domenica, aprile 20, 2008
Der Papst "Cciofane" /4
Ovvero: "About a Boy"
"I miei anni da teenager sono stati rovinati da un regime infausto che pensava di possedere tutte le risposte; il suo influsso crebbe – penetrando nelle scuole e negli organismi civili come anche nella politica e addirittura nella religione – prima di essere pienamente riconosciuto per quel mostro che era. Esso mise Dio al bando, e così diventò inaccessibile per tutto ciò che era vero e buono.
Molti dei vostri genitori e nonni vi avranno raccontato l’orrore della distruzione che seguì. Alcuni di loro, infatti, vennero in America proprio per sfuggire a tale terrore.
Ringraziamo Dio, perchè oggi molti della vostra generazione sono in grado di godere le libertà che sono emerse grazie alla diffusione della democrazia e del rispetto dei diritti umani.
Ringraziamo Dio per tutti coloro che si battono per assicurare che voi possiate crescere in un ambiente che coltiva ciò che è bello, buono e vero: i vostri genitori e nonni, i vostri insegnanti e sacerdoti, quelle autorità civili che cercano ciò che è retto e giusto. Il potere distruttivo, tuttavia, rimane. Sostenere il contrario significherebbe ingannare se stessi. "
["Discoso ai giovani cattolici americani"; Seminario di Saint Joseph, Yonkers, New York; Sabato, 19 aprile 2008]
Si è detto di Benedetto XVI che abbia voluto presentarsi agli statunitensi come un papa "tocquevilliano"; dal suo discorso alla Casa Bianca ma ancor più dal breve inciso autobiografico del discorso ai giovani cattolici newyorkesi, appare tutto il rispetto e l'ammirazione per quella "giovane" America che con la forza della fede nel valore trascendente della dignità dell'essere umano (e del riconoscimento del diritto alla libertà e alla felicità!) salvò l'Europa -ed ancor più la ormai tetra Germania- dalla lucida follia nazista.
Sin dall'epoca dei Padri Pellegrini durante le guerre di religione in Europa, così come per gli ebrei europei durante la seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si sono configurati come uno spazio di libertà, uno spazio "pubblico" in cui veniva riconosciuto a tutti e a ciascuno il proprio inalienabile diritto "naturale" alla libertà. Di contro nella "Vecchia Europa" si era affermata la dottrina hegeliana -che la Chiesa Cattolica prontamente anatenizzò!- secondo cui invece la persona umana non ha valore "in sè" ma "tutto ciò che l'uomo è, lo deve allo Stato: solo in esso egli ha la sua essenza" (Hegel); pertanto: "Lo Stato, come quello che è origine e fonte di tutti i diritti, gode un certo suo diritto del tutto illimitato" (Syllabo, proposizione XXXIX). "Filosofia del Diritto" che è stata madre dell'ideologia del Reich nazista e del socialismo reale sovietico.
Dal punto di vista esistenziale per l'ex giovane tedesco scampato alla follia del totalitarismo hitleriano la democrazia non è un valore di per sè ma è il campo in cui viene riconosciuta, proclasmata, e difesa, la libertà dell'essere umano. E' prima di tutto difesa della libertà "dello spirito" umano che, in ultima istanza, è la libertà di ricercare "la verità" stessa. Verità la quale, come la libertà, precede ogni positivo "contratto sociale", fosse anche stabilito in nome di una divina rivelazione!
Il "senso religioso" innato dell'uomo, pertanto, precede qualsiasi religione "rivelata"; la riflessione su ciò che deve essere considerato vero, buono e giusto sono presenti nell'intimo di ogni uomo e presso tutti i popoli; e poichè in in tutte le culture umane l'uomo ha manifestato l'anelito ad una perfezione morale e spirituale "La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall'intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte"("Dei Filius"; Concilio Vaticano, 1870).
Non stupisca, infatti, che il famigerato discorso di Ratisbona, in cui (da buon bavarese controriformato) "der professor" Ratzinger accusava la riforma luterana di aver -assolutizzando il principio del "Sola Scriptura"- mortificato la dignità della umana Ragione, sia stato considerato un attacco alla umma islamica.
