sabato, aprile 23, 2005

STUPOR MUNDI



La notizia che stà facendo il giro del mondo ha dell'incredibile: il nuovo Papa di Roma è cattolico: lo shock è devastante.

I Signori Cardinali di Santa Romana Chiesa - noti per essere una lobby di cattolici dissidenti se non addirittura, come si vocifera: relativisti e nichilisti - hanno eletto quale nuovo Sommo Pontefice uno che ha la nomea di essere addirittura cattolico!

Siamo tutti sconvolti e non ci capacitiamo di come possa essere accaduto un così imbarazzante qui pro quo di portata mondiale.
Il mondo è in ambasce, tutti ci chiediamo: potrà mai un vescovo che conosce perfettamente in ogni suo anfratto il pensiero di tutti i pensatori cristiani degli ultimi duemila anni, essere adatto a dare un valido giudizio sull'attuale crisi della fede in Gesù Cristo?

Eh! Si sospira delusi: se avessero eletto un papa brasiliano sicuramente avrebbe emanato, entro le venti quattro ore, una Bolla papale con cui ordinava che sarebbero state considerate invalide tutte le messe dove a destra e a sinistra dell'altare non stessero ad ancheggiare almeno due ballerine di samba, rigorosamente in tanga!
Come seconda cosa un pontefice carioca per evitare l'effetto saudagi avrebbe sostituito le 140 statue di santi sul colonnato di piazza San Pietro con altrettanti viados, così affacciandosi dal suo finestrone poteva rincuorarsi un pò. Peccato: sarà per la prossima volta!
Peccato veramente: al momento della fumata bianca, i corrispondenti dei giornali e televisioni stavano già assediando le scuole di salsa e merengue per testimoniare il primo sculettamento d'esultanza di qualche ragazza carioca...

...invece! Che disdetta per le tivù che dopo l'annuncio del nome del nuovo eletto hanno fatto armi e bagagli, scapicollandosi lontano da piazza San Pietro, non trovando nessuna nota di "colore" e di folklore da vendere al proprio pubblico.

I cardinali - cattivi! cattivi! - hanno scelto solo un sapiente teologo, di intelligenza profonda, animo mite e molto pio.

Siamo shockati!

venerdì, aprile 22, 2005



Adesso vi racconto come ho contribuito all’elezione di Papa Ratzinger.

Mosso da un: “non si sa mai che alla quarta votazione eleggano il papa”; il 19 aprile 2005 poco prima delle ore 17:30 mi reco in piazza San Pietro; non è molto piena.
Come ogni giorno da un lato del colonnato, lunghe code di turisti per entrare in basilica e che mi sembrano poco interessati a quel camino costantemente inquadrato dai maxischermi.
Molti gruppuscoli passeggiano per l’ampia piazza, indicano il tetto della Sistina; qualcuno indica la direzione del comignolo ad un neofita di cose vaticane. Quelli che hanno cognizione che quella potrebbe essere l’ora di una ipotetica fumata bianca, si appoggiano alle transenne che sezionano la prima metà della piazza tra il sagrato e l’obelisco.

Tutto intorno all’obelisco, chiusi in un recinto gli operatoti con i loro mega obiettivi che puntano imperterriti verso la sagoma triangolare della cappella Sistina. Lo stesso popolo di operatori staziona sotto il sagrato però con scarsa fiducia in una prossima fumata bianca. Puntano, infatti, i loro teleobiettivi verso quelli della prima fila: quelli che “ci credono”, quelli entusiasti, speranzosi, e un po’ folcloristici con i loro cartelli e bandiere agitate al vento. In questa zona più vicina alla basilica ci sono le sedie perciò io mi accomodo – nel reparto san Paolo – scegliendoni una buona visuale, e della Sistina e del balcone centrale.

Uno stuolo di giornalisti si intrufola per filmare ed intervistare quelli che vengono identificati come “supporter”. La domanda è banale: per quale cardinale tifate?

Un giornalista americano laicamente spaparanzato dietro di me, sentendo i cori da stadio di un gruppetto di messicani, naturalmente bandiere muniti, si ricompone e presi i ferri del mestiere, intervista una bruna signora che risponde che il papa è di tutti, non gli interessa la nazionalità, certo, aggiunge, se fosse sudamericano o ancor meglio addirittura messicano questo sarebbe una gioia immensa.
E continuano a urlare “Mexico! Mexico!” e scandire slogan.
In un battibaleno, come le formiche sullo zucchero, si concentrano, due file di sedie dietro a me, la maggioranza dei messicani presenti in piazza e come massimo segno d’amor di patria intona ad una< sola voce “Celito lindo”!

A quel punto la concentrazione di giornalisti e cameraman è di tre ad uno.
Di fronte a questo pubblico disturbo della mia quiete, questo urlare ed applaudire dissennatamente e senza motivo, e al solo pensiero di che frotte di simpatici isterici caciaroni si riverserebbero su Roma con un papa latinoamericano, mi è sorta irrazionale l’esclamazione:
Dio mio,ti prego! Meglio un papa tedesco che sudamericano!”

Non potro più dire che Dio non risponde celermente alle mie preghiere:
da miei calcoli approssimativi probabilmente in quel momento esatto, nella segretezza del conclave, l’ultimo dei cardinali deponeva nell’urna il suo voto per Ratzinger.

mercoledì, aprile 20, 2005


Santità,

la scelta del nome Benedetto spero possa esserle molto beneaugurante ed antijettatorio; ma le confesso che un pò mi dispiace che non abbiate ascoltato il mio umilissimo consiglio.

Speranzoso di non aver contristato la Santità Vostra con questa orami inopportuna osservazione; qual vostro figlio che v'ama e che v'ha plaudido nascosto fra la plebe fedele raccolta nel foro petriano e s'è commosso inopinatamente di fronte alla vostra persona rivestita della divina maestà della paternità del Signor Nostro e Redentore,

mi prostro al bacio della sacra pantofola.

L'umillimo Francisco de Borja

martedì, aprile 19, 2005

PRO ELIGENDO PAPA



Omelia tenuta il 14 aprile 2005 -nella Basilica romana dei Santi Quattro Coronati- dall’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Nostro Cristof Schoenborn, così come l’abbiamo potuta cogliere dalle sue auguste labbra:

"In questo tempo pasquale contempliamo la Chiesa primitiva in preghiera attorno a Maria; gli Apostoli, i discepoli, le donne: sono gli amici di Gesù – circa 120 persone - che riuniti intorno a Maria pregano invocando la parusia dello Spirito Santo.
La prossima settimana non saranno 120 i cardinali che si dovranno riunire, saremo un po’ meno di 120, ma in realtà è tutta la Chiesa in attesa dell’azione dello Spirito Santo. In attesa di ciò che è già avvenuto perché lo Spirito Santo è già disceso tra noi, è già operante nella Chiesa, opera sempre!

Esempio dell’azione dello Spirito è l’incontro di Filippo con l’eunuco della regina d’Etiopia “sovrintendente a tutti i suoi tesori”: un credente in Dio, un non ebreo ma vicino alla fede, venuto in pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme per adorare, pregare Dio e poi tornarsene al suo Paese.
Durante il ritorno leggeva la parola di Dio, all’epoca si leggeva ad alta voce così Filippo poteva sentire ciò che leggeva [ “udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: “Capisci quello che stai leggendo?” Quegli rispose : “E come lo potrei se nessuno mi istruisce?”].

Gesù è l’oggetto della catechesi di Filippo mandato dallo Spirito Santo: fa catechesi su Cristo.
È una catechesi: breve, intensa, quest’uomo infatti crede nei Profeti e gli manca solo la fede in Cristo.
“Ecco qui c’è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato?”
La catechesi [veloce,ndr] di Filippo non è un esempio buono per la catechesi degli adulti di oggi [:) ndr] , ma è esempio della potenza dello spirito di conversione!
Tornato in Etiopia - primo cristiano dell’Etiopia - egli porta al suo popolo la fede in Gesù Cristo.
È un segno preciso di come lo Spirito Santo agisce anche oggi: lo Spirito continua ad agire secondo ciò che Gesù ci dice: è il Padre che chiama ed attira a Gesù.

Lo Spirito è un dono del Padre che attrae a Gesù: attrazione invincibile. Opera che continua ogni giorno in tutto il mondo.
Il Padre attrae a Gesù gli uomini e accresce il desiderio di conoscerlo, amarlo, seguirlo.
Umanamente possiamo chiedere perché Dio ha scelto questo [ministro della regina d’Etiopia] e non un alto?
Perché io e non un altro?
È sbagliato chiedere perché Dio chiama me e un’altro no.
Ha chiamato me! Chiama tutti! E continua a chiamarci: “Vieni e seguimi!”

