lunedì, febbraio 28, 2005

figli di un "Gius" minore


OVVERO: la genesi della Comunità di Sant’Egidio.
IN PRINCIPIO FU CL

[…] il profilo cattolico della comunità di Sant'Egidio resta sfuggente. I suoi percorsi tortuosi. La sua data di nascita ufficiale è il 7 febbraio 1968. Ma a quella data non succede proprio niente di nuovo.
I futuri membri di Sant'Egidio fanno semplicemente parte di un raggio, di una cellula di Gs nel liceo Virgilio di Roma.
Gs è la sigla di Gioventù Studentesca, l'organizzazione fondata da don Luigi Giussani che più tardi, passata la bufera del Sessantotto, prenderà il nome di Comunione e Liberazione. Riccardi vi si era avvicinato negli anni di ginnasio, a Rimini. Dopo di che, tornato a Roma, aveva legato con i ´giessini´ del Virgilio, del Dante, del Mamiani. Tra quei compagni di liceo c'è già il nocciolo duro di Sant'Egidio d'oggi. Ma con loro ci sono anche Rocco Buttiglione e la sua futura moglie Maria Pia Corbò, che rimarranno con don Giussani. Se il gruppone si disfà, tre, quattro anni dopo, è perché se ne va via il prete che l'aveva tenuto assieme, Luigi Iannaccone.
È solo a quel punto, inizio 1972, che Riccardi e i suoi si mettono in proprio. Con astio nei confronti dei fratelli separati di Cl, che infatti spariranno per sempre, anche in memoria, dalle storie autorizzate di Sant'Egidio.[]

24/02/2005 Per la morte di don Giussani
La Comunità di Sant'Egidio si unisce con amicizia ai tanti figli spirituali e a quanti sono addolorati dalla scomparsa di don Luigi Giussani, un uomo e un cristiano vero del Novecento, che si è speso senza riserve per comunicare lo stupore e la novità dell'incontro con Gesù, che ha indicato a tanti la via di cristianesimo vivo e tutto da vivere. Il prof. Andrea Riccardi e mons. Ambrogio Spreafico parteciperanno oggi ai funerali a Milano.


venerdì, febbraio 25, 2005

Ratione Peccati II

Don Giussani […] Allora io proporrei di sospendere il tema che ho dato stamattina e domandarci a bruciapelo: che cos’è per noi il cristianesimo.
[…] Proviamo anche a domandarci quando mai ci siamo posti questa domanda, non come spontaneamente frullata in testa, ma con una volontà sistematica: “sistematica” non nel senso scolastico del termine, ma nel senso vitale del termine, perché la vita è un organismo, è un sistema.
Se lo sentite come un cambiamento un po’ presuntuoso e pesante, ritorniamo al tema di prima. Ma io propongo questo cambiamento perché non mi sembra proprio un cambiamento. Casomai ci aiuterà a saltare dei passaggi inutili, perché a noi non interessa il movimento, per noi, è questa risposta alla vita. …
Forza, entriamo in medias res. Cos’è per noi il cristianesimo?

Intervento Sono stato richiamato a concepire questo luogo come il luogo della presenza del Signore, e quindi della mia verità, e non come luogo di gente che si ritrova perché la pensano tutti alla stessa maniera su un determinato punto. Ho capito che qui dentro, con questi volti, con queste persone, si gioca la mia salvezza.

Don Giussani E allora? Il tuo intervento – si vede che sono un po ottuso – che connessione immediata ha con la domanda che ci siamo posti?

Intervento
La connessione immediata è che è qui dentro…

Don Giussani Ma che cosa è il cristianesimo?

Intervento È la verità della mia vita.

Don Giussani
Tu hai usato anche un’altra parola: la parola “salvezza”.
Soltanto, ragazzi, che dobbiamo sfondare queste parole! Non si capisce una parola, se non in quanto se ne percepisce lo “spessore” – come dite voi -, lo spessore esistenziale. Una parola è come un indice: è un segno, segno di una realtà; un segno, proprio come c’è una freccia… Allora, non si capisce una parola, se non si percepisce la realtà che essa indica.
Per questo la domanda: “Che cos’è il cristianesimo?” è – a mio avviso – la domanda più urgente per noi che diciamo di esserci impegnati con esso. Ma lo è per tutto il mondo se – anche solo come ipotesi – il cristianesimo è inteso come la proposta della storia per una autenticità maggiore del cammino umano e per una sicurezza nei confronti del destino.

