venerdì, marzo 31, 2006

Vite Parallele /6 [primo quadro]

Alfonso de'Liguori , fondatore e Rettor Maggiore della congregazione del SS. Redentore consacrato a Roma nuovo vescovo della diocesi di S.Agata dei Goti, l' 8 luglio 1762 si congedava dalla sua comunità di Pagani, passava per Napoli da dove l'11 partiva per fare solenne ingresso nella sua nuova diocesi.


Monsignor de'Liguori a sessantasei anni era precocemente invecchiato e con molti acciacchi. Arrivato in Cattedrale, nel bel mezzo della sua prima predica fu assalito da un violento attacco di tosse tanto che il più giovane dei canonici della catterale disse ai colleghi: "Signori miei, apparecchiamoci per ricevere l'altro vescovo, perchè se verra a monsignor Don Alfonso de Liguori un'altra tosse simile a questa lo perderemo certamente".
La cosa fu riferita all'orecchio del vescovo che rispose che prima di morire avrebbe visto rinnovarsi tutto il clero della cattedrale e così fu: comè come non è, il primo a morire fu il giovane monsignore spiritoso.

Il vescovo de'Liguori si riteneva personalmente responsabile della salvezza, o della dannazione, eterna dei suoi quarantamila fedeli. Questo peso gravoso se lo figurava plasticamente nella mole del monte Taburno che con i suoi 1394 metri dominava la cittadina di S.Agata. Intraprese da subito una "missione al popolo" chiamando predicatori da fuori della diocesi, iniziò a visitare, i malati, i carcerati, le parrocchie e le claustrali, e programmò ogni due anni, da maggio a settembre, la visita a tutta la sua impervia diocesi (certe località erano raggiungibili solo a piedi o a dorso di mulo).

Introdusse la pratica della "Vita Divota" cioè predicava giornalmente davanti al popolo radunato al Vespro per la benedizione con il Sacramento. La voce popolare era piena di ammirazione per gli sforzi del "vescovo santo" ma al contempo c'era apprensione su quanto avrebbe resistito la sua fibra: "Monsignore si ammazza da se stesso!" era l'unanime commento.

Nel febbraio 1770 Don Ercole de'Liguori, fratello di Sant'Alfonso, aveva voluto per il figlio Carlo dei funerali così solenni che qualcuno pensò che il il de'Liguori morto fosse il celebre vescovo e scrittore ascetico la cui fama era diffuso in tutta l'Europa cattolica. Fuori dal Regno di Napoli la falsa notizia fu universalmente presa per veritiera e si diffusero sulle gazzette i necrologi e molteplici furono le messe di suffragio come quella decretata dai canonici della cattedrale di Lucca cui sant'Alfonso fece pervenire una lettera di ringraziamento.

La notizia, per il vero, non poteva apparire priva di fondamento dato che il monsignore aveva settantacinque anni ed era di salute malferma e molti ecclesiastici napoletani cercavano per mezzo dell'influenza della Corte, o del Cardinale Arcivescovo o del Nunzio Apostolico, di farsi nominare successori dell'illustre infermo.

All'asma di cui soffriva sin dalla giovinezza si erano aggiunte, la malaria e la bronchite cronica, con crisi violente che tutti lo avevano più volte creduto in punto di morte e gli era stata amministrata l'Estrema Unzione. Ciclicamente tornavano ad acuirsi l'asma, la febbre terzana e e catarro; nel marzo 1768 s'era aggiunta un nuovo male: "dolori interni" che lo costringono a passare le giornate a letto.
A luglio, calata la febbre e calmatasi la sciatica, potè rialzarsi in piedi, celebrare messa, ed essendoci la siccità intraprese subito con sforzo sovrumano una serie di predicazioni per invitare i fedeli a fare penitenza e muovere la misericordia di Dio. Dopo otto giorni, nella festa di sant'Anna, finalmente scoppio un terribile diluvio.
Ma Alfonso da quella settimana di missione popolare ne uscì spossato. Ad agosto dovette mettersi a letto con la febbre, torturato da dolori all'intestino e da una forma reumatica generalizzato che gli impedivano di prendere sonno. Il 26 agosto monsignor de'Liguori ricevette il viatico, fece testamento e si preparò a morire.
Ma non morì.
La febbe passò ma si aggravò la sindrome reumatica, artrosi lombare e soprattutto artrosi cervicale che gli impesiva di tenere la testa dritta ma che piegava il capo ciondoloni sul petto:"un povero cionco" era l'espressione con cui da quel momento fino alla morte amò autodefinirsi.

Cominciò a vivere praticamente sempre seduto in poltrona. Durante una visita di uno specialista fatto venire da Napoli -probabilmente nell'ottobre 1768- ci si accorse che il continuo contatto della barba sul petto aveva provocato una piaga purulenta, già quasi incancrena. Il medico ordinò di farlo stare steso a letto il più possibile, prescrisse bagni d'acqua tiepidi per l'artrosi e gli diede un rimedio che quietò i dolori causati dall'ulcera.
"Si faccia l'ubbidienza al medico, e poi si muoia" era il commento umoristico di monsignor Alfonso al momentodi essere sottoposto alle cure prescritte.
Ma pur rimanendo confinato a letto, tranne che per l'impossibilità di celebrare la messa, per il resto nulla era cambiato nella vita del vescovo: "Io sono il Vescovo, Iddio a me ha costituito Vescovo, ed io debbo badare con modo speciale" rispondeva al Vicario che lo pregava di riposarsi e lasciare fare a lui.
Però Alfonso aveva coscienza del suo peggioramento tant'è che conservava nascosta nel suo armadio una lettera di dimissioni indirizzata al papa e non datata per ogni evenienza.Il suo cameriere la trovò, la lesse e disse tra sè: "Ennò Monsignore, non ci dovete lasciare!" e la fece sparire.

Venuta la bella stagione i medici gli prescrissero una passeggiata in carozza mattino e sera, ma il santo si oppose: "Quello che debbo spendere per la carrozza e mantenimento dei cavalli debbo levarli ai poveri". Perciò si comprò una carrozza sgangherata e due ronzini altrettanto mal messi. Iniziarono così le passeggiate di monsignor de'Liguori che molto presto si ridussero a quella serale per il troppo strapazzo che da quelle benefiche uscite ne pativa il fisico: pochi passi aggrappato al braccio dell'accompagnatore, due uomini per issarlo in vettura e poi la vera "via crucis" che gli causavano i continui scossoni della carrozza a causa delle strade sconnesse.
La gente commentava: "Monsignor vecchio, vecchio il cocchiere, vecchia la carrozza, vecchi i cavalli". Meta della pasaggiata era la visita ogni sera ad un ammalato diverso che immancabilmente non riusciva a frenare le lacrime vedendo monsignor vescovo molto più malato di se stesso. Al rientro ci si fermava mezzora in chiesa per la visita al Santissimo Sacramento e a Maria Santissima e per un breve "fervorino" ai fedeli presenti.

La testa a penzoloni gli rendeva ormai difficoltoso il bere, gli venne proposto di usare una cannuccia d'argento ma il santo si oppose. Si usò una cannuccia di legno ma si ruppe, di ferrò ma il ferro si arrugginisce! Fu comprata di nascosto una cannuccia d'argento e si disse a monsignor de'Liguori che pareva argento ma era fatta di "stagno di Venezia".


L'8 agosto '79 scrive al padre Blasucci: "Sto bene colla testa; ma non posso camminare se non appoggiato ad un'altro, perchè non mi reggono le gambe, e già fa l'anno che non dico messa perchè il reumatismo mi ha totalmente torto il collo, che non posso alzarlo per sumere il Sangue... ho presi tanti rimedi e bagni e 'l collo sta sempre torto in una maniera... Io stò risoluto a lasciare il vescovado e venirmene a morire tra' miei nella mia Congregazione. Ora sto confuso solo circa al come e al quando".

Pur nelle continue sofferenze era in piena attività e niente era cambiato nell'attività della diocesi ed in quella del Palazzo vescovile in Arienzo tranne per il fatto che monsignore non celebrava più la messa. Sfogandosi di questa intima pena in una udienza al priore degli Agostiniani quest'ultimo si stupì che un uomo di così grande cultura come monsignor de'Liguori non fosse a conoscenza che per i sacedoti malati erano previste deroghe e indulti! Poteva celebrare seduto e bevendo al calice con una cannuccia.
Alfonso pieno di gioia il giorno appresso, domenica, celebrò messa dopo quasi un anno esatto.


Le voci che la diocesi di Sant'Agata dei Goti fosse ormai allo sbando a causa del vecchio vescovo immobilizzato a letto crescevano sempre più a Napoli così che Alfonso s'era deciso di chiedere le dimissioni a Clemente XIII, ma essendo quell'anno 1769 un "annus orribilis" nelle relazioni tra Regno di Napoli e Santa Sede monsignor de'Liguori desistette certo che, per ripicca al papa, la corte napoletana avrebbe rifiutato di concedere l'exequatur al nuovo vescovo che il papa avrebbe nominato, lasciando la diocesi per molti anni priva di vescovo. Morto Clemente XIII ed eletto Clemente XIV si decise a presentare le dimissioni essendo universalmente noto che i Borboni, e di Francia, e di Spagna e di Napoli, avevano favorito l'elezione del francescano cardinale Ganganelli.
Ma papa Ganganelli respinse le dimissioni dicendo:
"Mi contento che governi la Diocesi di sopra al letto. Vale più una sua preghiera da dentro al letto che se girasse per cento anni l'intera Diocesi".


I Redentoristi chiesero al loro fondatore di insistere, che forse il papa non aveva ben capito la gravità delle sue condizioni di salute ma Alfonso rispondeva: "La voce del Papa è voce di Dio per me, e muoio contento se per volontà di Dio io muoia oppresso sotto il peso del vescovado".
Una volta che i Redentoristi insistevano il santo rispose: "Questo [papa] è monaco capo tuosto, se lo fo, non l'accetta; pazientiamo, ed aspettiamo l'altro Papa, che viene appresso". Questa frase fu interpretata come battuta umoristica e provocò l'ilarità generale essendo Clemente XIV in ottima salute e di 9 anni più giovane di Alfonso che invece aveva un piede nella fossa.
Ma la querelle sulla soppressione dei Gesuiti che il papa fu costretto a decretare nel 1773 provocò in Clemente XIV una prostrazione spirituale che lo portò sulla soglia della disperazione, provocando un tracollo fisico che nel settembre 1774 lo porterà alla tomba.