Stiamo qui pregando anche per chi Dio ha già scelto per essere Vicario di Pietro.
Mentre si stanno per riunire i 120 cardinali, il nostro pensiero và quei 120 discepoli della Chiesa primitiva riuniti e alla preghiera degli 11 Apostoli quando decidono la scelta di un nuovo Apostolo – al posto di Giuda –; nella loro preghiera a Dio dicono: “Dio che conosci il cuore di tutti, mostraci quello che Tu hai scelto!” Dio infatti ha già scelto chi sarà il nostro Papa.
Ma bisogna continuare a pregarlo: facci conoscere la Tua scelta!
Facci conoscere chi hai scelto, e per questo preghiamo con la fiducia che Dio donerà il pastore che Lui ha scelto e che assisterà con la Sua potenza, con la sua forza che sta ferma: infatti in duemila anni sempre il Papa ha avuto l’aiuto dello Spirito Santo.
Non tutti i papi sono santi ma tutti hanno avuto l’aiuto dello Spirito Santo, per questo possiamo stare sicuri per il futuro, fiduciosi nell’uomo che Dio ha scelto."

lunedì, aprile 18, 2005

Vaticanisti in vacanza (della sede Apostolica)/2

Il silenzio cardinalizio imposto dal pre-conclave ha funzionato.
Sono certo che i vaticanisti ci stanno vendendo solo fumo e fumo nero più che bianco.

Hanno l’aria di saperla lunga e sono un po’ risentiti di non poter partecipare all’elezione, come se fossero loro il famigerato cardinale in pectore che papa Wojtyla non è riuscito a rivelare prima di spirare.
In realtà ci raccontano come probabilistiche solo quelle che sono le proprie candidature.
E se facessero come me e scrivessero papale papale: “questo è il mio candidato”, invece di girarci così tanto attorno?

Mi sorge il malevolo dubbio che il motivo per cui i cardinali desiderebbero – cioè loro giornalisti desiderano – un papa di transizione è per non dover aspettare altri ventisette anni per pontificare, chi in Vaticano, chi in pagina: “Unicuque suum”!

domenica, aprile 17, 2005

"Collegialità" lava più bianco!



C’è un fine umorista che partecipa al conclave che eleggerà il successore di Giovanni Paolo II che ha precorso i tempi ed il gusto del pubblico per i romanzi di fantareligione- alla Codice Da Vinci per intenderci – proponendoci, accostate alle citazioni dei quattro vangeli canonici, un “Quinto Vangelo”.
Quel quinto vangelo a cui inconsapevolmente attingiamo continuamente convinti invece di parlare come Cristo comanda.

In questo momento in cui bisogna scegliere il nuovo Papa, sarebbe interessante capire se: il fatto che metà dei cattolici abita nell’America latina ( democrazia vorrebbe che il vertice fosse rappresentativo della maggioranza), la difesa della foresta amazzonica, la simpatia e la vivacità indubbie di un presule sudamericano, il bisogno di democrazia nella Chiesa ( cioè che ognuno possa fare un po’ come c**** gli pare), siano motivazioni “evangelicamente” sensate.
Per i due terzi più uno degli opinionisti si.

"FRAMMENTO 8
In quel tempo andò sulla montagna a pregare e passò tutta la notte a pregare Dio. Poi, fattosi giorno, chiamò i suoi discepoli e ne scelse
Dodici, ai quali diede il nome di apostoli. (Lc 6, 12-13)
E salì sul monte e chiamò quelli che volle lui. E vennero da lui. E costituì i dodici, perché stessero con lui e per mandarli ad annunciare (Mc 3, 13-14).

In quel tempo passò tutta la notte a presiedere la discussione dell'assemblea dei discepoli per la scelta dei dodici apostoli. Diceva infatti: Nessuno può veramente rappresentare gli altri uomini, se non è eletto da loro. Poi chiamò a sé coloro che l'assemblea aveva indicato (Quinto evangelo)


I passi di Luca e Marco, nei quali l'elezione apostolica sembra piovere dall'alto senza consultazione alcuna della comunità, sono responsabili di una delle più perniciose malattie che hanno nei secoli afflitto la cristianità: l'autoritarismo.
"Come il Padre ha mandato me, così io mando voi " persuasi di questa mistica investitura, come potevano i vescovi resistere alla tentazione di scambiare il proprio cervello con la volta celeste e i loro pensamenti come autentiche rivelazioni dello Spirito di Dio? Nacque così nei pastori della Chiesa l'abitudine di non prendere parere da nessuno, se non da quelli che presumibilmente concordassero in tutto con la loro propria opinione: stile che, nonostante le apparenze, era mantenuto con uguale impegno a tutti i livelli della gerarchia, dagli assistenti di oratorio fino al sommo pontefice.
(…)
Ma il nostro frammento preferisce colpire il male alla radice, canonizzando per la prima volta il metodo assembleare nella scelta degli uomini nella Chiesa.
(...)
Piuttosto è tutta una nuova ecclesiologia che si impone da questo quinto evangelo: è la comunità che direttamente riceve il mandato di evangelizzare e di santificare, e non i dodici. O meglio, i dodici mandati dall'assemblea, la rappresentano e assolvono ai loro compiti in nome e per autorità di tutti i fratelli.
Propriamente parlando sono "apostoli" non di Cristo, ma della "ekklesía", che come assegna l'incarico così può revocarlo. La visione " piramidale " è nettamente superata.
All'idea "aristocratica" della trama delle diverse "missioni" che compaginerebbero la Chiesa secondo lo schema antico (il Padre manda il Figlio, il Figlio manda l'apostolo, l'apostolo manda il vescovo, il vescovo dà origine alla comunità: idea insostenibile dopo la Rivoluzione francese), subentra una concezione più democratica e moderna.
C'è l'incongruenza di Gesù, l'Apostolo per eccellenza, che essendo mandato dal Padre non sembra desumere la propria missione dall'assemblea dei fedeli.
Ma bisogna sperare nel progresso degli studi teologici: chi ci dice che non esista anche un sesto evangelo, nascosto in qualche grotta del Mar Morto, che un giorno ci consentirà di correggere anche questa anomalia?
"

Cardinali in vacanza (della Sede Apostolica)/2


Il cardinale Philippe Barbarin, cinquantaquattrenne arcivescovo di Lione; che dal 2002 siede sulla cattedra di sant’Ireneo fregiandosi dell’altisonante titolo di Primate delle Gallie; durante il suo intervento in una Congregazione Generale dei Cardinali si è completamente giocato la reputazione in faccia a tutto il Sacro Collegio schierato, proponendo – seriamente! – , allo scopo di sanare il millenario scisma, di eleggere quale nuovo vescovo di Roma Sua Santità Bartolomeo I: il "Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, la Nuova Roma".

Non trovo assolutamente conveniente e fruttuoso, al fine di un sano e fraterno dialogo fra Chiese sorelle, porre Bartolomeo I nell’imbarazzante situazione di dover valutare la possibilità di disarcivescovocostantinopolizzarsi!

Un blogger che mi onora della sua amicizia - ma di cui non farò il nome per salvaguardarne l’onorabilità - mi chiedeva giorni fa se un papa, oltre a nominarli i cardinali li può anche, come dire: scardinalizzare.
Dopo essermi giunte all'orecchio le dichiarazioni del più giovane e "guascone" tra i cardinali elettori, non sò perchè, mi sono informato e la risposta è ... si!

venerdì, aprile 15, 2005

POST mortem 2

Una cosa è certa: per un giornalista è più facile gestire un papa Wojtyla morto più che un Wojtyla vivo ma infermo.

È assolutamente incomprensibile, a noi uomini carnali e mondani, la cocciutaggine con cui Giovanni Paolo II ha continuato a fare il papa nella sofferenza, non avendo vergogna della sua fragilità; convinto di non essere d’ostacolo per la Chiesa cattolica, dato che per lui la Chiesa non è una multinazionale ma il Corpo mistico del Dio e Salvatore Gesù Cristo. Quel Cristo, di cui il papa si ritiene rappresentante, che accettò il titolo di re solo sulla croce.

