domenica, marzo 23, 2008

l'allodola di Frisinga /9

Ovvero: "...affinchè si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: dall'Egitto ho chiamato il mio figlio" (Mt.2,15)


"Nella sua vita terrena Gesù, come tutti noi, era legato alle condizioni esterne dell’esistenza corporea: a un determinato luogo e a un determinato tempo. La corporeità pone dei limiti alla nostra esistenza. Non possiamo essere contemporaneamente in due luoghi diversi. Il nostro tempo è destinato a finire. E tra l’io e il tu c’è il muro dell’alterità. Certo, nell’amore possiamo in qualche modo entrare nell’esistenza dell’altro.
Rimane, tuttavia, la barriera invalicabile dell’essere diversi.

Gesù, invece, che ora mediante l’atto dell’amore è totalmente trasformato, è libero da tali barriere e limiti. Egli è in grado di passare non solo attraverso le porte esteriori chiuse, come ci raccontano i Vangeli (cfr Gv 20, 19). Può passare attraverso la porta interiore tra l’io e il tu, la porta chiusa tra l’ieri e l’oggi, tra il passato ed il domani.
[...]
Il suo andare via diventa un venire nel modo universale della presenza del Risorto, in cui Egli è presente ieri, oggi ed in eterno; in cui abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi. Ora può oltrepassare anche il muro dell’alterità che separa l’io dal tu.
Questo è avvenuto con Paolo, il quale descrive il processo della sua conversione e del suo Battesimo con le parole: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2, 20).
Mediante la venuta del Risorto, Paolo ha ottenuto un’identità nuova. Il suo io chiuso si è aperto. Ora vive in comunione con Gesù Cristo, nel grande io dei credenti che sono divenuti – come egli definisce tutto ciò – “uno in Cristo” (Gal 3, 28).

[...]

Nel capitolo conclusivo della Lettera agli Ebrei [...] si legge: “Il Dio della pace ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore in virtù del sangue di un’alleanza eterna” (cfr 13, 20). In questa frase echeggia una parola del Libro di Isaia, nella quale Mosè viene qualificato come il pastore che il Signore ha fatto uscire dall’acqua, dal mare (cfr 63, 11).
Gesù appare come il nuovo Pastore, quello definitivo che porta a compimento ciò che Mosè aveva fatto: Egli ci conduce fuori dalle acque mortifere del mare, fuori dalle acque della morte.

Possiamo in questo contesto ricordarci che Mosè dalla madre era stato messo in un cestello e deposto nel Nilo. Poi, per la provvidenza di Dio, era stato tirato fuori dall’acqua, portato dalla morte alla vita, e così – salvato egli stesso dalle acque della morte – poteva condurre gli altri facendoli passare attraverso il mare della morte. Gesù è per noi disceso nelle acque oscure della morte. Ma in virtù del suo sangue, ci dice la Lettera agli Ebrei, è stato fatto tornare dalla morte: il suo amore si è unito a quello del Padre e così dalla profondità della morte Egli ha potuto salire alla vita. Ora eleva noi dalla morte alla vita vera.

Sì, è ciò che avviene nel Battesimo: Egli ci tira su verso di sé, ci attira dentro la vera vita. Ci conduce attraverso il mare spesso così oscuro della storia, nelle cui confusioni e pericoli non di rado siamo minacciati di sprofondare.


Nel Battesimo ci prende come per mano, ci conduce sulla via che passa attraverso il Mar Rosso di questo tempo e ci introduce nella vita duratura, in quella vera e giusta.
Teniamo stretta la sua mano!
Qualunque cosa succeda o ci venga incontro, non abbandoniamo la sua mano! Camminiamo allora sulla via che conduce alla vita."

Benedictus PP XVI

3 commenti:

Duque de Gandìa ha detto...

