venerdì, settembre 30, 2005

visioni private /4



GABRIELLE,
ovvero: Un capolavoro! Un film difficile perché obbliga il “veggente” a stare perennemente attento al linguaggio sofisticato dei dialoghi.

La mia personale visione è stata ancor più piacevole per la bella sorpresa di trovarmi Virna Lisi seduta nella poltrona accanto.

visioni private /3


LA BESTIA NEL CUORE,
ovvero: la finestra di fronzoli

visioni private /2


I GIORNI DELL'ABBANDONO,
ovvero: un film con un grandissimo "vuoto di senso".

mercoledì, settembre 28, 2005

Amicus Plato Sed Magis Amica Santippe, II

Qualche anno addietro, in una tv locale romana andava in onda una specie di talk show sull’avvincente tema: “signoramia non c’è più la mezzastaggione”.
L’esperto spiegava che è molto semplice rendersi conto delle variazioni climatiche che sono avvenute a Roma essendo attivo nell’urbe un osservatorio meteorologico fondato dai gesuiti a metà del ‘500.
A tutt’oggi ubicato nell’antica sede di via del Caravita, una traversa di via del Corso, accanto alla barocca chiesona di sant’Ignazio l’osservatorio registra giornalmente le variazioni climatiche della città eterna.
Colpito da una tale rivelazione il presentatore tentò di infondere nell’abulico pubblico in studio un po’ del suo entusiasmo per la lieta novella.
- Signora! Lei lo sapeva dell’esistenza nel centro di Roma di un così antico osservatorio?
- Beh si, sapevo che c’era L’Osservatore Romano ma non sapevo di preciso il posto in cui stava. ‘La sventurata rispose’ senza accorgersi della paresi che le sue parole avevano causato al conduttore televisivo.

Questo simpatico siparietto mi torna in mente ogni volta che il giornale vaticano diviene oggetto di polemiche.Io ritengo che la vera causa scatenante di tali polemiche sia l’ignoranza di ciò che è L’Osservatore Romano; ignoranza di ciò che debba essere nella mente del suo particolarissimo editore. Strano ma vero molti sembrano ignorare “il posto in cui sta” “l’Osservatore”
.


C’è chi ha trovato molto bello il post di tal Bernardo che, atteggiandosi a figlio di Pietro di Bernardone, si straccia le vesti per l’assenza di spirito dialettico e concertativo nei giudizi espressi dal quotidiano della Santa Sede intorno all’avallo di Romano Prodi al disegno di legge sui Pacs presentato dai Democratici di Sinistra.

«…sono orgogliosamente cattolico, tuttavia mi sento in dovere di affermare senza mezzi termini che sui PACS l’organo ufficiale della Santa Sede sbaglia. La posizione dell’Osservatore Romano (per fortuna non condivisa da tutta la Chiesa, gerarchia compresa) è¨ semplicemente insensata perchè manifesta un’assoluta incapacità di lettura dei segni dei tempi e ciò equivale a condannare all’obsolescenza l’umanità stessa di Cristo, la professione di fede nella “carne” che dalla Trinità si è riversata nella storia attraverso la croce del Signore. L’annuncio stesso del Vangelo non può essere vitale al di fuori delle lingue degli uomini, e questo per volontà esplicita dello Spirito Santo, come dimostra la glossolalia seguita alla Pentecoste nella quale ogni uomo, “fino agli estremi confini della terra”, “poteva udirli parlare nella lingua della sua gente” »

Or bene,
accantonerei la diatriba su quale sia, o dovrebbe essere, l’atteggiamento della Chiesa verso “la modernità”, per soffermarmi invece sulla «assoluta incapacità di lettura dei segni dei tempi » dell’Osservatore Romano.

La polemica, a mio modesto parere, è stata causata dall’erronea convinzione che il quotidiano vaticano sia un quotidiano come tutti gli altri. Basterebbe sfogliarlo per capire che non è così.

È un giornale in lingua italiana, ma non è un giornale italiano: è il giornale dello Stato della Città del Vaticano. Di uno Stato molto particolare; una ierocrazia, dove il Codice di Diritto Canonico è la legge, dove forse più dell’ottanta per cento dei suoi cittadini sono preti e suore, che nulla hanno a che farsene della legalizzazione dell’aborto e del divorzio, che non debbono curarsi della finanziaria, dell’iva e dell’irpef, che non sono interpellati con le primarie se c’è da eleggere il “leader”, e perciò se ne possono beatamente strafottere delle polemiche sul maggioritario e sul proporzionale.
Ad un giornale pubblicato in un così peculiare contesto, mi sapreste dire cosa gliene frega di essere “politicamente corretto”?

Il quotidiano della Santa Sede non ha il problema di accattivarsi i pubblicitari visto che è un giornale totalmente finanziato dallo Stato vaticano e supervisionato dalla Segreteria di Stato.
Suo compito principale è quello di pubblicare integralmente: le encicliche, le omelie, i discorsi del Sommo Pontefice nonché i documenti dottrinali emanati dalle varie Congregazioni della Curia.
Non è per niente un giornale che cerchi lo scoop tant’è vero che il numero giornaliero esce in edicola il pomeriggio del giorno prima, un giornale che può tranquillamente prendersi il lusso di ignorare la rielezione del capo della Nazione più potente del mondo!
Insomma: i suoi redattori non ne fanno minimamente un punto d’onore l’essere sempre “sulla notizia”!

Un giornale in cui generalmente gli editoriali riguardano temi “scottanti” quali: l’Eucaristia, il Sacro Cuore ed il Rosario e dove al “santo del giorno” si può persino dedicare un’intera pagina mente gli altri quotidiani che ospitano tale rubrica; compreso il cattolico Avvenire; dedicano tre righe in terzultima pagina.

Quando poi non ci sono beatificazioni e canonizzazioni, l’Osservatore dedica la prima pagina a notizie dal terzo mondo a cui i nostri giornali, impelagati nel “teatrino della politica”, forse (ma forse!) dedicano un trafiletto nella pagina degli esteri. Ma questo non è sufficiente per trasformare l’Osservatore Romano in un grande quotidiano conservatore.

Ho trovato molto divertente la costernazione di un Fassino per i toni molto accesi dell’articolo contro i Pacs. Si aspettava da un giornale come quello maggior compostezza e pacatezza nei toni. Ma la pacatezza avrebbe senso come linea editoriale di un quotidiano, conservatore quanto si voglia, ma che vuol fare “opinione”.
L’Osservatore non è il “Times” e nemmeno “il Foglio” o “il Giornale”. Non si può pensare che l’Osservatore Romano ospiti una replica di Fassino cui segua una puntualizzazione del cardinal Herranz, o che pubblichi una “lettera al direttore” di Bertinotti cui può seguire una risposta del cardinal Pompedda. Questo lo può fare il Corriere della Sera, il Foglio o qualunque altro ente che s’occupi di informazione che si prenda carico di sviscerare i pro e i contro di una legge, di un fatto di cronaca, di un evento che coinvolge la collettività.

