giovedì, maggio 31, 2007

Pasan los Campanilleros !



«... Pasa la Gracia,
pasa la Luz,
pasa la Flor,
pasa Sevilla,
pasa la Madre de Dios»

mercoledì, maggio 30, 2007

Storiografi in Vacanza (della Sede Apostolica)

Sive: Aperite mihi Portas Iustitiae!


Era il 18 settembre 2006 quando gli storici di professione hanno potuto per la prima volta consultare i trentamila volumi di carte dell'Archivio Segreto Vaticano relativi ai 17 anni corrispondenti al pontificato di Pio XI e cioè dal 6 febbraio 1922 al 10 febbraio 1939 (tra le "nuove" carte a disposizione degli storici spiccano i diari inediti dell'allora cardinale Segretario di Stato Eugenio Pacelli).
"In illo tempore" il prefetto dell'archivio segreto, intervistato dal "divinus" Magister, ammonì: "Vi sono infatti studiosi – per chiamarli così – che alle indagini lunghe e minuziose e all’attenzione per le sfumature dei documenti, preferiscono giudizi generali, che nel caso dei papi e della Chiesa cattolica divengono subito estremi: nero o bianco, assoluzione o condanna. Ma l’attività dei pontefici, della Santa Sede e la realtà della Chiesa non sono realtà monolitiche, o soltanto piramidali. Occorre una concezione diversa e un più maturo giudizio storico anche su Pio XI, lontano tanto dalla vuota e inutile apologia, quanto dal preconcetto o dalla parzialità. Gli studiosi seri sanno che la storia si scrive con fatica, che gli archivi non si indagano in un giorno e neppure in un mese, ma esigono anni di ricerca...".
Orbene, a soli otto mesi da quella apertura (e da quegli ammonimenti!) viene dato alle stampe per l'editore Enaudi:"Pio XI, Hitler e Mussolini. La solitudine di un papa" in cui già dal sottotitolo si evince la tesi - per niente originale- dell'autrice Emma Fattorini: cioè di prospettare un papa "buono" ma anziano e malato che viene ostacolato ed impedito ad agire da una Curia "cattiva".

Il principe dei "cattivi" non può essere che quel "nazista" del cardinale Pacelli che avrebbe ostacolato l'operato del "buon" papa "antifascista"! Son certo che la signora Fattorini sarebbe la prima ad inorridire di questa epitome del suo panphlet in tutte le librerie dal 29 maggio, ma la colpa unica e sola è in vero dell'autrice stessa che ha troppo drammatizzato, senza aver alcun riscontro storico, l'idea di un Papa Ratti la cui solitaria voce si leverebbe contro fascismo e nazismo di contro a una Curia sorda ai mali dell'epoca.
Verrebbe invece da chiedersi come avrebbe fatto un papa anziano e malato a prendere le pubbliche ed ufficiali prese di posizione che prese se non avesse avuto attorno dei validi e fedeli collaboratori ed esecutori dei suoi propositi. E invece: «Pacelli elimina l’ultimo discorso di Pio XI» proclama la Fattorini: ovvero, nel febbraio 1939 il cardinal Pacelli avrebbe fatto sparire in fretta e furia il testo della allocuzine papale assai dura verso il regime fascista che Pio XI avrebbe dovuto leggere in faccia a tutto l'episcopato italiano in occasione del decennale dei Patti Lateranensi!
Come non ipotizzare invece che, viste le pessime condizioni di salute dell'ottantaduenne pontefice, non sia stato proprio Pacelli e la Segreteria di Stato ad aver confezionato quella bozza di discorso che poi, causa decesso, Pio XI non potette pronunciare?
Come ipotizzare una dicotomia tra la politica del papa "buono" e la politica del Segretario di Stato senza prima aver studiato i diari del cardinal Pacelli?

Ne scrive esaurientemente Andrea Tornielli sul Giornale di mercoledì 30 maggio 2007 ("Pio XI e Pacelli. La censura che non c'era") dopo che, in vista dell'uscita del libro dell dottoressa Fattorini, "il Sole 24ore" di domenica 27 aveva in anteprima pubblicato il testo del famigerato discorso "occultato" dal successore Pio XII.

Per avvalorare la sua tesi ad effetto: «Emma Fattorini non spiega che Eugenio Pacelli – in quel momento decaduto dall’incarico di Segretario di Stato, ma che in quanto Camerlengo aveva il compito di reggere la Sede Vacante insieme agli altri porporati per l’ordinaria amministrazione – doveva comportarsi in quel modo.
Pacelli non «distrugge» il discorso o le sue bozze, o gli appunti o le diverse stesure: altrimenti Giovanni XXIII nel 1959, e la Fattorini oggi, non avrebbero potuto rintracciarlo nell’Archivio segreto vaticano.
Ciò che il futuro Pio XII fa, e non poteva fare altrimenti, è ordinare la distruzione delle bozze a stampa e dei piombi in tipografia di un testo non ancora corretto e definitivo di un Pontefice defunto.
Il Papa era morto, non poteva più pronunciare quel testo, la commemorazione dei Patti Lateranensi era stata cancellata: né Pacelli né nessun altro aveva in quel momento l’autorità di far pubblicare un discorso postumo e non ancora definitivo.»


E' la "Sede Vacante", bellezza!

lunedì, maggio 28, 2007

DEVOTIO MODERNA [8]

Per questa nostra vittoria cantiamo. Grazie a Jahvè!

Ovvero: THE "CLERICUS" CUP!


Sul campo della Petriana all'Oratorio S. Pietro di Roma, domenica 27 maggio 2007 nella Solennità di Pentecoste , i Neocatecumenali hanno conquistato la Clericus Cup:il campionato di calcio pontificio!
I seminaristi dello "Redemptoris Mater" hanno sconfitto per "1-0" la Pontificia Università Lateranense con un gol su rigore, al 15° del secondo tempo, del bomber Piermarini .
"Dedico questa vittoria al rettore che ci ha concesso di giocare il torneo - ha dichiarato l'allenatore della Redemptoris Simone Biondi, "e poi voglio anche ringraziare tutti i miei giocatori, e i miei genitori che sono venuti a vedermi". Polemico l'intervento dell'allenatore della Lateranense Marco Cerquetani: "Tanto di cappello ai vincitori - ha detto - Ma siamo stati penalizzati da alcuni infortuni e, mi dispiace dirlo, anche dall'arbitraggio. Comunque ci ripresenteremo l'anno prossimo ancora più agguerriti".
Nella finale per il terzo posto la "Mater Ecclesiae" ha battuto 3-1 la "Sedes Sapientiae".
Circa 200 spettatori hanno assistito ai due incontri, tra loro erano presenti anche i rettori dei 4 seminari finalisti: monsignor Rino Fisichella della Lateranense, monsignor Claudiano Strazzari del Redemptoris Mater, monsignor Juan Carlos Dominguez della Sedes Sapientiae e padre Juan Manuel Duenas del Mater Ecclesiae.
Alle finali non ha assistito l'Eminentissimo Segretario di Stato Cardinal Tarcisio Bertone la cui presenza era stata invece annunciata come certa vista la sua "de propaganda" fede juventina.

CASTRUM DOLORIS, IX

Ovvero: Tutti "Pazzi" per Mary



In occasione del IV centenario della Morte ( 25 maggio 1607) di Santa Maria Maddalena de'Pazzi l'urna che conserva il corpo incorrotto della mistica fiorentina è stata solennemente portata in processione per le vie di Firenze.
Sabato 19 maggio, l’urna con il corpo della Santa è stata traslata dal monastero carmelitano di via dei Massoni a Careggi, dove è conservata da quando nel 1888 fu sfrattata dalle autorità civili dalla "sua" bella chiesa di Borgo Pinti (dove nel corso del ’700 si era trasferito il monastero carmelitano), sino alla Cappella del Seminario arcivescovile, dove la santa ebbe la prima sepoltura.
La sera di domenica 20 maggio, festa dell’Ascensione, il corpo incorrotto della Santa ha percorso con una processione notturna le vie del centro storico fino al Duomo di Santa Maria del Fiore dove, sotto la cupola del Brunelleschi, per una settimana ha ricevuto l'omaggio dei fedeli.

In occasione delle celebrazioni maddaleniane, il sedici volte Benedetto ha inviato una acconcia lettera di felicitazioni al Cardinal Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze mentre nel Seminario arcivescovile fiorentino (Lungarno Soderini, 19) che fu il convento carmelitano di Santa Maria degli Angeli in cui visse e morì la santa è stata ideata una mostra iconografica (gratuita!) aperta dal 19 maggio al 20 luglio 2007 dal titolo: Maria Maddalena de’ Pazzi. Santa dell’“Amore non amato” .

Venerdì 25 maggio nel gaudio quattrocentenario della solennità della festa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi; dopo il Pontificale vespertino in Duomo presieduto dal Cardinale Arcivescovo; alle ore 21 nella "mistica" cornice del Battistero v'è stato lo spettacolo «Venite ad amare l’Amore», ovvero una lettura di testi scelti tratti dalle opere della santa alla quale ha "prestato la voce" l'attrice "redenta" Claudia Koll: beniamina dell'universo clero mercè la sua biografia tanto somigliante con quella di santa Maria Maddalena, quell'altra e più celebre Maddalena però.