Alfonso ripresentò le dimissioni a Pio VI.
"Beatissimo Padre, rappresento alla V. Santità come io fui fatto vescovodi S.Agata de'Goti, nel Regno di Napoli, in età avanzata di sessantasei anni. Ho tirato, con l'aiuto del signore per tredici anni a portare il carico del vescovado; ma al presente mi vedo inabile a portaro.
Mi trovo in età cadente, giacchè nel mese di settembre entro negli anni ottanta. Oltre l'età ho molte infermità che mi minacciano da vicino la morte.patisco di mal di petto che più volte m'ha condotto all'estremo; patisco di palpiti di cuore, per cui anche più volte mi sono visto prossimo a finir la vita.
Di presente, patisco tal debolezza di testa che spesso mi fa stare come uno stolido.
Oltre di questi mali mi assaltano diversi accidenti pericolosi, ai quali debbo rimediare con salassi, vescicanti e altri rimedi; oltre tra questo tempo del mio vescovado, quattro volte ho preso il Viatico e l'Estrema unzione.
A' riferiti, aggiungo altri maliche mi impediscono di adempiere gli obblighi di vescovo.
Mi è mancato notabilmente l'udito; sicchè molto ne patiscono i miei sudditi che, volendo parlarmi in segreto, se non alzano la voce, non posso ascoltarli.
Mi si è avanzata la paralisi, in modo che non posso più scrivere un verso, e con istento fo la mia firma, ma così male che poco s'intende. Sono diventato così cionco che non posso più nemmeno dare un passo, e bisogna che due mi assistano per fare qualche moto.
Fo la vita mia o sopra del letto, o abbandonato sopra una sedia.
Non posso più tenere le ordinazioni, nè più predicare; e quello che più importa, non posso più girare per la visita, e la diocesi ne patisce positivamente.
Posto ciò, ho stimato, vedendomi vicino alla morte, supplicare V. santità ad accettare la rinunzia del mio vescovado, come fo positivamente con questa mia supplica; giacchè secondo lo stato in cui mi ritrovo, vedo che manco all'uffizio mio ed al governare delle mie pecorelle"


Papa Braschi non sapeva cosa decidere essendo incoraggiato a non accettare le dimissioni del De'Liguori da monsignor Guido Calcagnini ex Nunzio a Napoli che aveva da vicino visto ed ammirato l'operato del santo vescovo.

Due padri redentoristi, Luigi Capuano e Cipriano Rastelli, reduci da una missione popolare in Abruzzo decisero di passare da Roma per ottenere la benedizione dal nuovo papa. Il papa nuovo, ricevendoli in udienza chiese notizie sulla salute di monsignor de'Liguori: loro fondatore e Rettor Maggiore.
Appresa dalla loro viva voce la notizia dello stato compassionevole in cui si trovava l'ottantenne vescovo di S.Agata dei Goti, Pio VI disse a monsignor Calcagnini lì presente: "Essendo così non bisogna contristarlo".

Le dimissioni furono accettate con lettera datata 9 maggio 1775 ed ufficializzate nel concistoro del 17 luglio con grande gioia di Sant'Alfonso.
Qualcuno gli fece osservare che pareva essersi raddrizzato ed egli rispose con spirito che si era tolto dalle spalle il peso del monte Taburno.


L'unica paura era quella legata alla scelta del successore: "Temo però che non mi venga qualche 'milordo', giacchè tanti la pretendono, ed allora bisogna dire addio a tutte le fatiche fatte".

Monsignor de'Liguori prima di partire salutò tutte le comunità monastiche di Arienzo ma non potè recarsi dalle monache redentoriste di S.Agata perchè con la carrozza non si poteva attraversare il passo delle "Forche caudine". La madre superiora chiese al santo di lasciare per disposizione testamentaria il suo cuore al loro monastero.
Alfonso rispose: "Io ho tenuto sempre la Madre Raffaella per donna savia, ma mò ci ho perduto il conceto. Del mio cuore che ne vogliono fare soffritto! L'anima è quella che importa, che poi per il corpo, se mi vogliono bene, lo diano a mangiare ai cani".
Inviò come ricordo alla madre Maria Raffaella una croce in legno che teneva nella sala da pranzo.


La mattina del 27 luglio il vescovo salì in carrozza -per recarsi nella casa dei suoi redentoristi di Nocera- mentre il clero, la nobililtà e il popolo era in lacrime e Monsignore dovette pregarli, anch'egli con le lacrime agli occhi, di non seguirlo a piedi.
Si portò dietro solo il materasso e la poltrona a rotelle mentre tutto il palazzo vescovile venne depredato da prelati e popolino che volevano una reliquia di monsignore.

A mezzoggiorno la carrozza si fermò per la messa ed il pranzo al seminario di Nola dove un cieco che gli chiese una benedizione ottenne la vista.

L'arrivo a Nocera dei Pagani fu un ingresso trionfale, acclamato da tutta la popolazione. Entrato nella chiesa si prostrò di fronte al Santissimo Sacramento e mentre si cantava il Te Deum chi gli stava accanto sentì il suo sfogo: "Dio mio vi ringrazio, perchè mi avete tolto di sopra un si gran peso.
Gesù Cristo mio, non ne potevo più!"


giovedì, marzo 30, 2006

Sacra Conversazione /4

Ovvero: EL SEÑOR DE LA SENTENCIA


Abdul Rahman, l'afghano convertito al cristianesimo che rischiava la pena di morte per la sua nuova fede, è stato liberato la notte di lunedì 27 marzo dal penitenziario di Kabul. Il ministro della Giustizia afghano ha giustificato la scarcerazione, dovuta alle pressioni internazionali - principalmente di George W. Bush-, facendo riferimento alla perizia psichiatrica svolta nel carcere di Pol i Charki, dalla quale risulterebbe che Rahman non è completamente sano di mente: il mussulmano che diventa cristiano non può essere, infatti, se non un «pazzo».

Questo il processo:

"Due sole udienze e Abdul Rahman è stato condannato a morte, per aver abbandonato l'Islam. Solo dopo la Corte suprema è intervenuta annullando il processo e aprendo la strada alla sua scarcerazione....

«Lo confesso, sono un cristiano, ma non un apostata ­ sostiene Rahman in tribunale ­. È vero, mi sono convertito dall'Islam arrendendomi a Dio. Credo in Giovanni, nello Spirito Santo e in Gesù».
Quarantun anni, magro, capelli a spazzola e volto scavato, il cristiano afghano si difende da solo. Il giudice Ansarullah Maoulawizadah non gli permette di sedersi, e attacca subito chiedendogli: «Sei nato nella casa di un musulmano. Tuo padre ti ha denunciato, ma perché ti sei convertito?».

Rahman risponde difendendo il cristianesimo:«Signor giudice, non si tratta di una cattiva religione. Ho fatto la mia scelta grazie alla benevolenza di Dio. Penso che tutti devono poter scegliere. Rispetto chiunque abbia una fede. Credo in Gesù e nella libertà di religione». .
A questo punto denuncia «maltrattamenti, pestaggi e insulti da parte del procuratore». Non solo durante gli interrogatori, ma anche nel centro di detenzione di Kabul sarebbe stato minacciato e preso a schiaffi per la sua scelta di fede. Indica anche le guardie facendo dei cenni con il capo

Il giudice taglia corto e chiede all'imputato di raccontare la storia della sua conversione, che è avvenuta a Peshawar, in Pakistan, il giorno di Pasqua di 16 anni fa grazie a Interlet, un'organizzazione non governativa per cui lavorava, diretta da un americano. Gli fa presente che è stato denunciato non solo da suo padre, ma da tutta la famiglia, compresa la moglie e le figlie. «Sono vittima di un complotto ­ sostiene -. Una volta mia madre ha addirittura bruciato la Bibbia, spinta dall'odio».

Il giudice gli mostra la Bibbia sequestrata chiedendogli di cosa si tratta, e Rahman risponde orgoglioso: «È il libro sacro in cui credo». Allora il magistrato replica: «Questo vuol dire che non credi nel Corano?», cercando di farlo cadere nella trappola dell'apostasia. Lui se ne rende conto e risponde: «Non ho nulla contro l'Islam. Sto solo dicendo che prima ero musulmano e ora sono cristiano».

Interviene il procuratore, Wasih Khan, un ometto vestito di grigio con la camicia bianca senza cravatta e la barba spruzzata d'argento.Spiega il fondamento dell'accusa, ovvero il fatto che Abdul Rahman creda nel Taslis (il Padre, il Figlio e lo Spirito santo) e che abbia «partecipato a cerimonie religiose del cristianesimo diventando apostata».
Il procuratore invita più volte Rahman a pentirsi e a tornare ad abbracciare l'Islam. «Purtroppo non ha mostrato timore e non ha voluto accettare la realtà rimanendo un eretico ­ spiega il pubblico accusatore ­. Per questo motivo deve essere punito secondo la legge islamica». Questo è il momento più grave,in cui il pubblico ministero si appella a una shura del Corano e cita le parole del profeta Maometto secondo il quale «chi si converte deve essere ucciso».
Secondo Wasih Khan, «la punizione per il tradimento è la pena di morte, e un apostata è un traditore che insulta Allah e il suo Profeta violando la legge di 1,6 miliardi di musulmani nel mondo»....

Rahman si difende con coraggio: «Accetto la decisione della Corte, anche se dovesse essere la sentenza capitale, ma non sono un infedele, sono un cristiano». L'imputato coinvolge anche alcuni esponenti in vista del nuovo potere afghano spiegando di aver deciso di tornare dalla Germania,dove viveva in esilio, dopo aver ascoltato alla radio l'appello del presidente Hamid Karzai rivolto ai rifugiati. «Gente come Yahya Massoud (numero due dell'ambasciata afghana in Svizzera, nda) fratello di Ahmad Shah (il famoso comandante anti-talebano ucciso da Al Qaida due giorni prima l'11 settembre, nda) e il viceministro degli Esteri, Haider Reza (appena nominato ministro del Commercio e dell'Industria, nda), sono credenti come me e figure di spicco» sostiene Rahman.
L'udienza in cui è stata chiesta la condanna a morte è del 16 marzo.
Pochi giorni dopo Rahman è di nuovo in aula. Il giudice Maoulawizadah lo invita a rinnegare il cristianesimo e Rahman rifiuta ancora. Allora il giudice emette la sentenza: «Se non si pente della sua conversione non resta che punirlo con la morte»."


(Fausto Biroslavo da Il Giornale del 30 Marzo 2006)

mercoledì, marzo 29, 2006

Segni della fine del mondo /3

Carlo Caffarra arcivescovo di Bologna è stato creato Cardinale del "Titolo" di San Giovanni Battista dei Fiorentini.

martedì, marzo 28, 2006

Cristicchi-fideles laici II


Bisognerebbe stare tutti zitti
Non dare retta neanche ai tuoi fratelli
Parlare piano piano a bassa voce
Vedi Gesù che l'hanno messo in croce
Embè Embè
Vuoi o non vuoi devi fare così
Io sulla croce ci andrei
Ma per chi, per chi
Ilalà ilala ilala ilala...

