OVVERO: PACATA ESPOSIZIONE AI NEOFITI,DEI BASILARI“RODIMENTI” DEL CATTOLICESIMO.
Pur avendo la nomea d’essere un fiero controriformato, sostengo altresì l’importanza della libertà religiosa.
Ogni uomo deve essere libero di aderire o meno a quei valori, ideali e speranze che la propria coscienza gli indica essere giusti e veraci. È da noi considerata alta conquista della dignità umana, quella libertà di astenersi o meno dal professare un culto nei confronti del Numinoso, che i regimi democratici ci garantiscono.
Or bene.Se un uomo – con tanto di profilassi democratica – ritenendo di essere bisognoso dell’“eterna salute delle anime”, abbraccia la Fede Cattolica; poiché la ritiene strumento della incorporazione a Gesù Cristo: “presso il quale abbondante è la redenzione”; è obbligato – dalla coscienza - ad aderire, in tutto, a quello che “Dio ha rivelato e la Santa Chiesa ci propone a credere”.
Che cosa è la fede? Dice il più grande genio del secondo millennio che << Credere è un atto dell’intelletto che, sotto la spinta della volontà - mossa da Dio per mezzo della grazia - da il proprio consenso alla verità divina. >>
La fede è una virtù “teologale”, cioè che ha per oggetto Dio; il credere in Lui, credere in quello che ha rivelato. Quindi, implicitamente, si accetta la possibilità stessa che esistano canali di comunicazione tra il divino e l’umano, ed altresì accettare che ci siano delle “cose” a cui noi non avremmo mai pensato lontanamente e che sappiamo invece perché Dio stesso ce le ha volute rivelare: i misteri della fede.
“ Dobbiamo credere i misteri, perché li ha rivelati Iddio, il quale essendo Verità e Bontà infinita, non può ne ingannarsi ne ingannare” (Catechismo di S.PioX n871)
Tali “misteri della fede” quali: l’unità e trinità di Dio; l’incarnazione della seconda persona della santissima Trinità e sua conseguente morte e resurrezione; il battesimo “per la remissione dei peccati”; “la risurrezione della carne” e “la vita eterna”; sono l’oggetto della fede e in tale campo non c’è alcuna democrazia!
(Mi permetto - per inciso - una piccata osservazione: non capisco come non provino almeno un leggero imbarazzo coloro che vanno per i campi della dogmatica cattolica a cogliere il proprio bouquet di verità in cui credere. In base a quale principio logico ci viene pacifico accettare le decisioni di fede del concilio di Nicea o di Calcedonia, mentre storciamo un po’ il naso al solo sentir nominare Trento e Pio IX? Forse che il dogma della Trinità sia stato definito con un linguaggio più evangelico di quello dell’infallibilità pontificia? )
Le verità di fede sono state fissate nelle definizioni dogmatiche sancite lungo i secoli dai gerarchi della Chiesa, la quale – per dogma di fede - anch’essa è infallibile, come si suol dire: stiamo in una botte di ferro!
Il benevolo lettore potrà pensare che tutto questo insistere sui dogmi sia svilire l’essenza del Cristianesimo la cui “fonte sorgiva” sono le Sacre Scritture. Questa è una ingenuità che io non perdono agli eresiarchi cinquecenteschi e tanto meno – avendo noi a disposizione una vastissima documentazione storica – ai contemporanei. La vera questione non è filologica: la questione in gioco è l’autorità della Scrittura.
La Bibbia si è imposta forse da sola quale fonte di autorità? Non sono state delle autorità ecclesiastiche a stabilire quali libri erano ispirati da Dio? Chi ha dato tanta autorità alla Bibbia? E da dove l’autorità dei chierici di stabilire quale libro è sacro e quale no?
Se il paziente lettore si fosse mai intrattenuto ad una messa, saprà che alla fine delle letture bibliche vien detto: “Parola di Dio” (al che l’assemblea risponde – per il vero con malcelato scarso entusiasmo – Rendiamo grazie a Dio).
Vorrei far notare che la sottolineatura che quella appena proclamata è “la” parola di Dio è sancita dall’autorità della Chiesa che – come direbbe Fiorello nella fastosa parodia di Ignazio La Russa – “molto de-mo-cra-ti-ca-men-te” inculca tale dogma al fedele.
