venerdì, febbraio 27, 2009

Pro Missa bene cantata [9]

Ovvero: Note sopra la Liturgia


"La liturgia cristiana ha forse la sua radice nel vaso di nardo prezioso che Maria Maddalena versò sul capo e sui piedi del Redentore nella casa di Simone il Lebbroso, la sera precedente alla [Ultima] Cena.
Sembra che il Maestro si innamorasse di quello spreco incantevole.
Non soltanto lo oppose alteramente alla torva filantropia di Giuda che, molto tipicamente, ne reclamava il prezzo per i poveri: "Avrete sempre i poveri, ma non avrete sempre me" - parola terribile che mette in guardia l'uomo contro il pericolo delle distrazioni onorevoli: Dio non c'è sempre e non rimane a lungo e quando c'è non tollera altro pensiero, altra sollecitudine che Se stesso - ma addirittura replicò quel gesto la sera dopo, quando, precinto e inginocchiato, lavò con le Sue mani divine i piedi dei dodici Apostoli, allo stesso modo che Maddalena, scivolando tra il giaciglio e il muro, aveva lavato i Suoi. Dio, come osservò uno spirito contemplativo, si ispira volentieri a coloro che ispira.

"E l'odore si sparse per l'intera dimora". Il nardo di Maria Maddalena profuma l'intera liturgia cristiana, più ancora del nardo soave della Sulamita, del quale tanto si parla nelle Ore di Nostra Signora, tutte intrise di aromi e di fiori.
Al nardo viene giusta mente comparato l'incenso, che ha il potere di disperdere l'angoscia del respiro e si leva al cospetto di Dio de manu Angeli. L'incenso è inesprimibilmente misterioso. Esso è insieme preghiera e qualcosa di più fine, più acuto della preghiera. Compone l'aroma dell'eros con quello della rinuncia, è resa di grazie ed è, come il nardo, alcunché di soavemente ferale.

"Ella mi prepara per la mia sepoltura" disse il Salvatore con quell'accento che nessuno, intorno a Lui, penetrava.
Nemmeno Maddalena comprese, naturalmente. Ma quando, tre giorni dopo, venne al Sepolcro con altri balsami, in cerca del corpo venerato, esso non era più là.
Come sempre non l'utile aveva servito alla vera celebrazione ma il superfluo: non l'azione ma la liturgia dell'azione.
La vera imbalsamazione del Corpo del Signore era già avvenuta al banchetto, e insieme anche la sola unzione regale e sacerdotale che Egli mai ricevesse su questa terra.
E più ancora: un principio di sacramento, giacché il corpo ch'ella così preparava era già l' "ostia pura, ostia santa, ostia immacolata" pronta all'offerta; e il suo bisogno di toccarlo, intriderlo di profumi e di lacrime, tergerlo con ciocche di capelli, fondersi in qualche modo con esso, qualcosa di molto simile a una comunione.

Inesauribile è il gesto di Maddalena, e in realtà Cristo affermò che per sempre ci si sarebbe ricordati di esso. Ciò che lo rende inesauribile è appunto la sua gratuità: tutti i poveri della terra non potrebbero pretendere a una dramma sola di quel nardo, come tutti i poveri della terra non potrebbero pretendere a un solo grano d'incenso bruciato al cospetto di Dio con cuore ardente.
Nel Mattutino del Grande Sabato del rito bizantino si cantano, rivolte a Giuda, queste parole: "Se sei l'amico dei poveri e ti rattristi dell'effusione di un balsamo per la consolazione di un'anima, come hai potuto vendere la luce a prezzo d'oro?".
La complessità del gesto di Maddalena ne fa, come abbiamo detto, qualcosa che da liturgico diviene in qualche modo sacramentale."

(Cristina Campo, Sotto falso nome, Milano, Adelphi, 1998)

