domenica, ottobre 29, 2006

In Nome del PAPA (MARCO)Rè [terzo]

Ovvero: Le rivelazioni di suor Lucia Dandini

La fiction Giovanni Paolo I "il sorriso di Dio" è sicuramente una fiction riuscitissima grazie al ciclone di patetismo pietistico che ruota permanentemente intorno all'incontro tra suor Lucia e il Cardinale Albino Luciani avvenuto realmente un anno prima del conclave che lo eleggerà papa:
"Nel 1977 in Portogallo, un anno prima di diventare Papa, Albino Luciani (interpretato da Neri Marcorè) riceve da Suor Lucia (Imma Colomer Marcet), l'unica ancora vivente dei tre pastorelli di Fatima, la profezia del suo straordinario destino.
Suor Lucia, ripercorrendo con lui la sua vita, gli svela la trama di un disegno della Provvidenza. Appena nato Albino sembra non dover sopravvivere, ma quasi inspiegabilmente si riprende, come altre volte gli accadrà sempre senza un'apparente spiegazione. Albino è figlio di una famiglia poverissima. La vocazione al sacerdozio gli nasce in un momento di pericolo estremo, mentre invoca l'aiuto del Signore...
Diventato sacerdote, per Albino l'unico desiderio è quello di diventare parroco del suo paese natale, Canale d'Agordo, ma Monsignor Muccin (Alberto Di Stasio) gli chiede invece di divenire il vice direttore del Seminario Diocesano...
A guerra finita, Albino si interroga sulla sua missione e una malattia polmonare gravissima sembra sottolineare il suo smarrimento e la sua solitudine. Ma in sanatorio Albino ritrova l'amico Tiezzi, divenuto nel frattempo medico, il quale scopre che l'apparente condanna di Albino è il frutto di un errore diagnostico. Anche questo è un segno del cielo, un altro passo nel cammino del giovane Luciani. Albino incontra quasi per caso il Patriarca di Venezia Angelo Roncalli (Claudio Angelini), il futuro papa Giovanni, che apprezzandone le doti lo vuole vescovo."
Etc...

L'espediente narrativo è assai suggestivo e perciò funziona al fine della drammatizzazione, ma la suor Lucia della fiction (Imma Colomer Marcet) non ha nulla che la faccia somigliare alla assai semplice monachella veramente esistita.
Non essendoci stati testimoni presenti al colloquio tra la veggente e il cardinale gli sceneggiatori hanno potuto dare libro sfogo alla fantasia immaginando l'incontro non in un "parlatorio" o comunque in una stanza di un convento (come parrebbe normale a chi conosca anche superficialmente il funzionamento di un monastero di clausura) ma all'interno di una vasta basilica -nel caso concreto Santa Maria della Quercia a Viterbo- dove i ceri accesi che attorniano la veggente, che ovviamente non parla come un comune mortale ma si esprime come se fosse in stato ipnotico, accrescono la suggestione che Albino Marcorè si sia incautamente inoltrati nell'antro della sibilla Cumana.

Avendo presente la profonda quanto popolare devozione di suor Lucia di Fatima, è facile immaginare che nella realtà la monachella si sia prosternata in baciamano, abbia implorato al Principe della Chiesa una pioggia di benedizioni per lei e per le sue consorelle e glia abbia offerto un the con i biscotti fatti con le sue "manine sante". Nella fiction invece la monaca-Pizia, squadrando dall'alto in basso l'incauto mortale, dice di vederlo vestito di bianco e lo sottopone ad una confessione generale da cui emergerà un inesorabile destino già scritto a cui dovrà piegarsi: il pontificato, e un breve pontificato! Dal film si evince inoltre che la veggente gli avrebbe rivelato anche il nome del proprio polacco successore!

La descrizione di un papa che per i 33 giorni del proprio pontificato non fa altro, ogni santo giorno, che ripetere, a chiunque gli capitasse a tiro, la lamentosa litania: "a queto ci penserà chi verrà dopo di me", "di questo se ne occuperà il mio successore" "la cosa verrà portata in porto dal mio successore", non può che lasciare perplessi!