Post scriptum:
Anche se "Si può allora dire che Roma è il nome concreto della cattolicità" come ha infatti detto al "Regina Coeli" di Pentecoste il Papa sedici volte Benedetto, nel centro della cattolicità poco sentore si hanno avute delle solennità fiorentine in onore della Maria Maddalena de'Pazzi.
Nella basilica romana di San Giovanni Battista dei Fiorentini, la chiesa "Nazionale" fiorentina , il secondo altare laterale alla destra di chi entra fu dedicato proprio alla santa fiorentina per volere del papa fiorentino che la beatificò. Sull'altare domina una grande tela che raffigura una delle innumerevelo visioni della Santa in cui la Beata Vergine Maria le fa dono di un candidissimo velo simbolo della grazia del perpetuo e perfetto esercizio della virtù della castità. Orbene, il venerdì 25 maggio -cioè nell'anniversario quattrocentenario!- la cappella risultava assediata da legni e tubi metallici rimasugli di impacature smontate o da montare, mentre l'altare era occultato da una grande tela poggiata verticalmente raffigurante il fiorentino San Filippo Benizi in Gloria: pala d'altare proveniente dalla cappella esattamente di fronte momentaneamente in restauro; ai piedi dei gradini dell'altare un vaso conteneva un piccolo palmizio torto ed essiccato.
Non si vuol negare che nei monasteri carmelitani maschili e femminili dell'Urbe molto si sia pregato e meditato in vista del felice anniversario epperò fuori dai sacri recinti claustrali poco o nulla parrebbe essere trapelato. Anchè perchè nell'immaginario collettivo tra le mistiche carmelitane troneggia incontrastata la santa madre Teresa di Gesù, ma Maria Maddalena de'Pazzi non è santa meno povera di estasi o meno munifica nel descrivere le sue barocche visioni rispetto alla santa di Avila!
Nell'evo contemporaneo una pietà come quella vissuta da Maddalena de'Pazzi non può che sconcertare anche il più benevolo fedele cattolico che si accosti ai resoconti dei suoi deliqui. Per di più, se vogliamo continuare nel paregone con Santa Teresa, mentre i testi della Santa riformatrice del carmelo furono editi ben prima della sua elevazione agli altari invece la Prima edizione di Tutte le Opere di S. Maria Maddalena de' Pazzi la si ebbe nel non lontano 1966 per l'occasione del IV centenario della sua nascita. Per di più la secentesca grammatica fiorentina è assai ostica ed indigesta!
Di questa generale italica disconoscenza del ricchissimo patrimonio di resoconti mistici lasciateci dalla grande monaca carmelitana fiorentina dell'età barocca, forse il grande vantaggio è che, fortunatamente ignorandoli, a nessun regista verrebbe in mente di fare un film su Maddalena de'Pazzi come invece pultroppo e disgraziatamente accade per Teresa de Cepeda y Ahumada!

sabato, maggio 26, 2007

dei Sepolcri, XVI

In occasione delle celebrazioni per il Quarto Centenario della morte del venerabile cardinale Cesare Baronio , la Confederazione internazionale della Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri (poichè ogni "casa oratoriana" è autonoma ed indipendente dall'altra) ne ha ufficialmente e solennemente reintrodotto la Causa Canonizzazione. Ragion per cui, preceduta da una “Giornata di preghiera pro Beatificatione”, in data 20 aprile 2007 si è proceduto alla riesumazione dei resti mortali per una solenne ricognizione: "ad iniziativa della Postulazione della Causa e con il consenso del Vicariato di Roma, della Congregazione per le Cause dei Santi e della Congregazione dell’Oratorio Romano.

L’atto si è compiuto (...)nella cripta sotto il presbiterio di S. Maria in Vallicella e nella cappella “interna” di S. Filippo Neri, alla presenza del Rev.mo mons. Gianfranco Bella, Protonotario Apostolico, a ciò delegato dall’Em.mo Sig. Card. Camillo Ruini, Vicario di Sua Santità per l’Urbe, del Rev.mo mons. Giuseppe D’Alonzo, Promotore di Giustizia, del Cav. Dr. Giuseppe Gobbi, Cancelliere, del dr. Nazareno Gabrielli, perito anatomico.


Aperta la cassa di piombo nella quale nel 1694 i resti venerati del Servo di Dio erano stati collocati in occasione della prima ricognizione, si è trovata la cassetta metallica sigillata che li contiene dal 1960 quando vi furono posti a seguito di un’altra ricognizione effettuata per sistemare le sepolture custodite nel sepolcreto dei Padri (...) Venerando con commozione le Reliquie del Ven. Baronio, il Procuratore Generale vi ha deposto, come omaggio di tutta la Famiglia Oratoriana, una croce d’argento ed ha voluto che la piccola urna, nel trasporto alla cappella interna di S. Filippo, sostasse qualche istante presso l’urna preziosa del Santo Padre dove su tutta la Famiglia Oratoriana è stata invocata l’intercessione di S. Filippo Neri e del suo grande discepolo e primo successore."


"Nell’imminenza della solennità di S. Filippo Neri, si sono concluse le operazioni della ricognizione canonica delle Reliquie del Ven. Card. Cesare Baronio.
Il Protonotario apostolico mons. Bella ha posto i sigilli sulla nuova urna che le racchiude e con una semplice ma partecipata cerimonia essa è stata trasportata nella Cappella Spada della chiesa di S. Maria in Vallicella. Hanno presenziato al rito il Procuratore Generale, il Postulatore della Causa di Beatificazione, alcuni confratelli dell’Oratorio di Roma ed una rappresentanza di fedeli.
Gli umili resti del Venerabile discepolo di S. Filippo Neri, adeguatamente ricomposti ed avvolti, per una migliore conservazione, in tela di lino"
fino al 30 giugno 2007, giornata centenario della morte del venerabile, sono state esposte alla venerazione dei fedeli nella Chiesa Nuova dentro la cappella di San Carlo Borromeo meglio nota come Cappella Spada.


Come denota il loro pessimo stato di conservazione, i resti mortali del venerabile Cesare Baronio nei secoli hanno subito notevoli danni dovuti al cattive condizioni della cripta della Chiesa Nuova: uno spazio cui si accede attraverso una piccola porta sulla destra dell'altare maggiore ed una stretta e ripida scala dalla quale si entra in due locali che si trovano sotto al presbiterio e sotto la cupola.
Lo stato di degrado della cripta è testimoniato da un articolo a firma Locatelli tratto dal mensile "San Filippo Neri - S. Maria in Vallicella - Chiesa Nuova" n.6 del giugno 1923: "...In breve accendiamo delle candele e ci mettiamo per la rapida scaletta che da accesso ad un breve corridoio. Il mistero ci rende per un momento sospetti: varchiamo il regno silenzioso della morte, ma nessun sentore ce ne dà la terribile presenza. C'è solo dell'umidità che gocciola dai muri e buio greve da catacomba.
Adesso scendiamo pochi gradi e ci troviamo in una cella abbastanza grande con due fornici laterali. Quando abbiamo fatto un po' di abitudine con l'oscurità, rotta dalla scialba zona di luce dei cieli, ci si presenta alla vista uno spettacolo che ha del macabro e del pietoso al tempo stesso. Sotto ai nostri piedi scricchiolano fradici rottami di legni e detriti di ossa, sparsi ovunque in terra e a torno su di un muretto di riporto, in fondo a cui è un rozzo altare, ove furono deposte le fragili casse oggi un ammasso di cose informi (...). Con tutto questo i morti, visti così, non fanno terrore: fanno riflettere, questo sì, alla verità del motto Hic pulvis, cinis et nihil. E' uno specchio - possiamo dire - tetro magari, in cui ciascuno di noi può vedersi riflesso, non per cagione di avvilimento, ma per sentirsi cantare nello spirito un'altra sublime verità, che anche divina promessa: Non omnis moriar.
Ecco dei sarcofagi: sono di grosse lamine di piombo, con sul coperchio - vanità delle vanità - leggiadri stemmi gentilizi di nomi incisi su delle targhette con la data della nascita e della morte (...). Notiamo due sarcofagi più piccoli degli altri: chiniamo la candela per leggere: Ossa Caesaris Card. Baronii hic reposita anno sal. MDCIV, e nell'altro: Cineres Franciscii Mariae Card. Taurusii hic collecti anno sal. MDCXCIV.
Sono i due grandi luminari, dopo il maestro Filippo de Neri, della Congregazione dell'Oratorio. Il Baronio successore nel 1607 del santo apostolo di Roma, fu confessore di Clemente VIII, bibliotecario della Vaticana. Fautore degli Annalis ecclesiastici che giungono fino al 1158, inesauribile miniera di notizie cui ampliamente attinse anche Ludovico Muratori. Il Tarugi fu arcivescovo di Avignone, anima pia ed umile tanto che recavasi ad onore di essere stato per 50 anni verso Filippo come un novizio religioso. Si compiva così il voto che leggiamo in un'epigrafe dell'abside del tempio che dice pressappoco questo: "Perché non siano disgiunti nella morte i corpi di coloro, le cui anime furono così congiunte in vita - la congregazione li ha voluti collocare in un unico monumento (...)".


Dopo questa ricognizione furono fatti degli interventi di bonifica perciò nel resoconto della successiva ricognizione delle salme del luglio 1960, come viene raccontato sulla rivista dall'oratorio di S.Filippo Neri del settembre del 1960, la situazione era un poco migliorata:
"Nei giorni 19 e 20 luglio scorsi il sepolcreto è stato accuratamente visitato e sono state identificate una decina di salme, nelle relative casse o in quello che di esse rimaneva. Per le rimanenti spoglie, come per il cumulo degli avanzi ossei della sepoltura comune di congregazione, gli inviati dell'ufficio comunale hanno predisposto la conservazione in loco e la muratura dei locali, mentre il grande vano centrale, che si estende fin sotto l'altare maggiore, sarà nel prossimo mese, completamente ristrutturato.
Frattanto i corpi venerandi dei cardinali Baronio e Taruggi e del P. Virgilio Spada, nonchè degli altri prelati ivi sepolti e riconosciuti, liberati dalle casse di piombo, ormai rovinate dal tempo e dall'umido, ricomposte in urne nuove di metallo e racchiusi in altre urne di pietra, con sopra scritti i nomi dei defunti.
I lavori di muratura e di sistemazione del pavimento saranno svolti prima dell'autunno, così il sepolcreto storico potrà essere comodamente visitato e decorosamente conservato per i posteri.
Le ricognizioni avvenute alla presenza del P. Preposito e di tre padri della congregazione sono state registrate in apposito verbale ed un verbale a parte è stato fatto per le spoglie del Baronio (...). La postulazione, in collaborazione con la Congregazione romana, curerà poi la dedicazione della cappella di S.Carlo alla memoria dei discepoli di S.Filippo, come già da tempo deciso e annunziato."




Nativo di Sora ( quel che a Roma viene definito un "Burino") studiò a Napoli, venuto a Roma per completare lo studio del Diritto divenne penitente di San Filippo Neri e partecipe delle iniziative di gioioso apostolato di "Pippo Buono" fatto di: conversazioni, intrattenimenti musicali e gite "fuori porta", che fu sintetizzato con un parola: "Oratorio".
Poiché nei suoi interventi all’Oratorio prediligeva i temi della morte, delle pene infernali e degli spasimi delle anime purganti, con una delle sue straordinarie intuizioni Padre Filippo gli comandò invece di parlare solo e soltanto della storia della Chiesa: per trent’anni Cesare vi si dedicò, riprendendo dall’inizio, ogni quattro anni, la sua esposizione.