Non vorrei che il mio argomentare potesse, in alcun modo, amareggiare l’eventuale mio lettore postconciliare; il mio verecondo intento è di mostrare l’arbitrarietà di qualunque contrapposizione tra le nobili sorgenti della Scrittura e la – postuma e “ristagnante”- Tradizione ecclesiale. Noi, qualunque siano le nostre convinzioni religiose, non ci rapporteremo mai asetticamente nei confronti della Bibbia, dopo duemila anni che – lo ribadisco: dalla Chiesa! – viene posta su piedistalli marmorei, baciata ed incensata dai ministri del culto.
Non credo che il cattolico di oggi abbia maggior fede nella divina ispirazione della Bibbia rispetto ad un cattolico di mille anni fa: oggi, a differenza che per lo passato, c’è maggiore familiarità del cristiano comune con il testo sacro (così si spera).
Gli scritti di tutti gli autori medievali – bolle di Bonifacio VIII in testa – trasudano di citazioni delle Sacre Scritture; la Bibbia era “la” cultura e compito precipuo dell’intellettuale era il commentarla.
Ciò che il Concilio Vaticano II ha voluto fare mettendo il vangelo in mano al volgo, non è stato quello di trasformare i cattolici in pseudo Testimoni di Geova, pronti a citarti a menadito questo o quel versetto acconcio alla circostanza, ma è stato quello di incrementare nei fedeli – o molto più spesso creare ex novo! – la devozione verso la Sacra Scrittura. Scopo della traduzione della Bibbia in vernacolo non è accrescere la fede nella divinità delle Scritture ma fare della Scrittura uno strumento di preghiera, oggetto di meditazione su quelle verità a cui bisogna credere fermamente e che ti sono state già esposte precedentemente dai vari Catechismi e documenti affini.
Scopo di questa mia ESTENUANTE esposizione è stata quella di evidenziare meglio, il comune errore di confondere il concetto di FEDE e di DEVOZIONE.
Per FEDE si intende accettare il “Credo”. Le formule di fede quindi già ci stanno, la fede di un cattolico consiste nell’aderire a quel corpus sedimentato della “fede della Chiesa”. Avvisa il beato Pio IX, proclamando il dogma dell’Immacolata Concezione che << Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa >>.
Ma una cosa è credere al dogma dell’Immacolata Concezione, altra cosa è nutrire devozione per l’Immacolata.
Certo, è impossibile aver devozione senza aver fede, ma è possibilissimo avere fede senza provare devozione.
Il cristiano DEVE credere nell’efficacia redentiva della dolorosa Passione di Cristo, ma altra cosa è sentire devozione verso “le Cinque Piaghe” o solo per “il Sacro Costato”; per la “Santa Piaga della Sacra Spalla”o per il “Preziosissimo Sangue”. In questo campo la Chiesa ha sempre lasciato quasi illimitato spazio all’effusione dei sentimenti umanissimi con cui i fedeli volevano tradurre i contenuti della fede. Ed in tale campo più che la teologia, contano i temperamenti dei popoli, le mentalità del periodo storico, la geografia,etc: quindi spesso si assiste a delle vere e proprie devote “mode”per questa o quella Madonna – con bambino al seguito o senza – per questo o quel santo.
Se la chiesa proclama un santo, i fedeli sono tenuti a credere che l’anima, della persona elevata agli altari, si trovi veramente in Paradiso ma nessuno sarà obbligato mai a rivolgergli preghiere.
Vorrei, quindi, riaffermare anch’io l’alto valore della democrazia nelle questioni di DEVOZIONE: chi vuole venerare, veneri. Chi non vuole, si astenga.
