Discipulus autem ille erat notus Pontifici et introivit cum Iesu in atrium Pontificis" (Gv.18,15)
Non ci erano ignote -oh lettori carissimi e dilettissimi- le dottrine variamente definite "lefevbriane" , "sedevacantiste" o "fatimidi" accomunate dalla convergente interpretazione del Concilio Vaticano II quale catastrofe teologica, causa di una vera e propria apostasia dalla "vera fede"; quale satanico capovolgimento delle più sacrosante ed inveterate dottrine insegnate costantemento dal Magistero ecclesiastico sino a tutto il pontificato di Pio XII.
L'"aggiornamento" auspicato dal buon Giovanni XXIII, pertanto, altro non sarebbe stato che un complotto criminale giudaico-massonico-satanista in cui il ruolo di freddo e spietato sicario sarebbe stato assolta dal "Servo di Dio" Paolo VI.
In tali esecrandi ambienti "refrattari", infatti, Papa Montini che dovette portare la croce di portare a termine il Concilio è assi più malvisto di Papa Giovanni che fortissimamente volle quel Concilio e quell'aggiornamento (ma che poi vestiva baroccamente, indossava il triregno e si dondolava pacioso sulla sedia gestatoria).
Sarebbe stato, quindi, Giovan Battista Montini che avrebbe trasformato il Concilio ed il Papato nella "sentina di tutte le eresie".
Paradigmatico di tali correnti di pensiero sono gli scritti di tale Daniele Arai che nel suo "sillabico" articolo " La libertà religiosa di Paolo VI" afferma che: "nel 1965 quasi tutti i padri del Vaticano II furono indotti da Paolo VI a sottoscrivere errori ed eresie già condannate dal Magistero. Alcuni ne erano coautori, ma la maggioranza cadde nell’abbaglio dell’«ubbidienza assoluta» a chi era in veste papale."
E poco dopo aggiunge:
"Paolo VI usò spesso in pubblico, l’«ephod» dei grandi sacerdoti, il simbolo di Caifa che condannò Gesù.
Un giorno si capirà meglio le ragioni per le quali ritenne d’inviare il messaggio di un Papa in veste di gran sacerdote al mondo. Per ora conosciamo solo i risultati giudaizzanti di tale iniziativa in Vaticano."
E altrove:
"Ora, il Vaticano II giustificando un’unità, una comunione e una libertà religiosa, contrarie alla fede cattolica, rappresenta una «perfidia» che, materialmente, supera in gravità quella del sinedrio giudaico.
Del resto, Paolo VI è apparso molte volte indossando l’Ephod di Caifas. Non era forse questo il mistero dell’iniquità profetizzato come segno precursore della fine dei tempi?"
Ignoravamo, infatti- oh miei cinque lettori-, che in tanto sottobosco pseudo-tradizionalista tanti severi moniti antiereticali portassero quale indegno corollario -in ossequio alla categoria logica detta del: "e cheste và pe' chelle"- la protestantica perversa dottrina del Papa quale manifesto Anticristo!
Papa Montini (e i suoi pseudo-successori: poichè essendo tutti eretici conclamati sarebbero papi solo "de facto" ma non "de iure"!), secondo tali apocalittiche ricostruzioni, per significare il capovolgimento della sana dottrina si sarebbe fatto confezionare blasfeme suppellettili sacre!
Come contenere il giusto sdegno di fronte a tanta sfrontata propaganda da cabalisti da strapazzo! Come resistere all'impeto di stracciarsi le vesti di fronte a tanta insipienza, se non ci sorreggesse la premura di non scoprire il fianco a chi non attende altro che trafiggerci il cuore con l'accusa di essere dei marrani giudaizzanti?
Tralasciamo di sottolineare più diffusamente che non può essere considerato degno di venerazione solo ciò che corrisponde ai canoni dell'orificeria e della sartoria barocca; sarebbe interessante indagare per quali angusti e tortuosi percorsi della mente non si riesca -da parte di assai eruditi fedeli cattolici!- a "ricapitolare in Cristo" i segni dell'Antica Alleanza come invece ci ammonisce di fare l'Apostolo!