Il ruolo dell’Osservatore Romano è un altro: è l’“unicuque suum” ! Rendere a ciascuno la sua parte di lodi o di “mazzate” in base alle posizioni ufficiali della Santa Sede.
Un ruolo giornalisticamente poco moderno ma pur sempre un servizio utile per chi voglia conoscere il pensiero “duro e puro” del Vaticano.
Un termometro della posizione religiosa della Chiesa Cattolica e della posizione geopolitica della Segreteria di Stato vaticana.

Ci si arrenda allora all’evidenza senza isterismi! Non sarà mai un sofisticato quotidiano cultural/teologico/politico. Mi rendo conto che molti cattolici amerebbero qualcosa di più “clerical schic”, ma L’Osservatore Romano è solo un antico e blasonato giornalino parrocchiale e come tale dovremmo trattarlo.

mercoledì, settembre 21, 2005

Mistic Pizza



Un simpatico buontempone mi ha spedito questa immagine in cui si vede Benedetto XVI che, in occasione della tradizionale udienza del mercoledì del 14 settembre 2005, benedice un forno a legna donato dai pizzaioli salernitani affinchè venga utilizzato in qualche mensa della Caritas per sfornare gustose pizze destinate a sfamare i più poveri e sfortunati. "Non di solo pane vive l'uomo" recita infatti la Sacra Bibbia!

Ho perciò deciso -ispirato da tanta bontà!- di recarmi per cinque giorni a Salerno!


Rimando al mio ritorno dalla Costiera la replica a questo delirante post!
Se nel frattempo volete favorire...

martedì, settembre 20, 2005

San Gennà, fa o miracule!



Ad Perpetuam Rei Memoriam

Il 19 settembre 2005, mentre nel duomo di Napoli, nelle mani del cardinale Michele Giordano, si rinnovava il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro, il cardinal Camillo Ruini rinnovava il prodigio di far raggelare il sangue a Romano Prodi.

Di fronte a tali e tanti prodigi è bene ammutolire e meditare!

sabato, settembre 17, 2005

telefoni bianchi

Squilla il telefono. È “L’avventizia del settimo giorno” (sempre più aspirante ad una nuova assunzione)

- Pronto
- Buona sera “Duque”, ti disturbo?
- Oh, no, figurati!
- Stavi “componendo”?
- In effetti si.Vedo che ormai sono un libro aperto!
- Che ci vuoi fare: intuito femminile. Allora…
Mi chiedevo quali fossero i tuoi progetti per la ‘Notte Bianca’.
- La notte che?!

silenzio

- È questo sabato. Non lo sapevi?

- Si. Ma non l’ho proprio presa in considerazione.

- Ma come!

- Noooo! Non mi vado a mischiare con quelle orde di barbari che da tutte le direzioni caleranno in direzione Piazza Venezia intasando rumorosamente il centro storico con migliaia di automobili!

- Ci sono anche eventi al chiuso.

- Per esempio?

- Vai sul sito della Notte Bianca…

- Mmmmm, io sostengo che sarà solo un enorme casino, …e tanto poi succede sempre qualcosa che manda tutto a rotoli

- Ma non è vero! Due anni fa ci fu il black aut, l’anno scorso tutto è andato bene…

- Cos’hai visto di eclatante l’anno scorso?

- Palazzo Farnese, i Mercati traianei…insomma: c’è la possibilità di visitare mostre e musei gratis... Guarda sul sito della ‘Notte Bianca’!

- Sai se è prevista una mostra su poltrone e divano-letto?

- Eh?!

- Sai, ad una cert’ora mi assalirebbe sicuramente l’abbiocco…

- Noooo! ma come! sei “cciofane”!

- Non ciò “er fisico”!

- Ma come non hai il fisico? Tu sei “cciofane”, te ne devi convincere!

- Non ci’avevo il fisico per queste cose a diciott’anni, figurati a questa veneranda età!

- Ma sei un "virgulto"!!!
Orsù, lanciati nella vita mondana!

- C’è troppa folla allo sbando per i miei gusti a ‘sta ‘Notte Bianca’...

Tu, invece,hai trovato qualche evento che ti alletta?

- Se tu ansassi sul sito della ‘Notte Bianca’, sono certa che troveresti qualcosa che ti alletterebbe tantissimo anche a te…

- Ti prego! Questa conversazione assomiglia sempre più alle telefonate di Vera Ikona che mi elenca tutte le attività del….

- No! Questa non è per niente come le telefonate di Vera!

Io ti sto invitando a condividere con un’amica questo grande evento culturale.
Punto.
Tu accetti questo invito? O lo rifiuti?
Semplicemente.

Silenzio

- Con un certo rammarico ma …, rifiuto.
- Mah!

- Dai, comincia a pensare ad un film che ti piace, che la prossima settimana organizzo una cinemata.
- Il cinema è il massimo della mondanità che puoi concedermi?
- Eeeh! Si.
- Ah!.......
Ed io che vado in giro a dire che ho degli amici venticinquenni!

venerdì, settembre 16, 2005

Pacs sit cum omnibus vobis /3

«C’è scritto ‘famiglia non tradizionale’, e a Mantovano non va giù

…“Le unioni di fatto non si possono ignorare, i problemi vanno risolti e il modo esiste, ma basta esaminare le proposte di legge in materia di Pacs per capire che vogliono imporre un modello alternativo di famiglia, non è ammissibile”.

Alfredo Mantovani, sottosegretario all’Interno, cattolico, ha letto con attenzione la proposta di Franco Grillini, “quella supportata dal maggior numero di firme del primo partito di centrosinistra, compresi Violante, Fassino e D’Alema: non vi ho trovato tanto la risposta ad una serie di esigenze concrete, quanto piuttosto l’individuazione di un tipo di convivenza che viene vista come modello alternativo di faniglia.

Grillini teorizza esplicitamente e poi disciplina una ‘famiglia non tradizionale’, ma è un’impostazione inaccettabile perché ci si muove nell’ottica di individuare qualcosa di tipologicamente diverso, non solo rispetto alle fonti del nostro diritto, ma alla nostra tradizione giuridica, che ha visto sempre un unico concetto di matrimonio e di famiglia: un vincolo tendenzialmente permanente in cui ai diritti corrispondono sempre dei doveri”.
Dice Mantovani che il limite principale di questa proposta è che “alla rivendicazione dei diritti non corrispondono un pari numero di doveri”. Lo stesso avviene nelle altre proposte all’esame del Parlamento.

