venerdì, gennaio 28, 2005

In Festo Divi Thomae Aquinatis

OVVERO: PACATA ESPOSIZIONE AI NEOFITI,DEI BASILARI“RODIMENTI” DEL CATTOLICESIMO.

Pur avendo la nomea d’essere un fiero controriformato, sostengo altresì l’importanza della libertà religiosa.
Ogni uomo deve essere libero di aderire o meno a quei valori, ideali e speranze che la propria coscienza gli indica essere giusti e veraci. È da noi considerata alta conquista della dignità umana, quella libertà di astenersi o meno dal professare un culto nei confronti del Numinoso, che i regimi democratici ci garantiscono.

Or bene.Se un uomo – con tanto di profilassi democratica – ritenendo di essere bisognoso dell’“eterna salute delle anime”, abbraccia la Fede Cattolica; poiché la ritiene strumento della incorporazione a Gesù Cristo: “presso il quale abbondante è la redenzione”; è obbligato – dalla coscienza - ad aderire, in tutto, a quello che “Dio ha rivelato e la Santa Chiesa ci propone a credere”.

Che cosa è la fede? Dice il più grande genio del secondo millennio che << Credere è un atto dell’intelletto che, sotto la spinta della volontà - mossa da Dio per mezzo della grazia - da il proprio consenso alla verità divina. >>

La fede è una virtù “teologale”, cioè che ha per oggetto Dio; il credere in Lui, credere in quello che ha rivelato. Quindi, implicitamente, si accetta la possibilità stessa che esistano canali di comunicazione tra il divino e l’umano, ed altresì accettare che ci siano delle “cose” a cui noi non avremmo mai pensato lontanamente e che sappiamo invece perché Dio stesso ce le ha volute rivelare: i misteri della fede.
“ Dobbiamo credere i misteri, perché li ha rivelati Iddio, il quale essendo Verità e Bontà infinita, non può ne ingannarsi ne ingannare” (Catechismo di S.PioX n871)
Tali “misteri della fede” quali: l’unità e trinità di Dio; l’incarnazione della seconda persona della santissima Trinità e sua conseguente morte e resurrezione; il battesimo “per la remissione dei peccati”; “la risurrezione della carne” e “la vita eterna”; sono l’oggetto della fede e in tale campo non c’è alcuna democrazia!

(Mi permetto - per inciso - una piccata osservazione: non capisco come non provino almeno un leggero imbarazzo coloro che vanno per i campi della dogmatica cattolica a cogliere il proprio bouquet di verità in cui credere. In base a quale principio logico ci viene pacifico accettare le decisioni di fede del concilio di Nicea o di Calcedonia, mentre storciamo un po’ il naso al solo sentir nominare Trento e Pio IX? Forse che il dogma della Trinità sia stato definito con un linguaggio più evangelico di quello dell’infallibilità pontificia? )

Le verità di fede sono state fissate nelle definizioni dogmatiche sancite lungo i secoli dai gerarchi della Chiesa, la quale – per dogma di fede - anch’essa è infallibile, come si suol dire: stiamo in una botte di ferro!

Il benevolo lettore potrà pensare che tutto questo insistere sui dogmi sia svilire l’essenza del Cristianesimo la cui “fonte sorgiva” sono le Sacre Scritture. Questa è una ingenuità che io non perdono agli eresiarchi cinquecenteschi e tanto meno – avendo noi a disposizione una vastissima documentazione storica – ai contemporanei. La vera questione non è filologica: la questione in gioco è l’autorità della Scrittura.
La Bibbia si è imposta forse da sola quale fonte di autorità? Non sono state delle autorità ecclesiastiche a stabilire quali libri erano ispirati da Dio? Chi ha dato tanta autorità alla Bibbia? E da dove l’autorità dei chierici di stabilire quale libro è sacro e quale no?
Se il paziente lettore si fosse mai intrattenuto ad una messa, saprà che alla fine delle letture bibliche vien detto: “Parola di Dio” (al che l’assemblea risponde – per il vero con malcelato scarso entusiasmo – Rendiamo grazie a Dio).
Vorrei far notare che la sottolineatura che quella appena proclamata è “la” parola di Dio è sancita dall’autorità della Chiesa che – come direbbe Fiorello nella fastosa parodia di Ignazio La Russa – “molto de-mo-cra-ti-ca-men-te” inculca tale dogma al fedele.

