Arrivati in albergo, il capo gruppo ci dà pochi minuti per prendere possesso delle rispettive camere.Sono passate le due del pomeriggio ma, prima del pranzo, è bene omaggiare la padrona di casa!
Così usciamo per le stradine tutte negozi d’articoli religiosi; dalle vetrine ci osservano madonne di tutte le fogge e dimensioni.
Gli sguardi sono ampiamente ricambiati.
Si entra da un cancello, sorvegliato dall’alto da una bianca statua di San Giuseppe, e si scende in una grande, silenziosa piana verde.
Guardi le cime degli alberi, le aiuole, le statue, il complesso accavallarsi architettonico delle basiliche; ti guardi attorno, sorpreso dal sentimento di serenità che si respira in quel luogo, per il resto sempre così uggioso.
Passiamo sotto gli arconi della grande rampa che conduce alla chiesa superiore; si sente nitidamente lo scorrere del Gave alla nostra destra.
A sinistra, davanti ad una fila di rubinetti da cui scorre l’acqua della sorgente della grotta, in tanti, con in mano le celeberrime madonnine di plastica, attendono alla bella usanza di riempirle. Souvenir sempre gradito da chi è rimasto a casa.
Scoprire finalmente come e dove sono state riempite le decine di bottigliette, che fin da piccolo hai visto girare per casa -dono di parenti, amici e vicini- vale, da solo, la pena di un viaggio a Lourdes!
Si arriva, al fine, davanti alla grigia grotta su cui incombe la grigiastra mole della basilica dell’Immacolata Concezione.
Fisso ammirato quel muraglione e quelle guglie che ci sovrastano, e mi sento piccolo; come se mi trovassi alle falde di Minas Tirith.
La voce di don Tonino, che invita alla preghiera, mi rammenta la causa della mia distrazione.
Di nuovo e di nuovo fisso la grotta.
Sarà sicuramente colpa del punto d’osservazione, ma:
“Dio mio! E’ come guardare una cartolina”.
Una immagine già vista tante volte.
Nessuna sorpresa; nessun sentimento di stupore.
Guardo la fredda –ed artisticamente irrilevante- statua della Madonna.
Mi inginocchio, cercando di concentrarmi in devoti affetti, ma
“Su!Su! Andiamo! Il pranzo! Il pranzo!”
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