domenica, febbraio 22, 2009

Ecclesia Dei afflicta, II

Sive: In Festo Cathedra Beati Petri Apostoli


"Gesù l'eterno Re
Nostro Signore, quando s'incarnò nel grembo della Beata Vergine Maria fu chiamato Gesù. L'angelo Gabriele disse a Maria: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce, e lo chiamerai Gesù" (Lc1, 21).
Quantunque solo allora ricevesse un nome nuovo, egli era esistito da tutta l'eternità. Non ebbe mai principio, per questo il suo vero nome è quello di Re eterno. Egli, un solo Dio in tre Persone, ha regnato sempre col Padre e con lo Spirito Santo. Alla vigilia della sua Passione disse: "Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse" (Gv 17,5).
Colui che era già il Re eterno in cielo venne per essere il Re, il Signore, il Legislatore ed il Giudice della terra. Annunziando la sua venuta il profeta Isaia scrisse: "Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità ed è chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace" (Is.9,5)
Quando Gesù salì al cielo, lasciò il suo potere a coloro che aveva scelti come apostoli. Ne diede la pienezza a San Pietro e ai suoi successori, che sono i suoi vicari in terra.
Anche i vescovi, i pastori d'anime e tutti i cristiani ricevono da Gesù il potere e lo esercitano in suo nome.
Preghiamo per il Santo Padre e per tutti coloro che governano la Chiesa
O Emmanuele, Dio con noi, tu che sei la luce che illumina tutti gli uomini, che -da quando venisti sulla terra- non li abbandonasti mai a se stessi; tu che dopo aver evangelizzato gli apostoli hai ordinato loro di evangelizzare i loro successori; che hai affidato specialmente a San Pietro e ai vescovi di Roma la missione di occupare il tuo posto di fronte a noi, e di guidarci in tuo nome nel corso dei secoli; già da molti anni hai mandato alla Sede di Roma delle prove ben dure.
Signore, noi crediamo senza esitare che tu hai promesso alla Chiesa di durare sino alla fine del mondo e riconosciamo dinnanzi a te di non aver alcun dubbio su tale verità.
Noi non sappiamo oggi cosa sia meglio per la tua Chiesa e per gli interessi della Fede cattolica, per il papa e per i vescovi di tutto il mondo ma ci affidiamo interamente a te. E lo facciamo senza provare alcuna ansia, ben sapendo che tutto coopera al bene del tuo Regno sulla terra.
Ti supplichiamo solo di concedere al tuo servo e vicario, il Papa, la vera sapienza e il coraggio, la forza e le consolazioni della grazia su questa terra e poi una corona immortale e gloriosa nella vita futura."

(John Henry Newman ; Meditations and Devotions)

mercoledì, febbraio 11, 2009

L'Ospizio dei cento preti /1



Ovvero: Da un’articolo dell’orrido Camillo Langone su Il Foglio di martedì 10 febbraio 2008 intorno ai “cattodisidratatori che hanno abbandonato Cristo per adorare la Costituzione”


“…monsignor Giuseppe Casale, il Williamson di Puglia, un altro che fa danni ogni volta che apre bocca.
Noi di Trani lo conosciamo bene: è il classico vescovo democristiano, corrente morotea, lo ascoltavi e ti veniva voglia di diventare missino, brigatista, buddista, tutto meno che democratico e cristiano. Ha convertito all’ateismo migliaia di foggiani.
“Neanche io vorrei vivere attaccato alle macchine come Eluana, anche per me chiederei di staccare la spina”. Di che macchine parla? Non sa niente (la ragazza non viveva attaccata alle macchine!) però parla. Ha un bel dire il cardinal Ruini che “la Chiesa non può consentire – tanto più quando un caso ha rilevanza pubblica – che si rivendichi allo stesso tempo l’appartenenza al cattolicesimo e l’autonomia nel decidere sulla propria vita”.
Qui bisogna passare al fare: degradare i prelati che seminano scandalo e zizzania.
Gesù per gente simile parla di una macina al collo ed un tuffo dove l’acqua è più blu, ma anche Pio XI ebbe un’idea non male: convocò il riottoso cardinale Billot che entrò nello studio papale con zucchetto, anello e croce pettorale e ne uscì senza: semplice prete.
C’è bisogno di umili lavoratori nella vigna del Signore.”

DEVOTIO MODERNA [14]


Ovvero: Dell’omelia - intorno al vangelo della guarigione della suocera di Pietro- pronunziata domenica 8 febbraio 2009 dal reverendo parroco della chiesa romana della Natività di N.S. Gesù Cristo, così come ci viene riassunta dalla divota Nicoletta Tiliacos su “Il Foglio” di mercoledì 11 febbraio 2009:

“Roma. Andare a messa una domenica mattina – due giorni prima che morisse Eluana, sapendo che già non la lasciavano bere da due giorni – e aspettare delle parole del sacerdote un commento a una vicenda che, si sentiva, toccare il cuore di tutti. Si capisce, quando c’è quell’attesa particolare durante la messa, perché sembra che sia diversa anche la qualità del silenzio prima della predica.
Aspettare la parola del sacerdote, dunque, e coprire che effettivamente il parroco è scandalizzato, indignato, arrabbiato come quasi mai abbiamo sentito.
Perché si sta consumando in una clinica di Udine il primo caso di eutanasia in Italia comminato per sentenza, e in assenza di una legge che lo consenta?
Perché una vita che poteva durare ancora anni nella quiete vera dell’amore e dall’accudimento delle suore misericordie è stata innaturalmente spezzata dalla mancanza di acqua e cibo nella Quiete caricaturale dove hanno agito, in perfetta e protetta privacy, i volenterosi volontari di un protocollo di morte?
Perché si è violato quel “dar da bere agli assetati, dar da mangiare agli affamati” che è umanità elementare, prima ancora che cristianesimo elementare?
Ma no. Il parroco è indignato perché, spiega, l’enfasi che in quelle ore si stava dando alla difesa di una “vita vegetativa” era soltanto frutto di una strumentalizzazione della politica. Non si stava infatti varando, in quelle stesse ore la norma infame che prescrive ai medici di denunciare i clandestini?

Il sacerdote dice che la vicenda Eluana Englaro è importante: chi potrebbe negarlo? Ma lo è perché simboleggia il dovere del dubbio, l’importanza del silenzio e della rinuncia a dare giudizi, la necessità di lasciar dire e fare "alla scienza": la sola a poter dire una parola di verità di cui nulla sappiamo e a fare, di conseguenza, le cose giuste. E comunque – reperita iuvat – rimane lo scandalo della persecuzione contro le vite degli immigrati, e il delitto inqualificabile di aver introdotto il reato di immigrazione clandestina. Mentre ci si sta sbracciando per che cosa?
"Per una “vita vegetativa”!”
Non basta: perché chiede il prete furioso, l’arcivescovo di Udine non va al capezzale di Eluana? E speriamo che stavolta non ci sia chi neghi alla povera Eluana Englaro i funerali religiosi, così come furono colpevolmente negati a Welby…

È successo – mi è successo – davvero domenica scorsa, nella parrocchia della Natività a Roma. Una chiesa viva, anche per merito del suo parroco: uomo simpatico, appassionato e amato, sempre pronto a ricordare i doveri concreti della carità, della solidarietà , dell’accoglienza. Un pastore informato e attento; la scorsa settimana aveva chiamato da un’altra città nientemeno che Alberto Melloni, per parlare del Concilio Vaticano II.
Quel prete ha spiegato, durante la predica domenicale, che non vale la pena di scaldasi tanto per una “vita vegetativa”. Ha sostenuto che qualcuno avrebbe addirittura potuto negare ad Eluana i funerali religiosi (ma chi glielo ha detto?). Ha fatto immaginare ai fedeli attoniti un arcivescovo omissivo, un pastore di anime che si rifiuta di andare a trovare la morente (morente per volontà di altri: questo non l’ha detto) a causa di chissà quale astrusa e rigida opposizione dottrinaria (e non perché magari nessuno lo avrebbe fatto entrare, o perché la cosa sarebbe stata considerata intrusiva dal grande club laicista che circondava la famiglia Englaro).

Alla fine della predica – che Dio mi perdoni – ero furiosa pure io. Ho pensato che il parroco legge certamente Repubblica e che avrà apprezzato la posizione del direttore Mauro: la vita deve avere un senso. E che senso ha una vita vegetativa?
Ho pensato che il parroco non legge l’Avvenire, che senza tiepidezze e pacatezze ha chiamato sempre le cose col loro nome: su Eluana c’è stata eutanasia. Ho pensato addirittura che ha qualche ragione Maurizio Mori, comandante in capo della compagnia della dolce morte: il caso Englaro è la nuova breccia di Porta Pia.
Solo che stavolta non si sono visti nemmeno gli zuavi.”

domenica, febbraio 08, 2009

San Giovanni "Degollado" [y cuatro]


Ovvero: "Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.
Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci. (Marco V,15-16)



