mercoledì, febbraio 11, 2009
L'Ospizio dei cento preti /1
Ovvero: Da un’articolo dell’orrido Camillo Langone su Il Foglio di martedì 10 febbraio 2008 intorno ai “cattodisidratatori che hanno abbandonato Cristo per adorare la Costituzione”
“…monsignor Giuseppe Casale, il Williamson di Puglia, un altro che fa danni ogni volta che apre bocca.
Noi di Trani lo conosciamo bene: è il classico vescovo democristiano, corrente morotea, lo ascoltavi e ti veniva voglia di diventare missino, brigatista, buddista, tutto meno che democratico e cristiano. Ha convertito all’ateismo migliaia di foggiani.
“Neanche io vorrei vivere attaccato alle macchine come Eluana, anche per me chiederei di staccare la spina”. Di che macchine parla? Non sa niente (la ragazza non viveva attaccata alle macchine!) però parla. Ha un bel dire il cardinal Ruini che “la Chiesa non può consentire – tanto più quando un caso ha rilevanza pubblica – che si rivendichi allo stesso tempo l’appartenenza al cattolicesimo e l’autonomia nel decidere sulla propria vita”.
Qui bisogna passare al fare: degradare i prelati che seminano scandalo e zizzania.
Gesù per gente simile parla di una macina al collo ed un tuffo dove l’acqua è più blu, ma anche Pio XI ebbe un’idea non male: convocò il riottoso cardinale Billot che entrò nello studio papale con zucchetto, anello e croce pettorale e ne uscì senza: semplice prete.
C’è bisogno di umili lavoratori nella vigna del Signore.”
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1 commento:
Lettera del vescovo emerito di Grosseto, monsignor Giacomo Babini (classe 1929) all'Avvenire, quotidiano della confereza episcopale:
"Caro Direttore sono da anni un affezionato abbonato di ' Avvenire'. Dopo avere letto il suo intervento di giovedì 12 febbraio 2009, mi sento in dovere di esprimerle il mio punto di vista sulla questione Englaro, i cui protagonisti, esclusa evidentemente la povera Eluana, nei giorni passati hanno preso a pesci in faccia il popolo cristiano e le sue convinzioni profonde, frutto di secoli di evangelizzazione.
Di fronte a questo tentativo di demolizione concertato ed efficace, ho l’impressione che né il nostro cattolicesimo né il nostro giornale siano stati attivi e presenti come era necessario, dato la centralità del problema: chi va contro la vita va contro Dio.
Io in questo tempo faccio il parroco di campagna e non ho fonti particolari di informazione né faccio ricerche particolari.
Seguo come tanti le notizie della stampa e della televisione, ma proprio per questo mi rendo conto di come il nostro popolo dovrebbe e vorrebbe essere informato, non dalle contraddizioni mediatiche, ma dalla Chiesa presente e autorevole, come potrebbero esserlo dagli insegnanti di religione cattolica per i giovani, e invece nulla o quasi.
Ci sono state è vero, qua e là veglie di preghiera, ma ci voleva ben altro.
Tranne i precisi pronunciamenti del Papa , al popolo cristiano non è arrivato nulla.
Il nostro giornale ha dedicato al caso tanto spazio, ma forse serviva di più qualche iniziativa culturale. Qualche giorno fa a Ballarò si dibatteva su questo argomento. C’era presente un vescovo al quale fu domandato esplicitamente se la morte di Eluana poteva chiamarsi ' eutanasia'.
Dall’insieme si capiva bene che quel vescovo era convinto che si trattasse di eutanasia, ma iniziò a parlare in politichese come tutti gli altri e alla fine non si capì nulla.
C’era al dibattito un personaggio che va per la maggiore e che da tempo fa parte di questa o di quella commissione nazionale, il quale si mise a spiegare come loro, i fautori dell’esecuzione della sentenza, erano per la cultura della vita. Fece un intervento lungo ed applaudito. Il povero uomo, in realtà, non ha capito che una cosa è la vita e altra cosa è la qualità della vita.
C’era anche la portavoce di un partito, la quale espresse il suo scandalo per i rozzi interventi al senato nei confronti della Costituzione e del capo dello Stato. Nessuno le disse che essere rozzi è maleducazione, ma essere ipocriti nel senso che si fa finta di non sapere la verità, è qualcosa di peggio.
Ma la Costituzione forse è diventata più importante dei comandamenti di Dio? Siamo stati per 50 anni genuflessi di fronte al termine ' resistenza' e ora sull’altare ci mettiamo il termine ' costituzione'?
Un’ultima osservazione per ritornare al suo editoriale di oggi. Se capitasse, come è capitato tante volte, che in un incidente automobilistico una povera figliola o un povero figliolo rimanessero segnati per sempre nel loro fisico, certo sarebbe un grande dolore per i familiari. Ma se il padre o la madre in un caso simile, (ora non parlo del caso Englaro ma di un caso che conosco io solo) perdesse la testa e cercasse complicità a destra e a manca pur di togliere la figlia o il figlio sofferente, alle suore che lo curano con amore, per consegnarlo ai monatti, e poi aggiungesse anche che non perdona le suore che hanno messo le mani nel corpo del loro congiunto, non ci vorrebbe molto a capire che avrebbe perso la testa.
In questi casi la carità cristiana, anzi Gesù stesso, insegna che dobbiamo dirgli lo sbaglio che sta facendo, una volta, due volte. Se non ascolta, dobbiamo dirlo alla Comunità. Se neanche la comunità capisce vuol dire che hanno perso la testa l’uno e gli altri insieme e non rimane che pregare il buon Dio che gliela faccia ritrovare.
Intendo dire, infine, che resta intatto il dovere di affrontare le avversità con il coraggio necessario. Costi quel che costi."
© Copyright Avvenire, domenica 15 febbraio 2009
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