9 commenti:
Esimio, la sua appassionata e magistrale esposizione viene da me condivisa in toto, per il semplice motivo che tali argomentazioni sono pacificamente accettate perfino dagli atei. E’ evidente (oserei dire scontato) che la sovrana autorità della Chiesa nell’interpretazione delle Scritture costituisca un dogma di fede per il credente. Già nel 1600 Hobbes sosteneva (Leviatano, 3, XXXII e ss.) che lo stato cristiano avesse le stesse caratteristiche di uno stato civile: esso è infatti dotato di un sovrano (Dio) che emana le leggi (le leggi divine), e che attraverso i proprio ministri (il corpo ecclesiastico) fa sì che giungano ai sudditi (i fedeli). E proprio come in uno stato civile i sudditi fedeli al sovrano sono tenuti al rispetto delle leggi, così nello stato cristiano i credenti sono tenuti a rispettare le leggi divine. Leggi divine costituite nel corso dei secoli dalla Chiesa, infallibile per dogma, che ha stabilito –poiché aveva l’autorità per farlo- quale fosse la parola di Dio e in che modo andasse interpretata.
In quest’ottica, la sua piccata osservazione sulla scelta personale che qualcuno arbitrariamente compie tra i dogmi cristiani, viene vieppiù confortata dalla ragione naturale: chi crede, deve aderire senza riserve. E neppure deve esservi confusione tra fede e devozione, poiché la seconda è subordinata alla prima. Mi pare di aver esplicitato senza riserve la libertà di venerazione, che è cosa ben diversa dall’aver fede. Tutto ciò, lo ripeto, costituisce il sostrato comune del dialogo tra laici e cattolici, ed è motivo di condivisione, non certo di scontro.
Lei ha palesato con lodevole zelo le ragioni di un credente, ed è ben lungi dalle mie intenzioni procedere a una qualsiasi confutazione delle stesse. Ciò che doveva emergere dal mio intervento, tuttavia, non era una qualche personale critica verso le convinzioni del fedele, legittime e insindacabili, ma I DUBBI DELL’AGNOSTICO.
Usando il termine “filologico”, intendevo indicare proprio l’arbitrarietà delle interpretazioni della Chiesa riguardo alle Sacre Scritture, perché (e questo è il mio punto di vista) non vi è alcuna ragione naturale che mi porti a ritenere che la Chiesa, FATTA DI UOMINI, possa essere infallibile. E la Storia è costellata di Papi (uno per tutti: Alessandro VI ) che nel nome di Dio hanno compiuto i più tremendi misfatti. Sulle sanguinose Crociate non mi soffermo neppure, né sul deprecabile mercimonio delle indulgenze. Sulle stragi di innocenti accusati di stregoneria preferisco chiudere gli occhi e sperare che il Regno dei Cieli esista veramente, affinché –per una sorta di Nemesi storica-, essi possano essere risarciti dallo stesso Dio a causa del quale sono stati massacrati.
La Chiesa ha commesso tanti di quegli errori da non poter essere considerata non solo infallibile, ma neppure degna di pronunziare il nome di Dio. Queste sono le ragioni, mio egregio Duca, che mi spingono a far prevalere la ragione naturale sulla fede, o meglio, su un certo tipo di fede; né ciò costituisce un grande sforzo, poiché la fede è un dono divino elargito a insindacabile giudizio di Dio, che io non ho avuto la fortuna di ricevere. E la profonda invidia che provo nei confronti di chi ha ottenuto tale grazia, ne è la prova.
Non vorrei incorrere nell’accusa di rendere eccessivamente personale tale discorso, ma gradirei narrarle un episodio simbolico sull’infallibilità della Chiesa e sulla illuminata visione dei propri ministri.
Avevo diciassette anni e frequentavo la quarta liceo scientifico. Decisi di approfittare del periodo pasquale per andare a confessarmi, dopo tre anni passati a farmi divorare dal dubbio teologico. Dopo quaranta minuti d’anticamera, il sacerdote di turno finalmente cessa di correre da un capo all’altro della chiesa con la tonaca svolazzante e mi concede udienza.
- Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Apri il tuo cuore a Dio e confessa i tuoi peccati.
- Beh, sto vivendo una profonda crisi spirituale, nutro molti dubbi…
-Iniziamo dai peccati: sei giovane, la carne è debole, hai commesso atti impuri?
-No, sono ancora troppo giovane…
-Non mi stai raccontando una bugia, per caso? Non vergognarti a confessare gli atti impuri! E’ un dovere farlo, in confessione!
