domenica, aprile 20, 2008

CASTRUM DOLORIS, XIV


"American Gothic"

Ovvero: Epitome della "edificante" omelia pronunziata in anglico idioma dal sedici volte Benedetto -sabato 19 aprile 2008- durante "the celebration of the Holy Sacrifice of the Mass" nella neoeboracense neogotica Saint Patrick's Cathedral:

"Sono particolarmente lieto che ci siamo radunati nella Cattedrale di san Patrizio. Forse più di ogni altra chiesa negli Stati Uniti, questo luogo è conosciuto ed amato come “una casa di preghiera per tutti i popoli” (cfr Is 56,7; Mc 11,17).

Ogni giorno migliaia di uomini, donne e bambini entrano per le sue porte e trovano la pace dentro le sue mura. L’Arcivescovo John Hughes che – come ci ha ricordato il Cardinale Egan – è stato il promotore della costruzione di questo venerabile edificio, volle erigerlo in puro stile gotico. Voleva che questa cattedrale ricordasse alla giovane Chiesa in America la grande tradizione spirituale di cui era erede, e che la ispirasse a portare il meglio di tale patrimonio nella edificazione del Corpo di Cristo in questo Paese.

Vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti di questa bellissima struttura, che mi sembra possa servire come punto di partenza per una riflessione sulle nostre vocazioni particolari all’interno dell’unità del Corpo mistico.

Il primo aspetto riguarda le finestre con vetrate istoriate che inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore.

Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a Nathaniel Hawthorne – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa.

È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito. Ne consegue che noi, che viviamo la vita di grazia nella comunione della Chiesa, siamo chiamati ad attrarre dentro questo mistero di luce tutta la gente.

Non è un compito facile in un mondo che può essere incline a guardare la Chiesa, come quelle finestre istoriate, “dal di fuori”: un mondo che sente profondamente un bisogno di spiritualità, ma trova difficile “entrare nel” mistero della Chiesa.

Anche per qualcuno di noi all’interno, la luce della fede può essere attenuata dalla routine e lo splendore della Chiesa essere offuscato dai peccati e dalle debolezze dei suoi membri. L’offuscamento può derivare anche dagli ostacoli incontrati in una società che a volte sembra aver dimenticato Dio ed irritarsi di fronte alle richieste più elementari della morale cristiana."
[...]
"Ciò mi conduce ad un'altra riflessione sull’architettura di questa chiesa. Come tutte le cattedrali gotiche, essa è una struttura molto complessa, le cui proporzioni precise ed armoniose simboleggiano l’unità della creazione di Dio. Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un “geometra” celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione.

Una simile immagine non ci fa forse venire in mente il nostro bisogno di vedere tutte le cose con gli occhi della fede, per poterle in questo modo comprendere nella loro prospettiva più vera, nell’unità del piano eterno di Dio? Ciò richiede, come sappiamo, una continua conversione e l’impegno di “rinnovarci nello spirito della nostra mente” (cfr Ef 4,23), per acquistare una mentalità nuova e spirituale.

Esige anche lo sviluppo di quelle virtù che mettono ciascuno di noi in grado di crescere in santità e di portare frutti spirituali nel proprio stato di vita. Non è forse questa costante conversione “intellettuale” altrettanto necessaria quanto la conversione “morale” per la nostra crescita nella fede, per il nostro discernimento dei segni dei tempi e per il nostro contributo personale alla vita e la missione della Chiesa?

Una delle grandi delusioni che seguirono il Concilio Vaticano II, con la sua esortazione ad un più grande impegno nella missione della Chiesa per il mondo, penso, sia stata per tutti noi l’esperienza di divisione tra gruppi diversi, generazioni diverse e membri diversi della stessa famiglia religiosa. Possiamo andare avanti solo se insieme fissiamo il nostro sguardo su Cristo!