Allora della parola “salvezza”, come anche della parola “verità”, bisogna che si rompa l’involucro formale, perché qualsiasi cosa che l’uomo usi tende al formalismo. Qualsiasi rivoluzione e qualsiasi riforma – qualsiasi! – cadono immediatamente nel formalismo, nella standardizzazione, nello schematismo. C’è un peso d’inerzia dentro l’impeto umano per cui la ricchezza di tale impeto viene indirizzata verso la morte, subito! È il peccato originale, si dice.
Il peccato originale è la parola che sembra la più evacuabile dal nostro linguaggio – e, infatti, tanta teologia del postConcilio l’ha evacuata completamente -, perché non sembra, appunto, connettersi con nulla, sembra non coincidere con niente dell’esperienza, non avere aggancio a nessun fatto della vita; così tutto quanto il pensiero moderno la considera astratta e cerca di identificarla tutt’al più con un gap, con la distanza tra quello che l’uomo è e quello che deve essere. Perciò la parola “peccato originale” indicherebbe lo stadio inferiore di una evoluzione: il peccato originale sarebbe l’evoluzione che non è ancora avanti come dovrebbe. Mi spiego?
Invece no! Il peccato originale è un’idea essenziale dell’antropologia cristiana, e indica questo: qualunque sforzo, qualunque iniziativa che l’uomo prenda (intellettuale o pratica, di dottrina o affettiva), esistenzialmente scivola, tende a scivolare verso la morte, verso il formalismo, verso la sclerotizzazione totale.



Forse qualcuno ricorda il paragone che facevo a scuola, quello del filo: se io cammino su un filo a terra, ce la faccio bene. Ma prendete lo stesso filo e tiratelo su di cento metri: non ce la faccio più. Quindi, la capacità teorica, strutturale, di fare così, io ce l’ho, ma se la condizione esistenziale muta, non sono più capace di farlo: se voi me lo tirate su di cento metri, ci vuole un equilibrista.
È un paragone. La dottrina cattolica, del peccato originale dice questo: che l’uomo strutturalmente dovrebbe essere capace di fare certe cose, ma esistenzialmente si trova in una condizione tale – la sua situazione esistenziale - che è incapace di perseguire gli ideali che gli nascono dentro, e l’impeto ideale si corrompe in un rotolare verso la morte, subito!

È impressionante quanto questa idea cristiana, se la si fa agire nella propria esistenza, si riveli comprensiva dell’esistenza stessa.

Se uno non ha ancora sorpreso in se stesso questa corruzione dei suoi ideali più nobili come impeto originale (l’affezione alla donna, l’attenzione all’altro, la compassione per l’altro, la passione per la verità, il fascino che attira l’uomo verso la realtà e il cui volto immediato è la curiosità, il fascino travolgente della curiosità), se uno non ha ancora scoperto in se stesso la corruzione immediata che questi impeti nobili immediatamente assumono (è come se non stessero a galla, come se non riuscissero a stare all’altezza a cui l’impeto ci manda), non è ancora un uomo; è ancora un bambino.

[…]e quanto più uno pretende di crearsi da sé un sistema per correggere tale destinazione amara di quello che di più buono sente nascere in sé, tanto più genera una situazione illusa, che aggrava – alla fine – i termini della questione.
La presunzione dell’uomo di salvarsi da sé è all’origine di tutti i dispotismi, di tutti i terrorismi, di tutte le intolleranze, dalla società alla vita familiare, dalla vita consociata ai rapporti di amicizia.

Al cristiano a cui è stato portato l’annuncio della salvezza, viene tolta la disperazione e rimane questa tristezza illuminata e piena di speranza.