-Non ho commesso atti impuri! L’unico atto impuro, al limite, sono i dubbi che ho e che non dovrei avere…
-Fammi capire bene: da quanto non ti confessi, per non aver commesso atti impuri?
-Tre anni…
-Tre anni???!!! Ma sei nell’abisso del peccato!! Non lo sai che c’è l’OBBLIGO di confessarsi almeno una volta all’anno??!!
-Si, ma i miei dubbi…
-Tu non dubiti di Dio, ma di ciò che sei. Io ti assolvo nel nome del Padre…
Mentre recitavo le dieci Avemarie di penitenza, la mia mente era altrove. Non solo non avevo trovato le risposte che cercavo, ma mi era stata inflitta una condanna senza che mi fosse stato riconosciuto il diritto a un processo equo: le parole “abisso del peccato” mi si erano appiccicate addosso, come una violenza fisica e mentale.
Fu l’ultimo contatto “professionale” che ebbi con i ministri della Santa Chiesa, infallibile per dogma. E uscendo, ebbi cura di pulirmi i piedi, per non portare con me la sporcizia simbolica di quel luogo.
Esimia,
Ci rallegra la concordia delle nostre posizioni per quanto riguarda la Costituzione ecclesiastica. Ma non creda che tali posizioni vengano avvertite universalmente come lapalissiane. Come Vostra grazia sottolinea, oggi son più gli “atei devoti” a trovare intelligibile tale posizione, mentre i cattolici son vittima della cultura del senso di colpa verso tutto ciò che è avvertito come preconciliare. Siamo rimasti noi due e Teresa d’Avila a ritenere che, nella Chiesa, Dio sia “Sua Maestà”: ciò la pone sulla buona strada :).
Siamo lieti che le nostre pacate osservazioni siano state trovate condivisibili “in toto”. Il “procedere a una qualsiasi confutazione delle stesse” è impossibile a chiunque abbia un minimo di verecondia: non è la personale posizione di un credente; è LA comprensione che la Chiesa – storicamente - ha di se stessa, e la posizione intellettuale in base alla quale muovesi ogni suo passo: in questo nulla è mutato tra il Vaticano II e l’Unam Sanctam, se non un il gusto, tutto contemporaneo, per i prolissi giri di parole.
Come lei sa, l’esistenza di << Una Santa “Catholica” e Apostolica >> Chiesa è un articolo del Credo Niceno-Costantinopolitano alla stregua di quelli che parlano del Padre del Figlio e dello Spirito Santo e come tale deve essere confessato dai credenti.
È chiaro che “non vi è alcuna ragione naturale che mi porti a ritenere che la Chiesa, FATTA DI UOMINI, possa essere infallibile” SE io non ho una opinione chiara sulla persona, sulla missione e sulle prerogative – divine - di un certo Gesù di Nazaret!
Penso che per capirci qualcosa sugli ultimi 2000 anni di Cristianesimo, il corretto campo di indagine del sedicente agnostico sia il vissuto storico di Cristo (e non gli amorazzi di Rodrigo Borgia!).
È inconfutabile che la Chiesa (e clero, e fedeli) sia formata da uomini ma se Gesù è Dio, la stessa ragione spinge ad ipotizzare che Cristo ha dotato la sua “creaturina”di una misteriosa dimensione divino-umana che la assimili al fondatore. << Io sono la vite, voi i tralci >> e compagnia cantando: tale Cristo tale Chiesa. Tale la tua concezione della figura di Cristo tale la tua visione della Chiesa: su questo si può tranquillamente trovare sia punti di scontro tra cattolici e laici, sia motivi di dialogo.
Sinceramente Lei mi ha un po’ deluso nel suo – capisco sofferto ma – banale e stereotipato excursus sugli errori del cattolicesimo!
Lei afferma che: << La Chiesa ha commesso tanti di quegli errori da non poter essere considerata non solo infallibile, ma neppure degna di pronunziare il nome di Dio. >> (?) Mah!
Su questo la inviterei a non emettere sentenze inappellabili e ad esercitare i suoi preziosi “DUBBI DELL’AGNOSTICO”!