(Simone Cristicchi; "Che bella gente", )

lunedì, marzo 27, 2006

Le quote porpora /7


Nela sua allocuzione ai suoi primi cardinali, Benedetto XVI ha detto:
"Conto su di voi, venerati Fratelli, conto sull’intero Collegio di cui entrate a far parte, per annunciare al mondo che “Deus caritas est”... Conto su di voi, cari Fratelli Cardinali, per far sì che il principio della carità possa irradiarsi e riesca a vivificare la Chiesa in ogni grado della sua gerarchia, in ogni Comunità e Istituto religioso, in ogni iniziativa spirituale, apostolica e di animazione sociale... Conto su di voi perché, grazie all’attenta valorizzazione dei piccoli e dei poveri, la Chiesa offra al mondo in modo incisivo l’annuncio e la sfida della civiltà dell’amore. Tutto questo mi piace vedere simboleggiato nella porpora di cui siete insigniti. Che essa sia veramente simbolo dell’ardente amore cristiano che traspare dalla vostra esistenza."

In parole povere Papa Ratzinger vuole che la fede cristiana non rimanga sui libri liturgici o nei manuali teologici ma che "l'intelligenza della fede" permei il comportamento dei cristiani. Vuole che i vescovi e i preti facciano capire che la morale cattolica non ha per oggetto gli scrupoli del singolo fedele peccatore e che non si è menbri della Chiesa solo quando i cattolici si riunicono per recitare Paternosti e Avemmarie, ma che si insegni ai cristiani che anche quando ci si consorzia per programmare ed attuare opere di beneficienza non stanno facendo qualcosa che è una versione laicizzata dei principi della loro fede ma che: "Le organizzazioni caritative della Chiesa costituiscono (...) un suo opus proprium, un compito a lei congeniale, nel quale essa non collabora collateralmente, ma agisce come soggetto direttamente responsabile, facendo quello che corrisponde alla sua natura."

Questo Benedetto XVI lo ha scritto chiaramente nella seconda parte della sua prima enciclica. Le "opere di carità" non stanno fuori dalla Chiesa, perchè è stata la fede fermamente creduta dai cristiani a muovere la loro azione "caritativa". Lo stesso Giuliano l'Apostata che voleva riportare in auge il Paganesimo cercò di inserire nei culti pagani i principi d'amore per il prossimo e le istituzioni assistenziali viste come il fattore affascinante e trascinante della buffa religione dei "galilei".

A ben vedere lo stesso millenario potere temporale dei papi è nato perchè nella crisi e dissoluzione dell'apparato burocratico dell'Impero Romano solo la rete assistenziale della Sancta Romana Ecclesia poteva garantire la sussistenza dei cittadini della Città Eterna!
Gregorio Magno, per antonomasia papa politico (ritenuto il fondatore dello "Stato pontificio"ante litteram), teneva a pranzo ogni giorno dodici poveri e quando seppe che a Roma un povero era morto di fame diede ordine che per quel giorno, in tutte le chiese della città, non si celebrasse l'eucaristia così come avviene solo il Venerdì Santo: perchè quel giorno in quel povero era morto Cristo stesso. Come si evince da questo esempio paradigmatico, le opere assistenziali della Chiesa non nascono e non sono nate al puro scopo di supplire a ciò che le organizzazioni statali non riescono a fare ma hanno avuto sempre un sostrato "mistico" di cui negli ultimi tempi è stata emblema madre Teresa di Calcutta.
Quando le chiedevano qual'era il progetto sociale alla base della sue opere e le si contestava che le sue suore non facevano nulla di veramente concreto per debellare le cause delgli squilibri economici, rispondeva: "noi lo facciamo per Gesù".

Quindi: "il vero soggetto delle varie Organizzazioni cattoliche che svolgono un servizio di carità è la Chiesa stessa — e ciò a tutti i livelli, iniziando dalle parrocchie, attraverso le Chiese particolari, fino alla Chiesa universale.(...)nelle Chiese particolari, i Vescovi quali successori degli Apostoli portino la prima responsabilità della realizzazione (...)

Il Codice di Diritto Canonico, nei canoni riguardanti il ministero episcopale, non tratta espressamente della carità come di uno specifico ambito dell'attività episcopale, ma parla solo in modo generale del compito del Vescovo, che è quello di coordinare le diverse opere di apostolato nel rispetto della loro propria indole. Recentemente, tuttavia, il Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi ha approfondito più concretamente il dovere della carità come compito intrinseco della Chiesa intera e del Vescovo nella sua Diocesi ed ha sottolineato che l'esercizio della carità è un atto della Chiesa come tale e che, così come il servizio della Parola e dei Sacramenti, fa parte anch'essa dell'essenza della sua missione originaria ."

"Per quanto concerne i collaboratori che svolgono sul piano pratico il lavoro della carità nella Chiesa, l'essenziale è già stato detto: essi non devono ispirarsi alle ideologie del miglioramento del mondo, ma farsi guidare dalla fede che nell'amore diventa operante (cfr Gal 5, 6). Devono essere quindi persone mosse innanzitutto dall'amore di Cristo,(...) Il collaboratore di ogni Organizzazione caritativa cattolica vuole lavorare con la Chiesa e quindi col Vescovo, affinché l'amore di Dio si diffonda nel mondo. Attraverso la sua partecipazione all'esercizio dell'amore della Chiesa, egli vuole essere testimone di Dio e di Cristo e proprio per questo vuole fare del bene agli uomini gratuitamente."
(Deus Charitas est)

Il grande problema contemporaneo per la Chiesa cattolica è che duemila anni di cristianesimo hanno fatto sì che l'uomo occidentale del XXI secolo, abbia laicizzato il comandamento "ama il prossimo tuo come te stesso" e perciò percepisca la filantropia come qualcosa di naturale, istintivo, -si potrebbe dire- "geneticamente" iscritta nei compiti di ogni società civile, anche la più laicamente, o anticlericalmente, lontana dalla fede nel Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito".
Esempio, di quanto possa essere problematica in una società secolarizzata l'azione della Chiesa nel campo sociale, è, negli Stati Uniti, la decisioni prese dal (novello) Cardinale del Titolo di Santa Maria della Vittoria:
L’ARCIVESCOVO DI BOSTON CHIEDE DI SOSPENDERE L’AFFIDAMENTO ALLE COPPIE OMOSESSUALI.


(...)Le gerarchie ecclesiastiche di Boston hanno infatti chiesto alle organizzazioni cattoliche che si occupano di adozioni di sospendere gli affidamenti alle coppie omosessuali, contravvenendo alla legge sul matrimonio omosessuale.
Il governatore dello stato, Mitt Romney, ha annunciato che intende accordare ai cattolici l’esenzione sui gay. Ma Romney è praticamente solo in uno degli stati più all’avanguardia sulle coppie omosessuali. Kerry Healey, braccio destro del governatore, farà di tutto perché non si raggiunga l’accordo con i “romani”. L’iniziativa della diocesi di Boston si sta estendendo a macchia d’olio. Faranno altrettanto i vertici ecclesiastici di San Francisco, capitale dell’omosessualità e città in cui i cattolici hanno stretto patti di ferro con l’amministrazione nei servizi sociali. Qui cinque bambini sono stati dati in adozione a coppie omosessuali.
Nel 2003 il Vaticano aveva definito la vicenda “gravemente immorale”. Anche l’ex arcivescovo di San Francisco, ora Prefetto della congregazione per la Dottrina della
fede, monsignor William Levada, è intervenuto perché “le agenzie cattoliche non
concedano in adozione i bambini alle famiglie omosessuali”.
I social conservatives, che costituiscono la base elettorale dei repubblicani, vogliono organizzare dei referendum sull’adozione, come avvenne per i matrimoni gay durante le presidenziali del 2004. Ma da un punto di vista giuridico, dice Richard Carlson del Texas College, “leggi sulle adozioni basate sulla moralità costituiscono un debole argomento e andranno incontro a una modifica legale”. Le legislazioni sono eterogenee. In Florida sono state bandite le adozioni omosessuali, il Mississippi le consente ai single, Utah, Arkansas, Nebraska e Missouri le hanno bandite del tutto.
Agenzie di ispirazione ebraica e luterana hanno aperto da tempo alle coppie omosessuali.
L’arcivescovo di Boston, Sean O’-Malley,
ha detto che la chiesa si trova di fronte “alla scelta fra la propria fede e la legge dello stato”.
Sette membri della Catholic Charities Board si sono dimessi in disaccordo con O’Malley. A dicembre era stato raggiunto un accordo per continuare con le adozioni agli omosessuali. La vicenda raggiungerà anche lo stato di New York, dove le associazioni cattoliche gestisconometà del welfare.
Secondo Richard Neuhaus, direttore di First Things, mensile cattolico vicino all’amministrazione Bush, “è in gioco la libertà religiosa della chiesa di perseguire una missione in accordo con i suoi insegnamenti”.
(...)Questo mentre Bush ha varato un nuovo finanziamento alle associazioni religiose (157 milioni di dollari). La donazione non è piaciuta alla corrente anti-tasse dei repubblicani, guidata da Grover Norquist. E ai democratici, per i quali i cattolici che beneficiano dei fondi statali non possono opporsi a una legge approvata da un Parlamento.
Le conseguenze economiche potrebbero rivelarsi insostenibili se filantropi e corporazioni decidessero di tagliare i fondi alle Catholic Charities (attualmente di 6,6 milioni di dollari).
La United Way of Massachusetts Bay, che eroga un milione di dollari all’anno alla diocesi di Boston, ha annunciato che l’iniziativa di O’Malley mette a rischio il suo sostegno. Nel 2000 la United chiuse i rubinetti ai Boy Scout quando discriminarono i leader dichiaratamente omosessuali. Ma nemmeno il Massachusetts, lo stato più liberal d’America, può permettersi questa crisi: nel 2005 le organizzazioni cattoliche hanno sfamato 200.000 persone a Boston.
Un anno fa O’Malley aveva provocato un’altra frizione con il sindaco Thomas Menino, rifiutandosi di sedergli accanto perché filoabortista. Lo scontro rientrò. Oggi è più difficile, riguarda il lungo conflitto fra cattolici e secolaristi dentro il fragile equilibrio americano sulla libertà religiosa."
(da un articolo di Giulio Meotti sul Foglio di giovedì 23 marzo 2005)

domenica, marzo 26, 2006

dei Sepolcri, XII

Respondit Indro: "Domine non sum dignus! "


[grazie all' Amicus Plato... ]

Le quote porpora /6

Il concistoro ordinario pubblico per la creazione dei primi cardinali di Benedetto XVI è stato preceduto nell'aula del Sinodo da "una giornata -ipse dixit!- di preghiera e riflessione".
Temi presentati alla riflessione del Sacro Collegio sono stati: l'atteggiamento della Chiesa di fronte ad un islam aggressivo; il moltiplicarsi dei vescovi in pensione e che quindi, forse, sarebbe il caso di alzare la soglia del pensionamento dai 75 ai 78 anni; lo sforzo per riassorbire i lefevriani concedendo la liberalizzazione della messa di San Pio V...