Eco scritto dal "Cristiano" in più (e da un musulmano di meno) il perchè della propria plateale conversione:

Il racconto del percorso interiore che mi ha portato a scegliere la religione cattolica dopo una approfondita riflessione sull'islam autore: Magdi Cristiano Allam

"Cari Amici,
Sono particolarmente lieto di condividere con voi la mia immensa gioia per questa Pasqua di Resurrezione che mi ha portato il dono della fede cristiana.

Vi propongo volentieri la lettera da me inviata al Direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, in cui racconto il percorso interiore che mi ha portato alla scelta della conversione al cattolicesimo. Questa è la versione integrale della lettera che è stata pubblicata, solo parzialmente, oggi [domenica 23 aprole 2008 ndr] dal Corriere della Sera.

"Caro Direttore,
Ciò che ti sto per riferire concerne una mia scelta di fede religiosa e di vita personale che non vuole in alcun modo coinvolgere il Corriere della Sera di cui mi onoro di far parte dal 2003 con la qualifica di vice-direttore ad personam. Ti scrivo pertanto da protagonista della vicenda come privato cittadino.

Ieri sera mi sono convertito alla religione cristiana cattolica, rinunciando alla mia precedente fede islamica.
Ha così finalmente visto la luce, per grazia divina, il frutto sano e maturo di una lunga gestazione vissuta nella sofferenza e nella gioia, tra la profonda e intima riflessione e la consapevole e manifesta esternazione.

Sono particolarmente grato a Sua Santità il Papa Benedetto XVI che mi ha impartito i sacramenti dell’iniziazione cristiana, Battesimo, Cresima e Eucarestia, nella Basilica di San Pietro nel corso della solenne celebrazione della Veglia Pasquale. E ho assunto il nome cristiano più semplice ed esplicito: “Cristiano”. Da ieri sera dunque mi chiamo Magdi Cristiano Allam.

Per me è il giorno più bello della vita. Acquisire il dono della fede cristiana nella ricorrenza della Risurrezione di Cristo per mano del Santo Padre è, per un credente, un privilegio ineguagliabile e un bene inestimabile. A quasi 56 anni, nel mio piccolo, è un fatto storico, eccezionale e indimenticabile, che segna una svolta radicale e definitiva rispetto al passato.

Il miracolo della Risurrezione di Cristo si è riverberato sulla mia anima liberandola dalle tenebre di una predicazione dove l’odio e l’intolleranza nei confronti del “diverso”, condannato acriticamente quale “nemico”, primeggiano sull’amore e il rispetto del “prossimo” che è sempre e comunque “persona”; così come la mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia, permettendomi di aderire all’autentica religione della Verità, della Vita e della Libertà.
Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù, ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e Ragione.

La mia conversione al cattolicesimo è il punto d’approdo di una graduale e profonda meditazione interiore a cui non avrei potuto sottrarmi, visto che da cinque anni sono costretto a una vita blindata, con la vigilanza fissa a casa e la scorta dei carabinieri a ogni mio spostamento, a causa delle minacce e delle condanne a morte inflittemi dagli estremisti e dai terroristi islamici, sia quelli residenti in Italia sia quelli attivi all’estero.
Ho dovuto interrogarmi sull’atteggiamento di coloro che hanno pubblicamente emesso delle fatwe, dei responsi giuridici islamici, denunciandomi, io che ero musulmano, come “nemico dell’islam”, “ipocrita perché è un cristiano copto che finge di essere musulmano per danneggiare all’islam”, “bugiardo e diffamatore dell’islam”, legittimando in tal modo la mia condanna a morte. Mi sono chiesto come fosse possibile che chi, come me, si è battuto convintamente e strenuamente per un “islam moderato”, assumendosi la responsabilità di esporsi in prima persona nella denuncia dell’estremismo e del terrorismo islamico, sia finito poi per essere condannato a morte nel nome dell’islam e sulla base di una legittimazione coranica. Ho così dovuto prendere atto che, al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale.
Parallelamente la Provvidenza mi ha fatto incontrare delle persone cattoliche praticanti di buona volontà che, in virtù della loro testimonianza e della loro amicizia, sono diventate man mano un punto di riferimento sul piano della certezza della verità e della solidità dei valori. A cominciare da tanti amici di Comunione e Liberazione con in testa don Juliàn Carròn; a religiosi semplici quali don Gabriele Mangiarotti, suor Maria Gloria Riva, don Carlo Maurizi e padre Yohannis Lahzi Gaid; alla riscoperta dei salesiani grazie a don Angelo Tengattini e don Maurizio Verlezza culminata in una rinnovata amicizia con il Rettore maggiore Don Pascual Chavez Villanueva; fino all’abbraccio di alti prelati di grande umanità quali il cardinale Tarcisio Bertone, monsignor Luigi Negri, Giancarlo Vecerrica, Gino Romanazzi e, soprattutto, monsignor Rino Fisichella che mi ha personalmente seguito nel percorso spirituale di accettazione della fede cristiana.