MA che cosa è questa pretesa infallibilità che la Chiesa – e gli uomini di Chiesa - si arrogano?
La avviso che la mente di Vostra grazia – solitamente tanto fulgida – ha vacillato paurosamente! Lei confonde pesantemente “infallibilità” con “impeccabilità”!
I preti, vescovi, papi e suore non sono infallibili né tanto meno impeccabili: sia in base all’esperienza personale di ognuno; sia in base alla ragione naturale; sia in base agli insegnamenti dogmatici della Chiesa stessa! Quindi non ci può essere scontro tra credenti e non credenti su tale punto. L’errore che il profano compie è quello di coprire ogni decisione ecclesiastica col manto dell’infallibilità, quando invece la Chiesa stessa non si arroga tale diritto: infatti pur sostenendo d’essere infallibile, la Chiesa circoscrive a un ristrettissimo numero di casi e argomenti tale evenienza e possibilità.
Per fare un esempio, la Crociata non è un dogma di fede: fu una legittima posizione di geopolitica – condivisibile o meno - assunta dal papato dell’anno mille, così come è legittima la dura posizione – condivisibile o meno - contro la guerra in Irak, di Bush (padre e figlio), sostenuta da Giovanni Paolo II. I Marines di religione cattolica che hanno messo piede in Irak non sono stati mica scomunicati “ipso facto” per essere andati contro l’opinione del Pontefice! Il papa incoraggiando gli sforzi di pace non si è mai arrogato di rivestire le sue parole di infallibilità: sono parole – condivisibili o no – che si fondano sulla ragione e sul buon senso e non sul primato petrino. Lo stesso discorso vale per Urbano II a Clermont.
Lei ribatterà che si marciava verso Gerusalemme al grido “Dio lo vuole”, ma anche Giovanni Paolo II dice che Dio vuole la pace: in nessuno dei due casi il papa è infallibile. E non si pensi che il paragone non regga perché non sarebbe possibile mettere sullo stesso piano la guerra e la pace; il piano del discorso è un altro: con quale autorità? Laicamente parlando sia Urbano che Giovanni Paolo si son fatti portavoci di Dio e se sbagliava UrbanoII allora potrebbe aver sbagliato anche Wojtila adesso. Vede: anch’io so fare l’agnostico!:)
Per chiosare l’argomento “impeccantia”.
Io non so, in vero, in che humus religioso lei sia stata allevata, ma nessuno che io conosca ha mai lontanamente pensato che il signor parroco fosse infallibile ed impeccabile.
Il dogma insegna che i sacramenti celebrati dal sacerdote hanno efficacia per intervento divino e non per virtù propria del prete: altrimenti staremmo freschi.:)
Ciò che più detesto quando vuoi confessarti è la vecchina - che ce l’ha scritto in faccia che s’è confessata ieri - che sta 35 minuti a parlare col prete raccontandogli del figlio, della nuora, della vicina etc! La confessione consiste nel dire brevemente i peccati, stop.
Il sacerdote assolve – in nome di Cristo che solo può assolvere! – i peccati che tu hai enumerato, che però vengono perdonati – da Dio – nella misura del tuo reale pentimento.
Esiste poi uno dei 5 “precetti generali della Chiesa” che impone al fedele di “confessarsi una volta l’anno e comunicarsi almeno a Pasqua” (ossia il celeberrimo Precetto pasquale): tale discrimine serve a distinguere nettamente un cattolico praticante da un non praticante.
La piccola Isiduccia fece il veniale errore di confondere il confessore col – per usare un parolone – “padre spirituale”; errore capitato a tantissimi: per la confessione son buoni tutti ma se vuoi un prete per chiacchierarci, come capita nella normale vita “civile”, te lo devi scegliere in base alla sua preparazione ed alle doti umane!
Comunque credo che più che incattivirla contro i preti l’episodio avrebbe dovuta farla meditare sulla prostrazione morale dei propri coetanei e rendela lieta della propria indole moralmente sana!
Lei mi arriva persino a confondere la Fede e la Morale!
Contro ad un Lutero che - per rimarcare la necessità della sola fede per la salvezza – sosteneva: “Pecca fortemente ma credi ancor più fortemente!”, il Sacro Concilio Tridentino - molto più laicamente – distingue tra la “Grazia della Fede” e la “Grazia Santificante”.