Chissà su quale di questi temi si è maggiormente infervorato il preconizzato cardinal Caffarra, arcivescovo di Bologna, che fuori dall'aula, accanto alla bicicletta con cui s'è presentato il primate d'Olanda: cardinale Simonis , è stato immortalato mentre è tutto preso a sviscerare il suo punto di vista al sempre beatissimo, benevolissimo e sorridentissimo arcivescovo di Vienna: l'eminentissimo cardinal Schoemborn?

sabato, marzo 25, 2006

Ave Gratia Plena

Accolto l'ordine dell’arcana missione, senza indugio l'Angelo si presenta alla dimora di Giuseppe e dice alla Vergine: Colui che discendendo fa piegare i cieli si racchiude senza mutamento tutto in te. E, vedendolo prendere nel tuo grembo la figura di servo, stupito e a te esclamo: Gioisci, o Sposa Semprevergine! ...



Gioisci, virgulto di pianta che non si dissecca;
Gioisci, possesso di un frutto che non marcisce;
Gioisci, perché allevi Colui che con amore nutre gli uomini;
Gioisci, perché generi Colui che crea la nostra vita;
Gioisci, terreno che produce abbondanza di misericordia;
Gioisci, mensa che porti ricchezza di propiziazione;
Gioisci, perché fai fiorire il giardino di delizie;
Gioisci, perché prepari un rifugio per le anime;
Gioisci, profumo che rende gradite le suppliche;
Gioisci, propiziatrice di perdono al mondo intero;
Gioisci, compiacenza di Dio verso gli uomini;
Gioisci, fiducia degli uomini verso Dio;
Gioisci, o Sposa Semprevergine!

Le quote porpora /5

Dominus Carolus Caffarra S.R.E. Cardinalis "Cofferatiensis"

giovedì, marzo 23, 2006

Cristicchi-fideles laici



"Autistico!
Mi chiudo dentro a un cappottone anacronistico
Delirio onnipotenza, sono Gesù Cristo e il Diavolo
e poi niente,
mi sembro deficiente,
mi seggo davanti al computer,
l’accendo e parte l’antivirus,

sono Artistico!
Osservatore dei particolari inutili,
maniaco della precisione,
io m’ intrippo come un pesce nell’acquario
come un dromedario,
brancolo disfatto come un gibbone narcotizzato…

Psicopatico!
Io mi suicido giornalmente,
sono un mistico
Mi privo dei piaceri della vita,
come un eremita in gita,
tagliuzzo le mie vene
Autolesionista,
accendo la televisione…ma

Utopistico,
è il mondo esterno che personalmente immagino
Barricato nella mia cameretta al terzo piano,
riempio i posacenere di cicche
E puzzo di cassetto chiuso,
faccio schifo pure al gatto, quindi…

Esco!…
ma gli uccellini mi bestemmiano in tedesco"


( da "L'autistico", Simone Cristicchi)

le quote porpora/4

Dominus Augustinus
S.Romanae Ecclesiae Cardinalis Vallini
supremi Tribunalis Signaturae apostolicae Praefectus

mercoledì, marzo 22, 2006

Pazza Idea /2

E venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanardi.



Carlo Giovanardi era un antico democristiano che nello smenbramento della balena bianca approdò all'UDC di Pier Ferdinando Casini. Ebbe sempre fama di cattolico, intransigente, integrista, poco tollerante, bacchettone, in ultima analisi: ottuso.
Ottimo personaggio, perciò, da intervistare ogni qual volta sui mass media c'era un dibattito che metteva in contrasto un fronte conservatore contro i novatori autoproclamatisi democratici per antonomasia e sommi libertari illuminati.
Se c'è da dialogare su temi come divorzio, pillola, aborto, omosessualità, pacs, liberalizzazione delle droghe, legalizzazione della prostituzione etc.. non s'è mai trovato miglior mezzo per ostendere il poco appeal delle posizioni cattolico-clerical-conservatrici che invitare al dibattito quello zitellone acido di Giovanardi.
Così è stato, secondo la prassi, invitato Carlo Giovanardi anche ad un dibattito radiofonico sulla "dolce morte" che "La rosa nel pugno" vorrebbe fosse legalizzata anche nel bel paese. Il ministro Giovanardi ha ploclamato che una tale legislazione sarebbe in contrasto con ogni basilare principio di rispetto del valore della vita umana paventando il pericolo di un'applicazione generalizzata, che vada molto oltre lo staccare la spina a chi è clinicamente morto, arrivando ad una mentalità eugenetica di stampo nazista che come in Olanda permatte ai medici e ai genitori di decidere la soppressione dei bambini affetti da malattie non curabili.

Non si sà come, il primo ministro olandese Jan Peter Balkenende ha non solo saputo delle dichiarazioni di Giovanardi, ma quel che più stupisce, dell'esistenza stessa del ministro Giovanardi: fatto ignoto alla moltitudine degli italiani che non ha mai avuto il coraggio di chiedere a cosa serva un Ministero "per i rapporti con il Parlamento".

Il premier olandese Balkenende ha protestato veementemente chiedendo le ufficiali scuse per le dichiarazioni del ministro Giovanardi il quale s'è premurato di chiarire subito che la sua era una posizione personale e non si era trattato di una dichiarazione ufficiale del Consiglio dei ministri del Governo Berlusconi.
Si è capito che tutta quest'alzata di scudi arancioni è dovuta non al contenuto delle argomentazioni "oscurantiste" di Giovanardi ma unicamente ad un aggettivo "nazista" poco in linea con il politically correct. Quindi: si possono esprimere i più severi giudizi sulla legislazione olandese ma l'unica cosa da non fare è creare il più minimo parallelismo con la legislazione del Terzo Reich.

Il problema di Giovanardi però, come di chiunque, è che oggettivamente prima che nel 2004 in Olanda fosse approvata l'eutanasia per i minori malati, per trovare una legislazione del genere bisogna risalire alla "Legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie" emanata i Germania nel 1933, cui fece seguito l'8 ottobre 1935 una seconda legge per "La salvaguardia della salute ereditaria del popolo tedesco".
"Il 18 agosto 1939 si emanava un provvedimento segreto noto con la sigla IV-B 3088/39-1079 Mi. Grazie a questa disposizione i medici dei "Centri di consulenza" dovevano essere obbligatoriamente informati dagli ospedali e dalle levatrici della nascita di bambini deformi o affetti da gravi malattie fisiche o psichiche. Una volta informati i medici convocavano i genitori e illustravano loro i grandi progressi della medicina tedesca. Ai genitori veniva detto che erano stati creati centri specializzati per la cura delle malattie dei loro figli. Veniva sottolineata la possibilità di decessi visto il carattere sperimentale delle cure ma si invitavano i genitori ad autorizzare immediatamente il ricovero anche in presenza di speranze di guarigione ridotte.
Ottenuto il consenso i bambini venivano ricoverati in cinque centri: Brandenburg, Steinhof, Eglfing, Kalmenhof e Eichberg. Qui giunti i bambini venivano uccisi con una iniezione di scopolamina o lasciati progressivamente morire di fame.
(Da http://www.olokaustos.org/)"

Ci spiegano i politici dei Paesi Bassi che seppur simili nel fine però le due legislazioni partono da presupposti ideologici molto diversi, e anzi, totalmente opposti! Mentre il Nazismo era una crudele ideologia del XX secolo che sopprimeva i bambini malati perchè ritenuti una inutile zavorra alla politica della volontà di potenza del Terzo Reich, di cui l'Olanda è stata vittima, invece, come è universalmente noto, l'Olanda non ha alcun progetto egemonico sul mondo. Gli olandesi vogliono essere lasciati liberi di sopprimere per pura carità cristiana i bambini malati; frequentare i pubblici casini e consumare legalmente droga, aspettando che l'ira divina faccia crollare le dighe e li affoghi tutti tra i flutti come all'epoca di Noè.

Daniele Capezzone, segretario dei Radicali Italiani (e presente al "fatidico" dibattito radifonico con Giovanardi)ha reagito alle affermazioni del ministro dicendo :«Come era purtroppo prevedibile, l'imperdonabile [???] offesa di Giovanardi al governo e al popolo olandese ha determinato una crisi diplomatica con un Paese amico, libero e democratico. Avevo messo in guardia Giovanardi e il governo: ora, occorrono le scuse ufficiali del governo e le dimissioni di Giovanardi. L'Italia non aveva bisogno di un nuovo caso Calderoli, ma chi ha combinato questo guaio deve risponderne».

Nella reazione della politica italiana stupisce l'impaurita reazione: come se si fosse trattato delle già sperimentate proteste per le inutili provocazioni di Calderoli alle poco dialoganti masse islamiche. Forse il timore che l'Olanda bloccasse le esportazioni verso l'Italia di tulipani?

Alle accuse lo stesso ministro ha replicato: «Ho il diritto di dire alto e forte che non sono assolutamente d'accordo. Non condivido quella legislazione. Sono gli olandesi a doverla spiegare all'Europa».
Giovanardi ha dichiarato di condividere l'allarme di fronte al protocollo di Groningen :
«Ho citato autorevoli opinioni di medici olandesi che teorizzano l'uccisione di bambini fino a 12 anni se affetti da patologie che li costringerebbero a vivere una vita non degna».
Probabilmente l'allarme di giovanardi è condiviso da molti olandesi visto che:
"La paura di essere uccisi a propria insaputa in caso di malattia grave ha spinto 60.000 persone ad aderire alla Dutch Patient Association, un’associazione protestante che raccoglie le richieste di informazioni delle persone che vogliono sapere se un ospedale sia ‘sicuro’ o meno. Distribuiscono anche dei ‘passaporti per la vita’, che i pazienti tengono addosso a testimonianza della loro volontà di non ricevere l’eutanasia senza il proprio consenso."