Padre Álvaro Corcuera fu eletto “direttore generale” della Legio Christi nell’anno 2005 quando l’ottantacinquenne “fundador” Padre Marcial Maciel Degollado rifiutò la rielezione plebiscitaria offertagli dai suoi legionari, ritenendo opportuno che si procedesse all’elezione del proprio successore. E ciò fu tanto più opportuno poiché nel maggio 2006, a fronte delle reiterate denuncie di abusi sessuali provenienti da ormai canuti ex legionari, la Congregazione per la dottrina della fede, pur escludendo un processo canonico per rispetto alla veneranda età dell’inquisito, “condannerà” il P.Maciel Degollado a scomparire dalla scena di questo mondo.
Per i figli spirituali che lo chiamavano devotamente “il padre nostro” quella decisione della Curia Romana era da considerarsi l’ultima goccia dell’amaro calice che “el fundador”, e con lui i centinaia di sacerdoti legionari, e tutte le migliaia di aderenti al movimento laicale Regnum Christi hanno dovuto sorbirsi per decenni a causa di ciò che essi ritenevano essere una diabolica persecuzione.

Quasi in coincidenza col primo anniversario della dipartita del fondatore dei legionari (30 gennaio 2008), il 3 febbraio 2009 due agenzie stampa cattoliche statunitensi il “National Catholic Reporter” e “Catholic News Agency” hanno battuto la notizia che il padre Macial Degollado ha condotto una doppia vita, avendo avuto una lunga relazione con una donna dalla quale ha avuto “almeno” una figlia. Immediatamente Jim Fair, portavoce dei Legionari degli Stati Uniti, confermava ufficialmente che non si trattava affatto di infamanti calunnie ma che effettivamente da una inchiesta interna dei Legionari di Cristo sono emersi “fatti sorprendenti, difficili da comprendere" e "comportamenti inappropriati per un sacerdote cattolico". La notizia rilanciata dal New York Times veniva diffusa in Italia il giorno appresso da un comunicato stampa dell’ASCA che riportava le dichiarazioni del portavoce "romano" dei legionari, il padre Paolo Scarafoni, il quale “ha affermato di non poter negare questi fatti ma di non voler scendere in dettagli per rispetto della privacy delle persone coinvolte.”

I mass media italiani si sono limitati a riportare spassioanatamente la nota d’agenzia; intere giornate sono poi passate senza che i siti internet degli italici specialisti di cose vaticane dedicassero un qualche approfondimento alle clamorose ammissioni dei Legionari. Anzi: nemmeno hanno fatto il benché minimo accenno ad una vicenda che in altri tempi avrebbe occupato per giorni le prime pagine dei giornali. Evidentemente nel 2009 i preti pedofili non sono più di moda: ultimamente fanno scandalo i preti che dicono la messa in latino.
Il clamore mondiale suscitato a fine gennaio dalla revoca della scomunica ai lefevriani, nei cui ambienti notoriamente non c’è alcuna simpatia per il dialogo interreligioso, ha ancor di più inasprito le accuse di antisemitismo alla Chiesa cattolica provenienti dal mondo ebraico su cui hanno martellato i mass media dai primi di gennaio in concomitanza con gi scontri militari nella Striscia di Gaza. Inoltre a tutto ciò s’è sovrapposta la polemica tutta italiana sulla aggressione clericale alla laicità dello Stato per il “caso Eluana Englaro” e con la conseguente escalation di dichiarazioni contrarie all’eutanasia di singoli cattolici, di vescovi, cardinali ed infine del pontefice.
I legionari non avrebbero potuto scegliere momento più propizio per attutire la portata mediatica della loro totale sconfessione del “Fundadòr” che avevano pertinacemente difeso "hasta la muerte".
Fino a quel punto la Legio Christi aveva sempre negato che quella della Congregazione della dottrina della fede nei confonti del padre Marcial fosse una effettiva “condanna”. I Legionari sostenevano che le accuse di abusi sessuali fossero calunnie orchestrate ad arte da un complotto satanico-massonico (ma sottovoce ritenevano anche che fosse un complotto opusdeista) per screditare l’ordine religioso non solo più prolifico di vocazioni sacerdotali ma anche intellettualmente più preparato per difendere l’ortodossia cattolica, e per attrarre le elite anche meglio dell’Opus Dei (cui ha indubbiamente sottratto vocazioni nel mondo latino americano).

Più che le immediate (anche se assai pudiche) conferme ufficiali della Legio Christi ai lanci d’agenzia, colpisce la tempistica: proprio a ridosso del primo anniversario della morte del p.Maciel.
Evidentemente il direttore generale Àlvaro Concuera ed i suoi stretti collaboratori sono stati presi dallo scrupolo di fronte alle esternazioni dei fedeli che, abituati al culto della personalità del fondatore vivente, hanno avanzato richiesta d’un culto della santità del fondatore defunto.