Quindi io con tutta la mia fermissima fede nell’Incarnazione e nella Transustanziazione, se compio ad esempio un omicidio, anche se non ho perso la fede nei dogmi, merito lo stesso di precipitare all’inferno con tutta la mia fede e la mia devozione!
Quindi io mai difenderò la santità di un Alessandro VI, poiché se la Chiesa si arroga il potere di comunicare la Grazia Santificante, ogni fedele, barbone o pontefice che sia, deve ricercarla personalmente e rispondere alla propria coscienza e a Dio del proprio operare.
I “crimini” il Borgia non li compì in nome di Dio ma in nome del potere e del vizio, anche se i romani mai si lamentarono del suo governo. Infatti non c’è coincidenza tra successo mondano di un pontificato e santità del pontefice: esiste pure un san Celestino V, no? Comunque è assolutamente certo che nei suoi 11 anni di pontificanto mai, su argomenti di fede e di morale, Alessandro VI emanò documenti che non fossero più che ortodossi!
Sotto il suo pontificato furono approvati due ordini monastici rigorosissimi come i Minimi di san Francesco di Paola e degli Agostiniani Eremitani nei quali militava l’austero Lutero.
Moralmente deprecabilissimo, teologicamente ineccepibile: se cerco prove della teoria dell’infallibilità della Chiesa, la vicenda dei Borgia è nettamente a favore più che contro.
Avrei altro su cui vorrei requisire...ma...
Ho scritto troppo!
Spero si conforterà sapendo che questo è un SUPPLIZIO che riservo a ben pochi! :)
Venga nell’Urbe e dibattiamone de visu: stò già raccogliendo le fascine:D
Esimio, essendo a conoscenza delle sue origini sicule, le risponderò con un'antica formula orfica della sua bella terra: I CAINNI M'ARRIZZANO! Prima di giungere in visita all'Urbe, mi munirò di qualche radice, viscere di animali, zampe di gallo e quant'altro occorrer possa alla preparazione di una pozione salvifica, che la liberi dal demone dell'indottrinamento! :)
Se poi lei, nella sua infinita ed evangelica bontà, volesse presentarsi con qualche bicchiere di Malvasia delle Lipari, la cosa non mi sarebbe sgradita :)
Per quanto riguarda i concetti suesposti, mi riservo di puntualizzare prossimamente.
I più deferenti ossequi
I.
Sono affascinato. :-)
Tuttavia, a me interessava la Malvasia delle Lipari. Se avrete gusto di incontrarvi, a margine delle vostre interessantissime disquisizioni potrete riservarmene un pochettino? Oh, quanto piaceremmi bere della vostra sapianza in cotal guisa!
L.(m)
Egregio L., comprenderà che nelle questioni etiliche occorre un'estrema chiarezza. Ella desidera abbeverarsi della nostra "sapienza" o della Malvasia? Per la prima, resterebbe a becco asciutto, per la seconda... beh, se ne potrebbe ragionare, soprattuto se in base al principio del "do ut des" (ben poco evangelico, lo so, ma la Malvasia è una cosa seria), lei offrisse un vassoio di frittelle carnascialesche :)
I.
Egregio, mi limito a mettere in luce qualche falla logica che ho riscontrato nella sua sempre più appassionata apologia della Santa Chiesa. In primis, lei ha affermato quanto segue:
-E' chiaro che non vi è alcuna ragione naturale che mi porti a ritenere che la Chiesa,fatta di uomini, possa essere infallibile, SE io non ho un'opinione chiara sulla persona e sulle prerogative divine di un certo Gesù di Nazaret.-
Le prerogative divine di Gesù di Nazaret si infondono nella Chiesa? Va bene che gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo prima di andarsene in giro a predicare, ma questo spirito come lo hanno trasmesso ai successori? Era forse contenuto in una fialetta da assumere oralmente prima dei pasti? :-) Primo dogma.