Come ha scritto un olandese sul forum sul sito del più grande giornale d’Olanda, il conservatore Telegraaf : “Può darsi che l’Italia sia un paese corrotto, ma in quasto caso ha ragione”.
Rimane il dato oggettivo che nessun politico sedicente cristiano abbia speso un sola parola di solidarietà all'onorevole Carlo Giovanardi.

E venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanardi.

"Voce di uno che grida nel deserto"

martedì, marzo 21, 2006

dei Sepolcri, XI

In data 20 marzo 2006 è morto Humphrey: il gatto più famoso del Regno Unito. Il felino è deceduto alla veneranda età di 18 anni. L'annuncio ufficiale del decesso lo ha dato un portavoce del governo, mentre il quotidiano "Sun" gli ha reso omaggio titolando «il mondo della politica piange una leggenda».
Humphrey era un comune gatto randagio che nel 1989, mercè la compiacenza della Lady di ferro, si era insediato a Downing Street e che nel 1997 i Blair sfrattarono. È morto nel luogo segreto dove era stato mandato in esilio da Cherie Blair.

Humphrey, che aveva goduto dei favori di Margaret Thatcher e John Major, era stato nominato «acchiappatopi capo dell'ufficio di gabinetto».

Pacco, contropacco e contropaccotto /4

L'eminentissimo cardinale Roger Etchegaray
che si pregia d'essere amico personale del Patriarca si di Mosca e di Tutte le Russie, nel febbraio 2006 si è recato a Mosca per rappresentare la Chiesa Cattolica Romana alle solenni celebrazioni in occasione del compleanno e onomastico di Sua Santità Alessio II.
Il 20 febbraio, nel corso di un colloquio, il Vice-decano del collegio cardinalizio ha portato al Patriarca la lettera in francese con gli auguri di Benedetto XVI e consegnando il dono del vescovo di quella che i bizantini chiamano "Antica Roma" al vescovo della "Terza Roma": una medaglia d’oro del Pontificato.
La visita a Mosca del Signor Cardinale Roger Etchegaray, per condividere con l'intera Comunità cristiana russa la gioia della duplice ricorrenza del genetliaco e dell'onomastico di Vostra Santità, mi offre la gradita opportunità di farLe pervenire il mio fervido e cordiale augurio.

A questa lieta celebrazione desidero associami spiritualmente, invocando dal Signore abbondanti benedizioni per la Sua Persona e il Suo ministero, generosamente dedito alla grande causa del Vangelo.

I gesti e le parole di rinnovata fraternità fra Pastori del gregge del Signore stanno ad indicare come una sempre più intensa collaborazione nella verità e nella carità contribuiscano ad incrementare lo spirito di comunione, che deve guidare i passi di tutti i battezzati.

Il mondo contemporaneo ha bisogno di sentire voci che indicano la via della pace, del rispetto per tutti, della condanna di ogni violenza, della superiore dignità di ogni persona e degli innati diritti che le competono.

Con tali sentimenti, Le formulo cordiali voti di buona salute; sull'esempio e con l'intercessione di sant'Alessio, possa Ella continuare ad adempiere con frutto la missione che Dio Le ha affidato.

Dal Vaticano, 17 febbraio 2006.

BENEDICTUS XVI

[© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana]


A sua volta, Sua Santità Alessio II, al termine della solenne Liturgia onomastica del 24 febbraio, celebrata nella cattedrale del Santissimo Salvatore , ha chiesto al Cardinale Etchegaray di voler portare a Sua Santità Benedetto XVI, quale segno di gratitudine e di stima, una lettera di ringraziamento, unitamente al dono di una croce pettorale.



Santità,

La ringrazio di cuore per i cordiali auguri e le espressioni di ricordo nella preghiera che mi ha inviato in occasione del mio compleanno e onomastico, e che mi sono stati trasmessi da Sua Eminenza il Cardinale Roger Etchegaray.

Nel nostro tempo, in cui il secolarismo sta rapidamente sviluppandosi, il cristianesimo si trova di fronte a gravi sfide che necessitano di una comune testimonianza.

Sono convinto che uno dei compiti prioritari per le nostre Chiese, che possiedono una visione comune su numerosi problemi attuali del mondo contemporaneo, debba essere oggi la difesa e l'affermazione all'interno della società dei valori cristiani, di cui l'umanità vive da più di un millennio. Spero che a ciò contribuirà anche la rapida risoluzione dei problemi che si interpongono tra le due Chiese.

Ricambio nella preghiera a Vostra Santità gli auguri di buona salute, invocando il copioso aiuto divino nell'adempimento dell'alto ufficio di Primate della Chiesa Cattolica Romana.

Con affetto nel Signore

ALEKSIJ II
Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’


Che cosa abbia voluto dire Benedetto XVI è chiaro ma non giurerei che altrettanto intellegibili ai pii cristiani d'occidente siano le parole del Patriarca di Mosca.
La grande "sfida" dei cristiani, secondo gli ortodossi russi non è pregare e lavorare per superare le incomprenzioni storico-teologiche al fine di giungere ad una "piena" unità visibile "affinchè il mondo creda", ma è quella di accantonare le reciproche contumelie al fine di lottare contro il secolarismo. Non il "lottare" per raggiungere una finalità puramente spirituale che riguarda "ad intra" la natura teologica delle Chiese cristiane, ma un coalizzarsi contro i nemici esterni (che il Patriarca abbia in mente lo stile degli accordi Ribentrop-Molotov?).

Quando Alessio II scrive di auspicare "la rapida risoluzione dei problemi che si interpongono tra le due Chiese", siamo ben certi che si stia riferendo al "Filioque" e all'Infallibilità, o stia invece parlando della necessità da parte di Roma di agire d'imperio per bloccare le mire alla costituzione di un Patriarcato greco-cattolico con sede a Kiev: culla del cristianesimo russo?

lunedì, marzo 20, 2006

dei Sepolcri, X



Slobodan Milosevic è morto il giorno 11 marzo 2006 nella prigione di Scheveningen, in Olanda, essendo dal Tribunale Internazionale dell'Aja accusato di "crimini contro l'Umanità".
I risultati dell'autopsia avevano ufficializzato che la morte dell'ex presidente serbo era dovuta a un infarto del miocardio, senza però escludere del tutto l'ipotesi di un avvelenamento. Perciò, per fugare ogni dubbio e mettere fine alle voci di cospirazione si è proceduto ad un ulteriore esame tossicologico da cui è emerso che l'ex dittatore assumeva volontariamente un farmaco sbagliato che comprometteva la terapia contro l'ipertensione prescritta dagli specialisti.
Milosevic prendeva di proposito un antibiotico sbagliato, la rifampicina, usata per curare lebbra e tubercolosi, che contrastava gli effetti dei farmaci per il cuore.

Potrebbe trattarsi di un suicidio, seguendo la tragica scia familiare. Mentre il giovane "Slobo" studiava Giurisprudenza a Belgrado, il padre si suicidò. Undici anni dopo, anche la madre farà lo stesso, e poi lo zio materno, ex generale. E' facile intuire che queste tragedie familiari segnano profondamente il giovane Slobodan.
L'anziano Milosevic avrebbe, quindi, cercato di togliersi la vita e nel contempo, dichiarandosi più volte timoroso di essere avvelenato, fare del proprio suicidio un'arma politica cercando di scaricarne la responsabilità ad occulti mandanti.
Il 10 marzo, giorno prima del decesso, Milosevic aveva scritto al ministro degli esteri russo sostenendo di non ricevere cure adeguate: chiedeva aiuto a Mosca, perché temeva che qualcuno cercasse di avvelenarlo. "Nella lettera - riferisce il ministero russo - l'ex presidente ribadisce la sua richiesta di sostegno dalla Russia per ottenere il permesso di sottoporsi a una terapia in una clinica di Mosca".

La seconda ipotesi, meno "eroica", è che cercasse di aggravare le proprie condizioni cliniche per ottenere di trasferirsi in Russia per sfuggire alla condanna e al carcere perpetuo.
Si è tratto, quindi, dell'ultimo calcolo politico errato della sua lunga carriera.

Alla notizia della sua morte il mondo si è ricordato del dittatore balcano uscito dalle scene politiche dopo la rivolta popolare del 5 ottobre 2000.

Colpisce che il governo serbo abbia dato l'assenso alla sepoltura in Patria dell'uomo che ha trascinato il paese in dieci anni di continue guerre che i politici e la maggioranza dei serbi giudica sbagliate e catastrofiche.
Su richiesta del presidente serbo Boris Tadic il Consiglio supremo di difesa ha prontamente annunciato che non intendeva mettere unità dell'esercito serbo-montenegrino a disposizione per le esequie e che quindi era assolutamente escluso che ci sarebbe stato un funerale di Stato, ma al contempo si avallava il riposo in pace della salma sotto le zolle del giardino della casa di Milosevic nel suo paese natale: "quella Pozarevac dove il suo figlio ossigenato e ribaldo aveva costruito la Disneyland serba – Bambi, ora chiuso – e anche la più grande discoteca serba – Madonna, poi venduta – e la sua tomba sarà un’attrazione solo per i rancorosi, la nostalgia è quella riservata a Tito, le canzoni che gli zingari di Pascevo intonano agli angoli delle vie pedonali di Belgrado parlano di Uzice, della Seconda guerra mondiale, di Tito, niente Srebrenica o Vukovar, niente Milosevic" (Toni Capuozzo).
Forse la volontà politica è stata quella di voler celebrare, con le pubbliche esequie di Milosevic nel museo del Comunismo, a poca distanza dal mausoleo di Tito, celebrare i solenni funerali della stessa Jugoslavia: quella Jugoslavia che iniziò ad agonizzare durante i funerali di Tito ed il cui nascosto cancro del particolarismo etnico la distrusse politicamente ma anche nella psiche dei suoi politici e dei suoi cittadini.
La pietra tombale di Milosevic precede di poche settimane il referendum per l'autederminazione della Repubblica del Montenegro che porterà alla definitiva scomparsa del concetto e del nome stesso di Jugoslavia.

Sul quotidiano “Politika”, il 17 marzo è stato pubblicato un necrologio che recitava: “Grazie per tutte le chimere e le ruberie, per ogni goccia di sangue che a causa tua hanno versato in migliaia, per la paura e l’incertezza, per le vite e le generazioni fallite, per i sogni che non abbiamo realizzato, per il terrore e le guerre che, senza chiedercelo, hai condotto a nome nostro, per tutto il peso che ci hai caricato addosso. Ci ricordiamo dei carri armati nelle vie di Belgrado e il sangue sui marciapiedi. Ricordiamo Vukovar. Ricordiamo Dubrovnik, Ricordiamo Knin e la Krajina. Ricordiamo Sarajevo. Ricordiamo Srebrenica. Ci ricordiamo dei bombardamenti. Ci ricordiamo del Kosovo. E lo ricorderemo ancora per un po’. E lo sogneremo. Ci ricordiamo dei morti, dei feriti, degli sfortunati e dei profughi. Ci ricordiamo delle nostre vite distrutte. Lo terranno a mente i cittadini della Serbia”.