Non vorrei che il mio argomentare potesse, in alcun modo, amareggiare l’eventuale mio lettore postconciliare; il mio verecondo intento è di mostrare l’arbitrarietà di qualunque contrapposizione tra le nobili sorgenti della Scrittura e la – postuma e “ristagnante”- Tradizione ecclesiale. Noi, qualunque siano le nostre convinzioni religiose, non ci rapporteremo mai asetticamente nei confronti della Bibbia, dopo duemila anni che – lo ribadisco: dalla Chiesa! – viene posta su piedistalli marmorei, baciata ed incensata dai ministri del culto.
Non credo che il cattolico di oggi abbia maggior fede nella divina ispirazione della Bibbia rispetto ad un cattolico di mille anni fa: oggi, a differenza che per lo passato, c’è maggiore familiarità del cristiano comune con il testo sacro (così si spera).
Gli scritti di tutti gli autori medievali – bolle di Bonifacio VIII in testa – trasudano di citazioni delle Sacre Scritture; la Bibbia era “la” cultura e compito precipuo dell’intellettuale era il commentarla.
Ciò che il Concilio Vaticano II ha voluto fare mettendo il vangelo in mano al volgo, non è stato quello di trasformare i cattolici in pseudo Testimoni di Geova, pronti a citarti a menadito questo o quel versetto acconcio alla circostanza, ma è stato quello di incrementare nei fedeli – o molto più spesso creare ex novo! – la devozione verso la Sacra Scrittura. Scopo della traduzione della Bibbia in vernacolo non è accrescere la fede nella divinità delle Scritture ma fare della Scrittura uno strumento di preghiera, oggetto di meditazione su quelle verità a cui bisogna credere fermamente e che ti sono state già esposte precedentemente dai vari Catechismi e documenti affini.

Scopo di questa mia ESTENUANTE esposizione è stata quella di evidenziare meglio, il comune errore di confondere il concetto di FEDE e di DEVOZIONE.

Per FEDE si intende accettare il “Credo”. Le formule di fede quindi già ci stanno, la fede di un cattolico consiste nell’aderire a quel corpus sedimentato della “fede della Chiesa”. Avvisa il beato Pio IX, proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione che << Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa >>.

Ma una cosa è credere al dogma dell’Immacolata Concezione, altra cosa è nutrire devozione per l’Immacolata.
Certo, è impossibile aver devozione senza aver fede, ma è possibilissimo avere fede senza provare devozione.
Il cristiano DEVE credere nell’efficacia redentiva della dolorosa Passione di Cristo, ma altra cosa è sentire devozione verso “le Cinque Piaghe” o solo per “il Sacro Costato”; per la “Santa Piaga della Sacra Spalla”o per il “Preziosissimo Sangue”. In questo campo la Chiesa ha sempre lasciato quasi illimitato spazio all’effusione dei sentimenti umanissimi con cui i fedeli volevano tradurre i contenuti della fede. Ed in tale campo più che la teologia, contano i temperamenti dei popoli, le mentalità del periodo storico, la geografia,etc: quindi spesso si assiste a delle vere e proprie devote “mode”per questa o quella Madonna – con bambino al seguito o senza – per questo o quel santo.
Se la chiesa proclama un santo, i fedeli sono tenuti a credere che l’anima, della persona elevata agli altari, si trovi veramente in Paradiso ma nessuno sarà obbligato mai a rivolgergli preghiere.