(Tracce Febbraio 2005)

venerdì, febbraio 18, 2005

“ e chinato il capo, spirò”

14 APRILE Lunedì di Pasqua.

La vigilia o l’antivigilia della sua morte, mi sembra fosse il lunedì di Pasqua, le dissi:
<< E allora, suor Marie-Bernard, siete un po’ risuscitata? >>
<< Oh, no, niente.Non conosco alcun sollievo. Il cappellano mi ha detto che il Signore vuolo farmi avere dei meriti fino alla morte. Mi devo rassegnare >>.
(suor Cecilie Pagès)

15 APRILE

Suor Marie-Bernard ebbe, come Gesù la vigilia della sua morte, un’agonia spirituale. Nella notte del lunedì si udiva ripetere più volte le parole:
<< Vattene Satana! >>
Martedì mattina mi disse che il demonio aveva cercato di spaventarla, ma che aveva invocato il santo nome di Gesù è tutto era scomparso.

Il martedì di Pasqua, dopo aver trascorso una notte molto agitata, fece ancora la santa comunione, ma nel corso della mattinata ebbe una crisi di oppressione molto forte. Mi fece chiamare e volle ricevere il sacramento della penitenza.
Poi le applicai l’indulgenza plenaria in articolus mortis.
(abate Fevre)

16 APRILE

La sua morte fu la morte di una santa, la sua pazienza nelle ultime sofferenze fu ammirevole, era felice di lasciare questa vita. Diceva:
<< Sono felice di rivedere la mia mamma del cielo >>.
(suor Gonzague Champy)

Verso le ore 13,30 e le 14
Qualche ora prima di esalare l’ultimo respiro, avendo udito una consorella dirle: << Sorella cara, in questo momento siete sulla croce! >>, ella stese le braccia in croce e un momento dopo esclamò.
<< Gesù mio,oh! Quanto lo amo! >>

Verso le ore 14,15
Un’ora prima della morte…
Bernadette chiese il foglio su cui era la benedizione speciale che papa Pio IX le accordava per l’ora della morte. Le risposero che bastava dirigere l’intenzione, pronunciando con fervore il nome di Gesù. Lo fece.

Verso le ore 14,30
In questo momento cercò di sollevarsi un poco, appoggiando la mano destra sul bracciolo della poltrona, alzò gli occhi al cielo e portò la sinistra alla fronte; i suoi occhi avevano un’espressione che colpiva, e rimasero alcuni istanti come fissi su un punto: i lineamenti esprimevano calma serenità e al tempo stesso una gravità melanconica. Allora, con un tono di voce indefinibile, che rivelava più la sorpresa che il dolore, uscì in questa triplice esclamazione:
<< Oh!, Oh!, Oh! >>
E tutto il corpo era scosso da un fremito.

Lasciò cadere lentamente la mano tremante sul cuore; abbasso gli occhi con voce ben chiara pronunciò affettuosamente queste parole:
<< Mio Dio, vi amo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze >>.
(abate Febbre)



Verso le tre del pomeriggio, la malata sembrava in preda alle torture di una sofferenza interiore inesprimibile.
Le sorelle infermiere, allarmate, si affrettano a prendere dell’acqua benedetta, ne aspergono più volte sulla morente e le suggeriscono pie invocazioni. La malata afferra il suo crocifisso, lo contempla un istante con amore, poi bacia lentamente, una a una,le ferite del Cristo.

Nello stesso momento suor X entra in infermeria e si avvicina alla morente che sembrava assorta nella contemplazione del suo crocifisso. A un tratto alza la testa, tende le braccia verso suor X, e fissando su di lei uno sguardo indefinibile, le dice:
<< Mia cara Sorella, perdonatemi… pregate per me… pregate per me >>.
Suor X e le due infermiere cadono in ginocchio per pregare. L’ammalata si unisce alle loro invocazioni che ripete a bassa voce.
Poi si raccoglie qualche istante, con la testa inclinata dalla parte della suora infermiera alla sua sinistra, e con un’espressione di dolore e di supremo abbandono alza gli occhi al cielo, stende le braccia in croce e getta un forte grido:
<< Dio mio! >>

Un fremito involontario,misto di rispetto e di paura si impadronisce delle tre religiose inginocchiate. Una di loro sosteneva le braccia della morente che le teneva ancora stese.
Infine, le lascia ricadere e si unisce nuovamente alle preghiere delle consorelle.