I simboli più venerabili della Storia Sacra, che i Padri della Chiesa magistralmente si sforzarono di interpretare come segni e simboli dell'avvento di Cristo e della Chiesa, rimangono perciò un'oscura selva in cui intelletti tanto scopertamente fallaci non sanno fare di meglio che interpretare in riferimento a Satana, o a Dan Brown: come se solo la Cabbala, la Massoneria e il Satanismo avessero l'autorità di definire il significato simbolico delle cose!
La Chiesa “esperta in umanità” secondo la felice espressione di Paolo VI (usata durante la sua visita all'ONU) sin dall'età apostolica non ebbe alcun imbarazzo ad usare qualunque figura della sacra scrittura ma anche dalla cultura profana quale figura e profezia di "Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore": il pesce, l'ancora, il sole, Orfeo etc. Come disse in visione la voce a San Pietro: "Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano".
Ma prima di cercare di intellegere -oh già spazientiti miei quattro lettori!- gli arcani simbolismi bisognerà pur chiarire cosa fosse quell'oggetto, impropriamente detto "efod", che Paolo VI avrebbe spesso portato appeso al collo!
PARTE PRIMAMa che cos'è l'Efod?
"Ephod" (termine che in verità nella Bibbia viene usato per indicano tre vestimenti differenti) è uno degli abiti propri del Sommo Sacerdote della religione Giudaica. Viene descritto nel Libro dell'Esodo tra gli indumenti che Iddio comandò fossero realizzati per rivestire Aronne, il primo Sommo Sacerdote:
"Farai per Aronne, tuo fratello, abiti sacri, che esprimano gloria e maestà. Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti, ai quali io ho dato uno spirito di saggezza, ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione e per l'esercizio del sacerdozio in mio onore.
Ed ecco gli abiti che faranno: il pettorale e l'efod, il manto, la tunica damascata, il turbante e la cintura. Faranno vesti sacre per Aronne tuo fratello e per i suoi figli, perché esercitino il sacerdozio in mio onore. Essi dovranno usare oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso.
Faranno l'efod con oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto, artisticamente lavorati. Avrà due spalline attaccate alle due estremità e in tal modo formerà un pezzo ben unito. La cintura per fissarlo e che sta sopra di esso sarà della stessa fattura e sarà d'un sol pezzo: sarà intessuta d'oro, di porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto.
Prenderai due pietre di ònice e inciderai su di esse i nomi degli Israeliti: sei dei loro nomi sulla prima pietra e gli altri sei nomi sulla seconda pietra, in ordine di nascita. Inciderai le due pietre con i nomi degli Israeliti, seguendo l'arte dell'intagliatore di pietre per l'incisione di un sigillo; le inserirai in castoni d'oro.
Fisserai le due pietre sulle spalline dell'efod, come pietre che ricordino presso di me gli Israeliti; così Aronne porterà i loro nomi sulle sue spalle davanti al Signore, come un memoriale." (Es28, 2-12)
L'efod vero e proprio perciò sarebbe una specie di grembiule legato ai fianchi da una cintura e su cui sono incastonare due pietre all'altezza delle spalle. ma l'oggetto causa della nostra indagine è invece quello che detto impropriamente "efod" in realtà è indossato sopra l'efod e pende sul petto del Sommo Sacertote: "il pettorale" appunto, detto anche "Pettorale di giustizia".
"Farai il pettorale del giudizio, artisticamente lavorato, di fattura uguale a quella dell'efod: con oro, porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto.
Sarà quadrato, doppio; avrà una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. Lo coprirai con una incastonatura di pietre preziose, disposte in quattro file. Una fila: una cornalina, un topazio e uno smeraldo: così la prima fila. La seconda fila: un turchese, uno zaffìro e un berillo. La terza fila: un giacinto, un'àgata e un'ametista. La quarta fila: un crisòlito, un ònice e un diaspro. Saranno inserite nell'oro mediante i loro castoni. Le pietre corrisponderanno ai nomi degli Israeliti: dodici, secondo i loro nomi, e saranno incise come sigilli, ciascuna con il nome corrispondente, secondo le dodici tribù.