È però assai difficile e poco remunerativo per un giornalista raccontare queste “storie”, ad un pubblico materialista e malizioso, che non riesce a convincersi che “i preti” ci credano veramente alle belle ma strambe teorie che raccontano, e che i “misteri” che il papato difende non sono solo quelli della fede.
Anzi, per una generazione evangelicamente antidogmatica in nome di un Gesù buonista, non ci sono misteri della fede da difendere con i denti, altrimenti nessuno si scandalizzerebbe di fronte agli ammonimenti formali che la Congregazione per la dottrina della fede indirizza, non a degli opinionisti da talk show ma, esclusivamente a dei teologi cattolici (cioè persone il cui lavoro è spiegare i dogmi della Chiesa).

L’oscurantismo di Wojtyla in campo sessuale è universalmente noto: non l’Incarnazione o la Transustanziazione sono i pilastri del cattolicesimo ma il condom è il principio e fondamento su cui si giocherebbe l’esistenza stessa della religione Cattolica Romana, come si dice convintamene per bocca di quell’intellighenzia che ci rappresenta pienamente, mentre invece l’ultimo grande impegno del vecchio papa polacco è stato proprio la preoccupazione di ribadire la fede nella Transustanziazione proclamando l’anno dell’Eucaristia.
Dimensione incomprensibile per i nostri ragionamenti mondani.
La capacità di Karol Wojtyla di guardare la realtà in prospettiva mistica in fondo ci disturba, disturba la volontà di mostrare il proprio decadimento fisico e disturba soprattutto perché quest’ostentazione viene da una persona che detiene una posizione di potere. Per questo è molto più semplice (far finta di) interrogarsi sulle reali possibilità che un papa paralitico ha di “governare” la Chiesa immaginando un papa in balia di cardinali che lo tengono in ostaggio.
Inutile spiegare che il Vaticano non ha nessuna valigetta nucleare e che le decisioni che il papa deve prendere sono tutte di lungo periodo: non c’è nessuna urgenza, entro le ventiquattrore, né di proclamare un nuovo dogma ne di nominare un nuovo vescovo!

E che pensare di quei commentatori, in vero non italiani ma anglosassoni: malati di un secolare antipapismo, che hanno ritirato fuori il fantasma simil sovietico di un papa già morto da ore ma di cui non si dava notizia perché i collaboratori dovevano giocarsi la successione, nella più totale ignoranza dei meccanismi vaticani.

Ma di questa ignoranza noi ce ne beiamo, altrimenti non troveremmo alcun diletto leggendo i romanzi di Dan Brown. Tutti i lettori di “Angeli e Demoni” vedendo il quasi ottuagenario Martinez Somalo avranno forse riflettuto su quanto comica è la scena descritta dal romanzo dove, appunto il Camerlengo, sceso nelle grotte vaticane, per arrivare velocemente alla tomba di san Pietro apre un tombino e si lancia atleticamente nella necropoli sottostante?

È più semplice puntare sull’atavica morbosità per i meccanismi del potere ecclesiastico, che porsi o aiutare a porsi le domande di fondo: non come sta il papa di salute ma chi è il papa; quale è il suo ruolo, “chi si crede di essere”, quali sono le sue prerogative, allora molti che si scandalizzano per le idee retrive di Giovanni Paolo II si scandalizzerebbero vieppiù se gli spiegassero la dottrina della “Plenitudo Potestatis”.

Ed ora che anche gli opinionisti si sono stancati di dirci la propria piatta opinione sul pontificato appena concluso, tutti presi ad interrogarsi sul successore e sul suo “dovere” di “democraticizzare” la Chiesa del terzo millennio, ho percepito veramente l'assenza di Giovanni Paolo II.
Sto pian piano acquisendo una più reale coscienza della morte di papa Wojtyla.

Forse sembra strano, ma tutto è questione d’abitudine.

Mi è venuto da piangere rendendomi conto che mi sto abituando alla sua assenza.

Vaticanisti in vacanza (della Sede Apostolica)/1



In questo periodo di Sede vacante cerco di spaziare il più possibile nella lettura dei giornali per la curiosità di venire meglio a contatto col verbo dei vaticanisti: stirpe di cui sin dal principio dell’agonia del papa mi son fatto una pessima opinione.

In data 13 aprile ’05, sedotto da una mega foto di Ratzinger in prima pagina, ho acquistato una copia del Tempo.

A pagina 3 c’è il solito gioco sugli schieramenti e sulle tattiche che muoveranno le prime votazioni all’interno della Sistina.
Ogni vaticanista, infatti, in questi giorni ha scritto un suo pezzo che poi passa al collega di un altro giornale e così via formando una catena di sant’Antonio: per questa ragione sul nostro quotidiano preferito possiamo leggere ogni giorno lo stesso articolo ma leggermente modificato nel numero e nella graduatoria della ventina di papabili di rito.

L’articolo di un certo Chris Bonface però brilla nel panorama giornalistico del pre-conclave.
Egli, mette tra i papabili anche Camillo Ruini.
Orbene, la tesi che va per la maggiore sulla penna di tutti gli “esperti” è che si partirà con nomi di bandiera ( Ratzinger/Martini) e poi si cercherà di rompere lo stallo, dovuto ad una supposta opposizione frontale, cercando di convogliare i voti su un candidato di “centro” come appunto Ruini che, mirando alla propria elezione, al principio potrebbe votare scheda bianca.
Non so se è percepibile la facilità con cui sfugge un particolare basilare del conclave:come fa un giornalista a raccontarci di saperla lunga sulle trame segrete del conclave, quando invece ignora che è vietato ai cardinali votare scheda bianca?

Si parli pure di “progressisti” “tradizionalisti” e “moderati” (non so quanto abbia senso un simile linguaggio politico trasportato di peso nella cappella Sistina), ma si tenga conto che un conclave è ben diverso da un congresso della Democrazia Cristiana, che il tutto si svolge in un clima da esercizi spirituali che niente ha a che vedere con lo sciasciano “Todo modo”.

Lo scopo è la scelta di un capo religioso; ovviamente un cardinale è padrone di ritenere se medesimo come il più degno a ricoprire la carica, ma appunto ciò è la riprova che comunque egli è chiamato ad individuare colui che in coscienza ritiene degno di essere nominato Sommo Pontefice. È assurdo credere che possa esserci un cardinale che, per qual si voglia ragione si rifiuti di esprimere una preferenza.

Può sfuggire a chi mi deve informare su come funziona l’elezione del vescovo di Roma che i cardinali durante tutto il conclave devono continuamente giurare “ Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto”, al momento di deporre la scheda nell’urna?

Tra i papabili i sudamericani vanno forte!
“ In testa l’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga. Considerato per carattere e biografia il ‘Wojtyla sudamericano’: un salesiano che piace, sportivo e studioso di musica (suona il sax meglio di Bill Clinton). Progressista sulla dottrina sociale e tradizionalista sull’etica e la morale sessuale. Fra le caratteristiche che ne fanno un personaggio, anche la decisione di non vivere nell’arcidiocesi dell’Onduras, ma in una casetta a qualche chilometro dalla capitale, dove di fatto fa il badante a un vescovo locale da lunghi anni paralizzato.”
Anche lui?
Ma non era Bergoglio? Non era l’arcivescovo di Buenos Aires quello che ha rinunciato a vivere nell’episcopio e sta in una casa borghese, dove si cucina da solo ed accudisce un vescovo infermo?

O il giornalista ha fatto un errore o tra i cardinali sudamericani c’è un’epidemia di buonsamaritanismo.
Se questo è l’andazzo, anche Ruini – per non parlare di Ratzinger e Sodano! - potrebbe sostenere di aver accudito per anni un anziano e paralitico vescovo polacco malato di Parkinson.

giovedì, aprile 14, 2005

Fare (Papa) l’indiano



Tra i ritratti di papabili (?) che popolano i giornali durante il pre-conclave il più simpatico – forse perché esotico - risulta sicuramente quello a firma di Aldo Cazzullo sull’arcivescovo di Bombay Ivan Dias a pagina13 del Corriere della sera del 12 aprile.

Il cardinale in questione è un salesiano indiano di 69 anni (la giusta pronuncia sarebbe “Aivan Daias”?) che in tanti anni di servizio come diplomatico vaticano ha girato 30 paesi e parla quasi altrettanti idiomi.
“Ama l’Italia ma vi trova una fede all’acqua di rose. La gente non va a messa e detiene il primato mondiale delle bestemmie”.

Dotato di fine umorismo – ad una donna che confessava di peccare di superbia passando il tempo allo specchio ad ammirare la propria bellezza, rispose che non era superbia: era un errore – ha anche una profonda vita interiore e nella sua missione pastorale di arcivescovo ha messo la preghiera al primo posto. Ciò è comprensibile per un cristianesimo che deve sopravvivere in quell’immenso calderone spirituale quale è il subcontinente indiano.