“La proposta di Grillini – spiega Mantovani – prevede di risolvere il rapporto immediatamente, se si è d’accordo, o in tre mesi, un tempo simile alla disdetta di un allaccio telefonica, tanto che un soggetto, nell’arco della vita, potrebbe tranquillamente stringere decine e decine di rapporti di questo tipo, creando conflitti nei diritti successori, nell’assegnazione dell’assegnazione degli alloggi popolari, riflessi addirittura di ordine penalistico”.
E se venisse fissato un limite temporale oltre il quale non potere rivendicare i diritti (cosa che non si trova in nessuna proposta), tanto varrebbe sposarsi e divorziare: “L’istituto è così anomalo rispetto all’insieme dell’ordinamento che rischia di squilibrarlo in modo irreparabile, creando delle conflittualità di gran lunga superiori rispetto a quelle che oggi esistono”.

Bocciati i Pacs, quindi, che fare?
“ Serve una ricognizione attenta delle questioni che finora sono emerse dalle convivenze: in certi casi le soluzioni sono già state date dalla giurisprudenza, più volte la Corte di cassazione si è occupata di situazioni di fatto: in altri casi le soluzioni potrebbero derivare da decisioni di carattere amministrativo, ad esempio per l’assistenza sanitaria; altre unioni necessitano di novità, di rettifiche normative, benissimo, decidiamoci ad affrontare i singoli casi e le singole situazioni, senza inventarci istituti assolutamente nuovi” (…)

“Nella proposta di Grillini (…) è evidente che l’obbiettivo principale è il riconoscimento come ‘famiglia non tradizionale’ per le coppie gay, e allora mi chiedo se nell’assegnazione di case popolari sarebbe giusto che una coppia di omosessuali fosse posta allo stesso livello di una famiglia, così come la prevede la Costituzione, con figli, perché è quel che succederebbe”… »

(Il Foglio venerdì 16 settembre 2005)

Pacs sit cum omnibus vobis /2

Il Foglio venerdì 16 settembre 2005:

«Al direttore - Al dibattito in corso sui Pacs vorrei aggiungere qualche considerazione. Premesso che non penso che lo scopo di questi patti sia quello di promuovere “fusioni di persone” (es. studenti che vivono insieme condividendo la casa), le due grandi categorie a cui si rivolgono sono le coppie eterosessuali che non desiderano contrarre matrimonio (o non possono temporaneamente) e le coppie gay.

I diritti a cui si fa riferimento da più parti e dai quali sono escluse entrambe le categorie sono diritti di natura economica e patrimoniale, quali la pensione di reversibilità. La quasi totalità di tali diritti premia la famiglia rispetto al singolo in quanto “nucleo organizzato” di persone con lo scopo, non secondario, di garantire la continuità della società (riproduzione ed educazione dei figli).
In tal senso la pensione di reversibilità è nata con la funzione di tutelare la moglie e i figli in una famiglia monoreddito, ove la donna non lavorava fuori dalle mura domestiche in quanto interamente impegnata all’interno della casa. Così pure i benefici fiscali, le priorità nell’accesso alle case popolari e tanti altri diritti simili rappresentano costi per la società che vengono sostenuti proprio in virtù della funzione sociale attribuita alla famiglia.

Possiamo tranquillamente chiederci se la famiglia di oggi debba godere ancora di queste condizioni di privilegio, ma perché mai i Pacs dovrebbero godere di facilitazioni rispetto ai singoli cittadini?
Non è forse vero che non potranno adottare figli (in quanto evidentemente non considerati sufficientemente stabili o adatti per farlo)?
Perché una coppia di fatto con un bambino proprio non si sposa?
Non è forse vero che se in una coppia omosessuale uno dei due non lavora, non ha un proprio reddito e vive a carico dell’altro è “solo” perché è disoccupato?
E allora non bisognerebbe parlare di sussidio di disoccupazione più che di pensione di reversibilità?
E di nuovo perché di un sussidio di tal genere non potrebbero godere anche i single?
Penso che nell’affrontare temi tanto delicati sia giusto riflettere sull’origine e sulla natura di alcuni diritti. Solo così si può effettivamente distinguere la discriminazione dalla diversità. Un saluto

Edoardo Riccio, via internet»

Pacs sit cum omnibus vobis /1

I Pacs sono tanti…(Il Foglio venerdì 16 settembre 2005)

«Non esiste un modello soltanto di patto civile di solidarietà.
Esistono piuttosto, è questo è un dato che misteriosamente sfugge al dibattito pubblico, diversi modelli con diverse discipline. La proposta di legge che i deputati della maggioranza hanno presentato all’attenzione della Camera, disciplina un patto civile che non è un surrogato, una pre-famiglia, una forma ibrida fermata, magari per ragioni di ipocrisia elettorale, al passo di trasformarsi in un vero nucleo familiare.
Non intende esserlo per tre buoni motivi.
Il primo… quello sui Pacs non è un discorso circoscritto alle coppie omosessuali; …
La seconda ragione per la quale il nostro modello di Pacs non è una sorta di famiglia declassata è che non ha bisogno, per sciogliersi, dell’autorizzazione di terzi. Il matrimonio sacramentale può essere annullato solo con una decisione della Sacra Rota, quello civile deve aspettare la pronuncia del giudice; il patto invece necessita soltanto che una delle due parti receda, pur prevedendo, come è naturale, garanzie e penali per salvaguardare l’affidabilità dell’altra parte.
La terza buona ragione è che il nostro modello non è affetto da ideologia. Il nostro non è una tappa intermedia verso il giorno di una pretesa liberazione omosessuale,…
I Pacs come li abbiamo intesi noi sono la risposta definitiva, che sbarra la strada a ogni altra ipotesi di deriva e di abuso dello strumento.E come tali dovrebbero essere i benvenuti anche da parte dei cattolici intransigenti (e alcuni di loro, in verità, ascoltati durante il lungo lavoro di preparazione della legge mi hanno confessato di considerare questo tipo di patto non già un cedimento ma una salvaguardia). Se il modello di patto civile da noi proposto fosse stato presente in Spagna, il primo ministro Zapateronon sarebbe riuscito a fare quello che ha fatto, …»
Dario Rivolta, deputato Forza Italia

giovedì, settembre 15, 2005

Seven Swords

Ovvero: i dolori della settima arte



Con la 62° Mostra del cinema di Venezia si è idealmente aperta la nuova stagione cinematografica.
I film presentati a Venezia, e non, affollano i grandi schermi e fanno affluire nuovamente il pubblico dentro ai “cinemi”. E mentre nei mesi estivi le poche sale aperte in città, e le molte arene nei posti di mare, riproponevano i film della stagione invernale a prezzi irrisori, con l’arrivo di settembre ecco pronta una coltellata, anzi 7 coltellate (e mezza!), al portafoglio, infatti - almeno a Roma è così -, per i frequentatori delle sale cinematografiche è sempre più difficile sfuggire ai 7euro e 50 centesimi del costo del biglietto.

“Good night and good bye” di Gorge Clooney la giuria di Venezia non lo voleva proprio premiare tanto che alla fine… gliene hanno dati due di premi.