Poi farai sul pettorale catene in forma di cordoni, lavoro d'intreccio d'oro puro. Farai sul pettorale due anelli d'oro e metterai i due anelli alle estremità del pettorale. Metterai le due catene d'oro sui due anelli alle estremità del pettorale. Quanto alle due altre estremità delle catene, le fisserai sui due castoni e le farai passare sulle due spalline dell'efod nella parte anteriore."(Es.28, 15-25)
Il pettorale, l'oggetto della nostra diatriba, è pertanto una specie di borsello all'interno del quale sono consevati due oggetti detti "Urim" e i "Tummim" (fino all'esilio di Babilonia il loro sorteggio servirà per interrogarre la volontà di Dio) mentre nella parte esterna è fissata una quadrangolare lamina metallica su cui sono incastonate dodici pietre simbolo delle dodici tribù di Israele: "Così Aronne porterà i nomi degli Israeliti sul pettorale del giudizio, sopra il suo cuore, quando entrerà nel Santo, come memoriale davanti al Signore per sempre. Unirai al pettorale del giudizio gli urim e i tummim. Saranno così sopra il cuore di Aronne quando entrerà alla presenza del Signore: Aronne porterà il giudizio degli Israeliti sopra il suo cuore alla presenza del Signore per sempre." (Es.28,29-30)
Ora, Paolo VI ha davvero (magari al posto della croce pettorale, come si vorrebbe subdolamente insinuare!) indossato appesa a due catenelle e pendente dul suo petto il "pettorale di giustizia" erroneamente detto "efod"?
Se si fa ben attenzione, in tutte le foto in cui dul busto di Papa Montini penzola una placca rettangolare con incastonate dodici pietre dure egli indossa anche una stola rossa, e sempre la stessa stola rossa.
A differenza di quanto noi profani possiano ritenere, vi sono stole di differenti fogge, non solo a causa dei differenti periodi storici e differenti riti liturgici e perciò anche nello stesso Rito Romano.
Vi è, ad esempio, la stola "dritta" cioè quella dello stesso colore liturgico (e confezionato con la medesima stoffa) del paramento liturgico indossata sopra il bianco camice, la quale viene legata con la funicella all'altezza sei fianchi ed è nascosta dalla sovrastante veste liturgica (dello stesso colore) e che viene indossata dal presbitero o dall'episcopo per la celebrazione della santa Messa.
Vi è poi un'altro tipo di stola detta "stola pastorale" che i preti, vescovi, cardinali e papi indossano sopra il proprio "abito corale", cioè per presiedere quelle celebrazioni religiose che si svolgono fuori dalla Messa (amministrazione dei sacramenti, benedizioni, liturgia delle ore, predicazioni al popolo, etc).
Il Romano Pontefice è l'unico a godere del privilegio di poter indossare la stola "pastorale" anche in cerimonie non religiose ragion per cui la stola pontificia non viene indossata in ossequio al colore liturgico del giorno ma è sempre rossa ornata d'oro (tranne durante le festività pasquali quando il cerimoniale prescrive il bianco).
Chi osservi la gran quantità di stole indossate da Benedetto XVI si accorgerà facilmente che, solitamente, proprio all'altessa del petto, dalla parte interna dei due lembi della stola partono due cordoncini dorati che unendosi, in una specie di nodo, terminano con una specie di piccolo pon-pon (o anche due).
I manuali di moda "prêtre a portè" confermano:
"Spesso più decorata delle altre stole perché più in evidenza, la stola pastorale presenta all'altezza del petto una pattina di stoffa, un nastro o un cordone generalmente terminante con ghiande o nappe, per riunire le due metà del paramento."
La stola rossa con catenelle che si congiungono in una placchetta rettangolare ispirato all'efod; così come un'altra assai simile stola bianca da cui partivano due catenelle che si congiungevano in una placca a forma di scudo su cui era raffigurato lo stemma araldico di Papa Montini; perciò è parte di una serie di vesti liturgiche create per il novello pontefice e secondo le sensibilità stilistiche dell'epoca, in ossequio al generale spirito di riforma liturgica.