Come scrivevo in morte di Marcial Maciel Degollado: "per le migliaia di suoi figli spirituali la figura del fondatore dei Legionari di Cristo si trova adesso in quella dimensione ultraterrena nella quale il suo spirito può guardare faccia a faccia il suo "santo zio" vescovo già canonizzato che fu vittima di calunnie e oggetto di persecuzioni dalla stessa gerarchia cattolica. Ed un estimatore delle opere del Padre Degollado non rinuncerebbe a individuare un parallelismo tra le biografie dello zio vescovo e del nipote "fundadòr" e leggervi una (beneaugurante) analogia."
Inoltre, oltre che parente stretto di vescovo canonizzato il fondatore dei legionari era riuscito anche ad introdurre la causa di canonizzazione di sua mamma “Maurita” Degollado Guizar.

Che la notizia della “non santità” sia stata battuta da agenzie di stampa dichiaratamente cattoliche è inequivocabile sintomo della volontà dei vertici direttivi della Legio Christi (soprattutto in quel contesto anglosassone particolarmente duro nei confronti degli scandali sessuali del clero cattolico) di prevenire l’azione di qualche eventuale “gola profonda” che screditasse irreparabilmente l’immagine della Legione, particolarmente fiorente negli Stati Uniti (Paese in cui la rivelazione ha suscitato grande interesse mediatico).
Appare evidente che, se da fonte diversa dalla Legione stessa, fosse trapelato che i figli spirituali del padre Maciel Degollado occultavano notizie “di alcuni aspetti della vita di padre Maciel che sono molto difficili da capire, aspetti che non sono appropriati alla vita di un prete” la catastrofe si sarebbe abbattuta sull’intera congregazione dei legionari. E non solo una catastrofe mediatica, la pubblica gogna, lo scandalo dei fedeli, la crisi di vocazioni! Se si fosse appurato che i legionari spergiurando avessero tentato di far passare per santo colui che un santo proprio non era, è ipotizzabile che da parte della Santa Sede si sarebbe reagito con una drastica posa della scure alla radice della congregazione stessa!

Prendendo l’iniziativa della sconfessione plateale del proprio fondatore, i legionari sono riusciti nell’intento di occultare il più possibile gli “aspetti sconcertanti” del padre Marcial, trincerandosi dietro la scusa politically correct della difesa della privacy delle persone coinvolte nello scandalo.
I membri del governo della congregazione hanno così potuto uscirne immacolati: hanno affermato di essere venuti a conoscenza dei suddetti fatti incresciosi soltanto in seguito a recentissime indagini interne. Avrebbero mai potuto asserire il contrario dato che il padre Maciel nel 2002 aveva pubblicamente rigettato con sdegno le accuse di immoralità che gli venivano rivolte?

Mettendo una gigantesca pietra tombale sopra ogni velleità di santificazione del fondatore, la Legione si è assicurata né più né meno che la propria salvezza.

Nella consueta lettera di buon anno che da Città del Messico in data 13 gennaio 2009il superiore generale p.Álvaro Corcuera ha inviato a tutto il movimento laicale del “Regnum Christi”, si lascia andare ad una confidenza che a prima vista parrebbe solo effusione di sentimentalismo devozionale: “Il giorno di Natale ho avuto la grazia di trovarmi a Betlemme e lì chiedevo al bambino Gesù che cosa voleva per noi.”
Qualcuno che volesse fare dello “spirito” (maligno) potrebbe sostenere che ad imitazione del defunto predecessore anche il padre Concuera persiste nel molestare i fanciulli. Ma -col senno del poi- sapendo esattamente a cosa voleva riferirsi il Padre Concuera quando chiedeva al Divino Infante "cosa vuoi?”, ecco che l’immagine del generale dei legionari proteso verso il bambino di Betlemme perde tutta l’oleografica posa presepiale per colorirsi di profonda drammaticità spirituale.
Parmi di sentire riecheggiare l’invocazione straziante di quell’uomo chiamato “Legione” poiché molti demoni erano in lui: “Alla vista di Gesù gli si gettò ai piedi urlando e disse a gran voce: Che vuoi da me Gesù Figlio del Dio Altissimo? Ti prego non tormentarmi!” (Lc. VIII, 28)
L’accostamento non sembri provocatorio: a cosa paragonare se non ad un’esorcismo quello strazio spirituale con cui la Divina Volontà ha prostrato migliaia di buoni cristiani che avevano "idolatrato" il fondatore dei legionari considerandolo un angelo del Signore?