Ma indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana, e a cui aderisco pienamente da cristiano per ispirarmi di nuova luce nel compimento della missione che Dio mi ha riservato.

Il mio è un percorso che inizia da quando all’età di quattro anni, mia madre Safeya – musulmana credente e praticante – per il primo della serie di “casi” che si riveleranno essere tutt’altro che fortuiti bensì parte integrante di un destino divino a cui tutti noi siamo assegnati –mi affidò alle cure amorevoli di suor Lavinia dell’Ordine dei Comboniani, convinta della bontà dell’educazione che mi avrebbero impartito delle religiose italiane e cattoliche trapiantate al Cairo, la mia città natale, per testimoniare la loro fede cristiana tramite un’opera volta a realizzare il bene comune.
Ho così iniziato un’esperienza di vita in collegio, proseguita dai salesiani dell’Istituto Don Bosco alle medie e al liceo, che mi ha complessivamente trasmesso non solo la scienza del sapere ma soprattutto la coscienza dei valori. E’ grazie ai religiosi cattolici che io ho acquisito una concezione profondamente e essenzialmente etica della vita, dove la persona creata a immagine e somiglianza di Dio è chiamata a svolgere una missione che s’inserisce nel quadro di un disegno universale ed eterno volto alla risurrezione interiore dei singoli su questa terra e dell’insieme dell’umanità nel Giorno del Giudizio, che si fonda nella fede in Dio e nel primato dei valori, che si basa sul senso della responsabilità individuale e sul senso del dovere nei confronti della collettività.
E’ in virtù dell’educazione cristiana e della condivisione dell’esperienza della vita con dei religiosi cattolici che io ho sempre coltivato una profonda fede nella dimensione trascendentale, così come ho sempre ricercato la certezza della verità nei valori assoluti e universali.

Ho avuto una stagione in cui la presenza amorevole e lo zelo religioso di mia madre mi hanno avvicinato all’islam, che ho periodicamente praticato sul piano cultuale e a cui ho creduto sul piano spirituale secondo un’interpretazione che all’epoca, erano gli anni Sessanta, corrispondeva sommariamente a una fede rispettosa della persona e tollerante nei confronti del prossimo, in un contesto – quello del regime nasseriano – dove prevaleva il principio laico della separazione della sfera religiosa da quella secolare.

Del tutto laico era mio padre Mahmoud al pari di una maggioranza di egiziani che avevano l’Occidente come modello sul piano della libertà individuale, del costume sociale e delle mode culturali ed artistiche, anche se purtroppo il totalitarismo politico di Nasser e l’ideologia bellicosa del panarabismo che mirò all’eliminazione fisica di Israele portarono alla catastrofe l’Egitto e spianarono la strada alla riesumazione del panislamismo, all’ascesa al potere degli estremisti islamici e all’esplosione del terrorismo islamico globalizzato.