Tra l'altro, se ben si osserva la formella metallica -a metà strada tra l'efod ed il cubo di Rubik-, le pietre sono disposte in modo che, al guizzo dell'intelleto del divoto fedele cattolico che osserva, dall'ornamento pontificio appaia una "croce latina": formata dalla seconda fila orizzontale (ovviamente partendo dall'alto) e dalla seconda fila verticale (che è formata da quattro pietre). Nell'ideale punto di intersezione vi è una pietra di colore più intenso delle altre.
PARTE SECONDA
Chiarito il primo arcano, e che quindi il cosiddetto "Efod" di Paolo VI aveva la funzione ornamentale di congiungere i due lembi di una stola pontificia (probabilmente quale ardita ispirazione alle placche artisticamente decorate dette "Razionale" che chiudono il piviale) rimane da rispondere a coloro che trovano oltremodo incresciosa l'appropiazione (seppur contingente) di in simbolo del Sommo Sacerdote del Giudaismo da parte del Sommo Pontefice del Cattolicesimo.
Ma davvero dobbiamo discettare dell'analogia tra Antica e Nuova Alleanza, tra il sacerdozio biblico ed il sacerdozio definitivo del Cristo Risorto di cui tratta la neotestamentaria Lettera "agli Ebrei"?
"Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.
Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.
Come in un altro passo dice: Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek." (Eb.5,1-6)
Davvero dei pii cattolici hanno bisogno che - noi misserrimo tapino- si parli loro del della "Economia" del sacrificio espiatorio, del significato dell'agnello sacrificale? Dell'analogia sottolineata e voluta da Cristo stesso tra il Tempio ed il proprio corpo, dell'analogia tra il Tempio e la vita (e la morte) di Cristo stabilita dagli Evangelisti, in special modo da Luca (e Giovanni)?
Sin dai tempi patristici, nella veste di lino e tessuta tutta d'un pezzo (sulla quale ai piedi della croce i soldati romani tirarono la sorte) di cui parla il Vangelo secondo Giovanni, gli esegeti viderono un voluto riferimento alla tunica cerimoniale con cui il Sommo Sacerdote nel "giorno dell'espiazione" doveva attraversare il velo del 'Santo dei Santi' portando -al cospetto di Dio- il sangue degli animali sacricati per ottenere il perdono delle colpe di tutto il popolo ebraico:
"Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso un Tabernacolo più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalla opere morte, per servire il Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di una Nuova Alleanza" (Eb.9 11-15)
San Luca, che aveva principiato la propria narrazione evangelica con l'apparizione angelica ad un sacerdote mentre celebrava all'interno del Tempio, conclude il suo Vangelo con l'Ascensione al cielo di Gesù il quale si stacca da terra mentre è intento a celebrare un rito di benedizione sui suoi discepoli. Luca utilizza una terminologia che richiama espressamente la figura del sommo sacerdote e sullo sfondo si sente come echeggiare un passo del Levitico: "Poi Aronne, alzate le mani verso il popolo, lo benedisse"(Lv 9,22).
La scena "liturgica" dei discepoli attorno al Cristo benedicente richiama le lodi del Siracide per il sommo sacerdote Simone:
"Il popolo supplicava il Signore altissimo
in preghiera davanti al Misericordioso,
finché fosse compiuto il servizio del Signore
e terminasse la funzione liturgica.
Allora, scendendo, egli alzava le mani
su tutta l'assemblea dei figli di Israele
per dare con le sue labbra la benedizione del Signore,
gloriandosi del nome di lui.
Tutti si prostravano di nuovo
per ricevere la benedizione dell'Altissimo." (Sir 50,19-21)
Gesù è sottratto alla vista degli apostoli a causa delle nuvole, così come il Sommo Sacerdote è sottratto alla vista degli altri leviti a causa del velo del Sancta Sanctorum. Infatti come dice l'autore della Lettera agli Ebrei:
"Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito"(Eb.8, 1-3).
"Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore, e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui" (Eb.9-24-24).
Ma l'obiezione che, a questo punto, un pertinace assertore della perversità satanica implicita nell'uso di un simbolo proprio del cerimoniale dell'Antica Alleanza da parte del Vicario di Cristo potrebbe avanzare è che, proprio come insegna la Lettera agli Ebrei, essendo il culto mosaico ombra e figura del sacrificio "perfetto" di Cristo esso avrebbe esaurito la sua simbolica valenza cristica proprio nel momento in cui veniva sacrificato sulla croce il vero 'agnello di Dio che porta su di se i peccati del mondo' e non solo degli israeliti; "Ed ecco che il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo" (Mt. 27, 51).
Tra l'altro -poichè Gesù di Nazaret appartiene alla tribù di Giuda e non a quella di Levi- l'autore sacro si compiace nel dimostrare che il sacerdozio di Gesù Cristo è di natura differente e superiore a quello di Aronne (e pertanto anche di Caifa!): Gesù è stato "proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchìsedek".
Misterioso Re ed insieme (evidentemente Sommo) Sacerdote della città che in futuro sarà Gerusalemme: "Questo Melchìsedek infatti, re di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse; a lui Abramo diede la decima di ogni cosa; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche re di Salem, cioè re di pace. Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno.
Considerate pertanto quanto sia grande costui, al quale Abramo, il patriarca, diede la decima del suo bottino." (Eb.7, 1-4)
Il Genesi dice che "Melchisedek offrì pane e vino", e pertanto Melchisedek sin dall'epoca apostolica è icona dell'offerta eucaristica della nuova ed eterna alleanza istituita da Gesù; come proclama lo stesso Canone Romano:"come hai voluto accettare i doni di Abele, il giusto, il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede, e l’oblazione pura e santa di Melchisedech, tuo sommo sacerdote.
Ti supplichiamo, Dio onnipotente: fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo, sia portata sull’altare del cielo davanti alla tua maestà divina".
Quindi usando indebitamente e dubdolamente le stesse parole dell'autore sacro: "Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico - sotto di esso il popolo ha ricevuto la Legge - che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote alla maniera di Melchìsedek, e non invece alla maniera di Aronne? Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge."
Quindi: se Papa Paolo VI, Vescovo di Roma e successore dell'Apostolo Pietro, "alla maniera di Melkisedek" è un sacerdote della "nuova ed eterna alleanza" perchè non trovò sconveniente abbigliarsi "alla maniera di Aronne"?
Si potrebbe rispondere gesuiticamente con un'altra domanda (Negli Esercizi Spirituali Sant'Ignazio nel sostenere che la prima apparizione del Risuscitato fu alla sua Madre Santissima ammonisce: "la Scrittura suppone che noi siamo intelligenti, come è scritto: Anche voi siete privi di comprendonio?").
Perchè allora -ribattiamo- se il nuovo ed eterno sacerdozio di Cristo "alla maniera di Melchisedec" non deriva assolutamente dal sacerdozio giudaico invece lo stesso autore della lettera agli Ebrei continuamente rappreasenta continuamente Gesù che misticamente agisce "alla maniera di Aronne"?
L'autore ispirato non sostiene che il sangue degli animali offerti in olocausto, ed i conseguenti riti espiatorii, non avessero efficacia che, invece: "se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsi su quelli che sono contaminati, li santificano, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo" (Ebr.9,13-14)
Ripetere che essi erano solo prefiguarzioni e profezie del "definitivo" sacrificio espiatorio di Cristo; contrapponendo il valore contingente del sacerdozio ebraico "alla maniera di Aronne" di contro al valore redentivo "eterno" del sacrificio della Croce; in realtà non coglie pienamente quelli che sono i due termini del paragone: non il sacerdozio ebraico contrapposto al sacerdozio di Gesù Cristo "alla maniera di Melkisedec" ma da una parte il sacerdozio levitico e dall'altra il sacerdozio cristiano!