A queste parole dell’Ave Maria: “ Santa Maria, Madre di Dio” la morentesi rianima e con un accento tutto penetrato, che rivelava in questo momento supremo la sua profonda umiltà e la sua filiale fiducia nella Vergine Immacolata, ripete per due volte:
<< Santa Maria, madre di Dio, pregate per me, povera peccatrice >>.

La morte si avvicina.

Una lotta tremenda sembrava scatenarsi ancora in questa anima innocente e privilegiata, a cui senza dubbio Dio voleva donare qualche nuovo tratto di somiglianza con il nostro divino Salvatore mentre spirava sulla croce.

Qualche istante dopo la malata, con un gesto espressivo, chiede da bere; fa un grande segno di croce, afferra il recipiente con la bevanda fortificante che le è offerta, ne assume a due riprese qualche goccia e, reclinando la testa, rende dolcemente la sua anima verginale al Creatore, mentre le sue compagne ripetevano questa invocazione: << Gesù, Maria, Giuseppe, abbiate pietà di lei, proteggetela >>. Esse avevano esaudito , senza saperlo, un desiderio di suor Marie-Bernard, che aveva chiesto la grazia di morire ripetendo i dolci nomi di Gesù, Maria e Giuseppe.
(suor Nathalie Portat)

Bernadette Soubirous muore alle tre e un quarto del pomeriggio il mercoledì di Pasqua, 16 aprile 1879.

“Mio Dio…”
“Ho sete…”
“Erano le tre del pomeriggio”


“ e chinato il capo spirò”

giovedì, febbraio 17, 2005

Parigi val bene una messa melchita!



Se devo essere sincero, le CITY BOOK che il Corriere della Sera allega settimanalmente mi hanno lasciato perplesso. Una brutta copia delle guide illustrate Mondadori, le cui uniche qualità sono gli stradari e le visioni dall’alto di piazze monumentali e sezioni di cattedrali trafitte da freccette che indicano dov’è posizionato il tal monumento, senza spiegarti più di tanto di che si tratta, cosa rappresenti, chi sono gli artisti che vi hanno lavorato: il tipico strumento utile per orientarsi ai giapponesi e a chi ne vuol emulare gli eroici furori turistici. Ovvero per tutti coloro che; dopo aver speso i propri soldi per recarsi in una grande capitale culturale; trovano grande godimento nel controllare che la tal statua o la pala d’altare si trovi nel posto indicato, dopodiché, con la coscienza di aver arricchito il proprio bagaglio culturale, non curandosi di tutte le altre opere d’arte (perché non potrò mai credere che dentro Notre Dame a Parigi ci siano solo 10 cose da vedere!), si corre alla prossima meta turistica imperdibile: chiesa medievale o pasticceria, fa lo stesso.

La mia pluriennale esperienza romana è costellata di tristi immagini di turisti che entrati un po’ guardinghi nelle grandi e decoratissime chiese barocche del centro - e senza dover sborsare un soldo! - si fermano in fondo, dando un ampio sguardo d’insieme ed uscendo furtivamente.
La mia teoria era che, probabilmente, quelli erano di cultura protestante ed avendo il timore che dal fare o dal non fare qualcosa, un inquisitore appostato dietro una colonna, scoprisse che i nuovi arrivati non erano cattolici ma eretici, li scacciasse minacciando di consegnarli al braccio secolare. Ma dopo aver sbirciata la city book di Praga e Parigi credo di capire meglio il comportamento di tanti turisti “ignoranti” quali bellezze artistiche si nascondano dietro un laconico “decorazione barocca".

Una chicca eloquente di sciatteria turistica la trovo nella city book di Parigi:
St Julien le Pauvre

Almeno tre santi possono essere considerati patroni di questa chiesa, ma il più probabile è San Giuliano Ospitaliere. La chiesa, insieme a quella di St-Germen-des-Pres, è una delle più antiche di Parigi e venne costruita tra il 1165 e il 1220. Le riunioni ufficiali dell’università si svolsero fino al 1524, allorché una protesta studentesca provocò tali danni che il parlamento le proibì.
Dal 1889 vi si ufficiano sevizi religiosi in rito cattolico melchita, una setta greco-ortodossa.
Oggi la chiesa ospita concerti di musica da camera e sacra.”