Dopo la morte di San Filippo, che si era sempre opposto, accettò la nomina a Cardinale e fu Bibliotecario di Santa Romana Chiesa.
Visse poveramente in Vaticano, conservando “in saccoccia” la chiave della sua camera nella "Vallicella" dove ogni quindici giorni si recava a sermoneggiare sempre obbediente al comando di San Filippo. Sentendo avvicinarsi la morte abbandonò il suo appartamento in Vaticano per trasferirsi definitivamente presso i suoi fratelli della "Chiesa Nuova" pesso cui sprirò il 30 Giugno 1607. Trenta cardinali presenziarono al suo funerale (praticamente un conclave dell'epoca) ed una folla immensa di fedeli partecipò alle esequie e per tanta devozione alla salma strapparono vesti e capelli come “si suole in morte di un gran servo di Dio”.
Papa Benedetto XIV riconobbe nel 1745 le virtù eroiche del Baronio e gli conferì il titolo di venerabile. La causa proseguì (e cioè non proseguì affatto) con la solita lentezza di tutte le cause di beatificazione dei membri dell'Oratorio a causa delle vicissitudini storiche (e soprattutto alla mancanza di gerarchia) della congregazione filippina. Finché nel 1968 la Congregazione delle Cause dei Santi diede alla causa del Baronio il "reponatur" proprio mentre il Postulatore P. Carlo Gasbarri aveva già compiuto un notevolissimo lavoro per la stesura e la presentazione della "Positio".

giovedì, maggio 24, 2007

...entre todas las Mujeres! [15]


Mentre il mondo politico esternava il proprio alto consiglio invitando alla concordia e al dibattito "democratico nel rispetto di tutte le componenti"; mentre sui giornali cattolici e laici divampava la polemica; mentre nascevano petizioni per chiedere alla Rai di non acquistare i diritti del documentario "Sex crimes and the Vatican" della Bbc; mentre i comitati etici, i comitati di garanzia, i sindacati dei giornalisti (per non parlare della Blogosfera!) levavano la loro voce pro o contro la volontà di Michele Santoro di mandare in onda il tristemente noto servizio giornalistico britannico ecco che "Sex crimes and the Vatican" è stato mandato in onda mercoledì 22 maggio sulla televisione locale romana "TeleDonna" nella più totale indifferenza mediatica :
Che bisogno c'era di fare tanto fracasso per il video della BBC (che merita il massimo rispetto, ma è pur sempre la TV di Stato di un paese tradizionalmente anticattolico) sui preti pedofili, che Michele Santoro ha intenzione di trasmettere nel suo programma "Anno Zero"? Bastava sintonizzarsi ieri sera su TeleDonna (una piccola emittente laziale collegata al Partito dei Consumatori, che tradizionalmente ospita invettive antiberlusconiane e manifestazioni di solidarietà nei confronti dei cosiddetti "eroi cubani", finita di recente nel mirino del Ministero delle Comunicazioni per le violazioni al Codice di autoregolamentazione a tutela dei minori), dove scorrevano indisturbate le immagini di "Sex Crimes and the Vatican", con le confessoni delle vittime intervistate e le invettive dei loro legali...

Preti pedofili: Teledonna "brucia" Santoro (e la montagna partorisce un topolino)

Historia Ecclesiastica Anglorum, IV

TONY BLAIR CATTOLICO?

"Pare che Tony Blair annuncera' presto pubblicamente la sua conversione al cattolicesimo.
Nessuna sorpresa. Gia' moglie e figli sono cattolici e lui stesso frequenta regolarmente la messa con la propria famiglia e da solo.
In occasione di un incontro privato con Giovanni Paolo II ricevette la comunione dal Papa stesso, cosa piuttosto insolita per un non cattolico.
La spiegazione piu' plausibile e' che, gia' accolto nella Chiesa, prima di annunciarlo pubblicamente abbia aspettato di lasciare l'incarico di Primo Ministro e di leader del Labour Party per evitare polemiche in un Paese di forti tradizioni e pregiudizi anticattolici.
Vedremo ..."


Sempre Angelo "pietate superna" ci annuncia una nuova conversione al cattolicesimo: il luterano Robert C. Koons, professore di filosofia alla "University of Texas", abiurata l'eresia, si è piamente sottomesso alla Sede Romana.

Breve ai Principi, II


Il Foglio di Sabato 19 maggio 2007 pubblicava le trascrizioni della prima argomentazione del filosofo Flores d'Arcais e della prima contro-argomentazione dell'"immenso" Giuliano Ferrara con cui principiò il loro dialogo addì giovedì 10 maggio 2007 all’Auditorium del Parco della Musica di Roma in occasione del "Festival della filosofia". La diatriba verteva intorno alla compatibilità di Dio con la democrazia o addirittura della di Lui necessità per essa!
A corollario, sul Foglio di giovedì 24 maggio, appare una lettera al direttore di "don Ciccio" Ventorino, "longa mano" (benedicente) di CL alle falde dell'Etna:

"...Il suo interlocutore sostiene che l’operazione proposta da Benedetto XVI, quella del tornare a vivere “come se Dio ci fosse” sarebbe una proposta assurda, che ci farebbe addirittura ripiombare nel buio dei secoli passati, segnati dalle guerre di religione; mentre basterebbe – per fondare una vera democrazia – un “nucleo di valori condivisi”, secondo quel principio liberale “una testa un voto”, che implica l’uguale dignità di ciascun individuo. Ma è proprio l’insufficienza a garantire la dignità di ciascun individuo e la democrazia stessa di questo principio – come dimostra la storia dei totalitarismi del secolo scorso, che si sono affermati proprio in forza di “valori condivisi” e quindi, si può dire, “democraticamente” – che il Papa attuale ha voluto evidenziare con la sua provocante proposta, alla quale è giunto con un cammino che viene da lontano.
Quando era ancora il professore Joseph Ratzinger in una conferenza pubblicata nel 1972, citando i “Colloqui con Hitler” di Hermann Rauschning, che nel 1933-34 era presidente del Senato della libera città di Danzica, riferisce la seguente dichiarazione che il dittatore avrebbe fatto: “Io libero l’uomo dalla costrizione di uno spirito diventato scopo a se stesso; dalle sporche ed umilianti autoafflizioni di una chimera chiamata coscienza morale, e dalle pretese di una libertà a autodeterminazione personale, di cui ben pochi sono all’altezza”. E così la commentava:
“La coscienza era per quest’uomo una chimera dalla quale l’uomo doveva essere liberato; la libertà che egli prometteva doveva essere una libertà dalla coscienza. […] La distruzione della coscienza è il vero presupposto di una soggezione
e di una signoria totalitaria. Dove vige una coscienza, esiste anche una barriera al dominio dell’uomo sull’uomo e all’arbitrio umano, qualcosa di sacro che rimane inattaccabile e che è sempre sottratto all’arbitrio, sottraendosi ad ogni dispotismo proprio o estraneo. Solo l’assolutezza della coscienza è l’opposto assoluto nei riguardi della tirannide; solo il riconoscimento della sua inviolabilità protegge l’uomo nei confronti dell’uomo e nei confronti di se stesso; solo la sua signoria garantisce la libertà” (“Chiesa, ecumenismo e politica”, Edizioni Paoline, Milano 1987, p. 159).
Ma per Ratzinger la coscienza non andava intesa come un tribunale soggettivo e arbitrario, ma come il luogo in cui echeggia la voce di Dio. Il riconoscimento dell’assolutezza della coscienza è, quindi, legato al riconoscimento dell’Assoluto.
E’ per questo che, qualche giorno prima che divenisse Papa Benedetto XVI, ha lanciato da Norcia quella sfida che ha fatto inorridire Flores D’Arcais e l’ha così motivata:
“Il tentativo, portato all’estremo, di plasmare le cose umane facendo completamente a meno di Dio ci conduce sempre di più sull’orlo dell’abisso, verso l’accantonamento totale dell’uomo. Dovremmo allora capovolgere l’assioma degli illuministi e dire: anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita “veluti si Deus daretur”, come se Dio ci fosse. […] Così nessuno viene limitato nella sua libertà, ma tutte le nostre cose trovano un sostegno e un criterio di cui hanno urgentemente bisogno” (“L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”, Libreria Vaticana e Edizioni Cantagalli, Roma – Siena, Maggio 2005, pp. 62-63).
Svolgeva così le sue “Tesi per una Europa futura”, che aveva enunciato molti anni prima:
“Ricordo un’importante frase di Bultmann: ‘Uno stato non cristiano è fondamentalmente possibile, ma non uno stato ateo’, non in ogni caso come tale, come duraturo stato di diritto. Ciò implica che Dio non venga relegato incondizionatamente alla sfera privata, ma che venga riconosciuto anche pubblicamente come valore supremo. Ciò include senz’altro – e vorrei sottolinearlo con decisione – la tolleranza e lo spazio anche per le persone atee e non può avere nulla a che fare con la costrizione alla fede. […] Io sono convinto che alla lunga non esistono chances per la sopravvivenza dello stato di diritto sotto un dogma ateo in via di radicalizzazione e che qui è necessaria una riflessione sulla natura radicale: come questione di sopravvivenza.
Allo stesso modo oso affermare che la democrazia funziona unicamente se funziona la coscienza e che questa coscienza ammutolisce se non si orienta secondo la validità dei fondamentali valori etici del cristianesimo, i quali sono realizzabili anche senza esplicita professione di cristianesimo, anzi anche nel contesto di una religione non cristiana” (“Chiesa, ecumenismo e politica, cit., p. 219).
Del resto anche Karl Löwith, da lei citato nel suo intervento, aveva già mostrato come, addirittura secondo Feuerbach, “al di fuori della religione cristiana, lo stato profano diventa necessariamente la ‘totalità di ogni realtà’, l’‘essere generale’ e la ‘provvidenza dell’uomo’. Lo stato è ‘l’uomo in grande’, lo stato in confronto a sé è ‘l’uomo assoluto’; esso diventa a un tempo una realtà e una confutazione pratica della fede” (Karl Löwith, “Da Hegel a Nietzsche”, Einaudi, Torino 1969, p. 141).

Ecco perché condivido pienamente le conclusioni alle quali lei perviene, cioè che “la democrazia è opera di Dio […] cioè della presenza di un concetto di Dio nella storia”; mentre il totalitarismo, “culmine di un processo moderno ammalato e degradato, è invece l’anticristo, l’anticristianesimo”.
don Francesco Ventorino"

mercoledì, maggio 23, 2007

visioni private /16



Il 21 e 22 maggio Mediaset ha mandato in onda il film per la televesione di 100 minuti "L'uomo della carità" sulla figura e l'opera di don Luigi Di Liegro : su Canale 5 lunedì 21 maggio la prima puntata e la seconda martedì 22 maggio spostato su Rete4 a causa la scarsità degli ascolti.
C'è chi ha detto che "Don Luigi di Liegro – L'uomo della carità" la ennesima fiction a soggetto religioso avrebbe stancato il pubbico televisivo italiano, altri invece reputano troppo azzardato lo spostamento dellla fiction da una rete all'altra.
Sicuramente la figura di questo "prete romano" è poco nota fuori dall'Urbe, inoltre la sua vita ha poco del santino per essere classificata come la solita fiction religiosa.
Biasimando l'italico andazzo di ritenere colpevole del pessimo audience il regista o l'attore (o magari la felice memoria dell'anima di don Di Liegro), personalmente plaudo alla scelta del soggetto ed al regista di aver tracciato una biografia asciutta e senza patetismi. In ciò ha sicuramente aiutato l'analisi della biografia di questo "monsignore" del Vicariato di Roma sempre in prima fila nell'aiuto concreto ai poveri, senza parole d'ordine ideologiche, senza servilismi ai padroni laici ed ecclesiastici della Roma degli anni settanta ed ottanta (la contemporaneità del personaggio ha sicuramente molto aiutato i soggettisti e soprattutto la sua "vita intensa" ha evitato invenzioni imbellettanti).