Se i sacrifici espiatori dell'antico Israele avevano verace e reale valore santificante (come attesta l'autore della lettera agli Ebrei) questa "grazia santificante" derivava proprio dal loro essere profezia del sacrificio espiatorio di Cristo: "E ora, invece una volta sola, nella pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso." (Ebr 9,26)
Il fatto che tali antichi riti dovessero essere ripetuti non toglie di per sè nulla alla loro efficacia propiziatrice altrimenti, se la ripetività dell'offerta sacrificale fosse indizio di aver a che fare con un sacrificio incompleto ed ad un culto non definitivo, allora si dovrebbe negare (come infatti fanno i protestanti!) la dottrina cattolica dull'Eucaristia: il rinnovarsi misticamente ed incruentemente della Morte in Croce di Gesù Cristo ad ogni Santa Messa.
Se giudichiamo i rituali dei sacerdoti del Tempio di Gerusalemme quali ombre e figure dell'eterno ed incomparabilmente unico sacerdozio di Cristo, quanto poi dovremmo giudicare inutile il sacerdozio cristiano poichè stridente con la dottrina del valore unico eterno (e perciò irripetibile) dell'atto espiatorio compiuto una volta per sempre in quel primo Venerdì Santo?
Che differenza allora tra i sacerdoti levitici ed i sacerdoti cattolici?
Ci risponde il Sacro Magistrero per mezzo del Caechismo:
"Il sacrificio redentore di Cristo è unico, compiuto una volta per tutte. Tuttavia è reso presente nel sacrificio eucaristico della Chiesa. Lo stesso vale per l'unico sacerdozio di Cristo: esso è reso presente dal sacerdozio ministeriale senza che venga diminuita l'unicità del sacerdozio di Cristo. « Infatti solo Cristo è il vero Sacerdote, mentre gli altri sono i suoi ministri ». (CCC n.1545)
"...il sacerdozio ministeriale [...] È uno dei mezzi con i quali Cristo continua a costruire e a guidare la sua Chiesa. Proprio per questo motivo viene trasmesso mediante un sacramento specifico, il sacramento dell'Ordine." (CCC n.1547)
Come si diceva in illo tempore , il sacerdote agisce "In Persona Christi". Il sacerdote ha ricevuto da Cristo stesso la vocazione e per mezzo della Chiesa l'autorità di partecipare al suo eterno sacerdozio. Un tempo le divote vegliarde insegnavano ai pargoli titubanti che quando il signor curato dice "Io ti assolvo dai tuoi peccati" in quel momento non è il signor curato a perdonarci ma è il buon Gesù stesso che parla. Il ministro ordinato esercita quindi, per la salvezza del popolo di Dio, la funzione che senza imbarazzo possiamo tranquillamente definire di "Vicario di Cristo", titolo di cui il Papa -quale Sommo Sacerdote del Cristianesimo- si fregia per antonomasia.
Il sacerdozio ministeriale con tutti i suoi riti e cerimonie sono perciò i "mezzi" escogitati dalla volontà divino-umana del Redentore, nell'ambito della "Economia della salvezza", per partecipare all'umanità l'infinito potere di santificazione scaturito dall'opera della redenzione.
Se pertanto nella "pienezza dei tempi" i sacerdoti cristiani operano la santificazione dei fedeli non per virtù propria ma "in persona Christi" analogamente dobbiamo dedurne che anche gli antichi sacerdoti israeliti, anche non ne avevano coscienza, agivano "in persona Christi", e perciò l'autore della lettera agli Ebrei presentare per analogia Cristo "in persona" di Aronne!
PARTE TERZA
Poichè -Oh mie sconfortati due lettori rimasti- il sacrificio espiatorio del Figlio di Dio fatto uomo ha un valore eterno giustificò anche i giusti vissuti prima dell'Incarnazione del Verbo poichè lo stesso e medesimo "Verbo della vita" che gli apostoli hanno "palpato" come dice San Giovanni è lo stesso "Verbo", la stessa "Parola" che Iddio rivolse ad Abramo ed ai patriarchi ed a Mosè ed ai profeti tutti. L'Ebreo Gesù di Nazaret è pertanto la stessa e medesima Sapienza che ha creato e governa l'universo! Per il cristianesimo nascente quindi ciò che aveva detto Iddio nell'antico Testamento non potevano essere in contraddizione con le parole di Gesù Cristo poichè colui che parlava nell'antico come nel nuovo Testamento è la stessa e medesima persona: "per mezzo di Lui tutte le cose sono state create e per noi uomini e per la nostra salvezza si è incarnato nel grembo della Vergine Maria e si è fatto uomo".