Precisando che per individuare a che santo è dedicata una chiesa, quando - ahinoi! - sul calendario ci sono più santi omonimi, si può indubbiamente ricorrere a degli strumenti più scientifici di “ambarabàciccìcoccò”; trovo vergognoso che il clero melchita del patriarcato greco-cattolico d’Antiochia, sia definito una setta!
E non credo che si tratti di un problema di semplificazione o di traduzione letterale perché dai miei seppur scarsi contatti con dei francofoni, è emerso chiaramente che nella lingua di Voltaire l’accostamento setta- religione non suona affatto neutro.

lunedì, febbraio 14, 2005

Portate in cielo tutte le anime...

...e specialmente le più bisognose della Vostra Misericordia.

Termina cosi la giagulatoria che a Fatima la "bella Signora" chiese di recitare, ai tre pastorelli, alla fine di ogni decina del rosario.
Suor Lucia del Cuore Immacolato mentre, pur da tempo debilitata, si preparava con le consorelle ad iniziare gli esercizi spirituali con la "visione" di the Passion, è morta.


Quando la Signora annunciò ai suoi cuginetti Francisco e Jacinta che presto sarebbero volati in cielo, la piccola Lucia si rattristò un poco perché,come disse l’Apparizione, sarebbe dovuta vivere un altro pò, allo scopo di diffondere la devozione al Cuore Immacolato di Maria: mi ha procurato sempre grande costernazione quanto nella realtà terrena fosse dilatato quel “ancora un poco” detto dalla Madonna.
E dopo quasi 80 anni di vita passata in convento, dopo 88 anni dalle apparizioni della bianca signora che si manifestava ad ogni giorno 13 del mese,dal Maggio all'Ottobre 1917,ecco che quel "poco" si è compiuto:il 13 del mese di febbraio 2005.
Questo è il sigillo!
La firma che Dio ha voluto porre ad una vicenda che dal 13 maggio '17 passa per il 13 maggio '81?

"Allora Giacobbe si svegliò dal sogno e disse: << È certo che il Signore è in questo luogo ed io non lo sapevo. >> Ebbe timore e disse: << Quanto è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo.>> (Gn28,16-17)"

Signore: vedi come è freddo questo mio cuore? Il pensiero della firma che hai apposto sull'ultimo respiro della pastorella della Cova d'Iria, dovrebbe con "timore e tremore" darmi maggior consapevolezza della tua presenza nella vita di ogni tuo figlio! Ma il mio cuore distratto, tu vedi come fugge davanti agli amorosi segni della tua provvidenza!

Penso alla vecchia suor Lucia e ripenso a mia nonna, con tra le mani un rosario dai grani neri, che ripeteva con un tono di voce che esprimeva il sentimento di grande familiarità verso il Redentore: Gesù mio, perdona le noste colpe! Preservaci dal fuoco dell'inferno! Portate in cielo tutte le anime...specialmente le più bisognose della Vostra Misericordia.

sabato, febbraio 12, 2005

Tristitia Christi


Dice il Saggio:
"Lo tsunami non è un castigo di Dio e il card(n)in(v)al Lehmann non è un pagliaccio."

giovedì, febbraio 10, 2005

Simpatico umorista/5

- Scusate! - io e Virginia de Leiva ci mettiamo sull’attenti, e sorridiamo deferenti – Scusate… L’ultima informazione, poi non vi disturbo più.
- Non si preoccupi: è il nostro servizio. Prego, mi dica.
- Quell’affresco…Vede tutti quei punti rossi?
- Vuol dire le piaghe?- pausa - Quelle sono le ferite della flagellazione.
- Ah sii?- pausa ed imbarazzo - Non mi era mai capitato di vedere un’immagine simile… Io avevo pensato che potessero avere un qualche significato simbolico…
- Assolutamente no! Quelle sono le pi-a-ghe della flagellazione.
E mentre cerco di scandire le parole, con la mano destra mimo di colpirmi ripetutamente le spalle con una frusta.
Il mio interlocutore sembra sul punto di convincersi che anche nei secoli passati si avevano notizie della passione di Cristo.
- Mel Gibson non ha inventato nulla.
Aggiungo per mettere una pietra tombale su ulteriori domande del gentile interlocutore: e ci riesco.
Scuotendo desolata il capo, interviene Virginia, che cercando lo sguardo del visitatore curioso, tenta di tranquillizzarlo sul mio conto:
<< È che cerca di essere spiritoso ma non ci riesce!>>.