Il fondatore della Caritas italiana, per un ventennio sempre presente, molto prima delle istituzioni -e spesso a dispetto delle istituzioni- lì dove il tessuto sociale e civile della capitale minacciava di incancrenirsi.
Un "sant'uomo" (ma senza le estasi e visioni dei "padri pii" televisivi) sempre in mezzo agli ultimi, ma sarebbe meglio dire uomo profondamente autentico e limpido nei propri intendimenti e perciò sempre a proprio agio fra gli altri uomini, tutti gli altri uomini. Epperò ci andrei cauto a sentenziare che"Non era un santo né lo sarebbe diventato", diamo tempo al tempo!


La buona riuscita del soggetto televisivo va imputata innanzitutto al carattere, appassionato e franco e schietto, cioè poco monsignorile, dello stesso monsignor Di Liegro che l'attore Giulio Scarpati è riuscito a cogliere magistralmente. A tal proposito ha dichiarato Luigina di Liegro, nipote del sacerdote e vicepresidente della Fondazione intitolata a don Di Liego: "Io avevo individuato da un pezzo, in Scarpati, l'interprete di don Luigi, era l'unico in grado di esprimere il carisma di mio zio, la sua forza, la sua dolcezza.
Commovente la capacità di Scarpati di incarnare le movenze, lo sguardo, financo le incrinature della voce del prete romano morto nel 1997 consumato dall'ardore -più che dall'amore- per il prossimo.
“Ho avuto molto materiale a disposizione, anche interviste e Tg dell’epoca" ha spiegato il protagonista: "Ho incontrato chi l'ha conosciuto cercando di capire chi fosse veramente e sono contento che la regia asciutta di Di Robilant abbia restituito l'essenza e la forza di un personaggio lontano da ogni forma di retorica".
Opportuna, poi, la scelta di ferminare il film con la reale della folla che gremiva i suoi funerali in San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma.

L'unico appunto che c'è da fare è la lamentabile usanza di presentare le autorità ecclesiastiche sempre bardate con le vesti prelatizie, come se senza zucchetto rosso e fascia paonazzo le Loro eccellenze ed Eminenze non muoveressero un passo!
Assai simpatica la scena del conferimento dell'ufficio "Charitas" con la stanza col tetto a spioventi che pare proprio il quarto piano del palazzo Lateranense! Mi chiedo infatti se il Vicariato non abbia messo a disposizione qualche proprio ambiente per esempio quello che nel film appare come l'ufficio del Cardinal Vicario, dove "miracolosamente" nel 1973 appare appeso al muro (dietro all'attore barbuto che dovrebbe essere il cardinal Poletti) un grande quadro ad olio raffigurante un anziano papa Giovanni Paolo II! Inoltre il cardinal Ugo Poletti non portava certo la barba!

Polletti morì anche lui nel 1997, pochi mesi prima di Di Liegro.
Io me lo ricordo bene, ottantunenne, da oltre un quinquennio non più Vicario di Roma ma pensionato di lusso a Santa Maria Maggiore con la carica di Cardinale Arciprete.
Me lo ricordo nel mese di maggio '96 piccolo di statura, tutto vestito di rosso, con mozzetta e rocchetto, entrare nella ombrosa basilica liberiana, dirigersi in fondo verso la cappella Paolina e lì al centro della cappella di Papa Borghese, nel fulgore del più sontuoso barocco romano, perennemente in ginocchio davanti alla Salus Populi Romani, guidare la recita del rosario e delle litanie. Poi, serrando ytra le bianche mani il proprio nero libro di devozione, riattraversare la navata porgendo la diafana mano al bacio di qualche rara fedele: uscire nel portico dove un solerte "sanpietrino" gli apriva l'anta del portone, a lato della Posta Santa, da dove, salendo l'ampio scalone barocco, raggiungeva i suoi appartamenti.

martedì, maggio 22, 2007

Amicus Plato sed magis amica Santippe, V


La BBC nel 2006 mandò in onda un reportage sugli abusi sessuali dei preti cattolici in Irlanda, Stati Uniti e Brasile o meglio sull'esistenza di precisi ordini dati dal Vaticano per occultare i fatti e così "salvare" i preti pedofili. La tesi venne immediatamente e apertamente sconfessata dalla Conferenza episcopale inglese, la quale invitò la Bbc a "vergognarsi per lo standard giornalistico usato nell'attaccare senza motivo Benedetto XVI."

Guarda caso, subito dopo il grande successo del "cattolico" Family Day ecco che alcuni giornali hanno annunciato che uno dei video più scaricati da Video Google era proprio quel servizio giornalistico della BBC, messo in rete e appositamente sottotitolato in italiano da Bispensiero (sito di amici siciliani di Beppe Grillo), chiedendosi retoricamente come mai quella inchiesta giornalistica non era mai stata trasmessa dalle TV italiane (come se ci fosse una convenzione internazionale che obbligasse Rai, Mediaset e La7 a ritrasmettere i programmi della BBC!).

Da un punto squisitamente giornalistico "le notizie" riportate dalla BBC sono assi datate: l'esplosione dello scandalo pedofilia che ha coinvolto la Chiesa cattolica in Irlanda e negli Stati Uniti risale al 2001 ed anche del prete pedofilo brasiliano che aveva scritto un piccolo trattato su come attirare le sue ingenue vittime ebbe a suo tempo giustamente ampio risalto sui Media.

E' purttroppo assolutamente evidente a chiunque che dai processi per pedofilia contro membri del clero cattolico emerge tristemente che i vescovi o i superiori religiosi spessissimo avevano già ricevuto segnalazioni da parte delle vittime di abusi e dai loro familiari e per mettere la cosa a tacere avevano trasferito il presunto pedofilo ad altra parrocchia (e al massimo magari ordinando di sottoporsi a qualche colloquio psicologo).
Non c'è bisogno però di ipotizzare un codificata strategia vaticana che imponesse ai Vescovi di insabbiare il tutto. Il recente dibattuto, presunto e clamoroso caso di pedofilia a carico delle maestre di Rignano Flaminio ne è un esempio magistrale: sia le maestre accusate sia le colleghe non fanno altro che piangere la loro estraneità a i fatti, mentre sia il sindaco e i cittadini del piccolo Comune alle porte di Roma - pur non essendo degli ecclesiastici- non fanno altro che provare fastidio per tanto clamore senza dolersi troppo per i bambini abusati ma anzi screditando la validità delle testimonianza degli infanti!

Quando i casi di pedofilia travolsero la Chiesa statunitense e molti vescovi e pure un cardinale dovettero dimettersi, Giovanni Paolo II intervenne emanando "Motu proprio" la Lettera Apostolica "Sacramentorum sanctitatis tutela" cioè un nuovo documento in cui tra le più gravi colpe di un prete veniva ribadita anche la pedofilia che veniva ancor di più sanzionata e per questo -a norma del Codice di diritto canonico- entrava a far parte di quei "delitti" che per la loro gravità non erano più demandati al giudizio del vescovo locale ma riservati immediatamente alla Santa Sede (ovviamente per "riservati" non si intende che questi non debbano essere resi pubblici ma si parla del fatto quei preti che peccano gravemente contro il sacramento dell'Eucaristia e della Confessione non possono essere assolti da nessun prete e nemmeno dal vescovo ma che sono “avocati” al Papa: cioè che la loro estrema gravità solo il Papa può "giudicare"!).

A questo documento pontificio -che è indirizzato ai vescovi- venne allegata una lettera del Cardinal Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in cui dopo aver elencato i delitti "riservati alla Santa Sede" si puntualizza che "Ogni volta che l'ordinario o il gerarca avesse notizia almeno verosimile di un delitto riservato, dopo avere svolte un'indagine preliminare, la segnali alla Congregazione per la dottrina della fede, la quale, a meno che per le particolari circostanze non avocasse a sé la causa, comanda all'ordinario o al gerarca, dettando opportune norme, di procedere" e così si veniva a modificare la precedente normativa poiché "l'istruzione "Crimen sollecitationis" finora in vigore, edita dalla Suprema sacra Congregazione del Sant'Offizio il 16 marzo 1962, doveva essere riveduta dopo la promulgazione dei nuovi codici canonici".

Il 18 maggio 2001 ecco che, mercé l'Eminentissimo Ratzinger, l'universo mondo veniva a conoscenza di una Istruzione del Sant'Uffizio che spiegava come indagare, processare e nel caso punire quegli ecclesiastici che si erano macchiati del "Crimen sollecitationis" cioè "crimine di provocazione": ovvero avessero usato della loro autorità in Confessione per costringere il penitente ad avere rapporti sessuali e, più in generale, nei casi di denunce di chierici che avessero avuto rapporti sessuali con donne, uomini, bambini e animali.

E' evidente che nel 1962, vista la delicatezza dell'argomento, ai vescovi era comandato che l'istruzione fosse:
"servanda diligenter in archivio secreto Curiae pro norma interna non pubblicanda nec ullis commentariis agenda".

In un'epoca in cui anche i decreti pontifici con cui si autorizzava l'uso delle lingue e delle danze indigene nelle messe dei Paesi di Missione dovevano essere dai vescovi tenuti segreti, sotto pena di scomunica, figurarsi se il Vaticano poteva rendere noto all'opinione pubblica che c'era la possibilità che dei preti avrebbero potuto avere rapporti sessuali con animali!

La tesi del progranna della BBC «Sex crimes and Vatican» è che il "crimen sollecitationis" fosse il documento che istruiva i vescovi su come insabbiare le accuse di pedofilia e che comandasse la rimozione "per promozione" del prete pedofilo come strategia abituale per mettere a tacere le dicerie ed inoltre si desse istruzione di fare pressione psicologica sulle vittime per evitare che parlassero.
Non solo! Il nuovo documento del 2001, avocando a Roma le inchieste per accuse di pedofilia non avrebbe fatto altro che aumentare l'omertà della Chiesa cattolica in materia e accrescere la mafiosa e criminale protezione dei preti pedofili: "deus ex machina" di questa diabolica strategia non sarebbe altri che il pontefice "ccioiosamente" regnante, per vent'anni prefetto dell'ex-Sant'Uffizio!