Io non avevo molti dubbi su chi si sarebbe aggiudicato il leone d’oro visto i precedenti delle suore sadiche del collegio irlandese e della buona signora inglese che aiutava ad abortire le brave ragazze.
Brokeback Mountain unisce inoltre il tema della storia d’amore omosessuale con il vantaggio di avere come regista un cinese. E le giurie veneziane sono arcinote per la predilezione per la cinematografia con gli occhi a mandorla.
Andremo a vedere questo film che l’inviato (inviata?) del Foglio definisce: «film più splendidamente romantico visto dopo “Titanic”. Volendo c’è da farsi anche un pianto». (Si: è una inviata!).

Si è detto che la giuria ha preferito premiare un film politicamente corretto invece che un film politicamente impegnato come è invece quello di Clooney. Film sull’epoca del maccartismo e sull’epica dell’antimaccartismo, la lotta per la libertà d’informazione contro lo strapotere politico.
I critici italiani hanno sì lodato l’ottica anti-Bush del film di Clooney, ma solo “affinchè suocera (Silvio) intenda”.
Andremo a vedere anche questo film anche se col pregiudizio della rappresentazione eccessivamente truce degli anni ’50, del resto bisogna essere comprensivi: il maccartismo ha strumentalmente agito sulla cultura americana un po’ come la Controriforma in Europa.

Coppa Volpi di miglior attrice a Giovanna Mezzogiorno: da considerarsi un premio alla carriera… che verrà.
Se c’era qualcuna che doveva essere premiata per come sbarra gli occhi e spalanca la bocca in una smorfia di dolore interiore mal trattenuto, quella era Margherita Buy che nei “giorni dell’abbandono” – e che te lo dico a fà? – interpreta la moglie in crisi, cornificata e mollata dal marito. Una parte che le riesce benissimo visto che sono almeno quindici anni che recita sempre lo stesso ruolo!

Il premio cattolico, assegnato non so bene da chi, per il film con maggior spessore spirituale è andato al “Mary” di Abel Ferrara.
Una scelta un po’ scontata: un po’ come le lodi di Grillino al film dei caw boy gay. Motivazioni strumentali che lascia poco spazio alle ragioni ed alla vis polemica e poetica dei registi.
L'interprete della Maddalena in una sacra rappresentazione si identifica nel personaggio al punto di andare a Gerusalemme a vivere da santa penitente…

“Mary” sarà veramente un film spirituale?
Probabilmente si, se la paranoia è una malattia dello spirito.
Paranoia per paranoia era meglio premiare “C.R.A.Z.Y.”:storia di un figlio adolescente in una opprimente famiglia cattolica, film di cui ho letto un gran bene

Ho visto La Passione di Giosuè l’ebreo di Pasquale Scimeca.
Tranne la povera Isabella ‘la Cattolica’ rappresentata come una specie di strega di Biancaneve, il film mi è piaciuto.
Avrebbe potuto essere un bellissimo film, e magari senza le appiccicaticce esortazioni al “volemose bbene”, ma visti i film in costume degli ultimi anni non ci si può tanto lamentare.
Commovente l’omaggio al Vangelo secondo Matteo di Pasolini. Apprezzabile soprattutto la confusa ma sincera ricerca delle proprie radici “giudaico-siciliane”.

Splendido il soggetto: nelle sacre rappresentazioni solitamente è il poverino che interpreta la parte di Giuda Iscariota che impiccandosi per finta poi disgraziatamente muore davvero. Che invece si crocifigga il Messia della situazione, è veramente un finale: “culto”!

mercoledì, settembre 14, 2005

Oremus



Lunedì 12 settembre durante l’udienza di Benedetto XVI ad un gruppo di vescovi messicani per la periodica “visita ad limina”, l’Arcivescovo di San Luis Potosí, monsignor Luis Morales Reyes ha chiesto espressamente al Papa di redigere un’Enciclica sulla Preghiera.
Papa Ratzinger ha prontamente risposto di aver già ricevuto molte sollecitazioni a tal proposito.

martedì, settembre 13, 2005

"toccata (e fuga?)"

Serpeggia la mormorazione popolare, che occasionalmente diviene anche protesta e pubblica indignazione, verso la nuova pubblicità ideata da Oliviero Toscani. Uomo assai noto per i suoi scatti fotografici che da sempre suscitano un certo clamore ad ogni sua nuova campagna pubblicitaria.

In questi giorni, infatti, le città sono state tappezzate dalle immagini, partorite dall’estro creativo di Oliviero Toscani, in cui si vedono due uomini ridanciani, scompostamente adagiati su un divano, che giocano a “ruba mazzo”, se così è dato d’esprimermi.

Un certo imbarazzo, come dicevo, ha provocato una tale immagine, ma non certo per il contenuto volutamente scabroso, come superficialmente ed ingenuamente si potrebbe pensare! Infatti, un profondo turbamento assale il “veggente” poiché non riesce a percepire esattamente quale sia il prodotto che il pubblicitario voglia vendergli!

Le masse reagiscono con lo stesso imbarazzo che avrebbero se si trovassero a dover decifrare i rotoli del Mar Morto.
L’idea più diffusa tra la plebaglia è che si tratti della pubblicità di una nuova fabbrica di divani.
Ma è un’idea falsa e bugiarda che gli esegeti più edotti stanno cercando di dissipare, al fine di far trionfare quanto prima la retta interpretazione. Come per i papiri di Kumran!

La gente comune intuisce di trovarsi a contatto di una campagna pubblicitaria sofisticata, il cui senso non riesce a cogliere di primo acchito. E questo non lo sopporta.
Essere ricacciato in uno stato di minorità intellettuale, questo, al "despota illuminato del marketing", non lo perdona!

Veri e sinceri saranno perciò le parole ed i gesti del pubblico biasimo.

A noi -la Plebe!- poco importa d’essere tacciati di omofobia, anche perchè lo siamo per i secoli, ma diventiamo cattivi e vendicativi se fiutiamo che c’è qualcuno che ci consideri “popolo bue”, anche se lo siamo.

lunedì, settembre 12, 2005

è la stampa, bellezza! /2

Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, dato alle stampe a fine giugno per le Edizioni San Paolo, nei soli due mesi di luglio e agosto ha venduto più di 625 mila copie ma nelle classifiche di vendita non compare.
Ai vertici delle varie top ten estive dei libri più venduti trionfa sempre il solito Dan Brown che ne ha sicuramente venduto di copie dei suoi due capolavori ma, nei soli luglio e agosto ne Dan Berawn, ne Andrea Camilleri ed il suo Montalbano, ne tutti gli altri titoli in classifica, hanno mai potuto superato le 625 mila copie.
Ciò è dovuto al fatto di essere un libro “religioso”, edito da una casa editrice “religiosa” non venduto solo nelle librerie generiche ma anche e soprattutto nelle librerie “religiose”, quindi un sottoprodotto letterario "tout court" non degno di essere rilevato dalle classifiche di vendita.

