaticano II giustificando un’unità, una comunione e una libertà religiosa, contrarie alla fede cattolica, rappresenta una «perfidia» che, materialmente, supera in gravità quella del sinedrio giudaico.
Del resto, Paolo VI è apparso molte volte indossando l’Ephod di Caifas. Non era forse questo il mistero dell’iniquità profetizzato come segno precursore della fine dei tempi?"


Ignoravamo, infatti- oh miei cinque lettori-, che in tanto sottobosco pseudo-tradizionalista tanti severi moniti antiereticali portassero quale indegno corollario -in ossequio alla categoria logica detta del: "e cheste và pe' chelle"- la protestantica perversa dottrina del Papa quale manifesto Anticristo!
Papa Montini (e i suoi pseudo-successori: poichè essendo tutti eretici conclamati sarebbero papi solo "de facto" ma non "de iure"!), secondo tali apocalittiche ricostruzioni, per significare il capovolgimento della sana dottrina si sarebbe fatto confezionare blasfeme suppellettili sacre!

Come contenere il giusto sdegno di fronte a tanta sfrontata propaganda da cabalisti da strapazzo! Come resistere all'impeto di stracciarsi le vesti di fronte a tanta insipienza, se non ci sorreggesse la premura di non scoprire il fianco a chi non attende altro che trafiggerci il cuore con l'accusa di essere dei marrani giudaizzanti?

Tralasciamo di sottolineare più diffusamente che non può essere considerato degno di venerazione solo ciò che corrisponde ai canoni dell'orificeria e della sartoria barocca; sarebbe interessante indagare per quali angusti e tortuosi percorsi della mente non si riesca -da parte di assai eruditi fedeli cattolici!- a "ricapitolare in Cristo" i segni dell'Antica Alleanza come invece ci ammonisce di fare l'Apostolo!

I simboli più venerabili della Storia Sacra, che i Padri della Chiesa magistralmente si sforzarono di interpretare come segni e simboli dell'avvento di Cristo e della Chiesa, rimangono perciò un'oscura selva in cui intelletti tanto scopertamente fallaci non sanno fare di meglio che interpretare in riferimento a Satana, o a Dan Brown: come se solo la Cabbala, la Massoneria e il Satanismo avessero l'autorità di definire il significato simbolico delle cose!
La Chiesa “esperta in umanità” secondo la felice espressione di Paolo VI (usata durante la sua visita all'ONU) sin dall'età apostolica non ebbe alcun imbarazzo ad usare qualunque figura della sacra scrittura ma anche dalla cultura profana quale figura e profezia di "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore": il pesce, l'ancora, il sole, Orfeo etc. Come disse in visione la voce a San Pietro: "Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".

Ma prima di cercare di intellegere -oh già spazientiti miei quattro lettori!- gli arcani simbolismi bisognerà pur chiarire cosa fosse quell'oggetto, impropriamente detto "efod", che Paolo VI avrebbe spesso portato appeso al collo!
PARTE PRIMA
Ma che cos'è l'Efod?

"Ephod" (termine che in verità nella Bibbia viene usato per indicano tre vestimenti differenti) è uno degli abiti propri del Sommo Sacerdote della religione Giudaica. Viene descritto nel Libro dell'Esodo tra gli indumenti che Iddio comandò fossero realizzati per rivestire Aronne, il primo Sommo Sacerdote:
"Farai per Aronne, tuo fratello, abiti sacri, che esprimano gloria e maestà. Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti, ai quali io ho dato uno spirito di saggezza, ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l'esercizio del sacerdozio in mio onore.
Ed ecco gli abiti che faranno: il pettorale e l'efod, il manto, la tunica damascata, il turbante e la cintura. Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore. Essi dovranno usare oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso.
Faranno l'efod con oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo e che sta sopra di esso sarà della stessa fattura e sarà d'un sol pezzo: sarà intessuta d'oro, di porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto.
Prenderai due pietre di ònice e inciderai su di esse i nomi degli Israeliti: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra, in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi degli Israeliti, seguendo l'arte dell'intagliatore di pietre per l'incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d'oro.
Fisserai le due pietre sulle spalline dell'efod, come pietre che ricordino presso di me gli Israeliti; così Aronne porterà i loro nomi sulle sue spalle davanti al Signore, come un memoriale." (Es28, 2-12)

L'efod vero e proprio perciò sarebbe una specie di grembiule legato ai fianchi da una cintura e su cui sono incastonare due pietre all'altezza delle spalle. ma l'oggetto causa della nostra indagine è invece quello che detto impropriamente "efod" in realtà è indossato sopra l'efod e pende sul petto del Sommo Sacertote: "il pettorale" appunto, detto anche "Pettorale di giustizia".
"Farai il pettorale del giudizio, artisticamente lavorato, di fattura uguale a quella dell'efod: con oro, porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto.
Sarà quadrato, doppio; avrà una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirai con una incastonatura di pietre preziose, disposte in quattro file. Una fila: una cornalina, un topazio e uno smeraldo: così la prima fila. La seconda fila: un turchese, uno zaffìro e un berillo. La terza fila: un giacinto, un'àgata e un'ametista. La quarta fila: un crisòlito, un ònice e un diaspro. Saranno inserite nell'oro mediante i loro castoni. Le pietre corrisponderanno ai nomi degli Israeliti: dodici, secondo i loro nomi, e saranno incise come sigilli, ciascuna con il nome corrispondente, secondo le dodici tribù.
Poi farai sul pettorale catene in forma di cordoni, lavoro d'intreccio d'oro puro. Farai sul pettorale due anelli d'oro e metterai i due anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d'oro sui due anelli alle estremità del pettorale. Quanto alle due altre estremità delle catene, le fisserai sui due castoni e le farai passare sulle due spalline dell'efod nella parte anteriore."(Es.28, 15-25)

Il pettorale, l'oggetto della nostra diatriba, è pertanto una specie di borsello all'interno del quale sono consevati due oggetti detti "Urim" e i "Tummim" (fino all'esilio di Babilonia il loro sorteggio servirà per interrogarre la volontà di Dio) mentre nella parte esterna è fissata una quadrangolare lamina metallica su cui sono incastonate dodici pietre simbolo delle dodici tribù di Israele: "Così Aronne porterà i nomi degli Israeliti sul pettorale del giudizio, sopra il suo cuore, quando entrerà nel Santo, come memoriale davanti al Signore per sempre. Unirai al pettorale del giudizio gli urim e i tummim. Saranno così sopra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre." (Es.28,29-30)

Ora, Paolo VI ha davvero (magari al posto della croce pettorale, come si vorrebbe subdolamente insinuare!) indossato appesa a due catenelle e pendente dul suo petto il "pettorale di giustizia" erroneamente detto "efod"?