Vorrei, quindi, riaffermare anch’io l’alto valore della democrazia nelle questioni di DEVOZIONE: chi vuole venerare, veneri. Chi non vuole, si astenga.

giovedì, gennaio 27, 2005

Ciò che la Natura ha sottratto agli occhi umani, è ricoperto da un'eterna notte

E’ tempo che Alessandro si arresti dove si arrestano anche il mondo e il sole.
<< HO CONQUISTATO TUTTO CIÒ CHE CONOSCEVO; ORA DESIDERO CIÒ CHE NON CONOSCO >>.
Quali popolazioni furono tanto selvagge che non si siano prostrate per adorare Alessandro?
Quali monti furono tanto inaccessibili che il soldato vincitore non ne abbia calcato le vette?
Ci siamo fermati al di là dei trofei del padre Libero.
Noi NON CERCHIAMO UN MONDO, MA LO PERDIAMO
(...).
Seneca il Vecchio (Suasoriae 1,2.)

Una tra le mie più commosse letture di fanciullo.
Rannicchiato tra le mie cose.
Lacrimando per quell’ ombra che silente mi scrutava dal futuro.



ALEXANDROS
I
– Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell’aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,
o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall’ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,
l’ultimo fiume Oceano senz’onda.
O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda
dentro la notte fulgida del cielo
.

II

Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.
Montagne che varcai! Dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidiate.
Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero
.

III

Oh! più felice, quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.
A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole, il sole che tra selve nere,
sempre più lungi, ardea come un tesoro
.

IV

Figlio d’Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l’auleta:
soffio possente d’un fatale andare,
oltre la morte; e m’è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare
.
O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…
ma il canto passa ed oltre noi dilegua.–

V

E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall’occhio nero come morte;
piange dall’occhio azzurro come cielo.
Che si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell’occhio nero lo sperar, più vano;
nell’occhio azzurro il desiar, più forte.
Egli ode belve fremere lontano,
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell’immenso piano
come trotto di mandre d’elefanti.

VI

In tanto nell’Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.
A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.
Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellìo d’un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita
le grandi quercie bisbigliar sul monte
.

(G.PASCOLI)

domenica, gennaio 23, 2005

ADVERSUS HAERESES IV


Del Trafugamento Del Corpo Di San Marco Evangelista in ALESSANDRIA d'Egitto

giovedì, gennaio 20, 2005

"PAUSANIA" Time-OutLand


E sono andato a vedere ALEXANDER.
Ascoltando i commenti di chi usciva dal cinema – molte distinte coppie ultrasessantenni di cui almeno uno esser dovea, un reduce dal Classico – nessuna voce si accodava allo scalpore americano per l’omosessualità, gli unici commenti perturbati (e non) erano per i “labbroni” di Angelina Jolie.

- Ma poi, quell’attrice! Sempre così acida, con quei labbroni! Recita sempre protendendo avanti quei canotti!

Quindi mi avvio a prender il meraviglioso posto assegnatomi; ringraziando mille volte Dio che la vecchia matta “puzza di alcol e di piscio” si sia alzata dalla mia fila; gentilmente scacciata da una borghesissima – e, Deo gratias, profumatissima – coppia che reclamava le esatte poltrone segnate sul biglietto; andandosene brontolando verso i sopraggiunti un sommesso “rotti in culo!”: un propedeutico indizio sulla vicenda biografica del re macedone?

Per ripicca all’affronto subito la “disturbata” và a cercare posto in tutt’altra direzione dove i “sullodati” non possano darle fastidio. Meno male. Quell’odore di putrefazione nelle vicinanze, avrebbe reso iperrealistiche - e quindi insopportabili - le lunghe scene di cruenta battaglia.
Ma dove avrà trovato sette euro e cinquanta per venire al cinema: sotto ad una bottiglia di maraschino? Per me si è infiltrata dalle porte d’uscita… Vabbè, cerchiamo di concentrarci sull’“evento”. Qui la gente è accorsa aspettandosi qualcosa di… importante.