“Il giudizio su noi cristiani lo danno i nostri nemici, e Dio parla attraverso la loro bocca. Anche per tramite dei terroristi islamici. Sono assassini, ci vogliono morti e ci dicono: “Siete infedeli!”. Dobbiamo domandarci se per caso non sia vero. Ci stiamo distruggendo perché abbiamo abbandonato Cristo”.
Quand’era nunzio apostolico in Albania conobbe Madre Teresa di Calcutta e fu testimone oculare di prodigi operati dalla piccola suora albanese:
“Avevamo bisogno di comprare una casa ma i proprietari non volevano saperne di vendercela. Ne parlai con lei. Si fece portare sul posto, baciò una medaglietta e la lanciò oltre la recinzione. Il giorno dopo ci vendettero la casa. Andò così anche per i terreni su cui costruire un ospedale.
Poi Madre Teresa ripartì per l’India, ma io ormai ero padrone della tecnica. C’era bisogno di una casa a Lushnjae, fra Tirana e Valona. Andai da solo. Baciai la medaglietta e la lanciai.
Funziono?
Certo che no. Non sono mica Madre Teresa!”

Tristezza! Per favore vai via...


()
"ammè manno detto che erprossimo papa è brasiliano così cuanno che more epellegrine sò umpò meiio.
se chiamerà Paulo Roberto Seconno."

Orationes pro eligendo Romano Pontifice





In conformità all’articolo 84 della costituzione apostolica Universi Dominici Gregis ed ubbidendo ai pii desideri dei “purpurati Patres”, anch’io elevo suppliche all’Altissimo affinchè il Suo divino Spirito illumini l’intelletto degli eminentissimi vegliardi nella scelta del sommo pastore terreno:

Ut Ecclesiam tuam sanctam regere et conservare digneris,
te rogamus audi nos!
A Tettamanzi, libera nos Domine !
Ut dignissimum novum Papam Ecclesiae Catholicae benignissime concedere digneris,
te rogamus audi nos!
A Tettamanzi, libera nos Domine!

Se dopo la fumata bianca, affacciandosi dalla loggia di S. Pietro, il cardinale protodiacono Medina Estevez rivolgendosi alla turba plaudente dirà “Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum… Dionisium!” io prenderò in seria considerazione la possibilità di passare alla Chiesa greca ortodossa.

Anch’io, come molto più puntualmente ha fatto il “divinus” Magister, ho notato un eccesso di zelo dell’arcivescovo di Milano che terminata la messa di domenica 3 in suffragio del pontefice, ha percorso benedicente la vasta navata uscendo sul sagrato a salutare la folla. Prove generali? Nello spirito di mal contenuto entusiasmo dei giornalisti meneghini, si.
Intendiamoci: un cardinale con meno di ottant’anni ha tutte le ragioni di sperare o prevedere una propria possibile ascesa al supremo pontificato, ma io rimprovero a Tettamanzi di fare da anni campagna elettorale. Tale è la mia percezione dalle poche notizie che da giornali o tv ho avute sul “piccolo cardinale” sin dall’epoca del G8 di Genova.
Sarà anche uno straordinario arcivescovo per una diocesi come Milano ma lo sarebbe potuto essere anche continuando a stare a Genova.
Per la mia sensibilità ho trovato questo spostamento ecclesiologicamente imbarazzante. Trovo opportuno che un vescovo sia promosso ad una sede arcivescovile, e che un arcivescovo sia promosso ad arcivescovo metropolita, ma lo spostamento da una sede metropolitana ad un’altra la trovo poco giustificabile, vorrebbe dire implicitamente che la carica di vescovo di Milano è più importante di quella di Genova.
E il riferimento all’origine “lumbard” di Tettamanzi non è di per sé una giustificazione: è forse ligure il nuovo arcivescovo di Genova Tarcisio Bertone? Bertone è piemontese, come il patriarca di Venezia Scola è milanese come milanese è l’ex arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi e l’arcivescovo di Palermo non è assolutamente un siciliano, e che dire dell’emiliano Cardinal Vicario di Roma Camillo Ruini?

Lo spostamento di Tettamanzi a Milano è un palese segno di personale stima ed affetto da parte di Giovanni Paolo II per un suo antico collaboratore in Vaticano, ciò indica che si tratta di persona di valore, tanto più che è stato chiamato a succedere ad una personalità prestigiosa come Martini.
Detto ciò io faccio i miei più grandi auguri affinchè per moltissimi anni ancora Tettamanzi continui a governare l’arcidiocesi ambrosiana e possa passare alla storia come un secondo Schuster , un novello Ferrari ed un redivivo san Carlo, ed a Milano si fermi.

I vaticanisti hanno fatto notare che se eletto sarebbe il papa più basso degli ultimi secoli. Non so se è vero: i giornalisti tendono sempre ad esagerare e non hanno alcun senso della storia , comunque è fuor di dubbio che più che la sedia gestatoria bisognerà tirare fuori la scala dei pompieri gestatoria!
Dio ti prego: papa Topo Gigio 2° no!

Confesso apertamente di essere poco lucido e d’essere mosso da un atteggiamento fazioso poichè spero nella riuscita del mio candidato del cuore; tra i cardinali europei per me l’unico possibile Giovanni Paolo III siede nella midleuropa.

mercoledì, aprile 13, 2005


Eminentissimo Cardinal Decano,

nonostante i suoi 78 anni a quel che si sente dire in giro, lei è uno dei papabili più in vista, e se i vaticanisti fanno il suo teutonico nome forse ci sono fondate possibilità che molti porporati ne sosterranno la candidatura nella clausura del conclave.
Non si adiri se io spererei che saggiamente, da par suo quale ella è, influisse per dirottare quei voti su un più giovane sessantenne cardinale di altrettanta retta dottrina che lei ben conosce ed apprezza sia per esserne stato professore sia per essere stato stretto collaboratore nella stesura del Nuovo Catechismo.

Non oso dirLe di più, sembrandomi quasi che l’audacia dei sospiri del cor mio possano violare il venerabile silenzio imposto dai sacri canoni sulla segretezza sul più eccelso degli scrutinii!

Comunque - se mi è lecito l’ardire - come segno della mia stima le vorrei consigliare un nome adatto da scegliersi al momento della di lei ventilata elezione al soglio pontificio.
Dia prova di quell’umorismo di cui non è certo privo e, rammentando la freddezza con cui nel ventennale servizio alla Santa Sede è stato trattato dai media, la prego, assuma il nome di GELASIO III.

Sempre teso al bacio dell’anello dell’Eminenza Vostra,

l’umillimo Francisco de Borja.

lunedì, aprile 11, 2005

POST mortem



Aldo Cazzullo sul Corriere della sera del 9 aprile, descrive il lungo cerimoniale delle esequie di Giovanni PaoloII, conclusosi con la posa della lapide di marmo di Carrara su cui è la laconica iscrizione del nome e delle date di nascita e di morte del pontefice.
In realtà la prima data non fa riferimento alla nascita – 18 maggio 1920 – ma alla data di elezione a papa: 16 ottobre 1978.

C’è qualcuno che si chiede il perché (non il perché i giornalisti scrivano delle inesattezze, ma il perché di questa particolarità sulla lapide del papa).

Perché questa differenza rispetto alle date canoniche che segnano l’inizio e la fine dell’esistenza umana che invece troviamo su tutte le tombe dei nostri cimiteri?
Rispondo.
Per lo stesso motivo per cui al funerale del papa non c’erano crisantemi e corone di fiori, non c’era il carro funebre per il trasporto della bara in chiesa, non c’era nemmeno la comune bara, anzi per molti giorni non c’è stata nemmeno una bara, ed alla fine, giunto il momento della tumulazione, di casse ne sono spuntate ben tre!

Per capire il funerale del papa bisogna partire da un assunto fondamentale: a differenza di quel che si dice , in realtà la morte NON è uguale per tutti. Quando una persona ha esercitato un ruolo pubblico o fortemente simbolico anche la sua morte avrà comunque delle risonanze nella collettività, e tali reazioni saranno dalla collettività comunque ritualizzate in qualche modo.