Non si comprenderebbe altrimenti come mai i Padri della Chiesa traevano sommo diletto spirituale nel commentare libri come il Levitico, i Numeri e il Deuteronomio che altro non sono che interminabili elenchi di quei ritualismi e di quella precettistica tipicamente giudaici da cui Cristo Signore è venuto a liberare come dice san Paolo ai Galati: "Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità."
Ma come ammette san Paolo nella stessa lettera ai Galati:"la Legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo" e con questo atteggiamento i Padri della Chiesa leggevano la storia sacra cercando analogie e riverberi dei "misteri" della vita di Gesù e della Chiesa.
Ecco che, per rimanere nell'ambito del sacerdozio levitico, nell'immagine del Sommo Sacerdote Aronne che solo entra alla presenza di Dio si vide la profezia di Gesù Cristo: "Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1Timoteo 2,5). Il Sommo Sacerdote andava ad intercedere per il popolo avendo sulle spalle due pietre con incisi nomi delle dodici tribù di Israele, così come Gesù Cristo fu oppresso dal peso dei peccati dell'intero genere umano avendo sulle proprie spalle il patibolo della croce.
Nell'efod, poi, era simbolicamente riunivo strettamente popolo. Ponendo sul proprio cuore le dodici tribù di Israele il sommo sacerdote Aronne intercedendo per loro.
Il Pettorale di giustizia posto sul cuore di Aronne fu pertanto interpretato dagli antichi Dottori della Chiesa quale figura della della Chiesa scaturita dal costato di Cristo e della volontà di Cristo che la Chiesa fosse una ed i membri della Chiesa uniti fraternamente tra loto come ebbe accoratamente as pregare durante l'ultima Cena come enarra il Vangelo di Giovanni (Gv,17,21).
Nel Prologo l'evangelista proclama che Gesù è "la luce":
"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio"
Il nome di Aronne significa proprio "Portatore di luce".
1 commento:
Caro Francischiello,
grazie per la dissertazione su tiara e mitria.
Circa Paolo VI, il flos florum di Malachia, quell'eretico di D. Arai è superato solo da F. Damiani, che tempo fa scrisse un articolo - sempre in FDF - di tale virulenza da costringere M. Blondet a dimettersi temporaneamente da direttore. Quell'articolo è stato soppresso, ma F. Damiani imperversa ancora nei commenti (almeno quelli che non gli vengono tagliati).
A questo F. Damiani padre Danilo Scomparin (sacerdote eccezionale, che scrive sul blog di Petrus - lo trovi nei miei link - e che m'ha rappacificato con la gnosi) disse che, "in confronto a lei, Lutero era un bravo chierichetto").
Questo padre, missionario della Consolata, è devotissimo alla Santa Sede. "Le cose non luccicano mai - ebbe a dire, in un suo commento a D. Arai - come si crede, mentre io stesso ho visto lo scintillio dell'anello piscatorio di Paolo VI, quasi come una stella. E a me basta per riverirlo e obbedirlo".
Trovi questo passo, con altri, in una paginetta nella quale ho raccolto tutti i suoi commenti a FDF (basta cercare "Paolo VI").
http://xoomer.alice.it/ad_majorem_dei_gloriam/c5.htm
Non interviene più lì, e si limita al blog di Petrus, perché lo hanno aggredito sia da destra (definendolo "troppo innamorato dei sacri paramenti") che da sinistra (tacciandolo di gnostico, cabalista, esoterista, ecc.). Capisci bene, perciò, quanto il tuo madrassajo gli sia vicino.
Riverisco.
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