Nella luce della fede scopriremo allora la sapienza e la forza necessarie per aprirci verso punti di vista che eventualmente non coincidono del tutto con le nostre idee o i nostri presupposti. Così possiamo valutare i punti di vista di altri, siano essi più giovani o più anziani di noi, e infine ascoltare “ciò che lo Spirito dice” a noi ed alla Chiesa (cfr Ap 2, 7). In questo modo ci muoveremo insieme verso quel vero rinnovamento spirituale che voleva il Concilio..."

"Cari amici, queste considerazioni mi conducono ad un’ultima osservazione riguardo a questa grande cattedrale in cui ci troviamo.
L’unità di una cattedrale gotica, lo sappiamo, non è l’unità statica di un tempio classico, ma un’unità nata dalla tensione dinamica di forze diverse che spingono l’architettura in alto, orientandola verso il cielo. Anche qui possiamo vedere un simbolo dell’unità della Chiesa che è unità – come san Paolo ci ha detto – di un corpo vivo composto da molte membra diverse, ognuno con il proprio ruolo e la propria determinazione. Anche qui vediamo la necessità di riconoscere e rispettare i doni di ogni singolo membro del corpo come “manifestazioni dello Spirito per l’utilità comune” (1 Cor 12,7). Certo, nella struttura della Chiesa voluta da Dio occorre distinguere tra i doni gerarchici e quelli carismatici (cfr Lumen gentium, 4). Ma proprio la varietà e la ricchezza delle grazie concesse dallo Spirito ci invitano costantemente a discernere come questi doni debbano essere inseriti in modo giusto nel servizio della missione della Chiesa. Voi, cari sacerdoti, mediante l’ordinazione sacramentale siete stati conformati a Cristo, Capo del Corpo. Voi, cari diaconi, siete stati ordinati per il servizio di questo Corpo. Voi, cari religiosi e religiose, sia contemplativi che dediti all’apostolato, avete consacrato la vostra vita alla sequela del Maestro divino nell’amore generoso e nella piena fedeltà al suo Vangelo.

Tutti voi che oggi riempite questa cattedrale, così come i vostri fratelli e sorelle anziani, malati o in pensione che uniscono le loro preghiere e i loro sacrifici al vostro lavoro, siete chiamati ad essere forze di unità all’interno del Corpo di Cristo. Mediante la vostra testimonianza personale e la vostra fedeltà al ministero o all’apostolato a voi affidato preparate la via allo Spirito. Poiché lo Spirito non cessa mai di effondere i suoi doni abbondanti, suscitare nuove vocazioni e nuove missioni e di guidare la Chiesa – come il Signore ha promesso nel brano evangelico di stamattina – alla verità tutta intera (cfr Gv 16, 13).

Volgiamo dunque il nostro sguardo in alto! E con grande umiltà e fiducia chiediamo allo Spirito di metterci in grado ogni giorno di crescere nella santità che ci renderà pietre vive nel tempio che Egli sta innalzando proprio adesso in mezzo al mondo."

"Le punte delle torri della cattedrale di san Patrizio vengono di gran lunga superate dai grattacieli del profilo di Manhattan; tuttavia, nel cuore di questa metropoli indaffarata esse sono un segno vivo che ricorda la costante nostalgia dello spirito umano di elevarsi verso Dio..."


[© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana]

4 commenti:

L'agliuto ha detto...

Caro Francesco,
grazie - a nome di un povero peccatore - per la tua tenace esaltazione dell'operato di questo grande Papa.
Bella e triste, la foto finale.
Ma quel che mi incoraggia è l'affermazione della 'necessità di riconoscere e rispettare i doni di ogni singolo membro del corpo come 'manifestazioni dello Spirito per l’utilità comune' (1 Cor 12,7). C'è speranza anche per me, insomma, benché povero peccatore nostalgico. "Gli artisti medievali spesso rappresentavano Cristo, la Parola creatrice di Dio, come un 'geometra' celeste, col compasso in mano, che ordina il cosmo con infinita sapienza e determinazione".
Con ciò non voglio, beninteso, difendere la gnosi, la massoneria e tutta l'infame compagnia dei satanisti contemporanei. C'è differenza tra la smorfia partenopea e l'occultismo, no?
Un caro saluto.
Ipo

Duque de Gandìa ha detto...

