Mercè il "divinus" Magister si alza il velame sul contenuto delle risposte date "a braccio" dal sedici volte Benedetto alle domande formulategli da alcuni membri del clero romano durante la tradizionale udienza ai parroci e rettori delle chiese della Diocesi di Roma.
Nell'udienza al clero romano del 7 febbraio 2008, che si è svolta nella Loggia delle benedizioni della Basilica Vaticana, come di prammatica il giovedì seguente il Mercoledì delle Ceneri, tra le dieci domande rivolte a Benedetto XVI una recitava così:
Come conciliare il tesoro della liturgia in tutta la sua solennità con il sentimento, l'affetto e l'emotività delle masse di giovani chiamati a parteciparvi?
Il Sedici volte e vieppiù Benedetto sommo liturgo ha così risposto:
"È un grande problema quello delle liturgie alle quali partecipano masse di persone. Ricordo che nel 1960, durante il grande congresso eucaristico internazionale di Monaco, si cercava di dare una nuova fisionomia ai congressi eucaristici, che sino ad allora erano stati soltanto atti di adorazione. Si voleva mettere al centro la celebrazione dell'Eucaristia come atto della presenza del mistero celebrato.
Ma subito nacque la domanda su come fosse possibile. Per adorare, si diceva, lo si può fare anche a distanza; ma per celebrare è necessaria una comunità limitata che possa interagire con il mistero, dunque una comunità che deve essere assemblea attorno alla celebrazione del mistero.
Erano molti quelli contrari alla celebrazione dell'Eucaristia all'aperto con centomila persone. Dicevano che non era possibile proprio per la struttura stessa dell'Eucaristia, che esige la comunità per la comunione. Erano anche grandi personalità, molto rispettabili, quelle contrarie a questa soluzione.
Ma poi il professor Jungmann, grande liturgista, uno dei grandi architetti della riforma liturgica, ha creato il concetto di "statio orbis", cioè è tornato alla "statio Romae" dove proprio nel tempo della Quaresima i fedeli si raccolgono in un punto, la "statio", come i soldati per Cristo, e poi vanno insieme all'Eucaristia. Se questa, ha detto, era la "statio" della città di Roma, il luogo dove la città di Roma si riunisce, allora questa è la "statio orbis", il luogo di raccolta del mondo.
È da quel momento che abbiamo le celebrazioni eucaristiche con la partecipazione delle masse. Per me, devo dire, rimane un problema, perché la comunione concreta nella celebrazione è fondamentale e quindi non trovo che la risposta definitiva sia stata realmente trovata. Anche nel Sinodo scorso ho fatto emergere questa domanda, che però non ha trovato risposta.
Anche un'altra domanda ho fatto, sulla concelebrazione in massa: perché se concelebrano, per esempio, mille sacerdoti, non si sa se c'è ancora la struttura voluta dal Signore. Sono domande. E così si è presentata a lei, a Loreto, la difficoltà nel partecipare a una celebrazione di massa durante la quale non è possibile che tutti siano ugualmente coinvolti. Si deve dunque scegliere un certo stile per conservare quella dignità che è sempre necessaria per l'Eucaristia; la comunità non è uniforme e l'esperienza della partecipazione all'avvenimento è diversa; per alcuni è certamente insufficiente. Ma a Loreto la cosa non è dipesa da me, piuttosto da quanti si sono occupati della preparazione.
Si deve dunque riflettere bene su cosa fare in queste situazioni [...]. Rimane il problema fondamentale, ma mi sembra che, sapendo che cosa è l'Eucaristia, anche se non si ha la possibilità di un'attività esteriore come si desidererebbe per sentirsi compartecipi, vi si entra con il cuore, come dice l'antico imperativo nella Chiesa, creato forse proprio per quelli che stavano dietro nella basilica: "In alto i cuori! Adesso tutti usciamo da noi stessi, così tutti siamo con il Signore e siamo insieme". Non nego il problema, ma se seguiamo realmente questa parola "In alto i nostri cuori" troveremo tutti, anche in situazioni difficili ed a volte discutibili, la vera partecipazione attiva."
Il vaticanista Paolo Rodari (dal suo Palazzo Apostolico) informa che Benedetto XVI ha dato ordine che non solo il cuore ma corpo ed anima di monsignor Guido Marini fossero elevati nel più alto dei cieli, mercè l'uso dell'aereoplano, al fine di sorvolare l'oceano Atlantico e l'Oceano Pacifico per recarsi negli Stati Uniti ed in Australia a supervisionare la regia delle incombenti messe "oceaniche" che il Sommo Pontefice deve presiedere:
"...Nell’ultima grande celebrazione di massa cui Ratzinger ha partecipato, ad esempio, e cioè il recente raduno di Loreto, tutti i problemi di questa celebrazione si sono verificati e la cosa, ha detto, «non è dipesa da me, piuttosto da quanti si sono occupati della preparazione».
E così, ecco la soluzione, per ora ancora parziale, ma comunque necessaria, in vista delle prossime messe oceaniche: le due in occasione del viaggio apostolico negli Stati Uniti (il 17 aprile nel nuovo Nationals Park e il 20 aprile al Yankee Stadium di New York) e quelle previste in occasione della giornata mondiale della gioventù di Sydney.
Negli Usa, e poi in Australia, il Papa ha deciso di non delegare più a terzi l’organizzazione delle celebrazioni. E così ha chiesto che, nei prossimi giorni, fosse il suo cerimoniere, monsignor Guido Marini, a volare oltre Oceano (sia Pacifico che Atlantico) col preciso incarico di studiare gli spazi adibiti per le funzioni liturgiche al fine di assumersi la responsabilità diretta dello svolgimento delle celebrazioni in quegli spazi. Affinché il risultato siano messe sì oceaniche, ma almeno segnate il più possibile da compostezza e rigore."
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