Se si fa ben attenzione, in tutte le foto in cui dul busto di Papa Montini penzola una placca rettangolare con incastonate dodici pietre dure egli indossa anche una stola rossa, e sempre la stessa stola rossa.

A differenza di quanto noi profani possiano ritenere, vi sono stole di differenti fogge, non solo a causa dei differenti periodi storici e differenti riti liturgici e perciò anche nello stesso Rito Romano.
Vi è, ad esempio, la stola "dritta" cioè quella dello stesso colore liturgico (e confezionato con la medesima stoffa) del paramento liturgico indossata sopra il bianco camice, la quale viene legata con la funicella all'altezza sei fianchi ed è nascosta dalla sovrastante veste liturgica (dello stesso colore) e che viene indossata dal presbitero o dall'episcopo per la celebrazione della santa Messa.
Vi è poi un'altro tipo di stola detta "stola pastorale" che i preti, vescovi, cardinali e papi indossano sopra il proprio "abito corale", cioè per presiedere quelle celebrazioni religiose che si svolgono fuori dalla Messa (amministrazione dei sacramenti, benedizioni, liturgia delle ore, predicazioni al popolo, etc).

Il Romano Pontefice è l'unico a godere del privilegio di poter indossare la stola "pastorale" anche in cerimonie non religiose ragion per cui la stola pontificia non viene indossata in ossequio al colore liturgico del giorno ma è sempre rossa ornata d'oro (tranne durante le festività pasquali quando il cerimoniale prescrive il bianco).

Chi osservi la gran quantità di stole indossate da Benedetto XVI si accorgerà facilmente che, solitamente, proprio all'altessa del petto, dalla parte interna dei due lembi della stola partono due cordoncini dorati che unendosi, in una specie di nodo, terminano con una specie di piccolo pon-pon (o anche due).
I manuali di moda "prêtre a portè" confermano:
"Spesso più decorata delle altre stole perché più in evidenza, la stola pastorale presenta all'altezza del petto una pattina di stoffa, un nastro o un cordone generalmente terminante con ghiande o nappe, per riunire le due metà del paramento."

La stola rossa con catenelle che si congiungono in una placchetta rettangolare ispirato all'efod; così come un'altra assai simile stola bianca da cui partivano due catenelle che si congiungevano in una placca a forma di scudo su cui era raffigurato lo stemma araldico di Papa Montini; perciò è parte di una serie di vesti liturgiche create per il novello pontefice e secondo le sensibilità stilistiche dell'epoca, in ossequio al generale spirito di riforma liturgica.

Tra l'altro, se ben si osserva la formella metallica -a metà strada tra l'efod ed il cubo di Rubik-, le pietre sono disposte in modo che, al guizzo dell'intelleto del divoto fedele cattolico che osserva, dall'ornamento pontificio appaia una "croce latina": formata dalla seconda fila orizzontale (ovviamente partendo dall'alto) e dalla seconda fila verticale (che è formata da quattro pietre). Nell'ideale punto di intersezione vi è una pietra di colore più intenso delle altre.

PARTE SECONDA

Chiarito il primo arcano, e che quindi il cosiddetto "Efod" di Paolo VI aveva la funzione ornamentale di congiungere i due lembi di una stola pontificia (probabilmente quale ardita ispirazione alle placche artisticamente decorate dette "Razionale" che chiudono il piviale) rimane da rispondere a coloro che trovano oltremodo incresciosa l'appropiazione (seppur contingente) di in simbolo del Sommo Sacerdote del Giudaismo da parte del Sommo Pontefice del Cattolicesimo.

Ma davvero dobbiamo discettare dell'analogia tra Antica e Nuova Alleanza, tra il sacerdozio biblico ed il sacerdozio definitivo del Cristo Risorto di cui tratta la neotestamentaria Lettera "agli Ebrei"?

"Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.
Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.
Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek." (Eb.5,1-6)

Davvero dei pii cattolici hanno bisogno che - noi misserrimo tapino- si parli loro del della "Economia" del sacrificio espiatorio, del significato dell'agnello sacrificale? Dell'analogia sottolineata e voluta da Cristo stesso tra il Tempio ed il proprio corpo, dell'analogia tra il Tempio e la vita (e la morte) di Cristo stabilita dagli Evangelisti, in special modo da Luca (e Giovanni)?

Sin dai tempi patristici, nella veste di lino e tessuta tutta d'un pezzo (sulla quale ai piedi della croce i soldati romani tirarono la sorte) di cui parla il Vangelo secondo Giovanni, gli esegeti viderono un voluto riferimento alla tunica cerimoniale con cui il Sommo Sacerdote nel "giorno dell'espiazione" doveva attraversare il velo del 'Santo dei Santi' portando -al cospetto di Dio- il sangue degli animali sacricati per ottenere il perdono delle colpe di tutto il popolo ebraico:
"Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso un Tabernacolo più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di una Nuova Alleanza" (Eb.9 11-15)