Il 5 aprile, nella conferenza stampa con cui il maestro delle cerimonie pontificie Piero Marini ha presentato ai giornalisti il “nuovo” rito delle esequie pontificie, Marco Tosatti della Stampa ha chiesto come mai il rito della constatazione della morte si sia svolto il giorno dopo e non la sera stessa del decesso del pontefice.
Monsignor Marini ha risposto che la cerimonia prevedeva la partecipazione di molte cariche ecclesiastiche non reperibili tutte sul momento. Il vaticanista non è rimasto per nulla soddisfatto della risposta puntualizzando che, essendo a tutti evidente che il pontefice era nelle sue ultime ore di vita, era possibilissimo convocare tali personalità ecclesiastiche attorno al capezzale dello spirante.

A me è sembrato che il tal giornalista non aveva assolutamente percepito la differenza sostanziale che c’è tra la “certificazione” e invece la “constatazione” della morte del papa.
Non è certo competenza di cardinali, monsignori e protonotari apostolici quello di compilare il certificato di morte, cioè stabilire le cause cliniche del decesso di un vecchietto ottantaquattrenne malato di Parkinson. È compito unicamente dei medici. Compito degli ecclesiastici è invece quello di redigere una specie di atto notarile che – ad perpetuam rei memoriam – tramandi l’avvenimento negli annali della storia.

Da notare che questo rito non si è svolto nella stanza dove è morto Karol Wojtyla. Il corpo è stato debitamente composto nella cappella dell’appartamento pontificio e rivestito degli abiti che per foggia e per colori si rifanno alle vesti degli imperatori romani.
Solo allora gli ecclesiastici, anch’essi rivestiti con i segni della propria dignità, si sono avvicinati alla salma ed il cardinale camerlengo ha “ritualmente” costatato il decesso di un uomo che per quasi 27 anni è stato: vescovo di Roma, arcivescovo metropolita della provincia romana, primate d’Italia, patriarca d’occidente, sommo pontefice della Chiesa cattolica, sovrano dello Stato della Città del Vaticano e “servo dei servi di Dio”.

Così hanno avuto inizio una serie di riti che hanno avuto lo scopo di protrarre più a lungo possibile la visibilità e la centralità del papa anche se ormai defunto. La solenne esposizione della salma per 3 giorni si sarebbe svolta anche senza che 2 milioni di persone scorressero davanti al feretro, così il rito delle esequie si sarebbe svolto con altrettanta solennità anche senza tutti quei capi si stato e senza una sterminata folla osannante perché l’oggetto del cordoglio della Chiesa cattolica non è la dipartita di papa Wojtyla, ma del Pontefice Romano tout court. Anche in un momento di naturale cesura, compito del rito è evidenziare e glorificare la dottrina della successione apostolica di cui il papa morto, qualunque papa morto, è stato un ulteriore anello di una catena che risale fino a san Pietro. Ragion per cui storicamente c’è stata sempre grandissima cura nell’annotare esattamente la durata del pontificato di un papa più che la lunghezza della sua vita anagrafica.

Chiunque è eletto dai cardinali al soglio pontificio riceve per diritto divino il potere di governare tutta la Chiesa. È supremo legislatore, è superiore al diritto canonico, e le sue decisioni sono inappellabili.
A chiunque è stato per anni o per poche settimane la suprema autorità della cristianità sono rivolti gli onori funebri, prescindendo dalla simpatia, dalla bontà, dalla santità di vita o meno della persona del singolo papa, infatti anche un pontefice simoniaco non è menomato nella sua autorità apostolica.
Tutt’altro punto di osservazione bisognerà avere quando si vuole aprire una causa di beatificazione per un papa; allora oggetto d’indagine sarà tutta la vita di quel povero cristiano che si è trovato a svolgere il “lavoro” di papa, tanto è vero che il processo di beatificazione gli sarà intestato con il nome di battesimo e non di pontefice.

Sulla tomba di papa Wojtyla non c’è il nome di battesimo ma quello scelto proprio il 16 ottobre’78 al momento in cui Karol divenne Giovanni Paolo, ed il cambiamento di nome è la manifestazione più evidente che per la dottrina cattolica con l’accettazione dell’elezione, nel cardinale di Cracovia ci sia stato un reale mutamento di status giuridico oltre che teologico.
Quando torneremo la prossima volta nella Basilica di S. Paolo fuori le mura, troveremo sotto il medaglione con il ritratto dell’allora 58enne Giovanni PaoloII , non l’iscrizione vixit annos LXXXIV menses X dies XV, ma invece: SEDIT ( “dedette” sulla cattedra di san Pietro) a.XXVI m.V d.XVII.

Non che storicamente sulle tombe di molti papi non ci fosse indicata la durata della vita accompagnata comunque sempre alla durata del pontificato, considerata l’informazione più importante, và però notato che negli ultimi secoli, sulle tombe e sui monumenti dei papi sono scomparsi i riferimenti annalistici. Sulle tombe dei papi del XX secolo sepolti nelle grotte vaticane - Benedetto XV, PioXI, Pio XII, Giovanni XXIII, PaoloVI e Giovanni PaoloI – il nome del defunto è l’unica iscrizione: nessuna data.
Tutto questo mortifero post non ha come scopo spiegare il significato che ha la data apposta sulla tomba di Giovanni Paolo II ma sostenere che se ne poteva fare benissimo senza.

Il motivo per cui si è voluto incidere la durata del pontificato è che, come il cardinal Wyszynski fu definito il “primate del millennio” cioè vissuto all’epoca del millenario della conversione della Polonia, così Giovanni Paolo “Magno” è stato il papa del bimillenario della storia del cristianesimo. E giustamente lo si è voluto rimarcata :non è una concomitanza che possa capitare ad ogni morte di papa!

domenica, aprile 10, 2005

Cardinali in vacanza (della Sede Apostolica)

Nella congregazione generale dei cardinali della mattina del 9 Aprile, giorno successivo alle esequie pontificie, il camerlengo Martinez Somalo ha proposto il silenzio stampa per i cardinali. Nessuno degli eminentissimi si è opposto e la mozione è stata perciò approvata.
Già nelle primissime riunioni cardinalizie, il decano Ratzinger aveva avanzato tale proposta ma si erano levate le voci contrarie di moltissimi cardinali, vogliosi di ammiccare “alti consigli”, che avevano già preso appuntamento con i giornalisti. Si decise concordemente che i porporati avrebbero potuto rilasciare interviste fino ai funerali ma attenendosi a dichiarazioni di cordoglio per il sommo pontefice defunto, evitando pronostici sul futuro conclave ed evitare di delineare linee programmatiche per l’azione pastorale del futuro papa; evitare quindi tutto ciò che possa far pensare che i porporati siano occupati in una campagna elettorale.

Non è un caso che “l’invito” sia venuto proprio da Ratzinger, l’unico elettore del conclave del 2005 che partecipò anche ai conclavi del 1978; all’epoca i cardinali furono molto ciarlieri, soprattutto gli ultraottantenni che non dovendo partecipare al conclave vero e proprio, ritenevano che il giuramento di segretezza per loro non avesse un vero e proprio valore restrittivo.
Durante il pre-conclave dell’Agosto ’78 i vari gruppi di cardinali – latino-americani, nord-americani, africani – organizzarono delle conferenze stampa, spiegando cosa si aspettassero dal futuro papa. Nel secondo conclave dell’ottobre fu proprio un’intervista rilasciata ad un quotidiano che fece crollare la candidatura dell’arcivescovo Giuseppe Siri di Genova.

Siri convinto che morto Albino Luciani fosse rimasto l’unico papabile in lizza, prima di entrare nella clausura, si lasciò andare a dichiarazioni contro la collegialità episcopale e il suo strumento attuativo ovvero il sinodo dei vescovi, ed in generale contro l’aggiornamento attuato con il Concilio Vaticano II. Ovviamente il cardinale Siri non era uno sprovveduto ed aveva avuto rassicurazione che quella intervista sarebbe stata pubblicata solo dopo l’inizio del conclave. Ma il giornalista si convinse, o più probabilmente fu convinto da pareri non disinteressati, che quell’intervista avrebbe avuto più impatto “a bocce ferme”, così andò in stampa il giorno stesso del conclave e ci fu chi ebbe premura di distribuirne copia ai porporate prima che ne varcassero il recinto della clausura.