Milosevic è stato l'ultimo a morire tra i presidenti delle repubbliche jugoslave che trascinarono i loro popoli in guerre fratricide, perciò, c'è stata una voglia collettiva di metterci "una pietra sopra", di dimenticare rapidamente i massacri le fosse comuni; ma la mentalità germinata da un decennio di odi e di vendette ha profondamente plasmato le coscienze degli ex-jugoslavi per i quali: "è meglio essere stato un criminale di guerra che una vittima". La fine di Milosevic conferma questa amara situazione: le genti dell'ex-Jugoslavia son più pronte a esprimere il cordoglio per la scomparsa di un dittatore, accusato di pesantissimi crimini, che per la scomparsa di migliaia persone innocenti ma sconosciute.
"Il dettaglio più emozionante delle esequie è un messaggio di solidarietà e di condoglianze scritto da un altro detenuto, il criminale di guerra croato generale Ante Gotovina. Un saluto da vecchi nemici, da fronti etnici sorpassati, da tagliagole arrugginiti, da un mondo che ha lasciato solo macerie e cicatrici".

sabato, marzo 18, 2006

...entre todas las mujeres! [7]



Ovvero: dolores!

"Nel luglio scorso [2005,ndr]il governo socialista spagnolo ha introdotto una nuova normativa sul divorzio, che da allora è consentito senza previa separazione e alla sola condizione che nozze siano state celebrate da tre mesi. Si tratta di una norma simile a quella che la Rosa nel pugno vorrebbe introdurre in Italia, e anche per questo può essere interessante esaminare che effetti abbia avuto in Spagna.

Le domande di divorzio, che nel primo semestre del 2005, quando vigeva ancora la vecchia normativa, erano state circa 27 mila, nel semestre successivo sono cresciute fino a 60 mila, sono cioè più che raddoppiate. Le separazioni, contemporaneamente, sono diminuite, ma solo di un terzo.
Si dirà che la legislazione non fa che rispecchiare una crisi della famiglia, che è quindi indipendente dalle scelte politiche, ma in realtà non è proprio così.

Tra le ragioni che concorrono a rafforzare o, al contrario, a indebolire la stabilità della famiglia c’è la considerazione che quell’istituto basilare riceve dalla società.
Se il giuramento di fedeltà reciproca “finché morte non ci separi”, che è pronunciato sia nei matrimoni civili sia in quelli religiosi, viene considerato una barzelletta, gli effetti non si fanno aspettare.
Se il matrimonio, che ha nella sua natura la finalità della riproduzione, viene equiparato alla convivenza tra persone dello stesso sesso, come accade in Spagna, finisce con lo svalutarsi.
Ora la formula matrimoniale spagnola dovrebbe essere trasformata nell’impegno a restare insieme per una stagione, visto che dopo dodici settimane può essere tranquillamente sciolto.

Le associazioni femministe spagnole, che hanno applaudito a tutte le leggi che disgregano la famiglia, contemporaneamente denunciano l’aggravamento della condizione
di disparità della donna, che percepisce mediamente retribuzioni inferiori del 40 per cento. Questo significa che sono ancora le donne la parte più debole, che subisce il danno maggiore dalla distruzione dei vincoli familiari.
Ma queste femministe, a quanto pare, non sanno fare due più due."

Giuliano Ferrara, Il Foglio sabato 18 marzo 2006)

venerdì, marzo 17, 2006

VIA CRUCIS

Sacra Conversazione /4

Ovvero: "It's not time to make a change"



"...l’opuscolo intitolato “L’esortazione della via giusta e della salvezza vera”, recapitato nelle caselle postali degli abitanti di Budrio di Correggio in Emilia e inviato a diversi parroci vicentini, rappresenta primo caso esplicito di dawa (invito all’islam): proselitismo religioso rivolto direttamente agli occidentali.
Ventidue pagine scritte in italiano, pubblicate da una casa editrice turca, Hakikat, e spedite da un centro islamico tedesco della città di Schontal per spiegare ai cristiani le ragioni profonde della loro confusione.
Prima regola: sapere che Gesù non è figlio di Dio che la Trinità è una blasfemia. “I cristiani dicono che Gesù è il Messia, figlio di Allah: potrebbe esserci un ignoranza (senza apostrofo) più grande di questa?”, si legge nella prima pagina.
“I cristiani dichiarano che Allah abbia un figlio, ma che falsità è questa?”, ribadiscono. “Avete detto qualcosa di mostruoso”, intimano. “Manca poco che si spacchino i cieli, si apra la terrae cadano a pezzi le montagne, perché (i cristiani, ndr) attribuiscono un figlio al Compassionevole”.

Seconda regola: sapere (rubiamo una battuta a Daniele Luttazzi) che se la risposta è Cristo, allora la domanda è sbagliata. Infatti gli autori dell’opuscolo lanciano un monito inconfutabile: “Voi sapete che l’islam è la vera religione, Muhammad l’ultimo profeta che Allah il Sublime ci ha inviato, ma voi persistete ostinati nella rinnegazione (…) le lettere di Paolo, abili come il diavolo, insegnano diffamazione,
pettegolezzi, tradimento, spionaggio (…)”.

I toni e i contenuti del catechismo islamico mandato via posta a residenti e parroci hanno il sapore di una sfida, di un’aggressiva campagna elettorale, se la parola guerra di civiltà suona esagerata. Dopo le prime otto pagine commentate contro la Trinità si passa a uno dei temi più cari dei fondamentalisti: il castigo, attraverso citazioni estrapolate dal Corano. Come questa, presa dalla sura Ad-Dukhan (Il fumo, versetti 47-50): “Afferratelo e portatelo nel fondo della Fornace, e gli si versi in capo il castigo dell’acqua bollente… sei forse tu l’eccelso, il nobile? Ecco quello di cui dubitavate”.

Le ultime due pagine sono dedicate a Yusuf Islam , alias Cat Stevens, al quale gli Stati Uniti hanno negato il visto di entrata.
Domanda (retorica): “Perché Bush non voleva permettergli l’entrata?” Risposta: “Yusuf non aveva un cannone, un fucile, o un aereo (sic!), perché l’America lo temeva?
Perché ha una fede che niente supera.
Loro sanno bene che la loro fede è falsa e il loro libro inventato”.

“Non c’è altro Dio all’infuori di Lui”

L’opuscolo ha ovviamente suscitato reazioni all’interno della diocesi di Reggio Emilia, dopo la pubblicazione di alcuni stralci da parte del Giornale di Reggio.
Don Emilio Landini, responsabile delle comunicazioni sociali della diocesi, ha dichiarato: “Tutto questo potrebbe far sorridere ma si ride molto meno se si pensa all’ignoranza religiosa sulla Bibbia. Sono strumenti fatti per un proselitismo d’assalto che non aiutano certo il dialogo”.
Il consigliere comunale di Novellara, Youssef Salmi, che appartiene alla corrente dei musulmani moderati, dice invece che è “propaganda politica contro l’islam perché tende a esasperare i temi che ci dividono dai cristiani”.

A Vicenza, don Massimo Sbicego, uno dei parroci ai quali è stato inviato il testo, ha commentato: “Si tratta di una provocazione che mi lascia sconcertato”.
E’ presto per sapere se il libello, tradotto in nove lingue e pubblicato sul sito web della casa editrice turca Hakikat debba essere considerato una controffensiva dei fondamentalisti contro le vignette, ma Mario Scialoja, membro della consulta islamica governativa ha osservato: “Si tratta di un testo offensivo ed è verosimile che la casa editrice turca abbia visto nella città di Reggio Emilia un terreno fertile dopo la manifestazione contro le vignette”.
Purtroppo la frase finale dell’esortazione contenuta nell’opuscolo non concede il beneficio del dubbio. “Non c’è città che noi prima del giorno della risurrezione non distruggeremo, o che non puniremo con una grave condanna. O cristiani, noi vi intimiamo a credere che c’è soltanto un solo sublime Allah, che non c’è Dio all’infuori di Lui, che lui non genera e non è stato generato, e che tutti i profeti, Mohammed (la pace sia con lui) e Gesù (la pace sia con lui) sono i suoi inviati”.


(da un articolo di Cristina Giudici sul Foglio di venerdì 17 marzo 2006)

martedì, marzo 14, 2006

...entre todas las mujeres! [6]




Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.
(Lc. 23, 27)

domenica, marzo 12, 2006

scuola di preghiera


L'eminentissima ("ac reverendissima"!) Pescevivo in un post titolato: "Preghiera proibita" definisce "inquetante" che in un Istituto Professionale sia stato espresso "parere sfavorevole da parte del Collegio dei Docenti per un momento di preghiera, l’Angelus, tre volte la settimana, durante l’intervallo. Numero di persone intenzionate a partecipare a questo atto sovversivo: forse dieci. Tempo totale (2 minuti x 3 volte): circa 8 minuti" a settimana!

Sicuramente da parte dei docenti c'è la classica, epidermica - e personalissima - ripulsa laicista contro ogni manifestazione di fede, intesa quale ostentazione di ottuso e superficiale pietismo, cui si aggiunge la nuova "paura" che se si "concede" questa "libertà di culto" ai cattolici "non si vede" come poter poi negare uguale trattamento agli islamici.

Il problema dei docenti nasce dall'errato presupposto che tutte le religioni siano uguali. "Ovviamente" bisogna avere rispetto per ogni persona e quindi anche per le sue convinzioni religiose ma bisogna anche tener presente che i modi di espressione pratica della fede variano da religione a religione, non solo, ma anche l'impostazione teologica che sta dietro alla pratica pubblica della preghiera è differente tra religione e religione!

Per dirla senza troppi giri di parole: per la mentalità islamica se un mussulmano prega in un luogo ciò renderà quel suolo "terra dell'Islam" e ciò darà ipso facto a ogni mussulmano di rivendicare il diritto di pregarci per sempre, nonostante qualunque contraria disposizione futura! Per i cristiani non è così. E se qualcuno reputa il contrario mente sapendo di mentire!
I cristiani distinguono tra i luoghi di culto che sono le chiese e gli altri edifici (dove può anche "scapparci" una preghiera) soprattutto perchè le preghiere vocali, come pure la lettura del sacro testo e la sua esegesi cioè la "predica", non ingloba in se la totalità dell'atto del culto, come invece avviene per l'Islam, perchè la pienezza del culto cristiano è data da riti specifici chiamati Sacramenti di cui l'Eucaristia ne è il culmine.