Ciò mi fa pensare che se anche le librerie cattoliche fossero oggetto delle analisi di mercato, magari scopriremmo che in Italia il libro più venduto in assoluto sarebbe: “Le massime eterne” oppure “I quindici sabati alla Madonna di Pompei”. Titoli che difficilmente vincerebbero un premio Strega.

sabato, settembre 10, 2005

Dei Sepolcri, II

Enrico De Pedis era un giovane boss della famigerata banda della Magliana. Il gruppo criminale che a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 traeva illecito profitto da sequestri, spaccio di droga, traffico d’armi, contatti con mafia e terrorismo nero e che, probabilmente, per il riciclaggio del denaro sporco facevano affidamento sullo Ior (la banca vaticana) ai tempi gestita assai discutibilmente dallo statunitense monsignor Mancinkus.

“Renatino” De Pedis si sposò nel 1988 nella basilica romana di Sant’Apollinare: un'antica basilica più volta rimaneggiata ed infine completamente ricostruita a metà del settecento in stile barocco.

La chiesa, a pochi passi da piazza Navona, è inglobata in un solenne edificio che fu importantissimo, per la Chiesa Cattolica in età moderna, per aver ospitato “l’Istituto Sant’Apollinare” per il perfezionamento degli studi giuridici del clero. Dopo le ristrutturazioni accademiche delle università pontificie, “il sant’Apollinare” è stato soppresso e gli studi giuridici trasferiti all’Università Lateranense.

A perenne memoria di quel secolare passato, al centro della basilica, una bianca banda marmorea reca incisa la lunga lista di vescovi e cardinali (e papi) tutti un tempo giovani sacerdoti laureatisi lì in “Utroque Iure” e che poi hanno fatto carriera.

Al boss, il giorno delle nozze, quella chiesa era tanto piaciuta da azzardare il desiderio di essere sepolto lì dentro.
La morte non si fece attendere, nel febbraio 1990 gli spararono in via del Pellegrino (sempre nelle vicinanze di piazza Navona)le esequie furono officiate anche dal rettore di san'Apollinare: monsignor Piero Vergari.

Le spoglie furono tumulate al cimitero del Verano, ma a marzo la moglie chiede “l’estumazione” della salma che ad aprile viene tumulata proprio nella cripta di Sant’Apollinare, in un elegante sarcofago marmoreo, grazie all’interessamento sempre di monsignor Vergari, il rettore della chiesa. Il diritto canonico vieta, infatti, di dar sepoltura nelle chiese a chi non sia papa, vescovo o cardinale, ma il rettore ha insistito presso il Vicariato sottolineando e rimarcando la generosità pecuniaria verso la basilica di sant’Apollinare sia del defunto sia poi della vedova…
E il Cardinale Poletti firmò.

Fino al ’97 solo la vedova aveva le chiavi ed il libero accesso della cripta, poi l’Opus Dei comprò l’edificio in disuso per farne la sede della propria università, e anche la gestione della basilica cambiò.
Ovviamente “l’Obra”, universalmente nota per il suo amore alla riservatezza, non ha gradito affatto d’essersi trovata con una cripta così "chiacchierata".

La chiesa è poco frequentabile, non essendo parrocchia il clero dell’Opus Dei nei giorni feriale apre solo la mattina (molto) presto per la messa, che però è celebrata nel nartece e non dentro la chiesa vera e propria. Per gli appassionati della cronaca nera è quindi un luogo of limits

Un anonimo ha telefonato alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” insinuando di guardare dentro la tomba del boss della banda della Magliana per trovare la soluzione del “caso" di Manuela Orlandi. L’adolescente, figlia di un dipendente del Vaticano, scomparsa nel 1983 dopo essere stata a lezione presso il pontificio Istituto di Musica Sacra: all’epoca domiciliato proprio a Palazzo Sant’Apollinare.

Dei Sepolcri, I

ERA D’ESTATE

Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate poco tempo fa
Ora per ora noi vivevamo
Giorni e notti felici senza domani

Era d’autunno e tu eri con me
Era d’autunno poco tempo fa
Ora per ora senza un sorriso
Si spegneva l’estate negli occhi tuoi

Io ti guardavo e sognavo una vita
Tutta con te
Ma i sogni belli
Non si avverano mai

Era d’estate e tu eri con me
Era d’estate tanto tempo fa
E sul tuo viso lacrime chiare
Mi dicevano solo addio

Mi dicevano addio soltanto addio.





----------SERGIO_ENDRIGO----------
Pola 15/06/1933-Roma 07/09/2005

venerdì, settembre 09, 2005

giovedì, settembre 08, 2005

La Niña Santa

"Giunse il giorno, lieto per il mondo, del felicissimo parto di sant'Anna e della nascita di colei che veniva alla luce santificata e consacrata per diventare Madre di Dio.

Questo parto avvenne l'ottavo giorno del mese di settembre, compiuti nove mesi interi dalla concezione della santissima anima della nostra Regina e signora.
Fu preavvertita sua madre Anna da una illuminazione interiore, nella quale il Signore le diede l'avviso che si avvicinava l'ora del parto. Così, piena della gioia dello Spirito divino, era tutta presa ad ascoltare la sua voce e prostratasi in orazione chiese al Signore che l'assistesse con la sua grazia e la sua protezione, per il buon esito del parto.
Subito sentì nel suo seno un movimento, che è naturale quando le creature stanno per venire alla luce. (…).



Maria nacque pura, bella e tutta piena di grazie, manifestando con esse che era esente dalla legge e dal tributo del peccato. E benché nella sostanza venne al mondo come gli altri figli di Adamo, tuttavia la sua nascita fu accompagnata da circostanze e grazie particolari, che la resero miracolosa ed ammirabile in tutta la natura, nonché lode eterna per il suo Autore.

Questa divina stella mattutina spuntò, dunque, al mondo, intorno alla mezzanotte, cominciando così a dividere la notte dell'antica legge e delle prime tenebre dal giorno nuovo della grazia, che stava già per apparire.

Colei che aveva la mente fissa nella Divinità fu così, conformemente agli altri bambini, avvolta in panni e posta ed accomodata in una culla; e venne trattata come una bambina quella che, in sapienza, eccedeva tutti i mortali e gli stessi serafini.

Sua madre Anna non consentì che in quel momento fosse toccata da altri, ma lei stessa, con le sue mani, l'avvolse in fasce, senza esserne impedita dal parto, poiché fu libera dal doloroso travaglio cui sono soggette, ordinariamente, tutte le altre madri.
Sant'Anna ricevette nelle sue mani colei che, essendo figlia sua, era insieme il maggior tesoro del cielo e della terra; semplice creatura sì, ma inferiore solo a Dio e superiore invece ad ogni cosa creata.
Con fervore e con lacrime la offrì alla sua divina Màestà, dicendo nel suo intimo: «Signore d'infinita sapienza e potenza, creatore di tutto ciò che esiste, io vi offro il frutto del mio seno, che ho ricevuto dalla vostra bontà, con eterna riconoscenza per avermelo concesso senza che io potessi meritarlo. Fate della figlia e della madre ciò che piace alla vostra santissima volontà e guardate la nostra piccolezza, dall'alto della vostra sede e grandezza. Siate eternamente benedetto, perché avete arricchito il mondo con una creatura così gradita al vostro beneplacito e perché in lei avete preparato la dimora e il tabernacolo in cui viva il Verbo eterno.
Io mi congratulo con i miei santi Padri e Profeti, ed in loro con tutto il genere umano per il pegno sicuro, che ad essi donate, della redenzione. Ma come tratterò io quella che mi date per figlia, non meritando nemmeno di essere sua serva? Come toccherò la vera arca dell'alleanza?
Concedetemi, o Signore e mio re, la luce necessaria per conoscere la vostra volontà e per eseguirla con il vostro compiacimento ed al servizio di mia figlia»
.