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3 commenti:
Il punto di GIAN FRANCO SVIDERCOSCHI
Benedetto «americano», un altro Papa
Ma il Benedetto «americano» è proprio lo stesso Benedetto "vaticano"?
"Il Papa che in America ha manifestato ripetutamente la sua angoscia per la mostruosa vicenda dei preti pedofili, e ha voluto pregare con le loro vittime; il Papa che ha impostato il discorso della costruzione di un nuovo ordine internazionale sul rispetto imprescindibile dei diritti umani; il Papa che si è tuffato nell'abbraccio della folla, andando a poggiare la fronte su quella di una ragazza nera, con un gesto di grande paternità ma anche di grande intimità; il Papa che si è presentato al Ground Zero in atteggiamento di profonda umiltà e pietà; ebbene, è lo stesso Papa che sembra talvolta essersi chiuso in Vaticano, al riparo delle sue certezze; il Papa che mostra più di un timore verso la società moderna; il Papa che mette i puntini sulle i della liturgia, dell'evangelizzazione, della morale, delle relazioni con gli ebrei e l'islam?
Sarà domanda ingenua, o forse banale, o forse provocatoria. E tuttavia, è una domanda che molti, consciamente o no, si saranno posti in questi giorni. E alla quale, perciò, si deve tentare di rispondere.
Una prima spiegazione risiede nel fatto che Benedetto XVI, per il suo carattere, per la sua formazione umana e religiosa, quando è lontano dai palazzi vaticani si sente più a suo agio, più quello che vorrebbe essere. Insomma, più libero dai condizionamenti propri del ruolo che occupa, della vita che deve trascorrere nella Curia romana.
C'è poi da tener conto del Paese che ha appena visitato. Papa Ratzinger non ha nascosto la sua ammirazione nei confronti dell'America. In quella nazione, in quella democrazia, a parte gli indiscutibili lati oscuri, vede il paradigma di una autentica libertà religiosa, appunto perché sanzionata da un sano concetto di laicità. Dunque, da un giusto equilibrio fra Stato e Chiesa. E, andando alle radici, da un buon rapporto tra ragione e fede. Tra la libertà dell'uomo e l'azione del Creatore.
Una terza spiegazione è più problematica. C'è da chiedersi quale sia l'immagine di Benedetto XVI che "passa" nell'opinione pubblica? È reale, o non risente dell'insufficiente rappresentazione che ne danno le fonti vaticane e, più ancora, delle deformazioni di cui la caricano, per la loro superficialità, non pochi media?
Che alcune decisioni di questo Papa sollevino perplessità e interrogativi, non si può negare.
Ma neppure si può negare come, a cominciare dalle stesse parrocchie, si conosca poco il suo magistero, il suo continuo sforzo di proclamare e salvaguardare la verità di Dio e la verità sull'uomo.
E allora, come fare perché il Benedetto "americano" e il Benedetto "vaticano" coincidano? E perché la Chiesa cattolica sappia coniugare, in maniera più trasparente, misericordia e fedeltà al Vangelo?"
© Copyright Il Tempo, 23 aprile 2008
Commento al Benedetto "americano" del professor Giuseppe della Torre:
"Si racconta che Gregorio XVI (1831-1846), il pontefice dell'enciclica 'Mirari vos' passato alla storia con fama di reazionario avverso alle moderne forme democratiche, ricevendo un gruppo di pellegrini nord americani esclamasse: «In nessuna parte del mondo mi sento tanto papa, quanto negli Stati Uniti!».
L'episodio potrebbe indurre a riflettere su facili generalizzazioni di giudizi, laddove la valutazione storica dovrebbe portare a cogliere sfumature e contestualizzazioni adeguate, non contrapposizioni di chiaro e scuro. Ma non è qui il problema. Il richiamo alla per certi aspetti sorprendente espressione di papa Cappellari ci dice almeno due cose, che chiariscono contesti e successo del viaggio di Benedetto XVI appena conclusosi.