Nella più totale ignoranza dei metodi "inquisitoriali" di Santa Romana Chiesa si è fatto passare il richiamo alla discrezione e alla segretezza che indagini tanto delicate impongono con il comando di sottrarre alla giustizia civile e penale i chierici colpevoli di abusi sessuali tanto che negli Stati Uniti qualcuno ha chiesto di processare "il cittadino" Ratzinger con l'accusa di aver voluto intralciare la giustizia americana.
Ovviamente a prendere la palla al balzo ci pensarono quei laidi laici dei Radicali italiani che nel 2005 organizzarono una conferenza stampa in Texas cui parteciparono l'avvocato David Shea, il legale di Houston che denunciò in sede civile il cardinale Joseph Ratzinger davanti alla Corte distrettuale del sud del Texas per la presunta copertura data ai membri del clero responsabili di abusi sessuali; Maurizio Turco, Segretario di Anticlericale.net ed ex deputato, il deputato Daniele Capezzone; l'europarlamentare Marco Cappato e Rita Bernardini attualmente Segretario dei Radicali Italiani (olè!)!
Si vede che dopo il fallimento politico della contro-manifestazione dell'orgoglio laico di piazza Navona del 12 maggio non c'era di meglio da fare che rimestare nel torbido per far passare il messaggio che è meglio affidare i propri figli ad una coppia di gay, atei materialisti dialettici e fumatori di spinelli che invece mandarli all'Oratorio dei preti!


Però a me una cosa non è chiara della ricostruzione storica operata dai giornalisti della BBC: se la Chiesa cattolica ha per cinquant'anni coperto i preti pedofili, come proverebbe il documento approvato "ex audentia Santissimi die 16 Martii 1962", perchè il grande colpevole "storico" deve essere individuato nel cardinal Ratzinger?

Quando il beato e "papa buono" Giovanni XXIII emanò quel "documento pro-pedofili" Joseph Ratzinger era solo un prete professore "progressista" di teologia in Germania.
E' pur vero che dal 1981 divenuto prefetto il cardinal Ratzinger non modificò quella legislazione canonica ma bisogna ricordare che il superiore del prefetto della congregazione della Dottrina della fede è il papa in persona; Karol Woytjla "il buono" "il bravo" e "il bello", avrebbe potuto sin dal primo giorno del suo pontificato, abrogare quella normativa di cui sicuramente doveva essere a conoscenza sin dal 1962 poichè all'epoca era già vescovo in Polonia!

Non solo, se come sostengono i curatori di «Sex crimes and Vatican» le nuove norme emanate da Giovanni Paolo II nel 2001 hanno ancor di più aumentato la protezione ecclesiastica verso i preti pedofili ciò non solo aggraverebbe il giudizio sull'operato di Ratzinger ma ancor più nei confronti di un Karol Wojtyla falso e ipocrita che nei suoi discorsi ufficiali deprecava e condannava la pedofilia chiedendo ai vescovi di usare "tolleranza zero" verso i preti pedofili e contemporaneamente imponeva agli stessi vescovi una legislazione canonica che andava nel senso opposto!

Ragion per cui se la tesi dei giornalisti della BBc fosse vera non solo Benedetto XVI sarebbe un mostro ma anche i suoi predecessori "di santa memoria" non avrebbero avuto un contegno meno mostruoso! Si chieda pertanto di sospendere il processo di beatificazione del servo di Dio Karol Woytjla seduta stante.
Se Pio XII non viene considerato degno di essere elevato agli altare per la semplice ragione che, pur aiutandoli concretamente, non fece nessun proclama ufficiale contro l'olocausto degli ebrei, come si potrà senza scrupolo di coscienza beatificare chi fu il sommo connivente per (almeno) 27 anni dei crimini dei preti pedofili?

E, soprattutto, se Giovanni XXIII non solo "si è degnato di approvare e confermare questa Istruzione" ma ha anche comanda che quelle norme fossero "rispettate" (sic!) come lo si potrà continuare a considerare un santo distributore di miracoli per i suoi milioni di devoti? Si proceda pertanto all'eliminazione del suo nome dall'albo dei beati, il suo corpo incorrotto venga sottratto alla venerazione dei fedeli, bruciato, e le sue ceneri sparse nel Tevere!

Se a lor signori giornalisti della BBC tali richieste parranno esose e spropositate vorrà dire che anche Benedetto XVI potrebbe -il più tardi possibile!- essere un degnissimo candidato agli onori degli altari!

lunedì, maggio 21, 2007

La Divina Pastora [2]


Le associazioni rappresentative del protestantesimo italiano hanno dato la propria adesione alla manifestazione «Coraggio laico» di Piazza Navona del pomeriggio di sabato 12 maggio, contestuale allo svolgimento del Family Day a Piazza San Giovanni in Laterano.
La manifestazione pomeridiana è stata preceduta, in mattinata, da un convegno organizzato dall'dell’Ucebi (Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia) svoltosi nella Sala delle conferenze di Montecitorio dove hanno "furoreggiato" due degnissime rappresentanti del protestantesimo ufficiale italiano: la pastora Maria Bonafede "moderatore" della tavola Valdese e la pastora Anna Maffei Presidente dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia.

La pastora Anna Maffei nel suo intervento di Montecitorio ha evangelicamente attaccato l'ipocrisia di quelle "razza di vipere" e "sepolcri imbiancati" che hanno dato la propria adesione al "Family Day".
Sintetizzando: per la pastora il problema non è che la Chiesa Cattolica Romana non abbia mai remore nel dire la propria su qualsivoglia argomento dello scibile umano -così è sempre stato- ; al contempo è acclarato che la stragrande maggioranza degli italiani sono, si cattolici ma, dei cattolici molto "all'acqua di rose" che ben poco nel loro agire tengono in considerazione le encicliche papali e le istruzioni dell'ex-Sant'Uffizio. Ragion per cui è sconcertante che il popolo italiano formata da divorziati, divorziati-risposati, cornificatori abituali, puttanieri, e conviventi (e di cui la classe politica ne è degnissimo campione rappresentativo!) tanto si genufletta pubblicamente agli articoli di quel catechismo che poi "nel segreto della propria cameretta" trascura e disconosce: ovvero "aver trasformato la fede in una commedia, il richiamo all’autenticità davanti a Dio in un conformismo di facciata.
E su questo tema della famiglia si è scatenata in questi mesi nel nostro paese la più grottesca delle commedie, una simulazione collettiva che ha continuato a contagiare tanti"
.


La pastora Bonafede ha sì plaudito alla popolare richiesta di una più attenta politica governativa a favore della famiglia: "Peccato soltanto che il raduno in piazza San Giovanni per la scelta del momento e per i suoi contenuti sia così palesemente una manifestazione “contro”: contro i Dico, contro la laicità dello Stato, contro la libertà di scegliere di uomini e donne adulti, credenti o meno che siano.
Dall’altra, a piazza Navona, si rivendica il diritto a uno Stato davvero laico festeggiando una data che è il simbolo della vittoria della laicità in Italia, il 12 maggio di 33 anni fa, vittoria del referendum sul divorzio, e si rivendica il diritto al riconoscimento delle unioni di fatto, di relazioni affettive e parentali che la legge ignora o penalizza. Personalmente sono assolutamente convinta che si tratti di diritti che devono essere garantiti e che nulla tolgono alla libertà e all’integrità della famiglia tradizionale."



I valdesi, e i protestanti tutti perciò, hanno festeggiato l'anniversario del referendum sul divorzio perchè per gli evangelici il matrimonio non è un "sacramento" è non è nemmeno una mitologica (e un po' mafiosa)difesa e protezione da ogni pericolo esterno.
Poichè nessuno più dei discepoli di Lutero riconosce l'esistenza del peccato originale ne deriva che anche la famiglia è un'istituzione umana cui necessita la redenzione di Cristo poiché formata da persone peccatrici bisognose della divina "Giustificazione".
Epperò a quel che vedo il severo impianto teologico protestante poi nella applicazione pratica a me pare ridursi in un consolatorio chiedere perdono a Dio per il fallimento di una unione (religiosa, civile o "di fatto" che sia) confidando negli infinito potere di Cristo di annullare i peccati di chi riconosce solo in lui il proprio Salvatore.

Allora la mia domanda è: la rottura di un patto matrimoniale per un protestante è una colpa di fronte a Dio?
Ovviamente questa è una domanda squisitamente religiosa che richiederebbe una risposta squisitamente religiosa.
Or bene, se per un protestante la rottura di una unione d'amore è comunque qualcosa di "non buono" perchè stracciarsi le vesti se il Papa di Roma, seppur con un differente lessico teologico, dice anche lui che è "non buono"?
(Ma forse la mia è una domanda inutile perchè storicamente abituati all'idea che tutto è peccato i protestanti hanno difficoltà a definire cosa sia peccato!).

Il fatto è che l'impianto teologico -e psicologico- del proprio rapporto con Dio per i protestanti è assai "esistenziale" dal che deriva il ragionamento secondo cui il riconoscere i diritti delle "coppie di fatto" (degli atei materialisti) non danneggia la famiglia (di chi accetta Gesù come proprio personale Salvatore).
Ovviamente nell'approccio teologico "evangelico" ci sono delle conseguenti implicazioni politiche: siccome compito della chiesa è "evangelizzare" ecco che l'annunzio della "buona novella" è rivolta alle singole persone e non ai Parlamenti a Camere riunite ed al Consiglio dei Ministri schierato . Compito delle chiese non è quello di "dettare legge" sulle questioni che regolano la vita sociale ma bisogna rispettare la "laicità dello Stato" che invece è un diritto di tutti.

L'espressione "laicità dello Stato" (tanto implorata dai protestanti italiani e per loro tanto in pericolo a causa delle esternazioni pontificie ) dovrebbe voler dire che ogni cittadino deve avere la libertà di agire secondo la propria coscienza senza essere costretto dallo Stato a sottostare a determinate regole che fanno violenza alla propria libera coscienza così facendo mortificando ed annichilendo la dignità della persona.
Non si vede perchè se i cattolici italiani (e i loro vescovi che sono pure cittadini italiani) prendono posizione contro dei provvedimenti legislativi che ripugnano alla propria coscienza (e religiosa e innanzitutto civile!)questo dovrebbe minare la laicità dello Stato!

Personalmente allora non capisco se l'errore che gli evangelici imputano a Ratzinger oggi (e a Wojtyla ieri), a Bagnasco oggi e ieri a Ruini, sia quello di affacciarsi al balcone e proclamare "urbi et orbi" la dottrina della propria chiesa in modo che tutti sappiano come la pensi il Vaticano invece di chiamare personalmente e singolarmente tutti cattolici italiani (dal presidente del Consiglio fino a Don Mazzi) per un mirato corso di indottrinamento cattolico personalizzato: una specie di Cepu della Cei!


Altro motivo per cui i protestanti italiani hanno partecipato all'iniziativa dei Radicali, come detto dalla pastora Anna Maffei dal palco di Piazza Navona, è per lamentare la monopolizzazione da parte Vaticana di tutta l'informazione religiosa.