Comunque nonostante l’eccezione Siri, non credo che nel 2005 come anche nel ’78, siano le dichiarazioni sui giornali a muovere “l’elettorato” ma gli incontri informali di cui “dopo” si viene a sapere ma di cui a 8 giorni dalla morte del pontefice sui giornali nessuno dà notizia. E non penso che i vaticanisti esperti non siano a conoscenza che in questo o quel seminario avvengano ciò che il cardinal Roncalli definiva “movimento di farfalle”.
Sui giornali ed in televisione si fanno analisi ampiamente condivisibili che possono esser esposte da qualunque osservatore di buon senso e senza bisogno di scomodare il sacro collegio.
L’ultaottantenne cardinale Achille Silvestrini, bersagliato dai giornalisti dopo aver partecipato alla commemorazione del papa in Campidoglio il 5 aprile, ha risposto che un papa nero è possibile, che un papa asiatico sarebbe indicativo delle sfide che attendono il cristianesimo in quell’immenso continente. Sudamericano? Possibilissimo. Essendo la maggioranza dei cattolici, spingono per aver maggior rappresentatività: ovviamente quelli che “spingono” sono i “popoli” chiarisce il vecchio diplomatico cresciuto all’ombra di Casaroli. Comunque , assicura il cardinale, aspettiamoci che il prossimo papa sia diversissimo, almeno caratterialmente ed umanamente parlando.

Mentre le dichiarazione di Silvestrini sono espresse con un tono volutamente distaccato, alcuni porporati con diritto di voto, non avendo altrettanta scuola diplomatica, hanno dato pessima prova di loro stessi e soprattutto ancora “corpore insepulto”.
In primis:il primate di Polonia Josef Glemp che trovandosi in Argentina al momento del decesso del papa polacco ha espresso il suo parere positivo sulla possibilità di un successore sudamericano. È da terer presente che proprio l’arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio è uno dei papabili più accreditati, e non si capisce se il cardinale di Varsavia, con questa dichiarazione ai giornalisti a poche ore dalla morte di papa Wojtyla, abbia voluto essere solo gentile verso la nazione ospitante, abbia tentato di salire sul carro del (probabile) vincitore, oppure sia senplicemente umanamente poco sensibile.

In secundis:il tedesco Walter Kasper, ministro vaticano del dialogo interreligioso, che si è affrettato dichiarare che al di là delle idee e della dottrina, il successore di Giovanni PaoloII dovrà avere un viso simpatico: la fotogenicità ultima ratio del cattolicesimo, quindi!
Così dicendo probabilmente Kasper voleva indirettamente dichiarare di non ritenersi capace di salire sul soglio pontificio. Ma oltre che la sua mancanza d’avvenenza anche gli altri impedimenti penso non gli manchino.

Dulcis in fundo: il presidente della conferenza episcopale tedesca cardinal Lehmann che domenica 3, tenendo l’omelia nella solenne messa in memoria di Giovanni Paolo II, invece di farne l’elogio funebre ne ha tracciato i limiti della sua azione pastorale. Che tatto!
E pensare che nel Rinascimento il cardinale era considerato la quint’essenza dell’ideale di gentiluomo.

Si pronuncia: “CONCLEIV”!!!

Se gli italiani hanno un rapporto tutto particolare col papa, tanto più Roma, e chi magari abita nel Rione Borgo, considera il papa una specie di dirimpettaio la cui presenza o assenza difficilmente passa inosservata.



Il cardinal Camillo Ruini – Vicario del papa per la diocesi di Roma ed arciprete dell’ arcibasilica lateranense - presiede la terza messa dei novendiali (la seconda dopo i funerali), riservata al clero ed ai fedeli della diocesi di cui Giovanni Paolo II era vescovo.
Presenzia, nella prima fila riservata alle autorità, l’”emientissimus ac reverendissimusBruno Vespa che indossa l’alta uniforme di sediario pontificio “ad onorem”: era il minimo che la Santa Sede potesse fare per omaggiare lui e la sua trasmissione che non solo nell'ultima settimana ma da oltre cinque anni ha intrattenuto i telespettatori italiani con "servizi giornalistici esequiali" sul Romano Pontefice.
Si sarà recato nella basilica vaticana, lasciando per breve “sede vacante”lo studio di Porta a Porta, per cercare di convincere anche Ruini a partecipare al prossimo reality show di Raiuno?
Dal 18 Aprile approderà sui nostri teleschermi un format di sicuro successo che terrà Vespa 24 ore su 24 costantemente in video:THE CONCLAVE.

ENTIERRO MAGNO







sabato, aprile 09, 2005

El Grande Entierro

Il miglior commento a questo straordinario raccogliersi dei leader politici mondiali intorno al feretro di Giovanni PaoloII, e la più azzeccata analisi sulle motivazioni profonde che hanno mosso la politica wojtyliana, la trovo mirabilmente espressa in uno dei salmi eseguiti dal coro della cappella Sistina, mentre la bara veniva portata nelle grotte vaticane per la solenne tumulazione.



Antifona: Aperite mihi* portas iustitiæ, et ingressus in eas confitebor Domino.
Apritemi le porte della giustizia: entrerò e renderò grazie al Signore.


SALMO 117 (118)

Confitemini Domino, quoniam bonus,* quoniam in sæculum misericordia eius.

Celebrate il Signore, perché è buono;* eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono
:* eterna è la sua misericordia.
Lo dica la casa di Aronne:* eterna è la sua misericordia.
Lo dica chi teme Dio:* eterna è la sua misericordia.
Nell’angoscia ho gridato al Signore,* mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
Il Signore è con me, non ho timore;* che cosa può farmi l’uomo?
Il Signore è con me, è mio aiuto,* sfiderò i miei nemici.
È meglio rifugiarsi nel Signore* che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore* che confidare nei potenti.

Tutti i popoli mi hanno circondato,* ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
Mi hanno circondato
, mi hanno accerchiato,* ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
Mi hanno circondato come api, † come fuoco che divampa tra le spine,* ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,* ma il Signore è stato mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,* egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria,* nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie, † la destra del Signore si è innalzata,* la destra del Signore ha fatto meraviglie.
Non morirò, resterò in vita* e annunzierò le opere del Signore.
Il Signore mi ha provato duramente,* ma non mi ha consegnato alla morte.


Aperite mihi portas iustitiæ!

Apritemi le porte della giustizia:* voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.

venerdì, aprile 08, 2005

A Dio!



Il momento, per me, più commovente del funerale del papa è stato la solenne preghiera esequiale cantata dai Patriarchi ed Arcivescovi Maggiori delle Chiese orientali in comunione con la Sede Romana, conclusasi col canto della triplice invocazione in greco:
"Amen.
Eterna la tua memoria, fratello nostro, degno di beatitudine, indimenticabile. Amen.
Eterna la tua memoria, fratello nostro, degno di beatitudine, indimenticabile. Amen.
Eterna la tua memoria, fratello nostro, degno di beatitudine, INDIMENTICABILE! Amen."

"Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi


“Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l’Immacolata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l’ultimo passaggio, cioè la [mia] Pasqua.”

A tutti voglio dire uno sola cosa: "Dio vi ricompensi"
"In manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum"

Ora lascia che il tuo servo vada in pace!

Prima delle solenni esequie, il Cardinale Camerlengo presiede il rito della chiusura della bara.

"Dio onnipotente ed eterno, Signore della vita e della morte, noi speriamo e crediamo che la vita del Santo Padre Giovanni Paolo è ora nascosta in te.
Il suo volto, a cui è venuta meno la luce di questo mondo, sia illuminato per sempre dalla vera luce che ha in te la sorgente inesauribile.
Il suo volto, che ha scrutato le tue vie per mostrarle alla Chiesa, veda ora il tuo volto paterno.
Il suo volto, che viene sottratto alla nostra vista, contempli la tua bellezza e raccomandi il suo gregge a te, eterno Pastore, che vivi e regni nei secoli dei secoli".




Il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice e il Segretario del Sommo Pontefice, stendono il velo di seta bianca sul volto del Defunto. Poi il Cardinale Camerlengo asperge la sua salma con l’acqua benedetta.
Il Maestro depone nella bara la borsa con le medaglie coniate durante il Pontificato del Pontefice defunto e il tubo con il Rogito (la pergamena con una sintetica biografia del papa defunto ), dopo averlo sigillato con il sigillo dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.

Mentre la bara viene chiusa si dice il Salmo 41 (42)

Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

giovedì, aprile 07, 2005

"Vacanze" d’una volta

Si vuol intitolare al grande viaggiatore Wojtjla la stazione Termini.
Nella commemorazione ufficiale organizzata il 5 Aprile nella sala Giulio Cesare, sede del governo capitolino, il sindaco Walter Veltroni ha annunciato di voler procedere presso le Ferrovie dello Stato affinché la principale stazione ferroviaria della capitale sia dedicata a Giovanni Paolo II.

