venerdì, marzo 08, 2013

Ouellet in Vacanza (della Sede Apostolica)

Ovvero: Rien ne va plus!




Tra tutti i possibili papabili, lo stemma che più splende per nobile semplicità appartiene al cardinale canadese Marc Ouellet sessantottenne arcivescovo emerito di Quebec, da Benedetto XVI chimato in Curia a presiedere l'importante dicastero che si (pre)occupa la nomina dei vescovi
 
Sopra tre monti araldici, bianchi come per molti mesi sono candidi di neve le lande canadesi in cui è nato l'eminentissimo, svetta una grande croce d'oro su uno sfondo azzurro. La grande croce che si staglia sull'azzurro non può che evocare lo stemma del Beato Giovanni Paolo II, mentre i monti alla sua base, ed acor più i due gigli araldici che la affinacano, ricordano lo stemma di Paolo VI e  riecheggiano quasi lo stile di composta maestosità che fu proprio di papa Montini.
I gigli in campo azzurro sono un riferimento al Regno di Francia che colonizzò il Quebec. La croce piantata sui monti ricorda i missionari francesi che portarono il cattolicesimo nel Québec facendone la prima diocesi fondata nel nordamerica. I gigli accanto alla croce di cui uno d'oro e l'alto d'argento vogliono anche simbolizzare la Santa Vergine e San Giovanni evangelista, l'apostolo amato, presenti sul monte calvario uniti a Cristo nel l'atto del supremo olocausto redentivo. Una riaffermazione della missione materna della Madre di Dio verso la Chiesa di Cristo, nel solco della spiritualità (come nell'araldica) wojtyliana, nonchè una quanto mai opportuna sottolineatura della figura dell'Apostolo figura e modello del sacerdote cattolico. L'approfondimento del mistico legame tra il Vangelo giovanneo e la spiritualità sacerdotale è uno dei principali filondi della scuola francese di spiritualità che fiorì attrono alla congregazione sacerdotale fondata ai primi del Seicento presso la parrocchia parigina di Saint-Sulpice, ordine religioso di cui è membro il cardinale Ouellet.
Degno coronamento è il motto: "ut unum sint", parole della preghiera sacerdotale di Cristo nel capitolo diciassettesimo del Vangelo secondo Giovanni, in cui si chiede il dono dell'unità degli apostoli e quindi della Chiesa "affinchè il mondo creda". Titolo della enciclica sull'ecumenismo del 1995 nella quale Giovanni Paolo II prospettava la possibilità di una riforma dell'esercizio del ministero petrino pur di ottenere l'agognata riunione visibile delle chiese cristiane. La scelta del motto episcopale da parte di monsignor Ouellet fu dovuta perciò all'essere stato nel marzo 2001 nominato segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani e quindi consacrato per le mani di Giovanni Paolo II  (19 marzo 2001). 

Teologo di chiara fama, collaboratore di Ratzinger e von Balthasar nella rivista teologica internazionale Communio, addottoratosi alla alla Pontificia Università Gregoriana, docente per molti anni in Colombia, al contempo rettore di seminario prima a Bogotà, poi a Montrèal,  e ancora docente di teologia fondamentale per molti anni presso la Pontificia Università Lateranense al tempo in cui vi era come magnifico rettore un altro ratzingeriano di ferro: Angelo Scola.
 L' essere stato prima investito da papa Wojtyla della sede primaziale del Canada e poi da papa Ratzinger chiamato a Roma a ricoprire una delle poltrone più  delicate, decisive e strategiche per il futuro della Chiesa Cattolica (dato che Benedetto XVI ha ha trascorso mese del suo pontificato senza dover rimuovere qualche vescovo "inadatto") non può che far convergere su di lui l'attenzione di buona parte del collegio cardinalizio. A raffreddare gli entusiasmi dei ratzingeriani è forse la sua nomea di uomo timido e dalla lacrimuccia facile. In caso dello stallo della candidatura di Angelo Scola, potrebbe essere un candidato di compromesso votato anche dai membri della Curia - ormai anche Ouellet è un curiale - che pur di scansare il pericolo di una personalità forte come quella del cardinale di Milano, preferirebbero il più compassato Ouellet cui la Curia pur di sopravvivere sarebbe capace persino di obbedirgli.
Un cardinale Ouellet che ottenesse i due terzi dei suffragi in conclave, alla domanda di rito "come vuoi chiamarti", cosa potrebbe rispondere?
Ordunque, essendo stato consacrato vescovo, nominato arcivescovo di Quebec e creato cardinale da papaWojtyla, seguendo un antico uso di omaggiare il pontefice cui si deve la porpora, è assai probabilmente che scelga di chimarsi "Giovanni Paolo III".
Potrebbe mantenere il nome di battesimo e chiamarsi "Marco II", ricordando che l'evangelista San Marco era discepolo di Pietro e lo seguì a Roma  secondo l'antica tradizione compose il suo Vangelo proprio per evangelizzare i romani.
Consacrato vescovo nel giono di San Giuseppe,  il santo patrono del Canada e (una volta  papa)dovendo probabilmente fissare la data della messa per la solenne inaugurazione del pontificato in occasione della solennità del patrono della Chiesa Cattolica, porebbe osare di chiamarsi "Giuseppe I". Ouellet non è uomo dalle decisioni sorprenti ma vista la profonda devozione dei cattolici canadesi nei confronti del padre putativo di Gesù, non sarebbe affatto una scelta improvvida.

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