Ognuno sano di mente capirà agevolmente che la veloce recita dell'Angelus Domini, da parte d'una decina di liceali nell'angolo d'un corridoio della propria scuola, non è paragonabile alla celebrazione di una Messa o alla benedizione col Santissimo Sacramento!
Nè con la preghiera dell'Angelus quei cattolici in erba hanno la presunzione di marcare il territorio "a futura memoria"; il loro desiderio nasce da una educazione alla fede per cui sorge l'esigenza di rinnovare a se stessi (e non agli altri!)quella consapevolezza gioiosa di stare alla presenza di Dio e di stare vivendo in una storia (personale e comunitaria) resa sacra dall'evento dell'Incarnazione del Figlio di Dio avvenuta proprio quel giorno in cui la Vergine Maria disse "Ok" all'angelo Gabriele.

Altra considerazione. Il rito cattolico, come detto prima, distingue chiaramente tra la preghiera "pubblica" della Chiesa e la preghiera privata dei fedeli; cioè: tra la liturgia per cui sono necessarie precise posture (sedersi, alzarsi, inginocchiarsi), la presenza di ministri del culto (che devono indossare abiti particolari per celebrare i riti) oltre all'uso di immagini ed oggetti come crocifissi, candelieri, etc...; ed invece la scarna ripetizione di brevi formule da parte di uno o più persone, senza alcuna necessità di alcuna suppellettile (e quindi senza alcun eventuale costo per le finanze dell'Istituto scolastico). I dirigenti scolastici hanno reagito come se gli avessero chiesto di costruire una cappella palatina.
Inoltre il sommesso tono di voce con cui si recitano piamente le avemarie non può produrre alcun "inquinamento acustico" se solo si pensi che (tralasciando i Muezin!) nel rito cristiano bizantino le antifone debbono essere obbligatoriamente cantate!

Mi permetto una ulteriore considerazione.
La problematica riveste solo superficialmente i rapporti tra confessionalità degli studenti e laicità della scuola, ma compete alla categoria dell'esercizio dell'autorità ( e cioè: del potere) all'interno della scuola: se degli studenti comunicano alle autorità dell'Istituto scolastico l'intenzione di voler recitare una Ave Maria, ciò che è una comunicazione da mettere agli atti, viene interpretata come una supplica alle Serene Maestà.

C'è, infatti, la perversa tendenza da parte di ogni corpo docente della penisola italica a regolamentare, frenare, imbrigliare, ogni attività in nome del "quieto vivere": non si vogliono proteste da parte di genitori che si è involontariamente contrariato, non si vogliono richiami da parte di Provveditorati o -Dio non voglia!- contraddirre in alcun modo una qualche a loro ignota circolare ministeriale. In breve: non si vogliono "casini".

Quale insulto sarebbe per le intime convinzione degli studenti se uno sparuto gruppo di loro compagni, durante la ricreazione, si riunisce furtivamente per dire un' avemaria?
Sarebbe uno dei gruppetti tra i tanti altri gruppetti (molto più rumorosi) che si formano e si disfano continuamente tra una campanella e l'altra.

Chi si straccierebbe le vesti se durante la richeazione una quindicina di adolescenti caciaroni si riunisse per vedere quanto è "fico" l'ultimo modello di telefonino che ad uno di loro ha regalato mammà?
Nessuno, ovviamente.
Ma sono moralmente certo che se quello stesso studente si presentasse dal Preside chiedendo l'autorizzazione di poter, durante la ricreazione, illustrare ad alcuni suoi compagni quanto è fico il suo nuovo telefono cellulare, farebbe scattare nel Preside "la sindrome della carta da bollo", e gli farebbe venire mille anzie, e susciterebbe nel docente mille elocubrazioni sulle possibili conseguenze, foriere di guai imprevisti, che il suo assenzo all'iniziativa privata degli studenti potrebbe causargli.



Toni Capuozzo sul Foglio di venerdì 10 marzo da ulteriori esempi di questo tipo di deontologia professionale dei docenti italiani.

Il primo fatto è accaduto in "un paesetto di neppure cinquemila abitanti, Fiumicello. Una storica roccaforte della sinistra, nelle terre che un tempo furono bracciantili, cantate da Pier Paolo Pasolini e ritratte da Giuseppe Zigaina (...). Tutto cambiato, e altri tempi anche per don Gigi, il parroco che era abituato a convivere, in un appeasement fondato sul buon senso, con i vecchi sindaci comunisti (...).Così quando si è trattato di stilare un piano per la visita pastorale del vescovo di Gorizia, monsignor Dino De Antoni, don Gigi ha proposto la più classica della tappe: la visita alle scuole elementari. Ma dalla scuola è arrivato un “no” secco, basato sulla considerazione che la visita del prelato avrebbe potuto offendere, turbare o ledere la sensibilità degli alunni di fede musulmana presenti nell’istituto.

Va precisato che nessun segnale di allarme o di disagio era emerso dai genitori degli alunni di fede diversa da quella cristiana, e che il “no” veniva per intero dal consiglio dei docenti, che evidentemente hanno un’idea della laicità dell’istituzione e del rapporto tra le fedi fondata sulla totale separatezza, piuttosto che sull’incontro e sul confronto. Le porte sbarrate del plesso scolastico, però, non sono riuscite a trattenere la notizia, e il fatto è diventato un caso, anche politico.
Interrogazioni parlamentari, intervento del sindaco – di centrosinistra sì, ma cattolico – che ha offerto l’aula del consiglio comunale per un incontro, fuori dalle aule scolastiche, tra vescovo e scuole (...)

Ma la querelle più interessante è quella scoppiata tra scuola e genitori. Questi ultimi lamentano di non essere stati informati della scelta e parlano, in una lettera aperta “di delusione e impotenza, dinanzi a una decisione impostaci dall’alto”, lamentano di essere stati tenuti ai margini, come se il loro compito fosse limitato alla gestione delle festicciole di fine anno, esprimono la convinzione che con la decisione presa unilateralmente dalla scuola si sia persa un’occasione di confronto, perché nessuno crede che la visita del prelato fosse mirata alla conversione o al proselitismo dei non cristiani. E ribadendo l’estraneità a ogni sfruttamento politico della vicenda, presentano le dimissioni in massa dall’organismo che li rappresenta all’interno della scuola.

La replica della scuola, a firma del dirigente Aldo Durì, è un piccolo capolavoro di linguaggio burocratico, tra il politicamente corretto e un donabbondismo laico: “La decisione di non accogliere il vescovo non è stata imposta dall’alto. Molto semplicemente la legge non prevede in materia alcuna competenza per i genitori, che certo hanno diritto a essere informati sulle attività didattiche, ma non di entrare in merito agli orientamenti pedagogici e ai rapporti tra istituzioni… inoltre, prima che altre soluzioni potessero maturare, qualcuno, non certo la Direzione, scatenava una campagna scandalistica che finiva per troncare ogni dialogo tra le parti.
Nessuno vuole infatti negare ai bambini l’opportunità di uno scambio di esperienze con l’arcivescovo: tanto che l’incontro avverrà comunque all’esterno della scuola, in un clima di libera scelta e partecipazione”.

Il secondo fatto è più divertente, o amaro, ma anche meno chiaro.
Succede alle scuole elementari di Feletto, qualche decina di chilometri più a nord (...). Gli insegnanti decidono di non festeggiare, o di festeggiare “diversamente”, giovedì grasso. E sul giornale locale appare la spiegazione di un’insegnante, Marinella Pighini: “La decisione è stata presa per rispettare gli alunni delle altre religioni, dai musulmani ai testimoni di Geova, ai buddisti, agli ortodossi”. Nelle scuole del paese, tra i mille e cento alunni di materne, elementari e media, gli “altri” sono un centinaio.
Ma riesce difficile capire chi, tra loro, potesse sentirsi offeso da un appuntamento così poco spirituale."

sabato, marzo 11, 2006

Donna Moderna /2



(grazie a Gianni De Martino)

Donna Moderna

"Il convivere potrà anche sembrare a qualcuno una conquista moderna, ma non lo è certamente. C'era ai tempi di Gesù, e anche nel cosiddetto buio medioevo, dove molti immaginano frati torturatori pronti a mettere al rogo i peccatori.
Quanto la realtà sia differente ce ne possiamo accorgere ad esempio sfogliando la storia di Santa Margherita da Cortona."

giovedì, marzo 09, 2006

Perdere la trebisonda /4

[In quel tempo, cominciarono a verificarsi efferati fatti di sangue che minarono la pax religiosa italiana. Era iniziata infatti, da parte islamica, la caccia al mussulmano convertitosi al cristianesimo; venivano sgozzati loro, e tutta la loro famiglia, e spesso anche i preti e i membri della comunità parrocchiale considerata responsabile della "perversione" di tanti buoni mussulmani venuti in occidente solo per trovare un lavoro.
La mattanza era cominciata durante i festeggiamenti per l'inaugurazione della moschea di Milano con i suoi sei minareti: tutti di dieci e quindici metri più alti della guglia della Madonnina.

Era arduo per il Ministro dell'Interno far capire alla Consulta islamica che lo scopo per cui il Governo italiano l'aveva voluta tant'anni prima (durante il ventennio berlusconista) era proprio quello di placare gli esagitati e di inculcare ai mussulmani italiani il rispetto per la libertà di coscienza e per i principi costituzionali.
I membri della Consulta islamica si mostrarono molto comprensivi per il punto di vista del signor Ministro e che: si, erano degli atti di violenza e quindi in sè deprecabili ma che essendo tali efferati attentati il frutto di santo zelo per per il santo Corano ed il santo Profeta loro non potevano far altro che lodare tanta devozione.

Non convinceva i rappresentanti delle comunità islamiche il paragone che il Ministro faceva con il remissivo atteggiamento dell'episcopato italiano che aveva persino donato spontaneanente ai musulmani le antiche basiliche costruite per commemorare le vittorie militari contro i Turchi affinchè fossero trasformate in moschee.
Ai capi mussulmani il paragone pareva privo di logica; non c'era alcuna ragione che i mussulmani imitassero la mansuetudune cristiana: Cristo aveva comandato ai suoi fedeli di porgere l'altra guancia, di amare i propri nemici e di fare del bene ai propri persecutori; il profeta Maometto si era ben guardato da dare ai credenti dei comandamenti così bizzarri e autolesionistici!

La Consulta islamica era formata da circa 350 rappresentanti di cui una decina per le loro benemerenze nominati "a vita" direttamente da Osama Ben Laden III: ranpollo della schiatta che regnava sulla nazione culla dell'Islam ribattezzata Arabia Benlaudita.
La Consulta aveva la sua sede storica a Palazzo Madama da quando il "Senato delle Regioni" voluto dalla riforma costituzionale del 2005 si era dimostrato alla prova dei fatti assolutamente inutile e perciò abolito.