La visita di Benedetto XVI nei media statunitensi

Ha svelato all'America il vero volto del Papa

di Robert Imbelli
Docente di teologia,
Boston College (Massachusetts, Stati Uniti d'America)

Il viaggio di Benedetto XVI ha scatenato negli Stati Uniti una copertura mediatica senza precedenti.

I giornali gli hanno dedicato pagine intere, la radio e la televisione innumerevoli ore di trasmissione e - segno dei tempi! - la visita è stata oggetto di discussione su molti forum in rete.

Alcuni giornali, come il "New York Times", hanno creato speciali blog con i commenti di personaggi famosi su ogni aspetto del viaggio papale. I discorsi e le omelie sono stati resi disponibili e immessi su Internet appena pronunciati, permettendo una loro analisi immediata. In breve, la copertura mediatica è stata, come diciamo qui, negli Stati Uniti, 24/7, cioè ventiquattr'ore al giorno, per sette giorni su sette.
Il messaggio del Papa è stato trasmesso con le parole e, cosa ancor più importante, con immagini straordinarie, in un'epoca ad esse particolarmente sensibile. Ogni mattina i quotidiani, soprattutto a Washington, a New York e a Boston, hanno pubblicato in prima pagina fotografie di Papa Benedetto, alcune delle quali di notevole qualità artistica. Inoltre, non meno di tre reti televisive hanno offerto una copertura continua di ogni evento: le celebrazioni della liturgia, il discorso alle Nazioni Unite, gli incontri individuali, da quello col Presidente degli Stati Uniti a quello col Segretario Generale delle Nazioni Unite fino a quelli con uomini e donne comuni che non sono di certo meno importanti dei leader.
Ora descriverò alcune immagini particolarmente affascinanti e importanti che, insieme, hanno influenzato in maniera decisiva l'impressione suscitata nel cuore e nella mente del popolo americano dalla visita di Benedetto XVI. In alcuni ambienti hanno addirittura modificato il modo in cui il Papa è stato percepito e recepito.

Le prime immagini sono quelle dell'incontro con i bambini disabili. Si è svolto nella cappella del seminario dell'arcidiocesi di New York. I più giovani erano raggruppati nella navata principale della cappella. Alcuni erano in carrozzina, altri erano sostenuti dai loro accompagnatori. Il Pontefice si è fermato davanti a ognuno di loro, lo ha abbracciato e benedetto. Le riprese televisive hanno indugiato amabilmente su questa scena di immensa tenerezza. Le immagini hanno avuto una vasta eco nella Chiesa negli Stati Uniti dove, con nostra grande vergogna, alcuni bambini hanno subito abusi da parte di sacerdoti e religiosi. Qui, invece, a imitazione del Buon Pastore, il Papa ha benedetto i piccoli e riaffermato la loro dignità.

Una seconda immagine straordinariamente commovente è stata vista da milioni di americani grazie alla diretta televisiva: il Papa che prega a Ground Zero e poi saluta con grande sollecitudine i sopravvissuti e i familiari di chi ha perso la vita l'11 settembre 2001. Guardando quelle immagini è stato difficile trattenere le lacrime al ricordo della terribile distruzione di quel giorno di violenza. Ma era anche chiaro che il Papa, con la sua presenza e la sua sollecitudine, ha promosso un processo di guarigione, anche nel dolore e nella perdita.

Non si può fare a meno di interrogarsi sulle vie misteriose del Signore grazie alle quali un uomo che, adolescente durante la seconda Guerra Mondiale e poi prigioniero degli americani, sta ora aiutando l'America a guarire le proprie ferite.

Una terza serie di immagini riguarda la visita di Papa Ratzinger alla Park East Synagogue per porgere gli auguri per la Pasqua ebraica.
L'immagine del Papa e del Rabbino della sinagoga che si scambiano doni ha riconfermato l'impegno della Chiesa cattolica per il dialogo ispirato dalla Nostra aetate del Concilio Vaticano II più efficacemente di quanto possano fare le parole. Il "New York Times" ha pubblicato in posizione preminente sulla prima pagina la foto del Papa e del Rabbino, che è stata poi diffusa in tutta la nazione. Non si potrà mai sottolineare abbastanza la buona volontà trasmessa da questa immagine.