In realtà chi dovrebbe essere bacchettato non è il papa o i vescovi cattolici ma l'orrida schiatta dei "vaticanisti", e degli italici giornalisti tutti, che da un lato sanno che creare ad arte delle presunte tensioni tra Chiesa e Stato è redditizio (poichè non avendo Carlo e Camilla ci consoliamo con i gossip su Ruini e Tettamanzi), e dall'altro va messa in conto l'infinita ignoranza in materia religiosa per cui se in qualche paese mussulmano vengono sgozzati dei "cristiani" sono sempre ritenuti cattolici, se in Turchia viene ucciso un "pastore" per i giornali italiani era un prete e "il Culto" protestante è infallibilmente sempre definito "la Messa"!



Il 17 maggio, dopo la diffusione delle presunte scomuniche di monsignor Betori contro "un paese assediato e minacciato dall’aborto, dall’eutanasia, dall’omosessualità e dal relativismo etico" l'arcipastora Maria Bonafede ha emanato un acconcio dispaccio di doglianza:
"A noi protestanti italiani pare invece di dover testimoniare il mandato evangelico dell’amore, dell’accoglienza e del dialogo...E per questo continueremo ad aprire le porte delle nostre chiese a chi cerca conforto, a chi ha dubbi nel proprio cammino di fede, a chi cerca una novità nella propria vita. Senza discriminare nessuno in base alla sua identità sessuale o ai suoi orientamenti etici"

Però con tutta la possibile "buona fede" io non riesco a non pensare che fare il protestante nell'Italia di oggi è "troppo facile".
Mi spiego: vedo in Italia un protestantesimo che, nei suoi vertici rappresentativi, parla continuamente dell'importanza del dialogo come se fossero solo loro a dialogare "veramente" con chi discepolo di Cristo non è , lo è poco, o vorrebbero esserlo maggiormente: come se dal "sola scriptura" si sia passato al "Sola maieutica"!

Pur con divesità di accenti, alle volte non posso fare che constatare amaramente che il severo giudizio che il Catechismo Maggiore di San Pio X ha della "Riforma" non ha perso il suo "smalto":
"Al presente il nome di protestantesimo non significa più una credenza uniforme e diffusa, ma nasconde la più mostruosa congerie di errori privati ed individuali, raccoglie tutte le eresie, e rappresenta tutte le forme di ribellione contro la santa Chiesa cattolica.
Lo spirito protestante tuttavia, cioè lo spirito di sconfinata libertà e di opposizione ad ogni autorità, non lasciò di diffondersi; e molti uomini sorsero che gonfiati da una scienza vana e superba, ovvero dominati dall'ambizione e dall'interesse non dubitarono di creare o dar favore a teorie sovvertitrici della fede, della morale, e di ogni autorità divina ed umana."

_______________________
Vi sarà pure in voi protestanti una plurisecolare "psicologica" diffidenza verso le allocuzioni piovute dalle cattedre episcopali e non generate da una comune, condivisa, fraterna e "democratica" lettura della Bibbia, però, signora pastora delle anime nostre, -fatto salvo il principio che tutti siamo peccatori e che dobbiamo amarci tutti come fratelli- quando ella legge quei brani di san Paolo in cui si condannano come peccato la sodomia cosa ella ne deduce?

Come ella deduca che una coppia gay abbia tutto il diritto di avere un riconoscimento civile non mi interessa, mi interessa sapere se (alla lesbica che si affida alle sue cure pastorali ella, in base alla lettura della Sacra Bibbia è in grado di dire se un comportamento sia "evangelicamente" lecito o no!

Non mi importa sapere in base a quali dottrine politiche ella sostiene che lo Stato deve consentire l'interruzione volontaria di gravidanza.
Vorrei invece sapere se -pur rispettandone gli orientamenti etici!- se per ipotesi una sua fedele sostenesse che abortire è eticamente giusto in base a quale insegnamento di Gesù, di san Paolo o di Mosè ella le darà ragione (o vorebbe darle torto?).

Io non capisco perchè le "alte gerarchie" del protestantesimo italiano continuino a foraggiare questa mentalità da "eretici italiani del XVI secolo" per cui fuori dall'angusto e ottuso recinto del cattolicesimo ci sarebbero gli infiniti pascoli dei buoni pastori evangelici "in cui tutte le vacche sono nere".

Il modo evangelico è fatto invece anche da tanti comunità ecclesiali (dai protestanti storici) definite "fondamentaliste" che, basandosi sulla lettura della stessa Bibbia protestante, danno però sui temi morali delle risposte assai meno "ireniche" rispetto alle pastore valdesi: perchè?

sabato, maggio 19, 2007

DEVOTIO MODERNA [7]

Ovvero: visioni private

Francesca Sanna, Anna Rita Luceri e Carla Calò, tre ruspanti pugliesi di Martano (Lecce) che formano il trio comico “Ciciri e tria” che mette in scena tre comari che "recitano" preghiere divertentemente eterodosse: senza dubbio tra le rivelazioni della stagione televisiva 2007 di “Zelig Off”(fortunato show di Canale 5 che ha tenuto a battesimo tanti nuovi talenti comici emergenti).

DEVOTIO MODERNA [6]

Bologna "la rossa" nasconde un segreto: la secolare devozione per la Madonna di San Luca che la veglia dall'alto del Santuario sul Colle della Guardia.
Una settimana all'anno, però, la Madonna scende in città ai primi vespri della V domenica dopo Pasqua e questo accade sin dal 1433, quando era vescovo di Bologna il beato Nicolò Albergati.
La venerata immagine, dunque, scende processionalmente nel pomeriggio del sabato dal colle della Guardia, percorrendo il portico -composto da seicentosessantasei arcate- edificato tra il 1706 e il 1715. Viene accolta dal Cardinale Arcivescovo, dal clero e da tutta la città a Porta Saragozza; poi l'Icona, traversando il centro di Bologna, viene condotta in solennissimo corteo sino alla Cattedrale di San Pietro, dove resterà fino alla domenica dell’Ascensione quando con simile processione il clero e il popolo scortano la loro celeste patrona fino al varco di Porta Saragozza (dove comincia -assai ripida!- la salita al Santuario).

Durante la settimana di permanenza in città la Santa Vargine accoglie nella Cattedrale di San Pietro il popolo fedele, uscendo solo nel pomeriggio del mercoledì per fare un salto al Duomo di San Petronio dove per l'intercessione della Madre di Dio viene impartita la benedizione solenne a tutti i bolognesi.


Nell'anno di Grazia 2007 qualcosa è andato storto: cadendo l'annuale "discesa" il 12 maggio e cioè in concomitanza con la manifestazione del Familiy Day di Roma alcune decine di "fedeli" di Rifondazione Comunista e dei Verdi hanno salutato il passaggio della processione della Madonna di San Luca alzando cartelli di contestazione alla CEI lamentando l'ingerenza clericale che affliggerebbe l'Italia.

I laici ed "illuminati" disturbatori non sono stati graditi nè a Destra ma nemmeno a Sinistra tant'è che il Sindaco Cofferati ha lamentato la "interferenza vistosa ai danni di un culto molto sentito dai bolognesi". Il "rosso" sindaco della "rossa" metropoli romagnola era infatti menbro di quella processione (con tanto di fascia tricolore) al fianco del purpureo arcivescovo Caffarra: "Le manifestazioni religiose - ha detto Cofferati - non devono essere mai disturbate. I promotori delle contestazioni devono fermarsi a riflettere".

Rifondazione Comunista e i Verdi hanno riflettuto e poi hanno risposto che si era trattato solo di una fortuita casualità che l'iniziativa dell'orgoglio laico "alla bolognese" incrociasse lo storico percorso della plurisecolare processione cattolica.

Poi arriva il giovedì 17 che oltre ad essere uno di quegli otto giorni in cui La cattedrale di Bologna accoglie i devoti della Santa Vergine, è anche la giornata mondiale contro l´omofobia dalchè i 350 iscritti alle associazioni gay e lesbiche di Bologna -essendo come suol dirsi: "dell'altra parrocchia"- per evitare di "incontrare per caso" la Madonna di San Luca hanno scelto di recarvici in corteo: sgranando la lista dei morti per omofobia intercalati da poco devote invocazioni a monsignor Bagnasco, presidente della CEI.

Poichè "Lo zelo per la Tua casa mi divora" l'Eminentissimo Caffarra non ha posto tempo in mezzo per biasimare l'accaduto:

"L’incivile gazzarra avvenuta ieri davanti al portone della Cattedrale, spalancato per permettere ai fedeli l’accesso per pregare davanti alla venerata immagine della Madonna di San Luca, resterà come una macchia che non si cancella nella storia luminosa e commovente dell’amore di Bologna verso la sua Patrona.
Ieri la città è stata offesa.
E’ stata offesa nel suo sentimento religioso profondo; un sentimento che davanti all’immagine della Beata Vergine sempre sa accantonare divisioni politiche e disuguaglianze sociali, ricomponendo il consorzio umano nella più profonda unità dell’amore orante a Maria.
E’ stata offesa anche nella sua tradizione civile che ha sempre visto nella Madonna di San Luca il suo più alto vessillo identitario; una tradizione mai interrotta in 531 anni di discese della Venerata Immagine dal Colle della Guardia. E’ stata offesa nella sua virtuosa e permanente pratica della tolleranza e dell’ordine civico.
Ed è tanto più grave che tale incivile manifestazione, nella quale sono state esibite persino scritte al limite del blasfemo, abbia avuto per protagonisti anche due deputati al Parlamento nazionale e alcuni esponenti politici locali.
Come Vescovo di questa città, ritengo doveroso denunciare che simili episodi sono segno evidente di un degrado civico prima d’ora qui sconosciuto, e richiamare le autorità cui compete a far rispettare quelle regole di convivenza che la città e la Nazione si sono date per il bene comune.
Invito i fedeli e tutti coloro che tengono tra gli affetti più preziosi quello per la Madonna di San Luca a pregare perché il Signore conforti chi – autorità ecclesiastiche e semplici fedeli – ieri è stato oggetto di dileggio e di offese, e perché Egli si lasci incontrare con il suo perdono, sulla via della conversione del cuore, da chi ha agito forse senza sapere quello che stava facendo.


Bologna, 18 maggio 2007
+Carlo Card. Caffarra
Arcivescovo Metropolita di Bologna

venerdì, maggio 18, 2007

è la stampa bellezza! 3

Ovvero: Quel gran pezzo dell'Ubaldo...



Omelia imbarazzante? No, giornalismo devastante
Il testo di mons. Betori non c'entra con le critiche

Articolo di Umberto Folena sull'Avvenire di venerdì 18 maggio 2007 in cui si freme e ci si angustia per le volontarie (e volenterose) distorsioni del significato dell'omelia pronunziata il 16 maggio dal Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana in occasione della solennissima eugubina festività di Sant'Ubaldo.