Il Governo si trovò di fronte alla necessità di dare un giro di vite per far sopravvivere i valori di libertà e democrazia nella loro accezione occidentale. Perciò venne fondata un nuovo tipo di tribunale detto "La suprema e generale Inquisizione" allo scopo di punire con il sequestro dei beni e l'espulsione tutti i fiancheggiatori delle violenze e quelli che pubblicamente ne difendevano le ragioni in nome del "multiculturalismo" .
Principiò così il grande esodo islamico dalla penisola.

La Consulta islamica fu sciolta d'autorità perchè non rispettosa dei valori inscritti nella carta costituzionale ed il Senato fu ristabilito.
Il nuovo Presidente del rinato Senato come prima cosa scrisse un manifesto culturale dall'illuminante titolo : "Mogli e buoi dei paesi tuoi" che tanto risollevò le sorti dell'intellighentsia dell'Occidente.

Memorabile fu il giorno in cui il direttore del Corriere della Sera -un ebreo laicista- scrisse un editoriale in cui si dichiarava apertamente favorevole, anzi auspicava il prima possibile, la beatificazione di Isabella la Cattolica]

Perdere la trebisonda /3

" ...Le chiese distrutte e saccheggiate? “C'è stata una guerra e cose brutte sono successe su entrambi i fronti”, spiega.

Gli faccio notare che la maggior parte delle moschee sul territorio greco-cipriota sono state restaurate, mentre il suo governo ha autorizzato la trasformazione delle chiese in ristoranti ed hotel, un insulto al sentimento dei credenti. “L'hanno fatto per non lasciare andare in rovina gli edifici e comunque sono decisioni prese dal governo precedente, che non condivido”, si schermisce Ozel.

Insisto: cosa mi dice delle chiese che, anche in questi giorni, vengono trasformate in moschee? Il funzionario turco-cipriota allarga le braccia: “È un’usanza ottomana…”."

(Luigi Geninazzi "Avvenire" 26 febbraio 2006)

domenica, marzo 05, 2006

dei Sepolcri, IX

Ovvero:
Un breve ma bello elogio funebre in morte di Anna Maria Cenci , apologeta e scrittrice di operette d'esegesi biblica per i semplici ed umili di cuore.

sabato, marzo 04, 2006

dei Sepolcri, VIII

Ovvero: Sapessi com'è strano
avere un Santo Sepolcro a Milano.



"...«Scusate, il Famedio?», uno dei custodi del cimitero Monumentale di Milano si stacca dal gruppo di colleghi. Dà un’occhiata alla signora: «Lei cerca il prete? Vada dritto, non salga la scalinata, sotto a destra». «Grazie». La donna, spingendo il passeggino, si incammina. Davanti alla tomba comincia a pregare, sottovoce, sgranando la decina del Rosario che ha tra le mani. Pochi minuti poi si avvicina alla lapide, con la mano sfiora la fotografia del don Giuss, torna dal bimbo, gli fa fare il segno della croce: «Adesso possiamo andare». Mentre la donna se ne va arriva un signore che appoggia la ventiquattrore e prega, poi due ragazze. È un venerdì mattina di una fredda giornata di gennaio. «È sempre così - ci racconta padre Francesco, cappellano del Monumentale -. C’è sempre qualcuno davanti alla tomba di Giussani..."
[Tracce febbraio 2006 ]

Le quote porpora /3

Dominus Antonius Cardinalis Cañizares

Archyepiscopus Toletanus et Hispaniae Primas

venerdì, marzo 03, 2006

Parole sante, Signora mia!


Il più noto fenomeno di devozione mariana contemporaneo, in ambito cattolico, è quello legato alle ininterrotte apparizioni della Santa Vergine che si ripetono regolarmente ad un gruppo di veggenti sin dal 24 giugno 1981 a Medjugorie: (allora) un paesello sperduto della Bosnia-Erzegovina oggi noto ai devoti di Maria al pari di Lourdes e Fatima.

Il primo giorno la Santa Vergine non disse nulla. Fu il giorno appresso, il 25 giugno 1981 -esattamente 10 anni prima della dichiarazione di guerra della Serbia con cui iniziarono le pulizie etniche nell'ex-Jugoslavia!-, che l'Apparizione dichiarò di essere la "Regina della Pace" e di essere venuta a chiedere (a tutti ma innanzitutto) ai parrocchiani di Medjugorie: la'assidua preghiera e il sacrificio di intere giornate di digiuno a pane ed acqua per scongiurare il pericolo della guerra. I giovani veggenti convinsero il parroco e i parrocchiani e così a Medjugorie si cominciò a pregare per la pace nei cuori, nelle famiglie e "per la pace nel mondo" non immaginando lontanamente che dopo pochi anni la guerra sarebbe scoppiata a casa loro.

Chi conosce anche superficialmente i fatti di Medjugorie sà che la "Gospa": cioè "la Signora" in serbo-croato, appare ogni venticinque del mese per dare un (breve) "messaggio" di esortazione nel percorso spirituale. Ma è molto meno risaputo che la Santa Vergine ha chiesto a Mirjana, una delle giovani veggenti del 1981 (che ormai è anch'ella diventata una "gospa"), di indirizzare tutte le sue preghiere e sacrifici per la conversione degli atei e dei non credenti (e miscredenti) che però la Bella Signora, con sensibilità tutta femminile e materna chiama : "quelli che non hanno ancora conosciuto l'amore di Dio".
Mirjana prega e fa pregare per quell'intenzione dando così vita ad uno specifico gruppo di preghiera che si riunisce ogni due del mese. In tale data la Regina della Pace appare alla veggente dandole uno speciale messaggio mensile mirato a chi prega e si dedica all'apostolato verso i non credenti.


Nell' apparizione del 2 marzo 2006 la Santa Vergine, contrariamente al suo solito, non ha dato alcun messaggio ma -come ha poi spiegato Mirjana- s'è mostrata molto triste, fino alle lacrime, parlando della sua pena per la difficile situazione mondiale.
Ovviamente la veggente s'è tenuta per se le confidenze fattele dalla Vergine Maria. Mirjana ha solo accennato che alla fine dell'apparizione, piangendo, la Madonna ha scandito per ben tre volte:
"Dio è amore!
Dio è amore!
Dio è amore!"

A Maria di Nazaret và, quindi, il premio per la migliore e più incisiva recensione alla prima enciclica di Benedetto XVI

giovedì, marzo 02, 2006

Sacra Conversazione /3

Ovvero: Musulmani che abbandonano l'islam: «È il medioevo»
(di Magdi Allam sul Corriere della Sera di giovedì 02 marzo 2006


"Verrebbe da dire: «Che Allah vi protegga!». Se non fosse che sono dei musulmani che non credono più in Dio. Anzi si professano atei. Ma ciò che maggiormente colpisce è che abiurano l'islam pubblicamente, rivendicano con orgoglio l'affrancamento da una religione da loro vissuta come una forma di schiavitù intellettuale e percepita come la vera fonte della cultura dell'odio e della morte. Così come sorprende, in questa fase storica dove predomina la paura, che il numero degli ex musulmani- atei dichiarati è in crescita. Al punto che hanno dato vita a un proprio sito «Apostates of Islam» ( www.apostatesofislam.com).

Il caso più recente, forse il più eclatante, è di Wafa Sultan, psicologa e scrittrice di origine siriana, residente negli Stati Uniti, che nel giro di una settimana si è beccata prima un'accusa di miscredenza in diretta sulla televisione Al Jazira da parte di un docente dell'università islamica di Al Azhar, poi una vera e propria fatwa, responso giuridico islamico, di condanna di apostasia annunciata ai fedeli in preghiera nella moschea Al Hasan di Damasco durante il sermone di venerdì scorso. Il predicatore siriano è arrivato a sostenere che «questa apostata nuoce all'islam più di quanto non abbiano nuociuto le vignette sul profeta Mohammad (Maometto)». Ma lei non è il tipo da farsi intimidire. Pensate che all'interno del suo sito in arabo www.annaqed.com/writers/sultan/contents.html ha creato una pagina dove pubblica tutte le minacce che riceve, comprese le e-mail dei mittenti.

Partecipando alla trasmissione «Al ittijah al muakes» (Controcorrente)andata in onda su Al Jazira il 21 febbraio scorso, Wafa ha affrontato con una schiettezza e un coraggio impressionanti il suo rivale, il docente egiziano di Islamistica Ibrahim al-Khouli. «Ciò che vediamo non è uno scontro di civiltà o di religione — ha affermato Wafa — ma è uno scontro tra due opposti, una mentalità medioevale contro quella del ventunesimo secolo, tra la civiltà e l'arretratezza, tra la libertà e la repressione, tra la democrazia e la dittatura». E quando il conduttore Feisal al-Kassem le ha chiesto: «Lei intende che è un conflitto tra la civiltà dell'Occidentale e l'arretratezza dei musulmani?», Wafa ha risposto seccamente: «Sì».
Poi ha argomentato: «Sono i musulmani ad avere scatenato la guerra di civiltà, da quando il profeta dell'islam disse: "Mi è stato ordinato di combattere la gente fino a quando non credono in Dio e nel suo profeta" e da quando i musulmani hanno diviso la gente tra musulmani e non musulmani». E ancora rivolgendosi al docente islamico: «Come spiega a suo figlio il versetto che recita: "Combattete quelli che non credono né in Dio né nel Giorno ultimo?" (Corano, IX, 29)».

Quando la discussione si è fatta incandescente, Wafa è diventata ancor più grintosa: «Come è stata diffusa la tua religione? — ha chiesto con forza a al-Khouli —. Con la spada e l'aggressione dei Paesi. Poi dite che si è espanso con la giustizia e il rispetto dei diritti altrui. Quando lei dottor Ibrahim si mette con il megafono davanti a una chiesa e urla che è una menzogna che Gesù è Dio, il figlio di Maria, forse che lei rispetta il credo altrui?».
Si è così arrivati al momento cruciale in cui Wafa ha declinato la sua identità spirituale: «Non sono cristiana, non sono musulmana, non sono ebrea. Sono una persona laica che non crede nel sovrannaturale».
Ed è subito schioccata l'accusa di al-Khouli: «Lei è una miscredente?».
Tranquilla la risposta di Wafa: «Ma io rispetto il diritto degli altri a credere». E lui ribatte: «Allora sei una miscredente...sei una miscredente?».
Lei imperturbabile: «Può dire ciò che le pare».
[...]"