Il Signore rispose alla santa suggerendole nell'intimo l'ispirazione di trattare la bambina come fa qualsiasi madre, senza dimostrarle all'esterno riverenza, e portandogliela, però, nel suo interno: nel crescerla adempisse, quindi, i doveri di una vera madre, avendone cura con sollecitudine ed amore.
Così fece appunto la felice madre ed usando questa facoltà, senza venir meno alla riverenza dovuta, si deliziava con la sua santissima figlia, trattandola ed accarezzandola come fanno le altre madri con le loro figlie, sempre però con la stima e con l'attenzione degne di quel mistero così imperscrutabile e divino che si racchiudeva tra madre e figlia.

Gli angeli con tanti altri spiriti celesti venerarono devoti la dolce bambina, tra le braccia di sua madre, e le suonarono delle celesti sinfonie, di cui udì qualcosa sant'Anna; i mille angeli, invece, destinati alla custodia, si presentarono davanti alla gran Regina, per dedicarsi al suo servizio. Fu questa la prima volta che la divina signora li vide in forma corporea con i segni e le vesti, di cui parlerò in un altro capitolo; e la bambina li pregò che lodassero l'Altissimo con lei ed in nome suo.

Nel momento in cui nacque la nostra principessa Maria, l'Altissimo inviò l'arcangelo san Gabriele a portare ai santi Padri del limbo questa notizia tanto lieta per loro.
Subito il messaggero celeste scese ad illuminare quella profonda caverna, rallegrando i giusti che vi si trovavano.
Annunciò loro che già cominciava a spuntare il giorno della felicità eterna e della redenzione del genere umano; giorno tanto desiderato ed aspettato dai santi Padri e preannunziato dai Profeti.
Era già nata la Madre del Messia promesso, per cui essi avrebbero ben presto visto la salvezza e la gloria dell'Altissimo.

Il santo principe inoltre svelò loro le eccellenti virtù di Maria e tutto ciò che la mano dell'Onnipotente aveva cominciato ad operare in lei, affinché conoscessero meglio il felice principio del mistero, che avrebbe posto fine alla loro prolungata prigionia.
Di questa notizia, si rallegrarono in spirito i Padri, i Profeti e gli altri giusti che dimoravano nel limbo; e con nuovi cantici lodarono il Signore per tale beneficio."

Venerabile suor Maria di Gesù d’Agreda;
Mistica città di Dio; Libro I cap.21

martedì, settembre 06, 2005

La Ceremonia del Besamanos



Don Juan Carlos primero y la reina Sofia sono atterrati la mattina del 5 settenbre 2005 a Ciampino. Alle ore 11 antimeridiane sono stati ricevuti in privata udienza dal Sommo Pontefice “ccioiosamente” regnante nella residenza estiva delle “Ville Pontificie” di Castel Gandolfo, poi terminato l’incontro “los Reyes” hanno ripreso il volo per Madrid.

Era conveniente, infatti, che la prima udienza di un Papa a membri di una famiglia reale fosse riservata alle “Loro Maestà Cattoliche”. E così Papa Benedetto, con addosso quella stola ricamata che lo avvolge quasi fosse un ampio piviale, tra ampi sorrisi, ha steso la mano per il bacio dell’anello alla regale coppia.


L’incontro è durato in tutto 32 minuti, si è svolto in modo volutamente informale e con dei toni molto cortesi, dovuti ad una consuetudine tra le due autorità che supera ormai il mezzo millennio!

Il re di Spagna si è rivolto al Santo Padre in lingua italiana.
"Trato de no perder mi italiano" ha spiegato Juan Carlos; nato a Roma e battezzato dal cardinale Eugenio Pacelli; in realtà ha parlato italiano per creare la maggior familiarità possibile con Benedetto XVI che, a differenza di Papa Wojtyla, parla molto male lo spagnolo.

A mio modesto parere sono proprio queste le piccole cose che conquistano di Benedetto XVI: di questo finissimo intellettuale tedesco, che però non diversamente da tanti italiani incolti, pensa che per farsi capire dagli ispanofoni basti storpiare un po’ l’italiano aggiungendo tante esse (ed infilandoci un “carramba” qua e là).

La regina ha rivolto alcune espressioni augurali in tedesco, al che Papa Ratzinger ha ricambiato la cortesia sforzandosi di dire qualcosa che assomigliasse al “castillano”: probabilmente si riferiva a questo la regina Sofia quando ha dichiarato che il Papa ha molto senso dell’umorismo.

Il Pontefice ha parlato con soddisfazione del suo primo viaggio apostolico in Germania; ha confidato che alla Giornata Mondiale della Gioventù “gli Spagnoli si vedevano subito”cioè si erano fatti sentire (vale a dire avevano fatto un gran chiasso!); osservazione che poteva intendersi come un’esternazione di compiacimento papale per la “vitalità” dei giovani cattolici ispanici; i regali ospiti hanno quindi prudentemente preso le parole del Papa per un complimento.

Benedetto XVI ha poi mostrato di interessarsi delle vicende della real famiglia borbonica; ha chiesto notizie degli Infanti, dei loro coniugi e delle loro rispettive proli. “El Rey Catholico” ha ricordato la primogenita "criatura" di cui sono in dolce attesa i Principi delle Asturie: "no sabemos todavia si serà nigno o nigna"- ha spiegato quel gran sentimentalone di nonno Juan Carlos.

Papa Ratzinger (certamente rallegrato nell’intimo alla notizia che in Spagna ci sono ancora famiglie “tradizionali”) ha rammentato alle “Loro Maestà Cattoliche” di essere stato spesso da cardinale nel paese iberico, facendo intendere implicitamente che le sue nozioni sulla Spagna non principiano con l’era Zapatero. Il re ha allora invitato il Pontefice a recarsi in viaggio apostolico in Spagna nell'occasione della Giornata Mondiale delle Famiglie che si terrà a Valencia nel 2006.

L’incontro internazionale delle famiglie cattoliche era stato convocato a Valencia per volontà di Giovanni Paolo II e confermato dal nuovo Papa in una lettera indirizzata al Cardinale Alfonso López Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, datata 17 maggio 2005. L’incontro dovrebbe svolgersi nel territorio dell’arcidiocesi valenziana dal 4 al 9 luglio 2006.