«Come creare il mostro e darlo allegramente in pasto all'opinione pubblica. Quanto è capitato ieri al segretario della Cei, monsignor Giuseppe Betori, è degno di una lezione di giornalismo su come non si fa giornalismo eppure si fa, tanto resterai impunito.
Allora. Da una parte abbiamo l'omelia tenuta da Betori nella Cattedrale di Gubbio l'altro ieri, festa del patrono sant'Ubaldo. Dall'altra le cronache e i commenti di certi giornali, molti dei quali si sono evidentemente ispirati ai "lanci" di alcune agenzie di stampa. E la sensazione è di enorme imbarazzo. Non per Betori, ma per i giornali.

Difficile imbattersi in un simile cumulo di invenzioni, travisamenti e sintesi truffaldine.
Prendiamo il Corriere della Sera. Titolo a pagina 12: «Il relativismo etico è il nuovo Barbarossa». Occhiello: «Bisogna ispirarsi a sant'Ubaldo che difese Gubbio dall'esercito imperiale».
La Repubblica a pagina 10 conferma: «Giuseppe Betori ha riattualizzato l'assedio del Barbarossa contro la città». La Chiesa che si difende dallo Stato aggressore… Giochino goloso, peccato che Betori non nomini mai il Barbarossa, di cui il Corriere, in un eccesso di zelo, pubblica perfino ritratto e scheda. «Sant'Ubaldo - sono le vere parole di Betori - pose fine all'assedio delle città nemiche».
La guerra in questione era tra Gubbio e una decine di città umbre. Quella della Chiesa contro lo Stato, di una Chiesa minacciata e assediata, è una totale invenzione. Ubaldo, ricorda Betori, difende non la Chiesa ma la città e la sua gente.
Ma c'è di peggio e più sottile. Quali sono, attribuite a Betori, le nuove minacce portate alla convivenza civile da «nichilismo e relativismo»?
I giornali ne citano cinque: l'eutanasia, l'aborto, l'embrione ridotto a materiale per sperimentazioni, la negazione della dualità sessuale e lo scardinamento della famiglia. Un abile taglia e cuci. L'elenco di Betori era infatti ben più lungo. Ecco che cosa i giornali hanno censurato: nichilismo e relativismo provocano «l'emarginazi one e la condanna dei più deboli e svantaggiati; coltivano sentimenti di arroganza e di violenza che fomentano le guerre e il terrorismo; delimitano gli spazi del riconoscimento dell'altro chiudendo all'accoglienza di chi è diverso per etnia, cultura e religione; negano possibilità di crescita per tutti mantenendo situazioni e strutture di ingiustizia sociale». Sembrano i temi storicamente più cari alla sinistra. Un colpo di forbice e via.

Chiara Saraceno, sulla Stampa (pagina 41, titolo: «Monsignore, si dia una calmata»), è ancora più raffinata. Scambia le cause con gli effetti facendo fare a Betori la figura dell'ottuso fissato con il sesso, gli embrioni e l'eutanasia: «Sono loro - scrive la Saraceno - responsabili dei mali del mondo, non i dittatori politici ed economici (eccetera)».
L'ultimo terzo dell'omelia è dedicato alle soluzioni: al «volto di Dio che è amore» (Deus caritas est, Benedetto XVI), alla «visione alta della carità», alla «meta della santità»: silenzio totale, è ovvio, altrimenti viene contraddetta la caricatura di un Betori tutto politico e ingerente.

A quel punto si telefona ai politici notoriamente disponibili, gli si legge una riga di titolo d'agenzia e gli sciagurati commentano, a cominciare (e finire) dal verde Silvestri: Betori è come il mullah Omar. Sappiamo che ormai il danno è fatto. Che è vano pretendere dagli interessati di correggersi chiedendo scusa a Betori e ai lettori. Che l'Ordine dei giornalisti ha ben altro a cui pensare.
Superfluo appellarsi alla deontologia professionale, al buon senso e alle buone maniere. La Saraceno parla di un'omelia «intimamente violenta oltre che intellettualmente rozza».
Perché prima di massacrare così un vescovo, un prete, una persona, non ha avuto l'accortezza, la curiosità, la prudenza di informarsi e leggere per intero l'omelia? Chi è intellettualmente rozzo? Chi deve esercitare "autocontrollo"?
Ecco perché siamo imbarazzati. Peggio: disgustati.»

giovedì, maggio 17, 2007

Donna Moderna /3

17 Maggio: la Chiesa commemora San Pasquale Baylon.

È considerato il patrono dei cuochi e dei pasticcieri, secondo la tradizione sarebbe il presunto inventore dello zabaione (o almeno in suo onore fu così battezzato dai pasticcieri: "San Bayon"). Probabilmente per l'effetto "afrodisiaco" che lo zabaione produrrebbe nel viril sesso, San Pasquale è altresì protettore delle fanciulle in cerca di marito ed in generale di tutte le donne.

Orsù, dunque! In questi tristi tempi per la solidità del Matrimonio, e in cui financo si mette in dubbio l'utilità, la natura e la ragion d'essere stessa dell'istituto familiare, sarà cosa sommmente propizia al muliebre e femminino sesso -massimamente alle nubili!- elevar accorate preci al santo frate alcantarino:
"Sam Pasquale Bbailonne
protettore delle donne,
famme trovà nu bbel mmarito
grann'e ggrosso e ccolorito:
come attè ttal e qquale,
o gglorioso Sam Pasquale! "

POST Mortem 4

Articolo di Giulio Meotti sul Foglio di giovedì 17 maggio 2007:
"Uccisioni, crocifissioni, minacce, sequestro delle case, imposizioni della jiza (la tassa sui dhimmi). Molti fuggono"


2007, CRISTIANI IN FUGA DALL’IRAQ
«Nel 1976 un team di archeologi iracheni scoprì una chiesa del quinto secolo vicino alla città santa sciita di Kerbala. Costruita centoventi anni prima dell’avvento dell’islam in Mesopotamia, la chiesa, durante quell’enorme campo di concentramento in superficie con fosse comuni sotto terra che era il regime di Saddam Hussein, fu trasformata in un poligono di tiro.
“In quel periodo un milione di persone fu deportato, per la maggior parte curdi e cristiani” ha detto il vicepremier Barham Salih.
Saddam pose le chiese sotto il controllo del ministero delle proprietà islamiche, noto come “Awqaf”, ne bombardò a centinaia. I nuovi nati non potevano essere chiamati con i nomi cristiani e il siriaco fu bandito. In cambio il regime garantiva una certa tranquillità alla comunità caldea, alla quale apparteneva il ministro degli Esteri di Saddam, Tareq Aziz.

I cristiani iracheni ora stanno soccombendo di fronte a una minaccia più terrificante dell’arabizzazione di Saddam, che distrusse duecento villaggi cristiani fra il 1960 e il 1988: l’estinzione fisica di massa, la caccia all’uomo scatenata da al Qaida e dall’insorgenza.
“Faremo tutto il possibile per salvarli” ha detto il premier Nouri al Maliki. Agenzie di stampa come Fides e AsiaNews, ma soprattutto organi di informazione assiri e caldei, diffondono le cronache sul massacro degli eredi degli apostoli nella terra dei due fiumi. Un eccidio che ricorda le immagini dei quattro padri bianchi uccisi in Algeria nel 1992, dei sette monaci trappisti sgozzati nel 1996 e delle tre missionarie crivellate in Yemen nel 1998. Un’ecatombe senza precedenti. La fine di un mondo. La distruzione delle origini.


“C’è un’altra guerra in Iraq: la guerra contro la cristianità” dice Arnold Beichman della Hoover Institution. Nina Shea, che dirige il Freedom House’s Centre for Religious Freedom, definisce i cristiani “canarini nella miniera del medio oriente”. E parla di “pulizia etnica”.
Lawrence Kaplan di New Republic scrive che “sunniti e sciiti concordano su poco, tranne che sulla persecuzione dei cristiani”. Andy Darmoo, presidente di Save the Assiryans, ha parlato di “fine della cristianità in Iraq”.

Oltre la metà dei cristiani ha già abbandonato il paese. “Entro vent’anni non ci saranno più cristiani” dice Wijdan Mikha’il, ministro per i Diritti umani nel nuovo Iraq. “Mi sono sempre considerato prima iracheno, poi cristiano. Oggi si dice che un cristiano è ‘infedele’”.

Liquidata la comunità ebraica, quella dei Profeti e degli scribi del Talmud, anche l’ottanta per cento dei mandei, il più antico culto gnostico, ha lasciato l’Iraq.
Nel gennaio 2005 una delle loro figure di spicco, Read Radhi Habib, fu ucciso dopo aver rifiutato di convertirsi all’islam.
Poi fu la volta dei tre fratelli Juhily, rapiti e sgozzati. “I fanatici islamici ci attaccano per ciò che siamo” dice Yonadam Kanna, parlamentare cristiano di Baghdad.
E’ stata appena assassinata la segretaria di una clinica cristiana di Mosul. Il giorno dopo un fedele della parrocchia di San Paolo. Quattro mesi fa padre Munthir, settantenne reverendo della chiesa presbiteriana di Mosul, fu ritrovato con un proiettile nel cranio.
“Uccideremo tutti i cristiani iniziando da lui” avevano detto i rapitori. Poi due suore caldee, Fawzeiyah e Margaret Naoum, pugnalate a morte a Baghdad. Il direttore del Museo nazionale iracheno, l’assiro Donny George, è fuggito in Siria.


“Centinaia di cristiani sono stati uccisi e le loro chiese distrutte”, denuncia Romeo Hakkari, leader di House of the Two Rivers Democratic Party. Una buona notizia è che al monastero di Mar Gorghis di Mosul è stato inaugurato l’anno accademico di teologia. Classi rigorosamente miste, nonostante la minaccia della sharia.

Una bambina caldea di Baghdad è stata riconsegnata morta alla famiglia dopo il sequestro. A Tell el Skop sono appena stati uccisi nove cristiani, fra cui due bambini. “I cristiani sono ormai considerati in via di estinzione”. Sono le parole di Bashar Warda, rettore del Seminario maggiore trasferito da Baghdad in Kurdistan per motivi di sicurezza.

La chiesa di Baghdad dedicata alla Vergine è stata bombardata nel settembre scorso, uccidendo due fedeli. Il 5 agosto 2005 una studentessa assira dell’Università di Mosul, Anita Tyadors, venne giustiziata perché parlava inglese, vestiva occidentale, era orgogliosamente cristiana. Pochi giorni dopo ci fu il massacro di quattro assiri che scortavano Pascale Warda, l’unico ministro donna del governo Jafaari.

La Society for Threatened Peoples pubblica un rapporto sulle violenze contro i cristiani all’Università di Mosul, “aggrediti come ‘agenti americani’”. I jihadisti usano contro i cristiani la stessa accusa che la monarchia hashemita, spodestata dal fascismo baathista, utilizzò per la loro collaborazione con l’impero inglese.
“Uniamoci per mettere fine a questa follia” è la richiesta di aiuto che i vescovi hanno lanciato al vertice di Sharm el Sheikh di due settimane fa. Il portavoce della conferenza dei vescovi americani, Thomas Wenski, chiede a Condoleeza Rice di intervenire.
La popolazione cristiana che nel 2003 contava un milione e 200 mila persone, ora è scesa a 600 mila.