Innanzitutto il fatto che il regime di piena libertà, anche in materia religiosa, da sempre caratterizzante la grande democrazia nord americana, non ha ostacolato ma invece favorito la missione della Chiesa in quel Paese. I cattolici, da esigua minoranza, sono in due secoli divenuti una presenza numerosa e assai vivace nella società americana, come in maniera evidente il recente viaggio papale ha mostrato a tutto il mondo.
Ora, proprio a quelle condizioni giuridiche, ma prima ancora culturali, politiche e sociali, di una libertà favorevole al fenomeno religioso si riferiva Gregorio XVI, che nonostante le etichette attaccategli dagli storici riconobbe e incoraggiò il sistema di non antireligiosa libertà democratica caratteristico della società politica americana. E ciò mentre, allora e per lungo tempo ancora, ideologie laiciste e secolarizzanti muovevano nella vecchia Europa un sordo conflitto col fenomeno religioso e, specialmente, col cattolicesimo.
In secondo luogo il fatto che quel regime di piena libertà si colloca in un contesto dove lo Stato è concepito al servizio della società civile, nelle diverse forme associative che ne esprimono il pluralismo: quella società civile nella quale è la religione, e dove nascono e vivono le comunità religiose.
C'è una profonda differenza con l'Europa, dove da secoli la società civile appare ingabbiata nella sovranità di uno Stato, sovente preso dalla tentazione di modellarla a proprio piacimento, e dove di conseguenza, quando si tratti di fenomeno religioso, il problema della laicità è sempre alle porte. Negli Stati Uniti, infatti, la Chiesa, come ogni altra comunità religiosa, ha potuto crescere e prosperare senza doversi preoccupare di richiamare continuamente il potere politico a rimanere nell'ordine suo proprio e senza dover pretendere dalle istituzioni pubbliche - da cui in sostanza dipende, nel vecchio continente, la vita delle varie espressioni sociali - garanzie giuridiche o stampelle di sostegno. In quel Paese lo stesso termine di laicità è sostanzialmente sconosciuto, ma la rigida separazione tra istituzioni pubbliche e istituzioni religiose, cui il suo ordinamento si ispira, non è stato in alcun modo di ostacolo al fenomeno religioso.
In fondo, proprio all'esperienza nord americana guardavano i padri conciliari quando, a conclusione del Vaticano II, approvavano quella dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, dove è scritto che «se vige la libertà religiosa non solo proclamata a parole né solo sancita nelle leggi, ma anche con sincerità tradotta in pratica, in tal caso la Chiesa raggiunge una stabile condizione di diritto e di fatto, per la necessaria indipendenza nell'adempimento della sua divina missione» (n. 13). Nel senso che, in siffatto contesto, la libertà di cui la Chiesa ha bisogno per la propria missione e la libertà religiosa riconosciuta a tutti coincidono completamente"
Stralcio da "Il papa e l'America" di Luigi da Copertino che espone le perplessità verso la benevolenza espressa dal sedici volte Benedetto veso il modello democratico americano. L'icomprensione nasce dal fatto che Benedeto XVI non indendeva beatificare gli USA ma solo esaltarne la forma mentis americana per cui la trascendenza precede la formazione dello Stato stesso, e quindi lo Stato non è un Dio! Lo Stato non ha quindi diritto di intervenire nella religione.
Se poi questo modello di laicità è il frutto della fede massonica nel Grande Architetto allora vuol dire che per la Chiesa cattolica è comunque preferibile all'ideologia laicista che la medesima massoneria ha costruito in Europa:
"...Bush, o meglio, il suo entourage, ha infingardamente approfittato della presenza del Papa per riprendere nel suo discorso il passaggio della lectio magistralis di Ratisbona che già a suo tempo fu gettato dai media in pasto agli islamici.
Con il rischio di creare un altro «incidente» e con il fine, tutto politico, di far passare una immagine di Papa Ratzinger come cappellano di corte del suo «impero».