Mi guardo intorno: che bel pubblico! Molte coppie ornano i seggi della “Candida Rosa”. La giovane supplente di latino occhialuta con filo di perle al collo e con fidanzatino – papillon munito - al braccio; presso sta la tipica cinquantenne professoressa di Lettere e marito di sinistra. Alcuni gruppuscoli di (3 massimo 5) maschi quattordicenni, con la voglia di ottimizzare il tempo fra una serata tra amici e la speranza di saltare a piè pari lo studio d’un capitolo di storia.

Me la immagino la scena:
- La battaglia di Gaugamela?
Allora professorè, ce stava sto Alex a cavallo di Furia cavallo del West, che nel deserto aizzava l’esercito prima della battaglia, no? Che poi sti greci prima de andà a la “guera” erano un po’ come i calciatori, cioè andavano in ritiro prepartita… ma si, professorè che ha capito benissimo! Cioè come Totti obbligato a stà senza Illary… anche se in questo caso Efestione e Hilary hanno solo il taglio di capelli in comune…però questo Alexander non è proprio frocio frocio, perché quando invade l’Afganistan si sposa con una cubana da paura! Vabbè , dunque…
Alexander dà la carica ai greci contro i persiani che in realtà sono gli antichi turchi mussulmani tant’è vero che il loro capo è sputato a quel “Raz de can” di Osama Bin laden che si è fatto cotonare la barba…

Si accomodano nella fila avanti, delle cinguettanti mogli di professionisti, elettrizzate perché pur essendo ignorantissime di storia sentono che i loro mariti le hanno condotte ad un appuntamento culturale. Adunque si principi l’epopea!

Comincia la visione, anzi: comincia la “versione”!
A scuola ho fatto solo versioni di latino, ma comunque mai più di due ore…Oliver Stone se ne è prese tre: ma alla fine devo dire che, se fosse stato mio compagno di classe la mia prof, maneggiando la matita rossa e blu, avrebbe definito la creazione del regista, una traduzione “ad sensum”.
Detto da lei era un gran complimento, era importante se eri riuscito a trovare il bandolo della matassa in una storia degli antichi.

martedì, gennaio 18, 2005

Dialogo Ebraico- Cristiano/bis

In Italia, la Chiesa Cattolica ha scelto il 17 gennaio; giorno che precede l’inizio della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani; come giornata del dialogo ebraico-cristiano.
Dialogo a livello teologico: si fissa un tema “alto”quale: la giustizia divina; il perdono; il perchè del dolore e della morte; ed altre facezie dello stesso calibro su cui piace dire la propria ai teologi di ogni osservanza.
In tale occasione c’è sempre il giornalista di turno che pone l’asettica domanda di rito alla personalità ebraica – più o meno competente – che gli capita sotto mano:
A che punto sono i rapporti tra ebrei e cristiani?
Che fantasia!
Anche i fratelli maggiori non è che brillino per originalità;la risposta è una diplomatica lamentazione.
Con il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha dato una svolta radicale al millenario pregiudizio antiebraico cancellando l’ignobile accusa di deicidio; c’è da parte ebraica la volontà di un dialogo sereno, ma!

C’è sempre nell’ultimo anno trascorso qualche “magagna” a carico del Vaticano – una beatificazione, o il non aver messo all’indice un film di Gibson,o il continuare ad insegnare ai fedeli che Gesù è il Figlio di Dio – che segna un doloroso passo indietro rispetto alla “Nostra Aetate”- qualcuno che la cita, l’ha letta mai veramente?- che riporta “pericolosamente”la Chiesa Cattolica su posizioni preconciliari.

Quest’anno la vigilia di tale data non poteva avere prologo migliore:la polemica sui bambini ebrei sottratti all’epoca della shoà da cattolici che si sarebbero rifiutarono di restituirli ai parenti, con tanto di benedizione di Papa Pacelli; polemica divampata con la pubblicazione sul Corriere della sera dopo un articolo dello storico Alberto Melloni in data 28 dicembre: commemorazione liturgica dei Santi Innocenti. A me personalmente la data ha molto colpito e mi chiedo se il cattolico –mah!- Melloni non abbia cercato volutamente il parallelismo tra l’antico Erode e “l’agghiacciante”- dice lui - atteggiamento di PioXII.Ho troppa fantasia?
Il dubbio che gli ebrei centrino poco in questo discorso, e che invece si sia trattato di una polemica intracattolica al fine di provare l’esistenza di una Chiesa “matrigna” a cui si contrappone la Chiesa buona, animata da uno“spirito” democratico, parlamentare e terzomondista, nessuno potrà togliermelo dalla capoccia; ma tutti scrivono che Melloni è un uomo d’onore!