A Ninive, antico nome di Mosul, è nato il profeta Jonah.
Qui caldei e assiri, i più antichi abitanti dell’Iraq, pregano ancora in aramaico, la lingua di Gesù.
Ancora per buona parte del Novecento sono state censite minoranze di ebrei, yezidi e cristiani, e, tra questi, cattolici, protestanti, mandei, armeni, ortodossi, nestoriani e monofisiti giacobiti. Ora a migliaia i cristiani fuggono verso la città curda di Ain Kawa. Qui il mullah wahabita Krekar aveva imposto la chiusura dei negozi durante la preghiera, il burqa alle donne, le parabole satellitari e la musica strumentale, eliminando le foto femminili da ogni prodotto importato dall’estero. La libertà tornò sovrana nel 2003, al seguito delle truppe americane.
Città fiore all’occhiello del generale Petraues, Mosul è oggi terra di conquista anticristiana. Negli ultimi quindici giorni decine di famiglie, le poche che resistono all’esilio, hanno ricevuto intimidazioni in cui si chiede di pagare un “contributo alla resistenza; pena la vita”.
A Baghdad la famiglia di Mazen Sako è stata attaccata da miliziani vestiti di nero: “Siamo venuti a sterminarvi. Sarà la fine per voi cristiani”. Hanno ucciso Majed di dieci anni.

Il patriarcato caldeo ha trasferito nel Kurdistan il Babel College, che detiene la più antica biblioteca cristiana, e il Seminario di San Pietro. A nord i cristiani sono protetti dai peshmerga, leggendaria milizia curda.
Gruppi islamici vanno imponendo la tassa sui “sudditi” a Baghdad e Mosul, la celebre jiza, l’imposta abolita dall’Impero ottomano. “I non musulmani devono pagare il tributo al jihad se vogliono avere il permesso di continuare a vivere e professare la fede in Iraq”.
I cristiani sono anche costretti a lasciare le case dopo che lettere minatorie ne assegnano la proprietà a musulmani.
Quelli che vogliono vendere non riescono a trovare acquirenti, gli imam hanno detto: “Non comprate dagli infedeli, lo avremo gratuitamente”.
Una fatwa vieta di compiere in pubblico gesti rituali. “Togliete le croci dalle chiese o le daremo alle fiamme”. E’ la minaccia alla chiesa caldea di San Pietro e Paolo di Dora, il grande quartiere cristiano di Baghdad. Nel febbraio 2004 a Erbil, i tagliateste di Ansar al Sunna, assassini dei dodici nepalesi, provocarono cento morti nelle sedi dei partiti curdi. “I crociati sono entrati nelle province di Kirkuk” si lesse nella rivendicazione.
Nel 2004 fu ucciso l’assiro Ra’aad Augustine Qoryaqos, docente di medicina della al Anbar University. Nella rivendicazione Zarkawi mise assieme “la Guardia nazionale pagana” e i “collaborazionisti crociati”. Nel marzo 2004 due cristiani di Baghdad, Ameejon Barama e sua moglie Jewded, furono ritrovati con la gola recisa. Il 21 ottobre la morte si avventò sul traduttore assiro Layla Elias Kakka Essa. Sono oltre trecento i traduttori assassinati dai terroristi. Un numero di poco superiore a quello degli accademici uccisi dal 2003.
Un mese dopo al Qaida passò al lancio di granate sulle chiese.

Shlemon Warduni, vescovo dei caldei di Baghdad, ha detto che “da due mesi molte chiese non hanno più croci sulle loro cupole”, come la chiesa assira di San Giorgio, a cui gli islamisti hanno staccato la croce, per quella caldea di San Giovanni ci hanno pensato i fedeli. L’agenzia Sir rende noto che i cristiani di Dora possono rimanere solo se accettano di dare in moglie una figlia o una sorella a un musulmano, creando i presupposti di “una progressiva conversione dell’intero nucleo familiare all’islam”.
Raymond Moussalli, portavoce dei rifugiati cristiani, ha detto che sette chiese a Dora hanno chiuso. Una fatwa vieta di portare la croce al collo.
“I cristiani stanno morendo” dice Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, mentre giungono notizie di autobombe e uccisioni di cristiani anche dalle zone curde.
Padre Adris Hanna avverte che “i preti vengono rapiti, le donne violentate, a Bassora un ragazzo di 14 anni è stato crocefisso”. “Quella dei cristiani iracheni è stata fra le prime comunità al mondo, con il rito siriaco e la lingua aramaica” dice padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews. “E’ in corso una guerra contro il cristianesimo e ‘la’ radice cristiana. Queste comunità sono importanti nella storia dell’evangelizzazione. La difesa dei cristiani non è confessionale, ma di civiltà. Il tradimento dell’occidente è complice dell’islamismo panarabo”.


Nel mirino anche i pagani.
Tre settimane fa sono stati giustiziati 23 yazidi, antichissima setta prezoroastriana, sulla strada fra Mosul e Ba’ashika, villaggio a maggioranza cristiano. Hanno fermato l’autobus e li hanno uccisi dopo aver fatto scendere i cristiani, a cui hanno imposto la tassa. Il 21 ottobre 2004 i corpi di due yazidi furono trovati senza testa fra Talafar e Sinjar. Alle donne cristiane viene chiesto di rispettare la sharia, altrimenti rischiano la morte, e alcune sono state uccise.
Anche la nuova Costituzione, la prima antifondamentalista del mondo islamico e sostenuta dai cristiani, è al centro della furia jihadista perché all’articolo 14 dice che “gli iracheni sono tutti uguali senza distinzione di sesso, etnia, nazionalità, origine, colore, religione”, e all’articolo 7: “Ogni comportamento che appoggi, aiuti, istighi o propaghi il razzismo, il terrorismo, il takfir (dichiarare infedele), la pulizia etnica sono proibiti”.
Nell’ideologia takfir è lecito uccidere gli “infedeli”, compresi i musulmani che non seguono la sharia. E’ ammesso l’omicidio di bambini perché non pecchino in futuro.

“Avete goduto della pace nella terra dei musulmani. La vostra malevolenza è diventata evidente quando sono penetrati gli invasori. Hanno trovato grande sostegno fra i cristiani come interpreti e informatori. I cristiani sono agenti degli occupanti”. Questo mandato di morte fu diffuso dalle “Brigate per la liquidazione degli agenti cristiani”.
A settembre fu decapitato padre Amer Iskander, sequestrato dopo il discorso a Ratisbona di Benedetto XVI dai “Leoni dell’islam”. “Il ciarlatano Benedetto XVI ricorda Urbano II a Claremont” disse il successore di Zarkawi, Abu Ayyub al Masri. L’uccisione del coreano Kim Sun-il fu rivendicata contro “un cristiano che voleva evangelizzare la terra dell’islam”. I rapitori di Iskander volevano trenta cartelle di scuse affisse sulle chiese di Mosul. Il ministro curdo Sarkis Ghajan doveva bloccare la costruzione di case per i cristiani in arrivo. Il giorno della morte di Iskander, padre Joseph Petros fu ucciso a Baghdad.

All’Agenzia Fides una suora dice che “la responsabilità è degli imam che dicono che uccidere un cristiano non è reato. E’ una caccia all’uomo”. Tra i mestieri più colpiti i commercianti di alcolici, un lavoro permesso sotto Saddam. Dalla “Rabbia di Allah” all’“Organizzazione della dottrina islamica”, i wahabiti vanno a caccia di mercanti di alcol. Il 95 per cento dei negozi di liquori gestiti da cristiani ha già chiuso. Nel maggio 2003, lo sceicco sadrista Mohammed al Fartousi emise una fatwa contro alcolici e cinema. Fra i primi a morire ci fu Sabah Sadiq, mentre andava a pagare il riscatto del fratello. La categoria dei barbieri è un’altra fra le più insanguinate.
Dopo Baghdad e Mosul, negli ultimi giorni sono stati colpiti a Kirkuk. Nel 2005 a Baghdad quaranta barbieri crivellati o sgozzati. A Mosul situazione anche peggiore. Sulle vetrine ci sono volantini di “Monoteismo e Jihad”, l’organizzazione di Zarqawi. Il testo invita i barbieri a non offendere l’islam col taglio rasato. Pena “la decapitazione del barbiere e del cliente di fronte ai famigliari”.
Altri crimini: ascoltare musica occidentale, indossare jeans, vendere film, danzare, commettere adulterio e, nel caso delle donne, non coprirsi o camminare senza un uomo.
Una campagna è stata lanciata contro l’“arte non islamica”. Una serie di sculture pagane sono state polverizzate. Una famosa statua nella parte nord di Mosul è stata distrutta perché ritraeva donne con le giare sulle spalle.
Sono stati frustrati dei cristiani accusati di bere alcol. Il corpo di una donna in vestaglia è stato ritrovato per strada. “Una prostituta punita” diceva il cartello. Che tutti prendessero nota. I barbieri hanno esposto cartelli in cui si legge che “non si effettuano né il taglio rasato né la rasatura della barba”. I cristiani che non si sono dati alla clandestinità hanno messo scritte cautelative: “Niente massaggi al viso”. Su un autobus di linea il conducente ha imposto la divisione fra uomini e donne. Altri volantini obbligano i negozi di abbigliamento a coprire i manichini.


I bagni pubblici hanno chiuso a causa di una fatwa sul sapone, “non esisteva all’epoca di Maometto”. Gli ordini arrivano fino all’assurdità: i ristoranti, molti cristiani, non possono preparare insalate di cetrioli e pomodori, uno è femmina e l’altro maschio. Le donne cristiane non si mostrano in pubblico senza il velo. I muri della città sono tappezzati di volantini che intimano di “seguire le orme della nostra signora Maria che si copriva il capo. Pena la morte”.
All’indomani dell’11 settembre, le televisioni di tutto il mondo trasmisero uno spot di al Qaida. Un drappello di jihadisti fa irruzione in una casa, marcia sotto il funebre stendardo, spara contro un bersaglio. Una croce cristiana. Simbolo da abbattere, come le bellissime giare di Mosul, come i meravigliosi Buddha di Bamyan, come padre Iskander. Pochi compresero la simbologia.

Nel 1998 il vescovo pachistano John Joseph si sparava alla tempia davanti a un tribunale in cui era stato condannato a morte il cristiano Ayub Masih. Oggi come allora, le ciglia del mondo libero si abbassano sulla sorte dei cristiani. In Iraq, la terra dell’Eden, la patria di Abramo da cui partirono gli evangelizzatori della Cina, una storia millenaria si sta spegnendo come cenere fredda.
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