In vero fu il Presidente del Governo José Luis – Giuda - Rodríguez Zapatero che appena eletto corse da Papa Wojtyla ad omaggiarlo –fintamente- e ad invitarlo ufficialmente a visitare la Spagna.
Ora quindi il re non ha fatto altro che reiterare al successore di Giovanni Paolo II l’invito del Governo spagnolo. E c’è da credere che Benedetto XVI abbia gradito assaissimo l’invito a recarsi a “Zapaterolandia” a tenere qualche “caliente” catechesi sul tema matrimonio e famiglia!

Alla fine è stato presentato al Papa il piccolo seguito della coppia reale, si sono scattate le foto di rito e si è svolto il tradizionale scambio dei doni.
Il dono dei monarchi spagnoli al Papa è stata la copia anastatica di un codice del X secolo scritto in mozarabico e romanico. Il Papa se l’è cavata con un rosario ed una medaglia della Sede Vacante.




Essendo la prima volta che “los Reyes” andavano a Castel Gandolfo, il Papa, tra il compiaciuto e l’impacciato, ha fatto fino in fondo il padrone di casa, conducendoli sulla terrazza che si affaccia sul lago di Albano.
“Bellissima vista”: ha commentato la coppia reale visibilmente colpita dal panorama.
Papa Benedetto ha risposto col sorriso tipico dei timidi e alzando le mani al cielo come a voler dire: anche a me fa un certo effetto abitare qui! Mi devo ancora abituare: ‘sta villa m’è caduta così improvvisamente sulla “noce del capocollo”!

lunedì, settembre 05, 2005

Donna di Kasba

Anch’io do l’adesione entusiasta alla benemerita campagna:
Un burka per Afef



“E' nata bella e ricca, se è cresciuta viziata non è tutta colpa sua. Permalosa e arrogante, propaganda con invidiabile sicumera le dozzinali banalità di cui è intrisa.
Adusa a trattare con cicisbei adoranti (o con la servitù), non tollera essere contraddetta, ed è incapace di condurre a termine un qualsiasi confronto senza cadere nell'isteria.
La sua preparazione culturale, politica, sociologica, economica si basa unicamente sull'amplificazione generale delle proprie esperienze personali.
Insomma, sarebbe una candidata perfetta per i Radicali, o i Verdi, o i Comunisti Italiani. Finirà con i Socialisti perchè l'amicizia, si sa, è il valore che conta più di tutti. Dopo l'amore e il matrimonio, naturalmente.”

(Mi è piaciuto qui sopra riportare per intero il bellissimo "epitaffio" scritto da un aderente alla benemerita iniziativa.)

Afef Jnifen in Tronchetti Provera, figlia di un diplomatico tunisino e di… “tutto quanto fa spettacolo”, in questo clima di incontro-scontro di civiltà non ha mancato di far pesare (come ha sempre fatto del resto) le sue origini magrebine.

Nei tempi passati il suo insuccesso nel campo della conduzione televisiva è stato imputato, dalla bella tunisina, al razzismo dei colleghi del mondo dello spettacolo.
A chi oggi le chiede cosa ne pensi delle famigerate dichiarazioni di Marcello Pera al Meating di Rimini, Afef risponde accusando il Presidente del Senato di istigazione al razzismo: “In Italia ci sono molti meticci. Perché offenderli? Anche mio figlio lo è”. Come sempre questa fine analista culturale legge ogni avvenimento unicamente nell’ottica delle possibili ripercussioni che la cosa può avere sul proprio “particulare”!

Chiamata da Mastella a fare da madrina alla “festa del campanile” ad indicare il di lei giudizio altamente positivo sul meticciato culturale, ovvero (considerando la forma mentis di Afef) a palesare la propria fierezza di extracomunitaria rampante, di donna araba che grazie a matrimonio (e a figlio “meticcio”) con 'mister alta finanza' è riuscita a ricavarsi una posizione di prestigio in una società occidentale.

Chissà se la buona Afef ha compreso che quando le sbavava dietro, proponendole una candidatura nell’Udc, Clemente Mastella non aveva tanto in mente di omaggiare nella di lei persona tutto il mondo islamico, quanto il tentare di leccare i piedi al di lei marito!

Comunque Afef ha preso molto a cuore il ruolo di madrina del multiculturalismo: non è infatti compito precipuo di una lady dell’upper class partecipare al gran ballo della Croce Rossa o a consimili opere filantropiche?
“Mi piacerebbe essere la consigliera del primo ministro per le questioni che riguardano il mondo arabo”, dichiara candidamente lady Afef Jnifen.

Io personalmente darei un ruolo di responsabilità anche ad altri personaggi legati al mondo arabo: ad esempio Shakira che seppur sudamericana, come ognun ben sa, è figlia di padre libanese!
Ma che apporto potrebbe dare Shakira?
Semplice! La manderei sulle alture del Golan e poi la inviterei a danzare scuotendo furiosamente il bacino come soltanto lei è in grado di fare!
Il movimento del suo poderoso fondoschiena potrebbe provocare uno spostamento d’aria tale da innescare un tifone (simil uragano Katrina), che potrebbe creare danni ambientali così catastrofici, da costringere tutto il Medio Oriente a riconsiderare le proprie priorità!

È una idea valida come altre, anche perché Afef non si arroga di essere l’unica consigliera del “Principe” nelle questioni arabe! Ha dichiarato infatti: “Si potrebbe formare un comitato di consulenti con Khaled Fouad Hallam, Rula Jebreal, Emma Bonino, Gad Lerner e Alain Elkann”

Berlusconi (che ha in comune con Afef la difficoltà a distinguere nettamente fra proprio successo personale e benessere mondiale) sembra prenderla sul serio. Infatti venerdì 2 settembre ha invitato la signora Tronchetti Provera a Palazzo Chigi, facendola sedere alla sua destra durante la cena istituzionale con il primo ministro turco Erdogan.

Le cronache riportano che Afef (molto prudentemente) ha più ascoltato che parlato. Ciò ci fa ben sperare sul futuro della pace nel mondo.
E comunque anche le poche volte in cui ha tenuto a manifestare il proprio pensiero pensato è dovuta intervenire l’attrice ozpetecchiana Serra Yilmaz a tradurre in lingua turca.

…Oh! Dio mio: Berlusconi è un genio!
Solo adesso mi rendo conto delle vere intenzioni di Berlusconi: offrire al maschilista compare turco il simpatico siparietto di un’oca giuliva doppiata da una “cozza” dalla finissima intelligenza!

venerdì, settembre 02, 2005

Non sono Mosè, chiamatemi Patriarca! /1

Sive: ECCLESIA IN UCRAINA


Le invasioni barbariche non sono finite con l’arrivo dei Longobardi in Italia come sembrerebbe evincersi dai libri di scuola.

L’innesto –traumatico!- delle popolazioni provenienti dalle steppe euroasiatiche nella tradizione mediterranea ha spostato sempre più a nord il limes della cultura -e soprattutto del “mito” sia latino che bizantino- dell’impero romano.