Alla morte di Giovanni XXIII quale segno d’amore e rispetto per un così amato pontefice, il comune di Roma decise di dedicargli una piazza. Si decise, forse per assonanza, forse perché era la piazza delle grandi adunanze – in vero per lo più comuniste -, che in futuro la piazza antistante la basilica lateranense, cioè piazza di Porta San Giovanni avrebbe mutato il nome in piazza Papa Giovanni XXIII.
Di tale fervorosa devozione toponomastica nulla rimane.
È semplice cambiare una targa all’angolo di un palazzo, assai arduo cambiare il modo d’esprimersi della gente, specie nella definizione di luoghi storici: figurarsi che ci sono ancora romani che i fori imperiali li chiama “la via dell’impero”.
Passati alcuni anni, svaporata l’emozione e senza clamori, le vecchie lapidi tornarono al loro posto nella noncuranza dei romani che avevano continuato a chiamare la grande piazza: piazza San Giovanni.

Del pontificato del “papa buono” non rimase come segno toponomastico una piazza bensì un più umile ed improbabile “largo Giovanni XXIII” ricavato da un angolo di piazza Pia, alla fine di via della Conciliazione.

mercoledì, aprile 06, 2005

Non è bene che un profeta muoia fuori da Gerusalemme (Lc. 13,33)

Era il papa degli ebrei”ha titolato Yediot Aharonot, il più diffuso giornale israeliano.
Il premier israeliano Ariel Sharon ha commentato così la morte di Giovanni Paolo II: “il mondo ha perso uno dei leader più importanti dei nostri tempi, il cui contributo al riavvicinamento dei popoli, all’unione delle nazioni, alla comprensione ed alla tolleranza ci accompagnerà per molti anni”.
Il ministro degli esteri israeliano Silvan Shalom ha scritto fra l’altro: “Il mondo ebraico e lo Stato di Israele hanno perso un amico. È un momento triste per milioni di credenti in tutto il mondo e per l’intera umanità.
Il presidente dello Stato di Israele si è dichiarato convinto che Karol Wojtjla per aver lottato contro i pregiudizi antiebraici meriterebbe il titolo di “Giusto fra le Nazioni”. Subito gli esperti si sono affrettati a precisare che però tale titolo è riservato esclusivamente a coloro che hanno salvato la vita agli ebrei dal nazismo.
Eh si, molti avranno sospirato: se all’epoca ci fosse stato Wojtjla e non invece quell’altro!

Ma quali furono le dichiarazioni altrettanto sincere e ufficiali del mondo ebraico 47 anni prima, all'epoca della morte di Pio XII?

Sentendo le dichiarazioni a caldo alla notizia del decesso del Pontefice, provenienti dagli ambienti più disparati, mi sono posto il problema dell’effettivo valore di testimonianza storica che tali dichiarazioni possiedono.
Essendo pareri espressi da contemporanei, che hanno vissuto la stessa fase storica, hanno trepidato per gli stessi eventi, tali dichiarazioni ufficiali hanno una valenza propria di cui qualunque successiva analisi storica non potrà non terer conto?

Invito quindi noi tutti che siamo stati convinti, da una ormai quarantennale leggenda nera, che Pio XII fosse un filonazista a sostare in spirito davanti ad un catafalco, ben più sontuoso di quello di Giovanni Paolo II che, nell’ottobre 1958, si ergeva, svettante come una torre purpurea, dall’interno dell’emiciclo della “Confessione” (cioè dall'interno della cripta semicircolare davanti al baldacchino berniniano) e che al cardinal Roncalli non piacquè per niente, parendogli somigliare ad un palco allestito per la ghigliottina.


Il 10 ottobre 1958, il Rabbino Capo di Roma, Elio Toaff, nella circostanza della morte di Papa Pio XII, disse: "Più che in ogni altra occasione, abbiamo avuto l'opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo Papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza".
Alla notizia della morte di papa Pacelli, a nome dello Stato di Israele, l'allora Ministro degli Esteri e in seguito Primo Ministro di Israele Golda Meir inviò un telegramma di condoglianze che esaltava il ruolo di Pio XII quale uomo di pace e difensore degli ebrei, con espressioni del tipo:
"Condividiamo il dolore dell'umanità”
"In un mondo scosso dalle guerre e dalla mancanza di unità, egli rappresentò i supremi ideali di pace e di compassione.”
“Quando, nel decennio del terrore nazionalsocialista il nostro popolo venne sottoposto a un terribile martirio, la voce del Papa si è levata per le vittime".
“La vita del nostro tempo è stata arricchita da una voce che ha espresso le grandi verità morali"
“Piangiamo un grande servitore della pace”.

lunedì, aprile 04, 2005

De arte bene moriendi/2

Paolo VI morì il 6 agosto ’78 festa della Trasfigurazione del Signore, esattamente 14 anni dopo la pubblicazione dell’Ecclesiam Suam, la sua prima enciclica con cui delineava il programma del suo pontificato: la priorità del dialogo con il mondo contemporaneo per il Papa e per la Chiesa Cattolica nello spirito del concilio Vaticano II.
Quale migliore segno della benevolenza divina per l’operato provvidenziale di Papa Montini?
Anche la morte di Giovanni Paolo II è stata ricca di segni pieni di conforto per lui e per tutti quelli che lo hanno amato.


La morte di Giovanni Paolo II, alle 21.37 di sabato 2005, ha coinciso liturgicamente con la festa della Divina Misecordia, proclamata dal Papa stesso nell’anno giubilare, a suggello della canonizzazione di suor Faustina Kowalska, quale esortazione ai cristiani a fronteggiare, con fiducia nella bontà divina, le difficoltà e le prove che l’umanità deve affrontare.
Da notare che Giovanni Paolo II ha celebrato sia la beatificazione che la canonizzazione della religiosa sempre nella domenica dopo Pasqua: domenica della Divina Misericordia.

A dare impulso alla causa di beatificazione della religiosa fu proprio il vescovo Karol Wojtyla che da giovane operaio e seminarista clandestino, prima di recarsi al lavoro nella fabbrica Solvay, si fermava a pregare nel santuario di Lagiewniki, presso Cracovia, dove si conservano le reliquie della santa polacca e l’immagine di Gesù misericordioso.
Anche il cardinal Sodano, domenica 3 durante la prima messa funebre ha ricordato l’Enciclica Dives in Misericordia, pubblicata all’inizio del suo pontificato (1980), interamente dedicata alla devozione propagata dalla mistica polacca.

Tale concomitanza non è sfuggita ai vaticanisti di France2 che - come all'epoca del primo ricovero del febbraio scorso - sono corsi a Santo Spirito in Sassia per filmare la reazione alla morte del pontefice da parte del polacco sacerdote diffusore in Italia di quel culto.
Da notare inoltre che in tale giorno si ricordavano esattamente i 10 anni della visita del papa a quella chiesa.

Secondo la liturgia, una festa ha inizio con i Vespri del giorno precedente. Per questo motivo la messa celebrata sabato sera al capezzale del papa, poco prima della morte di Giovanni Paolo II, è stata già quella propria della festa.

Ma il sabato è il giorno che da sempre la devozione cristiana ha dedicato alla santa Vergine Maria.
Inoltre sabato 2 aprile è il primo sabato del mese, giorno dedicato ad una particolare devozione al Cuore Immacolato di Maria, secondo suor Lucia di Fatima, richiesta espressamente dalla Madonna.

Non tutti sanno che la pietà mariana di Giovanni Paolo II è nata e si è sviluppata nella sua giovinezza con un spiccato accento carmelitano. Il giovane prete Wojtjla più volte ricevette il netto rifiuto dell’arcivescovo di Cracovia Sapieha, di farsi frate carmelitano e di potersi ritirare in un monastero di detto ordine religioso. Sin da bambino ha indossato lo ‘scapolare’ della Madonna del Carmine quale segno di figliolanza ed obbedienza alla santa Vergine e quale segno della di lei protezione in vita e in punto di morte. Secondo una pia leggenda, nel XIII secolo, la beata Vergine apparve all’inglese san Simone Stok accompagnata da una moltitudine di angeli, tenendo in mano lo scapolare dell'ordine e gli disse: «Questo è il privilegio che io concedo a te e a tutti i carmelitani: chiunque morirà con questo scapolare non patirà il fuoco eterno».
Fin dal secolo XV a questa devozione si legò al cosiddetto «privilegio sabatino», secondo cui la Madonna avrebbe promesso di preservare i suoi devoti, vestiti dello scapolare, dalle fiamme dell'inferno, e di liberarle dal purgatorio, il primo sabato dopo la morte.
Cosa può essere di maggior spirituale sollievo ad un devoto dello scapolare del Carmine che morire proprio di sabato?

domenica, aprile 03, 2005

Novissima Verba


Testo del messaggio preparato su indicazione del Papa per la domenica della Divina Misericordia

Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Risuona anche oggi il gioioso Alleluja della Pasqua. L’odierna pagina del Vangelo di Giovanni sottolinea che il Risorto, la sera di quel giorno, apparve agli Apostoli e “mostrò loro le mani e il costato” (Gv 20,20), cioè i segni della dolorosa passione impressi in modo indelebile sul suo corpo anche dopo la risurrezione.