-E' inconfutabile che la Chiesa (...) sia formata di uomini, ma se Gesù è Dio, la stessa ragione mi spinge a ipotizzare che Cristo ha dotato la sua "creaturina" di una misteriosa dimensione divino-umana che la assimila al fondatore.(...) Tale Cristo, tale Chiesa. Tale la tua concezione della figura di Cristo, tale la tua visione della Chiesa.-
Ma cos’è, il rigoroso principio scientifico del “e chesto và ppe chello”? Come vede, mi permetto di citarla, spero non se ne abbia a male... :-) Una cosa è Cristo, altra cosa è la Chiesa, intesa come insieme di fedeli. E’ evidente che per un credente non è così, ma lei sta dialogando con una persona che non ha alcuna certezza riguardo all’esistenza di Dio... Secondo dogma. :-)
-Sinceramente lei mi ha un po’ deluso nel suo (...) banale e stereotipato excursus sugli errori del cattolicesimo!-
E cosa si aspettava, che conferissi alla Chiesa un attestato di benemerenza? :-) Se è banale e stereotipato, è solo perchè si tratta della triste realtà. Gli stereotipi hanno questo nome perchè indicano un modello talmente diffuso da poter essere considerato la norma. Poi esistono le eccezioni, come il cardinale Ersilio Tonini, o lo stesso Papa, ma sempre di eccezioni si tratta.
-Lei confonde pesantemente “infallibilità” con “impeccabilità”!-
Esimio, lei mi cade in un clamoroso errore! Il mio humus (non religioso, ma culturale) è di carattere linguistico-letterario: non si può confondere l’infallibilità con l’impeccabilità, per il semplice motivo che la prima riguarda le questioni squisitamente teologiche, mentre la seconda attiene alla sfera morale. Va da sè che gli uomini, e quindi la Chiesa, sono “peccabilissimi”secondo l’opinione di credenti, agnostici e atei. L’infallibilità, invece, non può essere accettata se non da un credente, in base al secondo dogma di cui sopra, (ovvero che Cristo è Dio, e quindi la sua creatura deve avere le stesse caratteristiche divine del fondatore). Forse, l’ho tratta in inganno con la chiusura del mio intervento, forse non ho usato i termini appropriati. Nel qual caso mi scuso. Ma ora arriviamo al pezzo forte:
-Pur sostenendo d’essere infallibile, la Chiesa circoscrive a un ristrettissimo numero di casi e argomenti tale evenienza e possibilità.-
Duca, lei mi manda in sollucchero, poichè mi dà l’opportunità di fare un esercizio di logica pura! :-)
“Pur sostenendo d’essere infallibile...”. Dunque la Chiesa SOSTIENE di essere infallibile.
Primo termine del sillogismo: LA CHIESA E’ INFALLIBILE.
Tuttavia, questa infallibilità si esercita solo in un ristretto numero di argomenti e di casi, a livello di evenienza e possibilità.
Secondo termine del sillogismo: L’INFALLIBILITA’(EVENTUALE E POTENZIALE) E’ RELATIVA SOLO AD ALCUNI ARGOMENTI E CASI.
Evenienza? Significa che in alcuni casi può essere infallibile e in altri no? E allora che razza di infallibilità è? O la Chiesa è infallibile, o non lo è. “Infallibilità” è un termine monoreferenziale, significa una (e una sola) cosa: CHE NON PUO’ SBAGLIARE MAI.
Va da sé che, con tali premesse, non posso ravvisare alcuna logica in questo discorso…
Comunque, egregissimo, ho il timore che lei stia cercando di cavare il sangue da una rapa. Ancora una volta, tenta di convincermi della bontà di tutta la costruzione cristiana, non tenendo presente che lei è all’Empireo mentre io sto ancora in cantina (a cercare la Malvasia…). Come posso accettare tutta la selva di dogmi, se ancora nutro dubbi sulla cosa principale, ovvero l’esistenza di un Dio?
Mi trovo, purtroppo, sul gradino più basso, non ho la fortuna di possedere la fede incrollabile che illumina la sua bella persona. Né posso essere recettiva verso una sorta di indottrinamento, perché mancherebbe la naturale disposizione d’animo che accosta un uomo alla sfera del divino.