E se proprio si vogliono cercare profezie sulla predestinazione di Luciani al papato, non c'è bisogno di scomodare la Madonna.
Infatti, nonostante il cardinal Luciani andasse dicendo che non c'era "pericolo" che lo facessero papa, i segni del "pericolo imminente" c'erano e non venivano direttamente da Dio stesso ma, più tradizionalmente, tramite il Suo Vicario in terra!
Come racconta la fiction televisiva, tanta era la stima di Paolo VI per il Patriarca di Venezia che nel 1972 volle andare in laguna a dimostrargliela.
Papa Montini era amante dei gesti simbolici. Alla fine di una cerimonia in piazza San Marco, si tolse la stola pontificia, la mostro alla folla, come a voler attrarre l'attenzione dei fedeli su quell'oggetto e poi voltandosi verso il Patriarca Luciani -che non era ancora cardinale- gliela impose sulle spalle.

Altro "fioretto" non raccontato dalla fiction è quello che si svolse mesi prima della morte di Paolo VI, quando ricevette in privata udienza l'episcopato veneto. Alla fine dell'udienza il papa cercò inutilmente il pulsante sotto il bracciolo della propria poltrona per richiamare nella stanza gli altri ecclesiastici non ammessi a quel colloquio riservato ai soli vescovi.
Per togliere dalle ambasce l'ottuagenario papa Montini, il Patriarca di Venezia, che gli era seduto accanto, prese la mano del papa e la guidòsul pulsante. "Adesso sa già dove si trova" gli disse (poco sibillinamente) Paolo VI.

Pertanto, le continue lamentazioni di papa Marcorè verso un Sacro Collegio che non sarebbe stato in grado di capire che il candidato "del cuore" di Paolo VI fosse invece Karol Woytjla, hanno dell'irreale e si muovono in quel filone della profezia post eventum che da Padre Dante in poi parrebbe un cliche obbligatorio quando si metta in scena una commedia che abbia come soggetto cose "divine".



Un aspetto che ha del comico se non avesse del grottesco è quella di immaginare gli ecclesiastici costantemente alla ricerca di divine rivelazioni e bramosi di profezie ultraterrene.
Ecco che poco dopo l'elezione, il nuovo papa Marcorè appena entrato nell'appartamento pontificio, sigillato alla morte di Paolo VI, si veda consegnare da un monsignore una busta tirata fuoti dal casetto di una scrivania.
Di fronte alla perplessità del 'candido' Albino, "Ma come cos'è!" dice il monsignore stupito che papa Marcorè non abbia intuito al volo: "è il terzo segreto di Fatima"!
Che cosa poteva mai essere?
Forse che nel 1978 la Chiesa Cattolica non avesse temi di più scottante attualità da affrontare?

E' assodato che durante i 33 gioni del suo pontificato, Giovanni Paolo I non abbia mai minimamente dimostrato interesse per la terza parte del Segreto di Fatima. Lo stesso Paolo VI, pur avendo letto "il segreto", quando nel 1967 a Fatima incontrò una suor Lucia bramosa di parlargli privatamente, non volle sentire una parola di quello che la veggente intendeva dirgli.


Nonostante tutta la commozione popolare che l'agiografia televisiva di Albino Luciani abbia potuto suscitare, però su questo versante la fiction si è dimostra ben poco educativa dando credito allo stereotipo che le persone "in odore di santità" non siano dei 'poveri cristi' che si sforzino di vivere "in Grazia di Dio" ma che debbono essere sempre e comunque uomini e donne dotati di poteri paranormali:in primis della capacità di prevedere il futuro alla stregua di una qualsiasi cartomante che 'pontifica' dagli schermi delle TV private.

2 commenti:

Luciano ha detto...

Grande post, se non ci fosse quello "scuadrando"!!

Duque de Gandìa ha detto...

Più che grande è un "lungo post": ho apportato delle modifiche.