San Luca, che aveva principiato la propria narrazione evangelica con l'apparizione angelica ad un sacerdote mentre celebrava all'interno del Tempio, conclude il suo Vangelo con l'Ascensione al cielo di Gesù il quale si stacca da terra mentre è intento a celebrare un rito di benedizione sui suoi discepoli. Luca utilizza una terminologia che richiama espressamente la figura del sommo sacerdote e sullo sfondo si sente come echeggiare un passo del Levitico: "Poi Aronne, alzate le mani verso il popolo, lo benedisse"(Lv 9,22).
La scena "liturgica" dei discepoli attorno al Cristo benedicente richiama le lodi del Siracide per il sommo sacerdote Simone:
"Il popolo supplicava il Signore altissimo
in preghiera davanti al Misericordioso,
finché fosse compiuto il servizio del Signore
e terminasse la funzione liturgica.
Allora, scendendo, egli alzava le mani
su tutta l'assemblea dei figli di Israele
per dare con le sue labbra la benedizione del Signore,
gloriandosi del nome di lui.
Tutti si prostravano di nuovo
per ricevere la benedizione dell'Altissimo." (Sir 50,19-21)

Gesù è sottratto alla vista degli apostoli a causa delle nuvole, così come il Sommo Sacerdote è sottratto alla vista degli altri leviti a causa del velo del Sancta Sanctorum. Infatti come dice l'autore della Lettera agli Ebrei:
"Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito"(Eb.8, 1-3).
"Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore, e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui" (Eb.9-24-24)
.

Ma l'obiezione che, a questo punto, un pertinace assertore della perversità satanica implicita nell'uso di un simbolo proprio del cerimoniale dell'Antica Alleanza da parte del Vicario di Cristo potrebbe avanzare è che, proprio come insegna la Lettera agli Ebrei, essendo il culto mosaico ombra e figura del sacrificio "perfetto" di Cristo esso avrebbe esaurito la sua simbolica valenza cristica proprio nel momento in cui veniva sacrificato sulla croce il vero 'agnello di Dio che porta su di se i peccati del mondo' e non solo degli israeliti; "Ed ecco che il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo" (Mt. 27, 51).

Tra l'altro -poichè Gesù di Nazaret appartiene alla tribù di Giuda e non a quella di Levi- l'autore sacro si compiace nel dimostrare che il sacerdozio di Gesù Cristo è di natura differente e superiore a quello di Aronne (e pertanto anche di Caifa!): Gesù è stato "proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek".
Misterioso Re ed insieme (evidentemente Sommo) Sacerdote della città che in futuro sarà Gerusalemme: "Questo Melchìsedek infatti, re di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche re di Salem, cioè re di pace. Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno.
Considerate pertanto quanto sia grande costui, al quale Abramo, il patriarca, diede la decima del suo bottino." (Eb.7, 1-4)


Il Genesi dice che "Melchisedek offrì pane e vino", e pertanto Melchisedek sin dall'epoca apostolica è icona dell'offerta eucaristica della nuova ed eterna alleanza istituita da Gesù; come proclama lo stesso Canone Romano:"come hai voluto accettare i doni di Abele, il giusto, il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede, e l’oblazione pura e santa di Melchisedech, tuo sommo sacerdote.
Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo davanti alla tua maestà divina
".

Quindi usando indebitamente e dubdolamente le stesse parole dell'autore sacro: "Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico - sotto di esso il popolo ha ricevuto la Legge - che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote alla maniera di Melchìsedek, e non invece alla maniera di Aronne? Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge."
Quindi: se Papa Paolo VI, Vescovo di Roma e successore dell'Apostolo Pietro, "alla maniera di Melkisedek" è un sacerdote della "nuova ed eterna alleanza" perchè non trovò sconveniente abbigliarsi "alla maniera di Aronne"?

Si potrebbe rispondere gesuiticamente con un'altra domanda (Negli Esercizi Spirituali Sant'Ignazio nel sostenere che la prima apparizione del Risuscitato fu alla sua Madre Santissima ammonisce: "la Scrittura suppone che noi siamo intelligenti, come è scritto: Anche voi siete privi di comprendonio?").
Perchè allora -ribattiamo- se il nuovo ed eterno sacerdozio di Cristo "alla maniera di Melchisedec" non deriva assolutamente dal sacerdozio giudaico invece lo stesso autore della lettera agli Ebrei continuamente rappreasenta continuamente Gesù che misticamente agisce "alla maniera di Aronne"?

L'autore ispirato non sostiene che il sangue degli animali offerti in olocausto, ed i conseguenti riti espiatorii, non avessero efficacia che, invece: "se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo" (Ebr.9,13-14)

Ripetere che essi erano solo prefiguarzioni e profezie del "definitivo" sacrificio espiatorio di Cristo; contrapponendo il valore contingente del sacerdozio ebraico "alla maniera di Aronne" di contro al valore redentivo "eterno" del sacrificio della Croce; in realtà non coglie pienamente quelli che sono i due termini del paragone: non il sacerdozio ebraico contrapposto al sacerdozio di Gesù Cristo "alla maniera di Melkisedec" ma da una parte il sacerdozio levitico e dall'altra il sacerdozio cristiano!

Se i sacrifici espiatori dell'antico Israele avevano verace e reale valore santificante (come attesta l'autore della lettera agli Ebrei) questa "grazia santificante" derivava proprio dal loro essere profezia del sacrificio espiatorio di Cristo: "E ora, invece una volta sola, nella pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso." (Ebr 9,26)
Il fatto che tali antichi riti dovessero essere ripetuti non toglie di per sè nulla alla loro efficacia propiziatrice altrimenti, se la ripetività dell'offerta sacrificale fosse indizio di aver a che fare con un sacrificio incompleto ed ad un culto non definitivo, allora si dovrebbe negare (come infatti fanno i protestanti!) la dottrina cattolica dull'Eucaristia: il rinnovarsi misticamente ed incruentemente della Morte in Croce di Gesù Cristo ad ogni Santa Messa.
Se giudichiamo i rituali dei sacerdoti del Tempio di Gerusalemme quali ombre e figure dell'eterno ed incomparabilmente unico sacerdozio di Cristo, quanto poi dovremmo giudicare inutile il sacerdozio cristiano poichè stridente con la dottrina del valore unico eterno (e perciò irripetibile) dell'atto espiatorio compiuto una volta per sempre in quel primo Venerdì Santo?

