Ovvero: come il giornalista Federico Marchi sopra "il Giornale" enarri che in quel di Sanremo, in concomitanza della celeberrima gara canora, sia esplosa una gesuitica cagnara intorno ai gregoriani inni e cantici:
Sanremo si ribella ai Gesuiti: «Vogliamo la Messa in latino»
"A Sanremo si possono cantare le canzoni sui gay, su Saffo, sulla rivoluzione, ma non si possono cantare le Messe in latino. Il caso è stato sollevato ieri (27 febbraio 2008, ndr) in Comune, mentre alla sala stampa dell'Ariston Roof andavano in scena le solite polemiche sul calo di ascolti, sulle canzoni inedite o meno e sullo spostamento del Festival a Roma.
La situazione è seria e rischia di causare un vero scontro in città ma non solo. Tutto ha avuto inizio lo scorso 7 luglio quando il Papa aveva disposto la possibilità di celebrare nuovamente la Santa Messa tradizionale in latino. Condizione necessaria era la richiesta di un gruppo di fedeli composto da almeno 30 persone.
È così subito nata un'iniziativa che ha portato alla costituzione di un gruppo sanremese cui hanno aderito 250 fedeli.
Il 23 dicembre si è svolta la prima celebrazione, in rito tradizionale e cantata in gregoriano, presso la chiesa di Santo Stefano retta dai Padri Gesuiti.
Alla Messa avevano partecipato 500 fedeli, molti dei quali giovani, il che faceva presupporre il ripetersi di queste occasioni come lo stesso Benedetto XVI aveva auspicato.
Il superiore dei Gesuiti per il nord Italia, Padre Alberto Remondini, ha invece decretato l'impossibilità di celebrare Messe in latino se non per eventi eccezionali, escludendo di fatto la possibilità di stabilirne cadenze fisse o periodiche.
«Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» aveva scritto il Santo Padre nella sua lettera sulla Messa tradizionale.
Proprio su queste parole si basa la protesta attuata dall'associazione di fedeli di Sanremo «Beato Tommaso Reggio» che ora chiede il rispetto di queste intenzioni per poter celebrare nuovamente il rito con date fisse.
«Abbiano chiesto chiarimenti sia al Provinciale d'Italia, sia al Superiore Generale dei Gesuiti - ha detto uno dei portavoce Enrico Spitali - precisando che la mancata risposta sarebbe equivalsa ad una conferma del divieto comunicatoci verbalmente». La risposta non è arrivata confermando quindi questa decisione negativa.
«È molto doloroso che questa violazione di un diritto di fedeli e, soprattutto - proseguono i fedeli -, che questo spregio alle disposizioni del Santo Padre provenga dall'Ordine i cui membri, per statuto, formulano un voto speciale di obbedienza al Papa».
Tutto questo mentre si assiste a celebrazioni particolari che sono state approvate, il gruppo sanremese fa infatti riferimento al Padre Gesuita Van Der Eecke e al corso di danza liturgica che si tiene anche a Milano.
Il dito viene puntato proprio sullo spirito di obbedienza dei Gesuiti verso il Santo Padre che, in questo caso, sembrerebbe venire meno.
«Evidentemente possiamo affermare che il primo atto del Papa Nero è una patente di disobbedienza al Santo Padre, quello vero - prosegue Francesco Rilla delegato sanremese di Una Voce per l'Italia - perché decretare che un suo provvedimento, avente immediata forza di legge, non deve essere applicato in alcun luogo di culto è un atto, prima ancora che illegittimo ed abusivo, oltraggioso verso Benedetto XVI».
I fedeli appartenenti al gruppo di Sanremo chiedono, a questo punto, di vedere attuate le disposizioni del Santo Padre anche dai Gesuiti di tutt'Italia e che, dunque, sia espressamente consentito ai Padri di riaprire le porte della loro chiesa al rito antico e alla Messa tradizionale celebrata secondo i libri liturgici approvati dal Papa.
«Ci auguriamo - conclude Enrico Spitali - che, per dimostrare nei fatti l'attaccamento al Santo Padre della Compagnia di Gesù, i suoi vertici intervengano a chiarire la situazione incresciosa creata dall'ostracismo ingiustificato ed immotivato alla Santa Messa tradizionale in latino».
Il caso parte da Sanremo ma rischia di assumere un rilievo nazionale per gli sviluppi che potrà aprire."
© Copyright Il Giornale (Genova), 28 febbraio 2008
1 commento:
Sul suo emerito blog, il dodici volte pio Andrea Tornielli offre un (dis)gustoso petegolezzo ecclesiastico: dopo quarant'anni dalla fine del concilio all'Università cattolica di milano si sono ricordati di smontare l'altare "a muro" per edificarne uno nuovo altare maggiore in solida pietra ma che sia vero il popolo. Tornielli svela l'arcano di tanto zelo:
"Era stata celebrata nei mesi scorsi, ”una tantum” e tra mille difficoltà, nella cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore la messa tridentina secondo il Motu proprio “Summorum Pontificum” di Benedetto XVI. L’aveva presieduta don Gianni Ambrosio, cappellano della Cattolica. Fino all’ultimo “consigliato” da un alto esponente della Curia di Milano di lasciar perdere. Lo scorso febbraio Ambrosio è stato consacrato vescovo a Piacenza. Quella messa non è mai stata ripetuta. E ora nella cappella, rimasta fino ad oggi con l’altare antico, sono iniziati i lavori per l’installazione di un altare rivolto verso il popolo.
Magari si tratta di un progetto stabilito da anni, ma la coincidenza temporale balza agli occhi e fa pensare. Anche perché la riforma liturgica (e le indicazioni sugli altari, che non risalgono al Concilio, ma al post-concilio) è terminata da un pezzo. Lo scorso gennaio, com’è noto, Benedetto XVI ha celebrato nella Cappella Sistina sull’altare antico, senza far montare quello “mobile” rivolto verso il popolo."
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