mercoledì, febbraio 09, 2005

<< Orandum est, flectuis genuis, ut non sit Conclave nefastus Ecclesiae Universae. >>


Tre giorni dopo il ricovero del papa al policlinico Gemelli, le ferme rassicurazioni sul miglioramento delle condizioni di salute di Giovanni Paolo II, hanno indotto i corrispondenti di France 2 ad intervistare un prete polacco che - a pochi metri da piazza San Pietro - cura la promozione in Italia del cracoviano culto alla Divina Misericordia, chiedendogli se – lui e chi per lui: i preti? I polacchi? Bo? - credeva veramente che il papa se la sarebbe cavata come rassicuravano laconicamente i bollettini della sala stampa vaticana.
Il monsignore ha risposto, senza indugio, che sicuramente il Santo Padre sarebbe guarito e sarebbe tornato in Vaticano, perché ci sono tanti fedeli che hanno una infinita fiducia nella Misericordia di Dio, e con questi sentimenti si sono rivolti al Signore chiedendogli questa grazia. Gesù Misericordioso non può non ascoltare chi lo invoca sicuro del potere della Sua Misericordia Divina;
commentava con bonario cipiglio il propagatore della devozione più cara al cuore del papa polacco.
Sicuramente i giornalisti avranno sghignazzato sotto i baffi, compiaciuti nell’aver registrato un capo d’opera d’integralismo cattolico.

Il papa ricoverato concelebra tutti i giorni la messa del suo segretario, e prega.
Probabilmente prega per poter sopportare questa croce, e prega affinché i cattolici riescano a capire il motivo per cui lui non pensa sia giunto il tempo delle possibili dimissioni.
Scrive Giovanni XXIII nel Giornale dell’anima: << … la coscienza del Papa che si sente investito della presenza, della grazia, della luce di Cristo ed a lui si affida in tutto, pensieri ed operazioni, nelle molteplici espressioni della sua attività apostolica. Basta la cura del presente (…) Il Vicario di Cristo sa che cosa il Cristo vuole da lui (…). Regola fondamentale della condotta del Papa è questa di accontentarsi sempre del suo stato presente, e di non imbarazzarsi del futuro, aspettandolo invece dal Signore, senza farci sopra conti o provvedimenti umani, e guardandosi persino dal parlarne con sicurezza e con facilità con chicchessia. >>

Il papa prega affinché sia compresa la sua profonda convinzione che la Chiesa non si governa con criteri umani, e che se si acclama il Vicario di Cristo nell’andare per il mondo predicatore girovago come il Nazareno, non ci si può dimenticare che colui di cui Giovanni Paolo II si considera rappresentante finì il suo peregrinare inchiodato, impossibilitato a parlare, immobilizzato dalla sofferenza: solo nell’immobilità della croce diede un valore immortale alla propria parola.

Il papa prega affinché gli stessi Eminentissimi non si scandalizzino nel vederlo immobilizzato sul Calvario della sua vecchiaia.
Prega affinché nel nostro guardare all’estrema fragilità fisica del “dolce Cristo in terra”, ci venga concesso dalla Misericordia di Dio di scorgere l’intangibile pulchitudine di un’anima che si è ormai abbandonata fiduciosamente alla volontà di un Dio che chiede la crocifissione di colui che 25 anni fa chiamavamo con compiacimento “l’atleta di Dio”.

Giovanni Paolo II è chiamato giorno per giorno ad accettare questa “estrema Sapienza” che Maria Vergine, pur essendo vissuta costantemente unita alla volontà divina, dovette comunque imparare sul Golgota: accettare la croce di Cristo.


C’è il dito di Dio nel faticoso tramonto di Giovanni PaoloII?
C’è forse una misteriosa misericordia in questa mesta transizione di un pontificato?
C’è forse un progetto di purificazione delle coscienze distratte dalla basilare dimensione ultraterrena che a parole il credente professa?