Che differenza allora tra i sacerdoti levitici ed i sacerdoti cattolici?
Ci risponde il Sacro Magistrero per mezzo del Caechismo:
"Il sacrificio redentore di Cristo è unico, compiuto una volta per tutte. Tuttavia è reso presente nel sacrificio eucaristico della Chiesa. Lo stesso vale per l'unico sacerdozio di Cristo: esso è reso presente dal sacerdozio ministeriale senza che venga diminuita l'unicità del sacerdozio di Cristo. « Infatti solo Cristo è il vero Sacerdote, mentre gli altri sono i suoi ministri ». (CCC n.1545)
"...il sacerdozio ministeriale [...] È uno dei mezzi con i quali Cristo continua a costruire e a guidare la sua Chiesa. Proprio per questo motivo viene trasmesso mediante un sacramento specifico, il sacramento dell'Ordine." (CCC n.1547)

Come si diceva in illo tempore , il sacerdote agisce "In Persona Christi". Il sacerdote ha ricevuto da Cristo stesso la vocazione e per mezzo della Chiesa l'autorità di partecipare al suo eterno sacerdozio. Un tempo le divote vegliarde insegnavano ai pargoli titubanti che quando il signor curato dice "Io ti assolvo dai tuoi peccati" in quel momento non è il signor curato a perdonarci ma è il buon Gesù stesso che parla. Il ministro ordinato esercita quindi, per la salvezza del popolo di Dio, la funzione che senza imbarazzo possiamo tranquillamente definire di "Vicario di Cristo", titolo di cui il Papa -quale Sommo Sacerdote del Cristianesimo- si fregia per antonomasia.

Il sacerdozio ministeriale con tutti i suoi riti e cerimonie sono perciò i "mezzi" escogitati dalla volontà divino-umana del Redentore, nell'ambito della "Economia della salvezza", per partecipare all'umanità l'infinito potere di santificazione scaturito dall'opera della redenzione.
Se pertanto nella "pienezza dei tempi" i sacerdoti cristiani operano la santificazione dei fedeli non per virtù propria ma "in persona Christi" analogamente dobbiamo dedurne che anche gli antichi sacerdoti israeliti, anche non ne avevano coscienza, agivano "in persona Christi", e perciò l'autore della lettera agli Ebrei presentare per analogia Cristo "in persona" di Aronne!
PARTE TERZA

Poichè -Oh mie sconfortati due lettori rimasti- il sacrificio espiatorio del Figlio di Dio fatto uomo ha un valore eterno giustificò anche i giusti vissuti prima dell'Incarnazione del Verbo poichè lo stesso e medesimo "Verbo della vita" che gli apostoli hanno "palpato" come dice San Giovanni è lo stesso "Verbo", la stessa "Parola" che Iddio rivolse ad Abramo ed ai patriarchi ed a Mosè ed ai profeti tutti. L'Ebreo Gesù di Nazaret è pertanto la stessa e medesima Sapienza che ha creato e governa l'universo! Per il cristianesimo nascente quindi ciò che aveva detto Iddio nell'antico Testamento non potevano essere in contraddizione con le parole di Gesù Cristo poichè colui che parlava nell'antico come nel nuovo Testamento è la stessa e medesima persona: "per mezzo di Lui tutte le cose sono state create e per noi uomini e per la nostra salvezza si è incarnato nel grembo della Vergine Maria e si è fatto uomo".
Non si comprenderebbe altrimenti come mai i Padri della Chiesa traevano sommo diletto spirituale nel commentare libri come il Levitico, i Numeri e il Deuteronomio che altro non sono che interminabili elenchi di quei ritualismi e di quella precettistica tipicamente giudaici da cui Cristo Signore è venuto a liberare come dice san Paolo ai Galati: "Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità."

Ma come ammette san Paolo nella stessa lettera ai Galati:"la Legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo" e con questo atteggiamento i Padri della Chiesa leggevano la storia sacra cercando analogie e riverberi dei "misteri" della vita di Gesù e della Chiesa.

Ecco che, per rimanere nell'ambito del sacerdozio levitico, nell'immagine del Sommo Sacerdote Aronne che solo entra alla presenza di Dio si vide la profezia di Gesù Cristo: "Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Timoteo 2,5). Il Sommo Sacerdote andava ad intercedere per il popolo avendo sulle spalle due pietre con incisi nomi delle dodici tribù di Israele, così come Gesù Cristo fu oppresso dal peso dei peccati dell'intero genere umano avendo sulle proprie spalle il patibolo della croce.

Nell'efod, poi, era simbolicamente riunivo strettamente popolo. Ponendo sul proprio cuore le dodici tribù di Israele il sommo sacerdote Aronne intercedendo per loro.
Il Pettorale di giustizia posto sul cuore di Aronne fu pertanto interpretato dagli antichi Dottori della Chiesa quale figura della della Chiesa scaturita dal costato di Cristo e della volontà di Cristo che la Chiesa fosse una ed i membri della Chiesa uniti fraternamente tra loto come ebbe accoratamente as pregare durante l'ultima Cena come enarra il Vangelo di Giovanni (Gv,17,21).
Nel Prologo l'evangelista proclama che Gesù è "la luce":
"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio"
Il nome di Aronne significa proprio "Portatore di luce".

Tristitia Christi /6

Sive: "Pueri hebreorum portantes ramos olivarum..."

«Nella cittadina di Or Yehuda, in Israele, il vice-sindaco ha mandato gli allievi di una yeshiva a sequestrare nelle case Vangeli e testi di propaganda del gruppo Ebrei messianici, un piccolo gruppo ebraico, in tutto il paese meno di diecimila persone, che crede in Gesù Cristo e che è caratterizzato da un vivace proselitismo. Dopo il sequestro, i libri “sacrileghi” sono stati radunati in piazza e dati pubblicamente alle fiamme.

La notizia, rivelata dal quotidiano Maariv, ha creato emozione nel Paese. Ma anche tra chi ha condannato il rogo, si sono levate voci che chiedono di metter fine alla propaganda cristiana. Ma perchè preoccuparsi, in un paese libero e democratico come Israele, di un po’ di propaganda, a fin di qualche conversione?