“Il primo anniversario della scomparsa di "Nostro Padre” aveva scritto Padre Corcuera, doveva pertanto essere vissuto “in un clima di preghiera, chiedendo la grazia di realizzare il progetto che Dio ci ha affidato e condurre in pienezza il carisma che ora spetta a noi di trasmettere con fedeltà.”
Scrivendo a tutti i fedeli che fanno riferimento alla guida spirituale dei legionari, insisteva sulla necessità della preghiera come unico mezzo per superare le umane –troppo umane- difficoltà ed additando a modello la Vergine Maria e san Giuseppe i quali, chiudendosi nel silenzio orante, si erano piegati all’imperscrutabile volontà divina: “Con la preghiera torna la pace e scopriamo che «in tutte le cose Dio interviene per il bene di quelli che lo amano» (Rom 8, 28).”
La lettera è tutto un invito ad aver ferma fiducia nella bontà del proprio “carisma” che, indipendentemente dai giudizi sul fondatore, è valido perché approvato e fatto proprio dalla Madre Chiesa e benedetto dal Vicario di Cristo. Bisognerà, perciò, abbracciare le croci che il Signore vorrà mandar ai membri del Regnum Cristi con il massimo della serenità spirituale possibile poiché: “La peggiore croce è quella che Dio non chiede di portare.”

Il 4 febbraio dalla casa madre di Città del Messico, inginocchiato davanti al Santissimo Sacramento, il Direttore Generale riprendeva la penna in mano per commetare le penose novità: "...sulla persona del Nostro Padre fondatore, non posso non riconoscere tutto il bene che ho ricevuto per mezzo di lui. Siamo in molti ad aver ricevuto da Dio, attraverso il carisma che ci ha trasmesso, ciò che dà un senso alle nostre vite: l’amore per Gesù Cristo, per la Vergine Santissima, per il Papa, per le anime. Questi sono i nostri amori. Personalmente gli sono grato di essere stato lo strumento di Dio affinché tutta la mia vita abbia trovato un senso, camminando verso la salvezza eterna, il cammino verso Dio. Per me tutto questo è verità e sarebbe impossibile trovare le parole sufficienti per ringraziare.

È anche vero che è stato un uomo e questi temi che ci hanno ferito, sorpreso – e che credo che non possiamo spiegare con il nostro intelletto – stanno già davanti al giudizio di Dio. È vero che c’è molto dolore e molta pena. Come in una famiglia, queste pene ci uniscono e ci portano a soffrire e gioire come un solo corpo. Questa circostanza che viviamo ci invita a vedere tutto con molta fede, umiltà e carità. Così la mettiamo nelle mani di Dio Nostro Signore, che ci insegna il cammino della misericordia infinita.
Da parte mia non esito a chiedere perdono per tutta questa sofferenza e supplico Dio con tutto il mio essere di concedere a tutti noi di vedere tutto questo dalla prospettiva del Cuore di Gesù."


La peggiore croce è quella che Dio non chiede di portare: forse è questa la risposta del fanciullo di Betlemme al p. Àlvaro Corcuera di fronte alla dolorosa quanto necessaria presa d'atto delle mistiche mistificazioni del “Padre” dei Legionari.

San Josè Maria Escrivà de Balaguer, il fondatore dell’Opus Dei, avrebbe gradito che sulla propria tomba venissero incise le parole latine “Peccator" e "Genuit filios et filias”. Ma il suo successore a capo dell'Opus Dei, don Álvaro Del Portillo, ritenne che fosse ingiusto avallare la definizione di “peccatore” per colui che invece considerava essere stato un autentico santo. Essendo, poi, dotato di abbondante dose di cinismo clericale, monsignor Del Portillo si rese conto che la metafora spirituale “generò figli e figlie” sarebbe stata fatta oggetto di maliziosi calambours; optò, pertanto, per un veramente lapidario quanto spagnolesco: “El Padre”.