lunedì, gennaio 17, 2005

Dialogo Ebraico-Cristiano

<< Il convento di Sant’Alessio.
È situato sull’Aventino accanto alla basilica di Santa Sabina. Tra i conventi di Roma non c’è centro di più alta spiritualità, poiché è lo stesso spirito di Cluny che lo anima. Vi abitano molti pii Padri e grandi e santi Vescovi ne sono usciti; celebri teologi e studiosi della Sacra Scrittura fioriscono in essa. Uno di questi è Padre Egidio che conosce e legge tutti gli scritti dell’Antico Testamento nella lingua degli ebrei e spiega le profezie col compimento che esse hanno avuto nel Nuovo Testamento.

Il convento di Sant’Alessio.
La chiesa del convento ha un campanile giallognolo, sottile e slanciato verso il cielo come come quelli di S. Giorgio in Velabro e di Santa Maria in Schola greca. Dalla sua cima le rondini si lasciano cadere verso il Tevere e ne sfiorano le acque bionde con le loro ali scure giù giù fino al Pons Judaeorum, sparendo poi per un momento tra i tetti degli Ebrei.

Quando Padre Egidio diceva agli sguardi del piccolo Pietro Pierleoni di volar via dal muro del giardinetto del convento come quelle rondini, se ne andavano anch’essi come quelle nella stessa direzione. Ed il Padre non tralasciava mai allora di far osservare al ragazzo che il ghetto se ne stava laggiù presso il fiume così piccolo e nascosto nella grande Roma come il cestello di vimini in cui un giorno la figlia del Faraone trovò il piccolo Mosè e aggiungeva che anche il piccolo Pietro era stato, come Mosè, salvato, liberato cioè dal destino degli altri bimbi ebrei. Poi lo conduceva su fino alla chiesa di Santa Sabina. Là c’è quella gran porta di legno di cipresso che si chiama “la porta alta” ed è intarsiata con disegni che rappresentano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Padre Egidio mostrava al ragazzo il passaggio del Mar Rosso dei figli d’Israele e la miseranda fine dell’esercito del Faraone; gli mostrava i grandi miracoli dell’acqua scaturente da una rupe, della manna, del serpente, operati tutti nel deserto, per la forza di Dio, da quello stesso Mosè ormai diventato uomo. Anche lui, Pietro, concludeva il Padre, era destinato a compiere grandi cose per il regno di Dio e precisamente al servizio della Santa Chiesa che era stata per lui la figlia del Re, salvatrice come la figlia del Faraone per Mosè.

Una volta che il Padre gli andava di nuovo ripetendo tutto ciò, il ragazzo, fissando attentamente il passaggio del Mar Rosso, ribattè:<< Ma per il popolo della figlia del Faraone Mosè diventò non salvezza ma rovina >>.

Il pio Padre trasalì e si sgomentò davanti all’acutezza del ragazzo che distruggeva così, crudamente, il bel paragone che gli aveva proposto; ma preferì non contraddirlo. >>

(GERTRUD VON LE FORT, Il Papa del ghetto)

venerdì, gennaio 14, 2005

il "GRANDE FRATE"


“Meno tre, due, uno, in onda: Ave Maria, piena di grazia…”

Oddio, non è che le immagini siano appassionanti, per chi non ama il genere: Come in certi mortali film d’avanguardia l’obbiettivo è inchiodato infatti, senza la più piccola variazione, sulla tomba che contiene le spoglie del frate… La tomba, la cappella, la gente intorno: fine.