Un quarto insieme di immagini è in qualche modo paradossale perché esse non si sono viste direttamente, ma sono state evocate nella mente di molti dalla testimonianza di quanti erano presenti. Mi riferisco, ovviamente, all'incontro pieno di grazia fra il Papa e le vittime degli abusi sessuali da parte di alcuni sacerdoti. Questo incontro è stato possibile grazie agli sforzi dell'arcivescovo di Boston, il cardinale Sean O'Malley.

Boston, come è noto, è stata il centro della crisi che ha travolto la Chiesa negli Stati Uniti. Il cardinale O'Malley, con la sua saggezza pastorale e la sua sensibilità, ha stabilito un rapporto personale con alcune delle vittime. Tre di quelle che hanno incontrato il Papa si sono espresse in modo commovente su tale incontro, sulla sollecitudine del Papa per loro e sul dolore che lo ha sopraffatto per le sofferenze da loro subite. Il loro racconto ha colpito l'immaginazione e trasformato le simpatie dell'opinione pubblica americana.
Senza dubbio, questo incontro, non annunciato e quindi giunto come una totale sorpresa per la maggior parte delle persone, è stato un punto di svolta emozionale della visita papale. Di certo molti avevano auspicato l'incontro, alcuni avevano espresso scetticismo e altri, pochissimi in verità, si erano dimostrati addirittura contrari. Tuttavia, è stato come se questo gesto straordinario avesse dato il via a un'ondata di apprezzamento e simpatia per un uomo giunto qui non solo come Sommo Pontefice e autorevole maestro, ma anche, e soprattutto, come Pastore compassionevole del suo popolo.

Nessun aspetto della visita papale è stato più commentato dai mezzi di comunicazione sociale di questo incontro con le vittime degli abusi, basato sulla preghiera e sul sostegno.

Un ultimo insieme di immagini è quello relativo alle liturgie celebrate da Benedetto XVI. Ogni gesto e ogni espressione del volto sono stati catturati dalle telecamere e trasmessi in milioni di case. Il comportamento del Papa, la sua attenzione alle letture tratte dalle Sacre Scritture, il suo atteggiamento reverenziale nella preghiera sono stati trasmessi tramite immagini vibranti e rivelatrici come un dipinto rinascimentale.
L'effetto di queste immagini meravigliose si può definire soltanto come mistagogico. Il Papa è chiaramente rivolto al Signore e incarna nella sua persona il messaggio che porta: Cristo è la nostra speranza.

Dunque Benedetto XVI ha fatto il suo ingresso nell'agorà americana. Le sue parole e i suoi gesti sono stati registrati e osservati. Le immagini trasmesse hanno persuasivamente cancellato la caricatura del severo custode della disciplina, del professore cerebrale e hanno rivelato il volto del sacerdote e del Pastore compassionevole, dell'umile Successore di Pietro. Benedetto ha conquistato il cuore di milioni di persone.

Ora la sfida che la Chiesa negli Stati Uniti deve affrontare consiste nel valutare i preziosi insegnamenti che ci ha lasciato. Come dobbiamo testimoniare in maniera convincente l'arricchimento reciproco della ragione e della fede, il vincolo indissolubile fra verità e libertà, l'integrazione creativa di visione religiosa e presenza pubblica? Inoltre, quanto siamo pronti a impegnarci nuovamente nella sequela di Gesù Cristo, con gioia e coraggio in qualità di membri del suo Corpo, la Chiesa, che è semper purificanda, ma che resta la sposa sempre amata di Cristo?

(©L'Osservatore Romano - 23 aprile 2008)

Duque de Gandìa ha detto...