Ignoriamo se il padre Marcial avesse pensato a qualche citazione particolare da incidere sul proprio sepolcro e se abbia mai soppesato l’ipotesi di appropriarsi di quelle parole considerate inopportune per il fondatore dell’Opus Dei ma che sarebbero state invece un epitaffio oltremodo calzante per il fondatore dei legionari.
Marcial Maciel Degollado: un peccatore che generò figli e figlie.

venerdì, febbraio 06, 2009

CASTRUM DOLORIS, XVIII

Nella notte di martedì 3 febbaio 2008 Eluana Englaro, in stato vegetativo persistente a seguito di un incidente stradale nel 1992, dalla casa di cura "Beato Luigi Talamoni" di Lecco, dove per quindici anni era stata devotamente assistita da Suor Rosangela della Congregazione delle Suore Misericordine di San Gerardo", veniva traslata alla casa di riposo "La Quiete" di Udine, affinchè medici e paramedici volontari, appositamente costituitasi in associazione ad hoc, avessero la possibilità di sospenderle l'alimentazione e l'idratazione, poichè come asserito dal capo-equipe, dottor Ama­to De Monte: "Eluana è morta diciassette anni fà".

Ovvero: Del suggestivo articolo di Lucia Bellaspiga sull'Avvenire di venerdì 6 febbraio 2009 "NOTTE DI DOMANDE A 'LA QUIETE'. QUELLA TOSSE SQUASSA LE PRIME COSCIENZE", intorno all'agonia di Eluana Englaro.


"Mettiamoci nei suoi panni: un viaggio allucinato e allucinante.
Di notte, su un’ambulanza, lui e lei da soli, costretti dallo spazio angusto a una vicinanza che non era mai avvenuta prima, per ore uno in compagnia dell’altro, muti in due silen­zi diversi. Vicini, terribilmente vicini.
Si so­no incontrati così, Eluana e il dottor Ama­to De Monte, e lui ne è uscito «devastato»: per l’aspetto di Eluana – si è detto e ha fat­to intuire lui stesso, ma senza spiegarsi mai troppo, lasciando vaghi i contorni della sua «devastazione» – o forse per qualcos’altro che in quel viaggio gli ha ingombrato l’a­nima come un fastidio sottile e insistente, che lui ha voluto scacciare ma ogni tanto ancora gli torna?
Va, l’ambulanza, incrocia gocce di acqua e neve e i fari di altre vite viaggianti nella notte, ignare di quel carico di vita tra­sportato a morire, mentre Eluana dorme, perché questo fa di notte, da molti anni.
Avrà vegliato, invece, il dottor De Monte, e quante volte avrà guardato quel sonno forse un po’ agitato dalla mancanza di un letto, sempre lo stesso da quindici anni, del tepore di una stanza, dei rumori e de­gli odori sempre uguali e rassicuranti, del­la carezza frequente di una suora?
Poi è arrivata l’alba e un cancello si è inghiotti­to Eluana, nessuno l’ha più vista se non i volontari e il medico, ancora lui, tacitur­no con i giornalisti, scuro in volto, sempre frettoloso, anche la sera quando si allon­tana pedalando sulla bicicletta per le stra­de di Udine.

«Eluana è morta diciassette anni fa», ave­va detto in quell’alba di martedì scorso, la­sciando con sollievo l’ambulanza e quella strana compagna di viaggio che l’aveva de­vastato, lui, medico anestesista e rianima­tore che chissà quante ne deve aver viste in vita sua... Ma dopo una notte ne segue sempre un’altra, e un altro confronto con Eluana, che morta non è e quindi si agita... Passa la prima notte, la seconda andrà me­glio – si dice il medico – ma così non è, per­ché Eluana non pare più la stessa, poche ore fuori casa e qualcosa è già cambiato. Tossisce, Eluana. Tossisce?
Sì, tossisce, e di una tosse che squassa i suoi (forti) polmoni ma forse di più l’udito e le coscienze di chi l’ascolta e non sa che fare. Tossisce, si scuo­te, quasi si strozza e intanto, proprio come farebbe ciascuno di noi, tende e tirarsi su, cerca aria, solleva le spalle ma non riesce. Dove sono quelle mani che a Lecco sape­vano sempre cosa fare? Perché non accor­re chi immediatamente compiva quel pic­colo gesto che dava sollievo?
Eluana tossi­sce sempre più, una tosse che accenna ad essere ribellione di un corpo, che è richie­sta, che è grido. Una tosse che, beffarda, sembra fare il verso a chi dice 'Eluana è morta diciassette anni fa': no, un morto non si agita nel letto sconosciuto.