Ma quel che né Bush né il suo entourage hanno compreso, pochi infatti lo hanno capito perché pochi ne hanno letto il testo, è che quello di Ratisbona è stato, al di là della isolata citazione di Manuele Paleologo su Maometto, un vero e proprio atto di accusa verso l’Occidente post-cristiano che - così disse Benedetto XVI - a partire da Lutero ha de-ellenizzato la fede, separando Gerusalemme ed Atene e producendo lo scontro tra fideismo e razionalismo.
Chi conosce anche soltanto un po’ la storia delle origini, puritane, degli Stati Uniti sa benissimo che quella «condanna» del Papa calza perfettamente proprio al caso degli Stati Uniti.
L’America è nata puritana proclamandosi «nazione messianica» ed affermando la pretesa di essere depositaria di un destino manifesto o di una missione affidatagli per volontà divina, consistente nell’esportare la democrazia, in verità il proprio concetto liberal-massonico di democrazia, con le buone o le cattive.
Ecco perché non si può non rimanere perplessi sulle parole troppo diplomatiche e troppo accondiscendenti del Papa verso il modello americano.
L’unica realtà che ha un mandato divino, disarmato, è la Chiesa cattolica che non a caso è stata voluta dal suo Fondatore come sovrannazionale ed Universale proprio perché non si identificasse con nessun popolo particolare e non si realizzasse nessun etnocentrismo con pretese universalistiche (come è invece avvenuto nel caso dell’Israele post-biblico).
Alvaro d’Ors, un grande filosofo giurista tradizionalista spagnolo (combatté con i carlisti durante la guerra civile), ha scritto, in «La Violenza e l’Ordine» (Marco editore, 2003), che di fronte all’universalità divina della Chiesa è ammissibile, sul piano naturale della politica, soltanto il pluralismo di popoli e Stati e che perciò qualsiasi pretesa di realizzare lo Stato mondiale, in forma di «governo sinarchico» o in forma di imperialismo di una nazione particolare, è progetto contrario alla volontà di Dio, foriero di gravi conseguenze per l’umanità che cedesse a tale tentazione.
E’ poi palese che tra il relativismo da Papa Ratzinger giustamente denunciato ed il soggettivismo teologico protestante, il settarismo puritano americano, il nomadismo confessionale e spirituale della cosiddetta religiosità americana (si vedano in proposito gli studi della Gatto Trocchi), sussiste più di una mera connessione: vi è in realtà una stretta identificazione «esoterica». Gli Stati Uniti d’America sono la nazione che storicamente adora, in forma di religione civile patriottica, il Grande Architetto dell’Universo, deità esoterica che sarebbe nascosta dietro tutte le religioni considerate alla stregua di paritarie vie di salvezza.
Il Papa, ne siamo sicuri perché egli è un fine studioso, non può non sapere che cosa è la Massoneria e che i padri fondatori degli Stati Uniti, Washington, Franklin, Jefferson, erano tutti «fratelli di loggia».
Benedetto XVI, e prima di lui il teologo Joseph Ratzinger, conosce benissimo la radice deista della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Questo documento politico, infatti, presuppone, con tutta evidenza, una concezione «razionale» della divinità priva di elementi soprannaturali e dogmatici e nega, nella sua essenza per l’appunto deista, la necessità della religione rivelata.
Il deismo, che fu il credo filosofico delle logge moderate anglosassoni e poi americane, pretende di ricondurre Dio all’interno della sola razionalità naturale (si tratta della posizione kantiana sulla religione nei limiti della sola ragione).
Mentre noi cattolici crediamo nel Dio vivente, creatore e governatore del mondo, che si rivela all’uomo, i deisti accettano solo l’idea a-dogmatica di un dio a-confessionale, sovente impersonale, causa accidentale del mondo nonché l’idea di una legge morale universale ma, appunto, priva di ogni riferimento alla Rivelazione e perciò ritenuta sostenibile solo razionalmente senza necessità di apporti soprannaturali."
http://www.effedieffe.com/content/view/2954/175/
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