Quanto è triste Roma quando il Papa è lontano:
La magia di Piazza San Pietro svanisce se dietro la seconda finestra nel palazzo degli appartamenti vaticani il Santo Padre non c’è. Tutto appare avvolto da un’ombra di malinconia

Ovvero: Articolo di Paolo Mosca sull'Avvenire di giovedì 24 aprile 2008

"Piazza San Pietro è magica. Il Cupolone, i colonnati, le grandi statue tutt’intorno alla Basilica, le fontane, gli agenti della sicurezza sulle piccole auto elettriche, centinaia di fedeli da tutto il mondo già all’alba: e lassù nel cielo i gabbiani del Tevere che inventano voli dai sanpietrini verso le nuvole. Si respira un’aria dolce, dalla piazza fino ai cancelli d’entrata della Città del Vaticano, davanti alla piccola chiesa di Sant’Anna, dove le Guardie Svizzere con le loro alabarde sembrano dei soldatini di pace, con cui vorrebbero giocare i nostri figli.

Intorno alla piazza, sono sparse le botteghe degli artigiani nei vicoli di Borgo Pio, che aiutano gli operai interni alla Fabbrica di San Pietro, a tenere alto il livello artistico del Vaticano. I giardinieri, i fabbri, i restauratori, i doratori, i sarti, gli orologiai, i falegnami, i rilegatori. Tutto magico.

A patto che dietro quella seconda finestra all’ultimo piano, nel palazzo degli appartamenti vaticani, ci sia lui: il Papa , giorno e notte, e la domenica, affacciato al suo studio, saluti la folla, la benedica.

Nei giorni scorsi, sono capitato in piazza San Pietro e ho avvertito, non solo nel mio cuore, ma nello sguardo dei fedeli e dei turisti che mi passavano accanto, un’ombra di malinconia. Inutilmente i gabbiani del Tevere roteavano intorno al Cupolone.

L’appartamento del Papa era vuoto, lui era in America, lontano: eppure la gente s’ostinava a guardare lassù, alla finestra del suo studio con le persiane chiuse.

Inutilmente l’edicolante all’angolo della piazza spiegava a chi comprava i giornali a testa bassa, che «tra pochi giorni il Papa sarebbe tornato dall’America».

La verità è che, con la sua dolcezza, la sua tenerezza nel rivolgersi ai fedeli, e diciamolo, la sua profonda cultura, Benedetto XVI, a tre anni dalla sua elezione, è riuscito a conquistare l’affetto e la stima di cattolici e no, di credenti e non credenti, proprio come il suo santo predecessore. È lui il segreto della magia di piazza San Pietro in questa primavera del 2008. E’ lui il padre di tutti i romani, è soltanto per lui che stanno sull’attenti le Guardie Svizzere di pace. Vai a spiegare agli animi semplici quasi ipnotizzati da quella finestra chiusa, che lui è volato in America per ridimensionare il fenomeno dei preti pedofili, o per parlare di Gesù e dei diritti umani fondamentali all’assemblea dell’Onu.

O per inginocchiarsi e accendere un cero nel cuore del cratere di Ground Zero: un punto bianco che prega per le tremila vittime dell’11 settembre 2001. E prima dell’arrivederci, un bagno di folla (60.000 persone) nello Yankee Stadium di New York: con una messa, lui trasforma il tempio dello sport in tempio di fede.

Poi finalmente torna a Roma, nella sua Roma: a cancellare l’ombra di malinconia di migliaia di fedeli, a ridare magia a piazza San Pietro, a Borgo Pio, a riaprire la finestra del suo studio.
«Dio benedica l’America», ha detto Benedetto XVI a conclusione dei suoi discorsi oltreoceano.
Ecco, noi italiani, adesso che lui è tornato in Vaticano, ci rendiamo conto che con la sua discreta presenza, il Papa ci protegge ogni giorno. Dandoci una ricchezza e una forza spirituale che non dovremmo mai dimenticare. Ecco i gabbiani. Da quando Papa Ratzinger è tornato a pregare nel suo studio, volano più in alto delle nuvole. Chissà, forse rincorrono gli angeli."

© Copyright Avvenire, 24 aprile 2008

Duque de Gandìa ha detto...