Gli infermieri-volontari provano di tutto, ma appartengono all’équipe di De Monte, conoscono a memoria il protocollo per far­la morire, che ne sanno ora dei piccoli ge­sti che sono propri di una vita, di quella vita?
Come si gestisce una «morta» che fa i capricci e nel solo modo che conosce pe­sta i piedi? Dovevano essere devastati an­che loro, l’altra notte, se alla fine si deci­dono a fare il fatidico numero di Lecco e con nuova umiltà chiedono al medico cu­rante di Eluana: come facevate a farla sta­re bene?
Il dottore deve aver provato a spie­gare come mai in quindici anni non era stato necessario aspirare il catarro (l’incu­bo dei disabili come lei), avrà indicato al collega le mosse da fare, ma il resto non poteva spiegarlo: accarezzatela, osservate il suo respiro e ascoltate il battito del suo cuore – si erano tanto raccomandati da Lecco quella notte lasciandola partire per Udine –, sono i tre elementi che vi porte­ranno ad amarla... Ma questo nel proto­collo non sta scritto e nessuno lo può in­segnare. Questo raccontano tra i sussurri dalla «Quiete», la casa di riposo in cui la notte è passata agitata un po’ per tutti.
Inutile invece chiedere conferme alla cli­nica di Lecco: medici e suore hanno giu­rato silenzio e quella è gente che ha una so­la parola. Tacciono e pregano. Ma a Udine avevano giurato sul protocollo di morte, mentre quella tosse di vita «devasta» già le prime coscienze."

martedì, febbraio 03, 2009

LA DIVINA PASTORA [13]

Sive: Mulieris Dignitatem

Con decreto firmato il 22 dicembre 2008 dal Cardinal Franc Rodè, Prefetto della Congregazione "per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica", la Santa Sede ha dato il via ad una "Visita apostolica" cioè una vera e propria "indagine disciplinare" di tutte le comunità religiose femminili di vita attiva presenti degli Stati Uniti d'America (escluse pertanto dal provvedimento le religiose claustrali).
E poichè la Chiesa Romana non ha indarno festeggiato il cinquantennale dell'aggiornamento conciliare ha affidato il ruolo dell'inquisitore, ovvero del "visitatore apostolico", alla materne e rassicuranti fattezze di una suora statunitense: madre Mary Clare Millea, già uditrice al Sinodo dei vescovi sulla Sacra Scrittura dell'Ottobre 2008.

La Reverenda madre Millea è la superiora generale delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, una congregazione internazionale le cui suore con voti perpetui sono circa 1250, tra le quali 135 statunitensi.
Al termine della "visita", la Madre Millea consegnerà un "rapporto privato" al Cardinal Prefetto, cioè dovrà mettere nero su bianco il resoconto e le conclusioni scaturite dalla sua indagine, ovvero "Visita", alla quale la "Concregazione dei religiosi" non ha posto una scadenza anche se è stato previsto ragionevolmente che il tutto si concluda entro il 2011.

La Reverenda Madre ha cercato di indorare "la pillola" meglio che ha potuto in modo da fugare sul nascere ogni parvenza inquisitoriale, creando tra l'altro l'immmancabile sito internet apostolicvisitation.org e rilasciando mitissime dichiarazioni: “Ho accettato molto umilmente e sono un po' sopraffatta”
“Se ho visitato ogni comunità e missione della mia congregazione, il pensiero di raccogliere fatti e dati di quasi 400 istituti degli Stati Uniti può fare impressione”.
“Prego per tutte le suore che verranno coinvolte in questa visita, e spero nelle loro preghiere, sia per il successo dell'iniziativa che per il mio ruolo. Chiedo anche le preghiere del clero e dei fedeli americani”.
“So che l'obiettivo di questa visita è incoraggiare e rafforzare le comunità apostoliche di religiose, per la semplice ragione che queste comunità sono parte integrante della vita della Chiesa cattolica, negli Stati Uniti e fuori”
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Anche l'organo direttivo delle congregazioni di suore negli Stati Uniti ha risposto all'iniziativa con gioiosa affettata sottomissione: “Speriamo che i risultati della visita apostolica mostreranno la vitalità e la profondità della vita e del servizio delle religiose negli Stati Uniti"
In realtà (come sottolinea Marco Tosatti, vaticanista de La Stampa) c'è viva preoccupazione perchè "alcuni dei più grandi ordini religiosi che una volta fornivano personale per le scuole parrocchiali e gestivano gli ospedali cattolici hanno ora abbandonato il loro ruolo tradizionale, assumendo invece un ruolo in cause politiche più di moda. Una grande quantità di suore sono state affascinate dal femminismo e dall’eco-spiritualità".