Ma la cosa più grave è stata la modalità del fatto. Provate a pensare che qualcuno bussi alla vostra porta, chieda di vedere se avete in casa “libri sacrileghi”, e poi li sequestri per darli alle fiamme. Cose del genere sono accadute solo sotto i nazisti e nell’Iran dei Guardiani della Rivoluzione.

Nessuno di quei ragazzi, e certo non il vice-sindaco che li ha istigati, ha probabilmente mai sentito parlare di Heinrich Heine, il grande poeta ebreo tedesco, che diceva: “Si comincia con il bruciare i libri, si finisce con il rogo delle persone”. O forse, anche se lo hanno sentito, per loro è soltanto un ebreo “convertito”».
Anna Foa, storica

Brindisi per Benedetto XVI


Ovvero: Il successor del maggior Piero (Marini).

Dopo aver fedelmente scortato Benedetto XVI duarante il viaggio apostolico nalla "sua" Genova, monsignor Guido Marini "Maestro delle cerimonie liturgiche del Sommo Pontefice" è partito alla volta della Puglia: nelle giornate di lunedì 19 e martedì 20 maggio a Brindisi ha soggiornato una delegazione vaticana al fine di supervisionare i preparativi della visita pastorale di Benedetto XVI alle città di Santa Maria di Leuca e di Brindisi prevista per il sabato 14 e la domenica 15 giugno 2008.

La delegazione pontificia -una e trina- era formata dai cerimonieri pontifici, monsignor Enrico Viganò e monsignor Pier Enrico Stefanetti, capeggiati dal "Maestro" Guido Marini.
Essi hanno così familiarizzato con i luoghi in cui il sedici volte Benedetto dovrà pontificare e nella cattedrale brindisina hanno debitamente istruito i seminaristi del Seminario teologico regionale e quelli del Seminario minore arcivescovile di Brindisi, i quali saranno deputati al servizio all’altare durante il solenne pontificale.

Non di meno i cerimonieri hanno avuto premura di constatare le fasi di confezionamento dei paramenti liturgici che dovranno essere indossati da Benedetto XVI durante la Messa: il Ponfefice Massimo indosserà paramenti, ideati appositamente per la felice occasione, decorati con simboli che rimandano a Brindisi ed ai temi precipui di codesta visita pastorale.

Si è così rivelata priva di fondamento l'indiscrezione secondo cui in tale occasione il sedici volte Benedetto avrebbe potuto rivestirsi baroccamente della mitria e paramenti sacri- conservati nel museo diocesano della vicina Gravina- appartenuti al settecentesco omonimo papa pugliese e "servo di Dio" Benedetto XIII Orsini.

La nuova aveva prontamente trovato l'entusiastico avallo di monsignor Rocco Talucci vescovo di Brindisi che dichiarava: "Ovviamente, dovremo chiedere il nulla osta al maestro delle cerimonie liturgiche del Santo Padre, Monsignor Guido Marini, ma conoscendolo come uomo attento alla tradizione - basti pensare che con saggezza ha già riscoperto e fatto indossare al Papa paramenti liturgici che giacevano senza alcun senso nei vecchi armadi vaticani, -nutro buone speranze in una fumata bianca. Veda, il fatto che il Papa indossi la Mitria di Benedetto XIII darebbe un grande segnale di continuità con la gloriosa storia della Chiesa che molti, in questa epoca, vorrebbero cancellare. Sa cosa le dico? Parlerò e scriverò ufficialmente al Vescovo di Gravina in Puglia già in queste ore: l’idea che avete lanciato mi entusiasma, bravi!"
E invece: fumata nera.
La considerazione di mera convenienza estetica per cui per una celebrazione all'aperto i barocchi vestimenti pensati per essere indossati nella solennità di una basilica sarebbero apparsi decisamente "fuori luogo"? Forse il timore che tanto sfarzo avrebbe distratto e deviato l'attenzione mediatica dal messaggio spirituale. Monsignor Guido Marini, infatti, ha raccomandato ai "pretini" salentini di concentrarsi sulla preparazione spirituale oltre che tecnica affinché «venga trasmessa l’intensità dell’esperienza liturgica vissuta con il Papa».

lunedì, maggio 19, 2008

Rintrono papale

Sive: DEPOSUIT POTENTES DE SEDE ET EXALTAVIT HUMILES.



Sabato 17 Maggio 2008 vigilia della festa della Santissima ed individua Trinità, il sedici volte Benedetto, "ccioiosamente" regnante, ha compiuto una breve visita pastorale alla ligure cittàdina di Savona. Universalmente considerata come un insignificante prodromo alla ecclesiasticamente, politicamente e mediaticamente assai più rilevante visita pastorale di domenica 18 alla "superba" città di Genova ed al suo -anch'esso superbo- clero di formazione e di indole "siriana" di cui è paradigmatico esempio l' Eminentissimo Angelo Bagnasco, scelto da Benedetto XVI quale presidente della Conferenza Episcopale italiana.
Dell'arcivescovo Bagnasco è stato predecessore il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone e di entrambi questi eminentissimi è stato segretario personale nonchè cerimoniere quel monsignor Guido Marini scelto oculatamente dal Pontefice Massimo del culto cristiano quale novello Maestro delle cerimonie pontificie!
La vespertina visita a Savona, pertanto, sarebbe "solo" un devozionale omaggio mariano al santuario diocesano di Nostra Signora di Misericordia Patrona di Savona, e uno stereotipato atto di cortesia alla città che diede i natali ai due rinascimentali papi "della Rovere" Sisto IV e Giulio II e che ai primi dell'Ottocento per tre anni ospitò, per volontà di Napoleone Bonaparte, l'esilio forzato di papa Pio VII Chiaramonti.

Accompagnato da un incombente diluvio, il successore di quel Pietro che gridò verso Gesù affinchè non lo lasciasse sprofondare nelle acque, ha omaggiato della rosa d'oro ed ha baciato quell'effige della Madre di Misericordia a cui, nei tristi anni della prigionia savonese, Pio VII con particolare devozione si rivolgeva invocandone la materna intercessione affinchè, nella sua infinita misericordia, Iddio si degnasse di salvare il Papato e la Chiesa Cattolica tutta dall'annichilimento cui stava soccombendo sotto la pressione di un potere dispotico imbevuto dell'ideologia giacobina.