I lunghi anni in collegio mi hanno anche consentito di conoscere bene e da vicino la realtà del cattolicesimo e delle donne e degli uomini che hanno dedicato la loro vita per servire Dio in seno alla Chiesa. Già da allora leggevo la Bibbia e i Vangeli ed ero particolarmente affascinato dalla figura umana e divina di Gesù.

Ho avuto modo di assistere alla santa messa ed è anche capitato che, una sola volta, mi avvicinai all’altare e ricevetti la comunione. Fu un gesto che evidentemente segnalava la mia attrazione per il cristianesimo e la mia voglia di sentirmi parte della comunità religiosa cattolica.
Successivamente, al mio arrivo in Italia all’inizio degli anni Settanta tra i fumi delle rivolte studentesche e le difficoltà all’integrazione, ho vissuto la stagione dell’ateismo sventolato come fede, che tuttavia si fondava anch’esso sul primato dei valori assoluti e universali.
Non sono mai stato indifferente alla presenza di Dio anche se solo ora sento che il Dio dell’Amore, della Fede e della Ragione si concilia pienamente con il patrimonio di valori che si radicano in me.

Caro Direttore, mi hai chiesto se io non tema per la mia vita, nella consapevolezza che la conversione al cristianesimo mi procurerà certamente un’ennesima, e ben più grave, condanna a morte per apostasia.
Hai perfettamente ragione. So a cosa vado incontro ma affronterò la mia sorte a testa alta, con la schiena dritta e con la solidità interiore di chi ha la certezza della propria fede. E lo sarò ancor di più dopo il gesto storico e coraggioso del Papa che, sin dal primo istante in cui è venuto a conoscenza del mio desiderio, ha subito accettato di impartirmi di persona i sacramenti d’iniziazione al cristianesimo.

Sua Santità ha lanciato un messaggio esplicito e rivoluzionario a una Chiesa che finora è stata fin troppo prudente nella conversione dei musulmani, astenendosi dal fare proselitismo nei paesi a maggioranza islamica e tacendo sulla realtà dei convertiti nei paesi cristiani. Per paura. La paura di non poter tutelare i convertiti di fronte alla loro condanna a morte per apostasia e la paura delle rappresaglie nei confronti dei cristiani residenti nei paesi islamici. Ebbene oggi Benedetto XVI, con la sua testimonianza, ci dice che bisogna vincere la paura e non avere alcun timore nell’affermare la verità di Gesù anche con i musulmani.

Dal canto mio dico che è ora di porre fine all’arbitrio e alla violenza dei musulmani che non rispettano la libertà di scelta religiosa. In Italia ci sono migliaia di convertiti all’islam che vivono serenamente la loro nuova fede. Ma ci sono anche migliaia di musulmani convertiti al cristianesimo che sono costretti a celare la loro nuova fede per paura di essere assassinati dagli estremisti islamici che si annidano tra noi.

Per uno di quei “casi” che evocano la mano discreta del Signore, il mio primo articolo scritto sul Corriere il 3 settembre 2003 si intitolava “Le nuove catacombe degli islamici convertiti”. Era un’inchiesta su alcuni neo-cristiani in Italia che denunciano la loro profonda solitudine spirituale ed umana, di fronte alla latitanza delle istituzioni dello Stato che non tutelano la loro sicurezza e al silenzio della stessa Chiesa. Ebbene mi auguro che dal gesto storico del Papa e dalla mia testimonianza traggano il convincimento che è arrivato il momento di uscire dalle tenebre dalle catacombe e di affermare pubblicamente la loro volontà di essere pienamente se stessi. Se non saremo in grado qui in Italia, la culla del cattolicesimo, a casa nostra, di garantire a tutti la piena libertà religiosa, come potremmo mai essere credibili quando denunciamo la violazione di tale libertà altrove nel mondo?
Prego Dio affinché questa Pasqua speciale doni la risurrezione dello spirito a tutti i fedeli in Cristo che sono stati finora soggiogati dalla paura.