Aplio stralcio dell' Articolo di Andrea Galli su "l'Avvenire" del 10 dicembre 2004:

"Il segreto di Rose, la figlia suora di Hawthorne"

«Era già un anno provvidenziale, il 2004, per Nathaniel Hawthorne, il grande scrittore americano, con il duecentesimo anniversario della nascita e la serie di commemorazioni che si sono susseguite...

Che lo spirito di Hawthorne in un qualche modo aleggi sul dibattito culturale e civile Usa, lo ha ricordato sul Foglio anche Siegmund Ginzberg, con un lungo articolo dedicato alla compresenza negli scritti di questo autore delle "due facce del Dio Padre dell'America", quella puritana e quella liberale....

Ma anche la Chiesa cattolica ha reso omaggio, seppur indirettamente, alla figura di Hawthorne. La Conferenza episcopale americana ha infatti presentato la settimana scorsa il nuovo Catechismo per gli adulti, dove, fra i modelli di santità proposti ai fedeli, spicca il nome di Rose Hawthorne, la terza figlia di Nathaniel, la cui causa di beatificazione è stata aperta l'anno scorso dal cardinale di New York Edward Egan.

La storia di Rose Hawthorne (1851-1926) è probabilmente fra le più singolari e meno note del cattolicesimo americano di fine '800. Legatissima al padre, che perse all'età di soli 13 anni, Rose crebbe con la madre spostandosi tra Stati Uniti, Inghilterra e Germania e coltivando come il fratello maggiore Julian ambizioni letterarie. Ambizioni che, all'età di 20 anni, poté condividere con il marito George Lathrop, figlio di un ex-console degli Stati Uniti ad Honolulu, il quale aveva abbandonato gli studi di diritto per intraprendere l'attività di giornalista e scrittore. Stabilitisi a New York nel 1871, Rose e George iniziarono entrambi collaborazioni con numerose riviste letterarie – George divenne condirettore del prestigioso Atlantic Monthly e nel 1883 fondò l'American Copyright League - diedero alle stampe poesie, articoli, studi biografici su Hawthorne, i quali però, se permisero loro di affermarsi nei salotti letterari newyorkesi, non permisero loro di superare uno stato di pressoché continua precarietà finanziaria e di inquietudine esistenziale. Quest'ultima acuita anche dalla morte dell'unico figlio della coppia, Francis, di appena 5 anni.

Una situazione di instabilità che subì però una svolta quando, nel 1891, i coniugi Lathrop optarono per una scelta scandalosa: si convertirono al cattolicesimo. Una decisione che suscitò diffusi commenti di sdegno da parte di una società, quella dell'East Coast, che mal digeriva che la figlia del grande Nathaniel Hawhtorne potesse aderire al credo papista dell'odiato sottoproletariato italo-irlandese. Un dileggio, anche sui giornali, che Rose rimandò al mittente rivelando come lo stesso padre, nei suoi viaggi in Italia, avesse manifestato una crescente "simpatia" nei confonti del cattolicesimo, tracce della quale rimasero anche nel romanzo di ambientazione italiana Il fauno di marmo.

Ma se la "simpatia" dello scrittore di Concord per il cattolicesimo rimase un fatto celato, nella figlia Rose essa fiorì in tutta la sua forza e visibilità. Di lì a poco, infatti, morto prematuramente il marito e percepita la vocazione a servire i più poveri e sofferenti, Rose abbandonò definitivamente il mondo della lettere, si fece terziaria domenicana e aprì una casa per l'assistenza ai malati terminali di cancro (quando il cancro era ancora considerato malattia contagiosa) nel poverissimo Lower East Side di New York. Cresciuta negli anni l'attività assistenziale e aggregatesi al progetto altre volontarie, Rose diede poi vita a un ordine religioso, legato alla famiglia domenicana, che tuttora opera con il nome di Sisters of Hawthorne a New York, Atlanta e Philadelphia. E che, anche soltanto dal nome, ricorda quello che - forse - sarebbe potuto essere l'approdo spirituale di uno dei più grandi narratori dell'800 americano, nonché discendente di eletti puritani e di implacabili nemici di Roma».