Una specie di << Grande Fratello >> mariano, funebre e giagulatorio. Ma si sa come vanno queste cose: sempre televisione è. E …per molti è un’attrazione irresistibile.

Ed ecco che un giorno hanno cominciato ad affacciarsi per il rosario i ragazzi del paese che non vedevano l’ora di dire agli amici: mi hai visto in tivù? Poi è stata la volta dei politici locali, assai solleciti nel titillare la venerazione degli elettori per il monaco con le stimmate. Finchè la notizia che con la trasmissione “Santo Rosario in diretta dalla cripta di San Pio di Pietrelcina” l’emittente “Tele Radio Padre Pio” (canale 856) quadruplicava gli ascolti e aveva un tale successo da convincere Sky a inserire la piccola televisione tra le “Top Ten”, ha raggiunto i protagonisti della politica.
…Il telefono del santuario ha incominciato a squillare per prenotare visite private da parte di importanti personaggi politici nazionali.


Mentre leggevo mi son detto: "Devotio Moderna". Ma si, ogni epoca ha il suo modo di ritualizzare la religiosità e tra l’alto quindi, anche una particolare maniera di ostendere le reliquie dei santi.
Chi confezionando preziosi reliquiari d’argento, chi ponendo il corpo del santo in preziosissime urne di cristallo di rocca, o chi lo espone sotto l’occhio di una telecamera fissa: secolo che vai venerazione che trovi. C’è chi a Padova si delizia rimirando attorno alla donatelliana arca marmorea di sant’Antonio, a Colonia ammira lo scrigno-reliquiario dei re magi, a Catania lo stabiliante busto di sant’Agata tempestato di pietre preziose. Nella nostra epoca una telecamera di Sky impreziosisce un’aureola più dell’oro massiccio.
E comunque per esperienza personale posso dire che si può passare molto tempo ad osservare quella cripta, e non solo perché ad una cert’ora quella liscia lastra di marmo nero è molto più espressiva dì Gigi Marzullo.

Dall’articolo, "Il telerosario dei politici" di G.A.Stella sul Corriere del 13 gennaio ’05, estraggo inoltre questo ironico “Flos Florum”:

Silvio Berlusconi ci tiene a far cadere l’occhio degli ospiti sul santino di Padre Pio che tiene appoggiato su una credenza della sua villa di Arcore.Il suo cardinale camerlengo Sandro Bondi tiene l’immaginetta del caro monaco nel reliquiario che più gli è prezioso: appiccicato sulla foto della sacra famiglia berlusconiana dominata da Madonna Veronica

Pier Luigi Castagnetti precisa:<< Il leader del centrosinistra? Lo sceglieremo quando sarà il momento…e quando sarà il momento ci assisterà padre Pio >>

Francesco Forgione, che porta lo stesso nome con cui nacque padre Pio ma è un deputato di Rifondazione Comunista, confida:<< è bello chiamarsi come lui, si, non mi dispiace affatto…tutti e due abbiamo fatto una scelta di campo evangelica: quella degli ultimi, anche se io dal punto di vista di Marx>>.

Il massimo però lo Ha dato Irene Pivetti…
<< Padre Pio è mio fratello e mi guida in tivù >>


Devotio Moderna!

giovedì, gennaio 13, 2005

simpatico umorista/3

Dopo una cena tra amici ci troviamo a passeggiare per via Condotti, sfilando davanti alle vetrine griffate .
La simpatica "Avventizia del settimo giorno"(aspirante dell'assunzione), fermandosi davanti ad una vetrina commenta:
-Devo dire che negli ultimi anni Versace è migliorato!
-Cioè da quando è morto?

sabato, gennaio 01, 2005

Now Is Mine

My past, my future, my disease
Perhaps collapse to make me seize
A moment just a breeze
Greatful, humble I allow
These words to be the past somehow
I wonder
Am I here now
Am I here now
I feel, hear, see and it confuse me
I am wrong
I am here now
Is mine
I’ll take it all around the world
Take my future past it’s fine
But now is mine.
...
K’s Choice