sabato, luglio 24, 2004

Santissimo Salvatores

Un gruppo di giovani osserva una parete della sala parrocchiale su cui viene proiettato "Io non ho paura" di Gabriele Salvatores. Si riaccendono le luci e c'è chi finalmente nasconde il cellulare dopo che ha continuato a mnandare sms per tutta la durata del film. Coloro che presiedono l'assemblea ci invitano ad un'attiva partecipazione al rito dell'ostensione solenne delle riflessioni che la "visione" ci ha elargito.

I moderatori - di quello che dovrebbe essere il dibattito - dando il buon esempio, principiano a pontificare su quesiti esistenziuali che il film ci ha posto, e sulla necessità di una catartica riusposta alle provocazioni intellettuali del film (o che avrebbe dovuto provocare). Orsù, dunque! Che considerazione provoca tale pellidcola in persone che vivono un cammino di fede? Inizia il minuetto di riflessioni fatte di burro e marzapane, che vengono donate e ricevute con il compiacimento di chi sa di presiedere ad un rito il cui cerimoniale si compie austero e solenne.

Si snoda così la sacra rappresentazione dei più venerabili luoghi comuni.

La scoperta dell'alterità, altra faccia della conoscenza del proprio sè.

Necessità di un'azione, al fine di creare strutture di fraternità sociale.

Il bisogno di luoghi in cui vivere autentiche esperienze di comunione.

Le problematiche familiari e necessità di sanare interfacciamenti famigliari inautentici.

Si passa alle riflessioni più strettamente spirituali. Ad esempio accorgersi della presenza di un Destino Buono che si manifesta nella ricerca che l'uomo fa del vero bene dell'altro suo simile; ecc.

A questo punto urge fare un brevissimo sunto di "io non ho paura" per chi ha avuto la possibilità di perderselo. Michele bambino calabrese scopre che il padre ha rapito un coetaneo bimbo lumbard. Il calabresello riesce faticosamente a creare un legame con l'ostaggio. Quando il padre di Michele, nottetempo, deve eliminare fisicamente il sequestrato, Michele lo libera sostituendosi a lui. Quindi suo padre gli spara ma - purtroppo lieto fine - lo colpisce solo ad una gamba.

"Da notare la dimensione cristica dell'atto sacrificale compiuto dal piccolo Michele!"

Beh! Di fronte all'allegoria cristica ho sentito una fitta al petto: come un colpo di lancia al costato, ed ho compreso che le sofferenze dell'uditorio stavano per terminare. Io ero stato eletto a compiere quell'atto redentivo, che non esiterei a definire cristico.
La mia religione, infatti, mi insegna che una dimensione cristica non la si nega a nessuno!

"Su! Avanti! Qualcuno di voi ha qualche riflessione che vuole condividere?"

Con tutta la gravità che il mio ruolo comportava ho alzato la mano. Mi dice un viso sorridente: "Prego Francesco dicci!"

"IO HO NOTATO CHE IL PADRE DI MICHELE AVEVA UNA PESSIMA MIRA"

Il Gelo

Il sorriso di fronte a me si era trasformato in paresi.

Molti nell'uditorio intuiscono che c'è qualcosa di insolito nell'imbarazzata celerità con cui l'assemblea viene sciolta.

Tutto è compiuto

1 commento:

Anonimo ha detto...

Agghiacciante!