Dopo il Giubileo, mancandogli sempre più le forze, Giovanni Paolo II ha concentrato la sua azione pontificia nel richiamo alla presa di coscienza del primato della vita interiore, della realtà soprannaturale, e quindi il richiamo al cristiano della necessità di vivere nella dimensione della preghiera. Lo sforzo di creare un clima generalizzato di preghiera lo ha spinto a formulare 5 nuovi misteri del Rosario e ad indire un anno del Rosario al fine di implorare da Dio, per intercessione di Maria, il dono della pace. Dopo aver scritto una enciclica sull’importanza del culto eucaristico - quindi nella fede della reale presenza di Cristo nell’ostia consacrata - di fronte alla superficiale e distratta reazione, in primis del clero, ha pubblicato un ulteriore documento sull’Eucaristia, indicendo un “anno eucaristico”. Il fatto che l’anno del Rosario abbia coinciso col suo venticinquesimo di pontificato, e che allo stesso modo l’anno dell’Eucaristia è iniziato anch’esso ad ottobre, nell’anniversario della sua elezione e di conseguenza si concluderà anche nell’ottobre 2005, denota la volontà del pontefice di sacralizzare il tempo, di vivere liturgicamente il resto della sua vita, come se questa sua estrema vecchiaia sia da lui vissuta come una di quelle famose, lunghe, e sofferte messe che padre Pio da Pietralcina celebrava con la certa consapevolezza della dimensione soprannaturale di ogni gesto e di ogni parola prescritti dal sacro rito.

In grandi settori della cattolicità c’è, seppur sommersa, il desiderio di chiudere al più presto la pagina Wojtila, anelando ad un papa “giovane” che possa vigorosamente governare la Chiesa: forse che l’estrema vecchiaia di Giovanni Paolo II debba essere una spada che, si, trafigge lui, ma“affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”? (Lc:2,35)

Passando sopra al fatto che, disquisire sulla necessità di un papa vigoroso, è un argomentare poco cristiano, un simile ragionamento è umanamente molto ingenuo: l’empatia e la sensibilità umana, la fine intelligenza, e la santità personale, non sono di tutti i papi.

Questo tempo dovrebbe servire alla Chiesa intera, che con somma pena contempla il suo fragile pastore, e agli eminentissimi Padri in particolare, ad interrogarsi su quali debbano essere le peculiarità che rendono degno un successore di Pietro, oltre alla capacità di parlare dieci lingue visto che alla fine questa capacità, quasi prodigiosa, può estinguessi miseramente.

Come scriveva il cardinal Roncalli nel suo diario intimo, dopo aver assistito alla sepoltura, in triplice cassa, delle spoglie di Pio XII:

Bisogna pregare a ginocchia piegate affinché il conclave non sia nefasto alla Chiesa universale.”

Giovanni Paolo II, penso che abbia già cominciato ad invocare la Misericordia di Dio su quella gran porzione della Chiesa che di tutto il peso del suo cuore non si avvede:
<< Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me? >> (Mt:26,40)

sabato, febbraio 05, 2005

Lascia ch'io pianga...ancora



Preghierina:
Signore,
s’ignora la tua imperscrutabile volontà!
Ma credo che i commentatori di Shangri-Là ignorino pure che è di cattivo gusto il commentare un POST commemorante un lutto.

Grazie perché mi dai lume di scrivere cose incommentabili!
E così sia.

mercoledì, febbraio 02, 2005

martedì, febbraio 01, 2005

Simpatico umorista/4



Stavo ad una simpatica cena tra pochi intimi (non sono un prodotto per le masse!) e rispondendo ad una mia battuta, insinuante una possibile venalità del mio interlocutore, lui sorridendo ribatte:
- Ah! Non parlare di soldi con me! Ah!Ah! Tu solleciti le mie origini livornesi!
- Ah si? Livornese come Aldo Montano?
Rispondo io, ammiccante al gossip.

Il mio scelto uditorio si fa presto serio e corrucciato.
Si guardano in faccia cercando soccorso nello sguardo altrui, finalmente il mio interlocutore ,prende il coraggio a due mani e, facendosi voce del turbamento generale, chiede:
-Montano chi?. [Ops!]
-Nessuno…nessuno…Vabbe, veniamo ad argomenti più importanti. Dunque…
Che bello! Penso tra me e me: frequento proprio delle personcine cosi …
“a modo”…