Poi recatosi presso la cattedrale il pio successore del benedettimo Papa Chiaramonti, prima di visitarne le tre camere che ininterrottamente dal 17 agosto del 1809 fino al 9 giugno del 1812 ne sono state il carcere, ha presieduto la messa prefestiva della Solennità della Santissima Trinità davanti ad un mare ondeggiante di ombrelli, con cui i fedeli savonesi, radunati nella Piazza del Popolo, facevano scudo al flagello atmosferico.
Monsignor Vittorio Lupi, novello vescovo della diocesi di Savona-Noli, mentre il teutonico Pontefice indossati i sacri paramenti attendeva che principiasse la processione introitale, ha spiegato a Benedetto XVI che la grande cattedra lignea su cui poco dopo si sarebbe assiso due secoli prima era stata usata anche da Pio VII.
Il 'settanta volte sette' pio Benedetto ad un tale annunzio ha manifestato tutta la propria intima devozione esclamando "Ma io non ne sono degno!".
Poi, ha aggiunto, con spirituale compiacimento: "Ma credo che un'occasione come quella di oggi non capiterà più".

Il sedici volte Benedetto reggitore del soglio pontificio ha così accresciuto il numero delle cattedre, dei troni, dei tronetti e delle poltrone appartenuti ai propri antichi o recenti antecessori su cui ha avuto la "ccioia" di pontificare!

Per più fiate interrogato, monsignor Guido Marini ha spiegato che l'uso di paramenti e suppellettili sacre appartenute ai pontefici del passato ha lo scopo di significare la fede ecclesiale nella perenne continuità della successione apostolica.
Ma una tale pratica, di riflesso, ha anche un profondo effetto nella vita spirituale del regnante pontefice -come denota la commossa esternazione di Papa Ratzinger- che nel contatto con gli indumenti di tanti papi di santa memoria (indumenti che spesso sono vere e proprie "reliquie" di santi) trova spunto di meditazione spirituali e fulgidi exempla da imitare, come accadde al buon Papa Giovanni XXIII che nel dicembre 1958, scrivendo il proprio "Giornale dell'anima", confessava: "Io penso sem­pre a Pio IX di santa e gloriosa memoria; ed imitandolo nei suoi sacrifici, vorrei essere degno di celebrarne la canonizzazione".

La breve sosta savonese sulle orme dell'antico predecessore angustiato da un "tiranno" incensato dalla storia ufficiale è stata, pertanto: "Un pellegrinaggio che è anche memoria e omaggio al mio venerato predecessore Pio VII, la cui drammatica vicenda è indissolubilmente legata a questa città e al suo Santuario mariano.
A distanza di due secoli, vengo a rinnovare l’espressione della riconoscenza della Santa Sede e di tutta la Chiesa per la fede, l’amore ed il coraggio con cui i vostri concittadini sostennero il Papa nella sua residenza coatta, impostagli da Napoleone Bonaparte, in questa Città. Si conservano numerose testimonianze delle manifestazioni di solidarietà rese al Pontefice dai Savonesi, a volte anche con rischio personale. Sono vicende di cui i Savonesi oggi possono fare memoria con fierezza.
Come giustamente ha osservato il vostro Vescovo, quella pagina oscura della storia dell’Europa è diventata, per la forza dello Spirito Santo, ricca di grazie e di insegnamenti, anche per i nostri giorni. Essa ci insegna il coraggio nell’affrontare le sfide del mondo: materialismo, relativismo, laicismo, senza mai cedere a compromessi, disposti a pagare di persona pur di rimanere fedeli al Signore e alla sua Chiesa."

Così, quindi, come Pio IX e Leone XIII ormai orbi del potere temporale beatificavano e canonizzavano i papi "teocratici" e "crociati" del Medioevo; come Papa Pio XII beatificava Innocenzo XI, il papa della battaglia di Vienna dell'11 settembre 1683, assoldando così il seicenteco Papa Odescalchi nella pacelliana battaglia contro il comunismo e additando nell'Unione Sovietica "i nuovi turchi" che minacciano la cristianità; ecco perciò Benedetto XVI chiedere alla Chiesa del XXI secolo di avere il coraggio di trarre le conseguenze delle similitudini tra il giacobinismo e il relativismo:
"L’esempio di serena fermezza dato dal Papa Pio VII ci invita a conservare inalterata nelle prove la fiducia in Dio, consapevoli che Egli, se pur permette per la sua Chiesa momenti difficili, non la abbandona mai. La vicenda vissuta dal grande Pontefice nella vostra terra ci invita a confidare sempre nell’intercessione e nella materna assistenza di Maria Santissima."

E mentre Benedetto XVI vuol preparare i cristiani a star pronti a "combattere la buona battaglia" gli organizzatori dei suoi appuntamenti pubblici si sforzano di ideare gioconde coreografie ed orecchiabili cori da stadio.

Orbene: papa Ratzinger recandosi in Savona non ha solo voluto usare una diplomatica cortesia con quella cittadina che vanta arcaici e polverosi legami col pontificato romano ma, accettando pedissequamente il desiderio del vescovo locale ha ripercorso le orme di quel Pio VII di cui la Diocesi di Savona ha chiesto ed ottenuto di inoltrarne la causa di beatificazione, in deroga al diritto canonico (essendo Pio VII deceduto nel palazzo del Quirinale ed essendo sepolto in Vaticano).
In data quindici agosto 2007 con lettere del Cardinale Prefetto della Congregazione delle cause dei Santi si annunziava a monsignor Domenico Calcagno, allora vescovo di Savona-Noli che: «Summus Pontifex Benedictus XVI declarat, ex parte Sanctae Sedis, nihil ostare quominus in Causa Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii VII Barnabae Gregorii Chiaramonti».
Si avverava così il desiderio di Monsignor Calcagno (nel 2008 chiamato in Vaticano nella Amministrazione dei beni della Sede Apostolica) antico discepolo del cardinale Giuseppe Siri che sin dal suo insediamento nel 2002 quale vescovo di Savona-Noli si prese a cuore di propagandare l'esempio santità di quel Papa Chiaramonti(che si oppose alla espropriazione dei beni della Sede Apostolica) -magistralmente interpretato da Paolo Stoppa nel film "Il Marchese del Grillo"- che di fronte all'attacco di un potere mondano che appariva umanamente invincibile oppose con umiltà e fermezza il suo: "Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo!"