Di pari passo si sono dilatati anche gli orizzonti missionari per il cristianesimo (latino e bizantino). Per il franco Carlo Magno, l’essere a capo di un vasto regno di confessione cattolico-romana è ragione sufficiente per considerarsi imperatore romano; la sottomissione dei (nuovi) barbari al dominio carolingio è tutt’uno con la loro conversione al cristianesimo: il Diritto romano è la legge propria dei cristiani. È bene rammentare che il Corpus Juris Civilis fu emanato da un imperatore cristiano per un impero cristiano!

Tra i barbari che insidiano i confini della “romanità medievale” (carolingia e bizantina) ci sono le tribù scandinave.

I Vichinghi; temuti dai Franchi, che li chiamavano: gli “Uomini del nord” ( North’s Men, da cui:“Normanni”);erano feroci guerrieri ed abilissimi marinai, approdavano a nord e a sud della Manica per commerciare e depredare (per i Vichinghi tra i due concetti non c’era poi molta differenza!).

Atri gruppi etnici finnici, originari della Svezia, detti Vareghi ( o Variaghi ) durante l’VIII secolo, risalendo i grandi fiumi che sfociano nel Baltico, penetrarono nelle vaste pianure dell’Europa orientale (di quella che ancora doveva diventare Europa orientale!), abitata da tribù Slave politeiste (cioè fuori dall’orbita franca, bizantina e islamica), così come politeisti erano gli stessi Vareghi, i quali nel loro idioma originario ugro-finnico si definivano col termine: Rus’.

In questa migrazione, che li portò fino al Mar Caspio, questi mercanti/pirati intercettano le rotte carovaniere tra l’impero islamico di Bagdad e l’impero cristiano di Costantinopoli. I Variaghi/Rus’ , inserendosi in questa rete commerciale crearono delle città carovaniere (le principali: Novgorod e Kiev), che grazie alle vie fluviali assicurano una rete commerciale che si estendeva dal Baltico ai ricchi imperi mediorientali. Il meno distante era l’impero della Nuova Roma: Costantinopoli che i Vareghi tentarono di assediare nell’860.

Vista l’impossibilità di una conquista diretta delle ricchezze bizantina furono creati saldi vincoli commerciali, tra la “Basilìa Romaiòn” (cioè il “Regno dei Romani”come si definiva Bisanzio) ed il “Principato” di Kiev che è l’istituzionalizzazione di un secolare “meticciato” dei governanti Vareghi con le sottoposte tribù Slave, tant’è che ormai non solo l’aristocrazia militare varega ma l’intera popolazione viene ora chiamata: “La Rus’ di Kiev”.



La prima traccia storica di un’osmosi tra Bisanzio e Kiev si trova in un’enciclica di Fozio agli altri patriarchi orientali datata 867 in cui il Patriarca Ecumenico si mostra molto speranzoso nella conversione degli slavi all’Ortodossia, sostenendo che il popolo dei “rhos” (?) aveva abbandonato “le proprie empie credenze pagane” per abbracciare la “pura e inalterata fede dei cristiani”.

In realtà in quel momento i “rhos” di cui parla Fozio sono ben lontani dall’abbandonare i culti tribali; una decina d’anni dopo Costantinopoli inviò un vescovo alla corte di Kiev, ma anche se ci furono conversioni, i cristiani rimanevano una sparuta minoranza fino a quando, per influenza della zia Olga, educata (e convertitasi) a Costantinopoli; Vladimir, principe di Kiev, si convertì e nell’anno 988 impose a tutto il popolo un battesimo di massa nelle acque del Dniepr.

Assieme ai vescovi e monaci, che avevano il compito di creare la struttura d’una società cristiana, da Costantinopoli arrivarono gli influssi culturali di una “grande potenza” dalla storia millenaria.

Gli storiografi medievali russi amarono puntualizzare che la conversione non fu una sottomettersi al più forte ma una scelta liberamente ponderata in base ai canoni culturali del popolo della Rus’: “Siamo andati (dai mussulmani) e non vi è gioia in loro, bensì tristezza e lezzo grande. Non è buona fede la loro. E siamo andati dai tedeschi (cattolici), e vedemmo che nei templi molti riti officiavano, ma di bello non vedemmo nulla. E dai greci andammo, e vedemmo dove officiavano in onore del loro Dio, e non sapevamo se in cielo ci trovavamo oppure in terra: non vi è sulla terra uno spettacolo di tale bellezza”.



A capo dei vescovi della Rus’ c’era il metropolita di Kiev, scelto e consacrato direttamente dal Patriarca Ecumenico proprio per rimarcare la sottomissione dei fedeli russi alla Chiesa di Costantinopoli.
A causa delle ripetute aggressioni militari sia da oriente sia da occidente, il nucleo politico della Rus’ si spostò dalle rive del Dniepr molto più a nord, sulle rive della Moscova e nonostante il territorio kioviense, assoggettato da popoli non russi, non sia più sotto il dominio del Principato di Mosca, il metropolita di Kiev continua ad essere la massima autorità religiosa di tutti i russi.

A causa di un’ennesima invasione mongola, nel 1299 il metropolita Maksim, fuggì a nord, nei territori del regno moscovita ed il successore Pietr dal 1326 si stabilì a Mosca pur continuando a mantenere il titolo di Metropolita di Kiev e di tutta la Rus’, continuando ad essere scelto dal patriarca di Costantinopoli, e riuscendo sostanzialmente ad essere accettato quale capo spirituale del territorio kiovense ormai saldamente in mano al Principato di Lituania e al Regno di Polonia.

Ma qualcosa stava cambiando.
L’agonia cinquantennale dell’impero di Costantinopoli conclusasi il 29 maggio 1453 fece emergere una coscienza nuova sul ruolo della Chiesa russa, e dello Stato russo, nei confronti della Costantinopoli sia religiosa che politica.

Già alla fine del ‘300 il “Gran Principe” di Mosca Vasilij I vietava che nelle liturgie si nominasse l’imperatore bizantino (come prescriveva il rito greco) poiché, come egli affermava: “i russi avevano la Chiesa ma non l’imperatore”.
Dopo il 1453, non essendoci più un imperatore “ortodosso” ed essendo il Patriarca Ecumenico un suddito dei “pagani” turchi, il Principato di Mosca è l’unico stato indipendente il cui sovrano professi “la vera fede” e per questo è l’erede naturale della “Nova Roma” di Costantino il Grande.
Mosca diventa allora la “Terza Roma”.
Questa ideologia politica è il pendant della rivendicazione da parte della Chiesa dell’”autocefalìa”: cioè l’indipendenza canonica da Costantinopoli, e di conseguenza la richiesta del grado di Patriarca ed il titolo di “Sua Santità”per quel metropolita di Kiev residente a Mosca e che nel frattempo aveva mutato il nome in: Metropolita di Mosca e di tutta la Rus’.