Quelle piaghe gloriose, che otto giorni dopo fece toccare all’incredulo Tommaso, rivelano la misericordia di Dio, che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Questo mistero di amore sta al centro dell’odierna liturgia della Domenica in Albis, dedicata al culto della Divina Misericordia.

2. All’umanità, che talora sembra smarrita e dominata dal potere del male, dell’egoismo e della paura, il Signore risorto offre in dono il suo amore che perdona, riconcilia e riapre l’animo alla speranza. E’ amore che converte i cuori e dona la pace. Quanto bisogno ha il mondo di comprendere e di accogliere la Divina Misericordia!

Signore, che con la tua morte e risurrezione riveli l’amore del Padre, noi crediamo in Te e con fiducia ti ripetiamo quest’oggi: Gesù, confido in Te, abbi misericordia di noi e del mondo intero.

3. La solennità liturgica dell’Annunciazione, che celebreremo domani, ci spinge a contemplare con gli occhi di Maria l’immenso mistero di questo amore misericordioso che scaturisce dal Cuore di Cristo. Aiutati da Lei possiamo comprendere il senso vero della gioia pasquale, che si fonda su questa certezza: Colui che la Vergine ha portato nel suo grembo, che ha patito ed è morto per noi, è veramente risorto. Alleluia!

La VACANZA della Sede Apostolica



1. Durante la vacanza della Sede Apostolica, il Collegio dei Cardinali non ha nessuna potestà o giurisdizione sulle questioni spettanti al Sommo Pontefice, mentre era in vita o nell'esercizio delle funzioni del suo ufficio; tali questioni dovranno essere tutte ed esclusivamente riservate al futuro Pontefice. Dichiaro, pertanto, invalido e nullo qualsiasi atto di potestà o di giurisdizione spettante al Romano Pontefice mentre è in vita od è nell'esercizio delle funzioni del suo ufficio, che il Collegio stesso dei Cardinali giudicasse di esercitare, se non entro i limiti espressamente consentititi in questa Costituzione.

2. Al Collegio dei Cardinali, nel tempo in cui la Sede Apostolica è vacante, è affidato il governo della Chiesa solamente per il disbrigo degli affari ordinari o di quelli indilazionabili, e per la preparazione di quanto è necessario all'elezione del nuovo Pontefice. Questo compito dovrà essere svolto nei modi e nei limiti previsti da questa Costituzione: dovranno perciò essere assolutamente esclusi gli affari, che — sia per legge sia per prassi — o sono di potestà del solo Romano Pontefice stesso, o riguardano le norme per l'elezione del nuovo Pontefice secondo le disposizioni della presente Costituzione.

Roma 2 Aprile 2005 ore 21:37



Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà; agli occhi degli stolti parve che morissero (…)
ma essi sono nella pace”.

Agli occhi degli stolti sembra che i servi di Dio muoiono afflitti e malvolentieri, nella stessa maniera in cui muoiono gli uomini del mondo. Ma non è così.

Dio è certamente capace di consolare i suoi figli in punto di morte: e anche tra le sofferenze dell’agonia, far sentire loro certe ineffabili dolcezze, quasi come anticipo del paradiso che stà per concedere di lì a poco.

(…) già prima di esalare l’ultimo respiro, i santi iniziano a sentire quella pace che godranno poi pienamente in cielo. Ciò avviene sia attraverso gli atti d’amore che in quei momenti essi rivolgono ancor più frequentemente a Dio, sia attraverso il desiderio e la speranza di cui si accendono, di poterlo cioè godere presto in paradiso.

Per i santi la morte non è castigo, ma premio (…). La morte di coloro che amano Dio, non si chiama morte, ma sonno, cosicché a ragione essi potranno esclamare:
In pace mi corico e subito mi addormento”.
(S. Alfonso de Liguori)

sabato, aprile 02, 2005

de arte bene moriendi

Una delle poche idee sensate l'ha espressa Gad Lerner: non stiamo assistendo ad una tragica agonia, come con eccessivo patetismo dicono dei giornalisti (più o meno improvvisatisi vaticanisti).
Quella di Giovanni Paolo II è - non solo religiosamente ma anche 'laicamente' - una bella morte.

La morte di Giovanni Paolo II è oggettivamente una "buona morte", una morte che ogni buon cristiano dovrebbe chiedere nella preghiera al proprio Signore.


Preghiera per chiedere una buona morte

Mio Signore e Salvatore, aiutami nell’ora della morte con la grazia dei tuoi sacramenti, e con il profumo vivificante delle tue consolazioni.
Vengano pronunziate su di me le parole dell’assoluzione,
l’olio santo mi segni e mi suggelli,
il tuo sacro Corpo sia il mio nutrimento,
il tuo Sangue mi purifichi da tutti i peccati;
la mia dolce madre Maria si chini su di me,
il mio angelo custode mi suggerisca parole di pace,
e i miei gloriosi santi mi sorridano;
con essi e per essi, io riceva il dono della perseveranza,
e muoia, come ho desiderato di vivere,
nella tua fede, nella tua Chiesa, nel tuo sevizio e nel tuo amore.
Amen.

(J.H. Newman)
La fine di un “santificato”

Dopo questo mare di “coccodrilli” che stanno infestando la televisione italiana, accompagnando lo spegnersi del sovrano pontefice, un giovane ventiquattrenne pugliese dichiaratosi ateo, intervenendo alla radio, si mostrava perplesso di questo accanimento mediatico. Nella sua ingenuità confidava di parergli di assistere ad una gara tra giornalisti a chi riuscisse a dare per primo la notizia del decesso.
È fastidioso per tutti ma bisogna capirli: poveri giornalisti, sono notizie che capitano ad ogni morte di papa!
L’altro dubbio che angustiava il giovincello era: ma se continuano a fare bilanci di questo pontificato mentre il papa è ancora vivo, nei giorni successivi alla morte di cosa parleranno?

Una delle poche cose intelligenti l'ha detta Renato Farina. Se noi amiamo e stimiamo tanto questo papa, forse dovremmo pure dar credito al suo magistero dottrinale! Ma la logica difetta nei talk show.
Dopo una inutile disquisizione intorno al dubbio amletico se papa Woitila sia stato un papa conservatore o progressista, Monica Leofreddi chiude “l’Italia sul 2”del primo aprile mandando in onda – in queste ore finali del pontificato – le immagini festose dell’elezione di Giovanni Paolo II che segnarono l’inizio del suo “santificato” (?).

L’agonia del pontefice ha fatto sì che le coalizioni politiche decidessero di terminare con un giorno d’anticipo la campagna elettorale per le elezioni regionali.
Sono stati annullati quindi i comizi di Prodi e di Berlusconi, che avevano deciso di concludere la campagna elettorale a Roma per sostenere i rispettivi candidati alla poltrona di governatore del Lazio;
é da considerarsi il primo miracolo di Woitila utile ad una futura causa di beatificazione?

Un corrispondente da Londra ci avvisa che i media anglosassoni hanno dato enorme risalto alla notizia dell'agonia del papa.
Ciò non ha precedenti essendo l'anglicana Inghilterra sempre stata culturalmente anti papista.
Giovanni Paolo II - ci informa l'inviato - è stato il primo papa a mettere piede nel Regno Unito dopo lo scisma di Enrico VIII.
Detto così sembrerebbe che invece all'epoca della guerra delle due rose i papi andassero spessissimo a villeggiare oltre Manica.

venerdì, aprile 01, 2005

De Eligendo Pontifice


Dopo le notizie sulle allarmanti condizioni di salute del sovrano pontefice, trapelate nel tardo pomeriggio del 31 Marzo,tra i primi a commentare - con avvertita preoccupazione - l'arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schonborn.
Dichiarando di averlo incontrato pochi giorni orsono, il sessantenne cardinale midleuropeo ha sostenuto che "avvicinando[si] alla fine della sua vita" "Il pontefice non è abbattuto e spera che giunga per lui il momento del conforto".