Indipendentemente dai giudizi sulla santità di vita del "servo di Dio" Barnaba Chiaramonti (e dalla felice o meno conclusione dell'iter del processo canonico), sarebbe interessante valutare il perchè con tanti pontefici (di cui è stato già avviato il processo di santificazione) che posseggono tutte le caratteristiche dello strenuo difensore della sovranità, autonomia e libertà della Chiesa Cattolica (da Gregorio VII, a Pio IX), si sia voluto incoraggiare la canonizzazione di uno di quei pontefici che concordemente dagli storici viene giudicato "illuminato" e "progressista". Quindi, in caso di una eventuale sua elevazione agli altari, ci sarebbe un Papa finalmente che non darebbe adito a quelle moleste polemiche cui l'opinione pubblica viene sottoposta quando si tratta della santitificazione di molti altri santissimi pontefici (anche se - non sono profeta nè figlio di profeta- prevedo che l'incartamento della causa di beatificazione del benedettino Barnaba Chiaramonti andrà a giacere negletta nei secoli dei secoli in compagnia di quella del piissimo Benedetto XIII Orsini).

Vaticanisti in vacanza (della Sede Apostolica) /3

Ovvero: "SYRIANA"

Nell'articolo "La rivincita di Siri porta la firma di Benedetto" a firma del vaticanista Giacomo Galeazzi, sul quotidiano ‘La Stampa’ di lunedì 18 maggio 2008, a commento della visita pastorale del sedici volte Benedetto pontefice legittimamente regnante, si legge la seguente favola lefebrviana:

Secondo un sacerdote vietnamita, padre Khoat, Giuseppe Siri sarebbe stato legittimamente eletto Papa il 26 ottobre del 1958 nel Conclave successivo alla morte di Pio XII.
Le tesi di Khoat si basano sul fatto che, durante il Conclave del 1958, la sera del 26 ottobre, del fumo bianco si levò ininterrotamente per cinque minuti dal camino della Cappella Sistina, indicando che il nuovo Pontefidce era stato eletto, aveva accettato la nomina e aveva scelto il nome. Sempre secondo Khoat, Siri avrebbe assunto il nome di Gregorio XVII.
Quello stesso giorno, alle 18.00, la notizia venne annunciata con gioia dalla Radio Vaticana. Padre Pellegrino, speaker dell’emittente d’Oltretevere, disse: "Il fumo è bianco, non c'è alcun dubbio. Il Papa è stato eletto". Fu ordinato alle guardie svizzere di uscire dalla caserma e di prendere posizione per l'imminente apparizione del Papa alla loggia delle benedizioni.

Nonostante la folla in trepidante attesa in Piazza San Pietro, la finestra della loggia centrale della basilica non si aprì. Il principe Sigismondo Chigi, maresciallo del Conclave, telefonò allora al segretario del Conclave, monsignor Santoro, che era all'interno, per chiedergli in che modo dovesse essere interpretata la fumata. Santoro diede ordine al principe di notificare che "il fumo era bianco". Padre Pellegrino, mezz'ora dopo, ai microfoni della Radio Vaticana, commentò: "Non è possibile rimuovere l'impressione del fumo bianco in 300.000 persone, la causa dell'errore deve essere ricercata altrove". Alcuni minuti dopo la fumata divenne nera.

Secondo alcune indiscrezioni, Siri era stato eletto Papa al quarto ballottaggio del 26 ottobre, primo giorno di Conclave, elezione a cui seguì una violenta protesta da parte dei Cardinali riformatori, che si alzarono in piedi minacciando di voler costituire una Chiesa scismatica se l'elezione di Siri fosse stata annunciata pubblicamente. Siri, allora, avrebbe replicato: "Se non mi volete, eleggete un altro". Tale dichiarazione fu accolta come una volontà di abdicazione. Tuttavia, secondo il diritto canonico, l'abdicazione valida del Pontefice deve essere un atto libero. Di conseguenza, le dimissioni forzate dovrebbero essere considerate nulle.

La notizia dell'elevazione al papato di Siri, corredata da un'ampia documentazione, venne inserita in un dossier compilato dal Federal Bureau of Investigation il 10 aprile 1961, dossier rimasto segreto fino al 1994. Il primo a leggere quel dossier fu Paul Williams, ex consulente dell'FBI, che pubblicò un fascicolo intitolato "The Vatican Exposed", nel quale documentava di aver esaminato alcuni rapporti dell'FBI che confermavano la notizia secondo la quale l'intelligence USA era al corrente che Siri era stato eletto Papa il 26 ottobre 1958 e che aveva assunto il nome di Gregorio XVII. Secondo questo rapporto, Siri venne legittimamente eletto Papa, accettò la nomina e scelse il nome, ma i Cardinali dell'Europa dell'Est imposero a Siri di rinunciare al papato in quanto la sua elezione "avrebbe causato gravi disordini e l'assassinio di diversi vescovi dietro la Cortina di Ferro".

Der Papst "Cciofane" /5


"E’ bello essere giovani ed oggi tutti vogliono essere giovani, rimanere giovani, e si mascherano da giovani, anche se il tempo della giovinezza è passato, visibilmente passato.
E mi domando – ho riflettuto – perché è bello essere giovani? Perché il sogno della perenne giovinezza?

Mi sembra che ci siano due elementi determinanti. La gioventù ha ancora tutto il futuro davanti a sé, tutto è futuro, tempo di speranza. Il futuro è pieno di promesse.
Ad essere sinceri, dobbiamo dire che per molti il futuro è anche oscuro, pieno di minacce. Non si sa: troverò un posto di lavoro? troverò una casa? troverò l’amore? che sarà il mio vero futuro?
E davanti a queste minacce, il futuro può anche apparire come un grande vuoto. Perciò oggi, non pochi vogliono arrestare il tempo, per paura di un futuro nel vuoto. Vogliono subito consumare tutte le bellezze della vita. E così l’olio nella lampada è consumato, quando comincerebbe la vita.