Comunque, si conforti: anch’io possiedo la mia personale Trinità! Segnatamente, San Francesco d’Assisi, Padre Sandro e la Paternoster! :-) Sul primo non occorre discutere: amo il messaggio di povertà e semplicità che ci ha lasciato, senza tanti fronzoli, senza tanti cerimoniali. Del secondo, che lei forse conosce per fama, apprezzo la capacità di leggere nelle menti e nei cuori delle persone: grande uomo! (Sarà anche perché, avendomi vista una sola volta, ha sentenziato che sono più cristiana di tutti, e ha financo aggiunto che sono una bella persona :-). Di certo comprenderà che queste cose fanno piacere). La terza, beh… Se dovessi fare un elenco delle sue virtù, dovrei scrivere per un giorno intero! Tutto il resto, è solo dubbio.
Esimio, la saluto -ad un'ora tarda che si addice invero più alle streghe che alla sottoscritta- con una nota riguardante il suo post su Alessandro: era talmente bello, profondo e toccante, che non ho voluto imbrattare la pagina con nessun commento! Ho la sensazione che lei, come Alessandro, abbia la giovinezza e la forza di carattere per andare lontano. Sento che è destinato a grandi cose. E questo è un vaticinio :-)
I.
Esimia,
non ritengo onesto parlere di un mio presunto “indottrinamento”!
Sollecitato da Vostra grazia, umilmente ho esposto; non una presunta mia personale fede sublime - che non c'è - ; ma delle “infime” nozioni che ognun dovrebbe sapere prima di invischiarsi in cotali argomenti (e STRAPARLARE).
La invito calorosamente a leggersi il CATECHISMO MAGGIORE di San PIO X: non storca il naso! È un’opera chiara e diretta - che a domanda risponde - e finalmente troverà l’illuminazione! :) o almeno spunti per l’organizzazione di un suo prossimo e simpatico “Auto da fè”.:D
Certo, il“Nuovo Catechismo” è sicuramente più ampio di vedute ma risulta forse troppo intellettuale e prolisso per una donna devota come voi :)
Dopo aver letto il Leviathan le assicuro che PioX le sembrerà un illuminista !
La riverisco,
e mi permetto di insinuarle il dubbio che possa esserci un segreto anelito dell’umanità verso il germinare di un Vostro autocratico blog!
Ci mediti seriamente: la potrei introdurre nella allegra famiglia di bloogs!:)
Inoltre - se posso ardire! - inviterei Vostra “ tanta voglia di sillogismizzare”, ad imprimere l'ipotetico frutto delle sue meningi, ad un NUOVO post: “LASCIA CH’IO PIANGA!”: e cheste và pe chelle!! :D
PS: Non sono giovane come il Macedone ma sono antico quasi come lui, e per questo nel terzo secolo avanti Cristo ci sguazzo: )IO SONO VECCHIO DENTRO.
Gentile Isidonia, mi permetto di chiamarla per nome nel potermi associare nella vieppiù esitante proposta che il Duque le accenna: apra un blog!
Sarebbe per me un onore e un privilegio, il poterLa ospitare nella modesta piattaforma che, del tutto hobbysticamente, porto avanti insieme ad alcuni amici che condividono il dono della parola scritta (e non altra idea).
Ovviamente, se dovesse anche solo per un momento riflettere su tale evenienza, conti su di me per aiuto "tecnico" e di sostanza e -altrettanto ovviamente- nulla dovrà se non promessa di proseguir dicendo!
Posso essere fiducioso? Ci farebbe piacere.
Egregio Luciano, sono commossa per il calore con cui lei e il Duca perorate la proposta. Mi duole dirvi che non ho il tempo sufficiente per aprire, gestire e scrivere su un blog tutto mio. Finora ho approfittato della gentile ospitalità del Duca, ma temo che in futuro questo lieto sodalizio sia necessariamente destinato ad attenuarsi: il tempo è tiranno, come dice Biscardi :-) In ogni caso, continuerò, quando mi sarà possibile, a leggervi con sommo gaudio. Colgo l'occasione per porgerle le mie condoglianze per la dipartita di Beta, rammaricandomi di non esserne venuta a conoscenza quando era ancora in vita: ne avrei tratto indubbio giovamento.
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