Perciò è importante scegliere le vere promesse, che aprono al futuro, anche con rinunce. Chi ha scelto Dio, ancora nella vecchiaia ha un futuro senza fine e senza minacce davanti a sé.

Quindi, è importante scegliere bene, non distruggere il futuro. E la prima scelta fondamentale deve essere Dio, Dio rivelatosi nel Figlio Gesù Cristo, e nella luce di questa scelta, che ci offre allo stesso tempo una compagnia nel cammino, una compagnia affidabile che non mi lascia mai, nella luce di questa scelta si trovano i criteri per le altre scelte necessarie.

Essere giovane implica essere buono e generoso. E di nuovo la bontà in persona è Gesù Cristo.
Quel Gesù che voi conoscete o che il vostro cuore cerca. Lui è l’Amico che non tradisce mai, fedele fino al dono della vita in croce.
Arrendetevi al suo amore!


Come portate scritto sulle magliette preparate per questo incontro: “scioglietevi” davanti a Gesù, perché solo Lui può sciogliere le vostre ansie e i vostri timori e colmare le vostre attese. Egli ha dato la vita per noi, per ciascuno di noi.

Potrebbe mai tradire la vostra fiducia? Potrebbe Egli condurvi per sentieri sbagliati?
Le sue sono le vie della vita, quelle che portano ai pascoli dell’anima, anche se salgono verso l’alto e sono ardite.
E’ la vita spirituale che vi invito a coltivare, cari amici.
Gesù ha detto: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

Gesù non fa giri di parole, è chiaro e diretto.
Tutti lo comprendono e prendono posizione.
La vita dell’anima è incontro con Lui, Volto concreto di Dio; è preghiera silenziosa e perseverante, è vita sacramentale, è Vangelo meditato, è accompagnamento spirituale, è appartenenza cordiale alla Chiesa, alle vostre comunità ecclesiali.

Ma come si può amare, entrare in amicizia con chi non si conosce?

La conoscenza spinge all’amore e l’amore stimola la conoscenza. E’ così anche con Cristo. Per trovare l’amore con Cristo, per trovarlo realmente come compagno della nostra vita, dobbiamo innanzitutto conoscerlo. Come quei due discepoli che lo seguono dopo le parole del Battista e dicono in modo timido: “Rabbì, dove abiti?”, vogliono conoscerlo da vicino.

E’ lo stesso Gesù che, parlando con i discepoli, distingue: “Chi dice la gente chi io sia”, riferendosi a coloro che lo conoscono da lontano, per così dire, “di seconda mano”, e “Chi dite voi chi io sia?”, riferendosi a coloro che lo conoscono “di prima mano”, avendo vissuto con Lui, essendo entrati realmente nella sua vita personalissima fino ad essere testimoni della sua orazione, del suo dialogo con il Padre.
Così anche per noi è importante non ridurci semplicemente alla superficialità dei tanti che hanno sentito qualcosa di Lui - che era una grande personalità ecc. - ma entrare in una relazione personale per conoscerlo realmente. E questo esige la conoscenza della Scrittura, dei Vangeli soprattutto, dove il Signore parla con noi. Non sempre sono facili queste parole, ma entrando in esse, entrando in dialogo, bussando alla porta delle parole, dicendo al Signore “Aprimi”, troviamo realmente parole di vita eterna, parole vive per oggi, attuali come lo erano in quel momento e come lo saranno in futuro.

Questo colloquio con il Signore nella Scrittura deve essere sempre anche un colloquio non solo individuale, ma comunionale, nella grande comunione della Chiesa, dove Cristo è sempre presente, nella comunione della liturgia, dell’incontro personalissimo della Santa Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione, dove il Signore dice a me “Ti perdono”.

E anche un cammino molto importante è aiutare i poveri bisognosi, avere tempo per l’altro.
Ci sono tante dimensioni per entrare nella conoscenza di Gesù. Naturalmente anche le vite dei Santi [...] che ci aiutano a trovare il vero volto di Gesù.

Solo così, conoscendo personalmente Gesù, possiamo anche comunicare questa nostra amicizia agli altri. Possiamo superare l’indifferenza. Perché anche se appare invincibile – in effetti, qualche volta l’indifferenza sembra che non abbia bisogno di un Dio - in realtà, tutti sanno che qualcosa manca nella loro vita.
Solo avendo scoperto Gesù, si rendono conto: “Era questo che aspettavo”. E noi, quanto più siamo realmente amici di Gesù, tanto più possiamo aprire il cuore anche agli altri, perchè anche loro diventino veramente giovani, avendo cioè davanti a sé un grande futuro.
[...]
Andate, carissimi giovani, negli ambienti di vita, nelle vostre parrocchie, nei quartieri più difficili, nelle strade!
Annunciate Cristo Signore, speranza del mondo.
Quanto più l’uomo si allontana da Dio, la sua Sorgente, tanto più smarrisce se stesso, la convivenza umana diventa difficile, e la società si sfalda.
State uniti tra voi, aiutatevi a vivere e a crescere nella fede e nella vita cristiana, per poter essere testimoni arditi del Signore.
State uniti, ma non rinchiusi.
Siate umili, ma non pavidi.
Siate semplici, ma non ingenui.
Siate pensosi, ma non complicati.
Entrate in dialogo con tutti, ma siate voi stessi.

Restate in comunione con i vostri Pastori: sono ministri del Vangelo, della divina Eucaristia, del perdono di Dio. Sono per voi padri e amici, compagni della vostra strada.
Voi avete bisogno di loro, e loro – noi tutti – abbiamo bisogno di voi.
Ciascuno di voi, cari giovani, se resta unito a Cristo e alla Chiesa può compiere grandi cose.
E’ questo l’augurio che vi lascio come una consegna."


BENEDICTUS PP XVI