Buona Pasqua a tutti.

Cari amici, andiamo avanti sulla via della verità, della vita e della libertà con i miei migliori auguri di successo e di ogni bene."
Magdi Allam

Duque de Gandìa ha detto...

Intervista a Magdi Cristiano Allam sul Giornale di martedì 25 Marzo 2008:

"....Nella lettera al Corriere parla di una svolta radicale e definitiva. Rispetto a che cosa?

«Rispetto a un passato dove ho immaginato che ci potesse essere un islam moderato. E in cui credevo si dovesse difendere a tutti i costi una realtà nella sua essenza dottrinale e teologica. Ma ora ho definitivamente rotto i ponti con l’islam e con ciò che costituisce».

In che senso?
«Oggi estremismo e terrorismo rappresentano la prima emergenza internazionale e la più grave minaccia alla sicurezza nazionale. Ma penso che l’estremismo si alimenti di una sostanziale ambiguità insita nel Corano e nell’azione concreta svolta da Maometto».

Perciò ha scritto che l’islam è «fisiologicamente violento»?

«Il fatto che le efferatezze e le nefandezze dei terroristi trovino una legittimità islamica e coranica obbliga ad approfondire il discorso sulla radice del male. Così ho toccato con mano una realtà incompatibile con quei valori che considero non negoziabili».

Quando è cominciato il percorso di avvicinamento al cattolicesimo?

«Sul piano della conoscenza quando avevo 4 anni, al Cairo. Mia madre decise di affidare la mia educazione alle suore comboniane: lì frequentai asilo ed elementari. Alle medie e al liceo studiai dai salesiani dell’istituto Don Bosco. Ho vissuto in collegio: non ho soltanto studiato la Bibbia, ho sperimentato la convivenza con religiosi cattolici e con ragazzi italiani cattolici. E ho apprezzato la testimonianza di chi, attraverso le opere che mirano al bene comune, attesta la propria fede».

Sua madre era religiosa?
«Sì, musulmana praticante. Scelse le suore perché credeva che i valori fossero fondamentali. Poi se ne pentì un po’. Perché non ho mai condiviso un certo zelo nel praticare l’islam, ho sempre avuto molta autonomia. È così che mi sono reso conto che il cattolicesimo corrisponde perfettamente ai valori che albergano in me».

Quando è arrivata la svolta?

«Cinque anni fa, quando mi sono ritrovato costretto a vivere con la scorta per le minacce degli estremisti. E questo nonostante il mio impegno per diffondere in Italia un islam moderato. Ma questa azione si è rivelata sterile e quelle stesse persone che ritenevo moderate non lo erano affatto: mi sono dovuto ricredere».

La sua conversione è una sconfitta dell’islam moderato?

«Non si può parlare di islam moderato ma, piuttosto, di musulmani moderati. Il dialogo è possibile solo con chi, in partenza, aderisce ai valori assoluti. Primo fra tutti la sacralità della vita. È il principio fondamentale: ma la vita è oltraggiata e vilipesa al punto che, per alcuni, come i terroristi suicidi, la massima spiritualità cui ambire è la morte».

Che altro ha influito sulla sua conversione?
«Negli ultimi anni ho incontrato molte persone cattoliche di buona volontà. In Comunione e liberazione, in religiosi semplici di grande spiritualità, come suor Maria Gloria Riva e don Gabriele Mangiarotti. Ma il ruolo primario l’ha avuto il Papa, Benedetto XVI».

Perché?

«Mi ha convinto della bontà di una religione fondata sull’indissolubilità di fede e ragione. Ha detto che la base per accreditare una religione come vera è l’accettazione dei diritti fondamentali della persona, la sacralità della vita, la libertà di scelta, la parità fra uomo e donna».

Difese il Papa già dopo il discorso di Ratisbona nel 2006.
«Sono orgoglioso di averlo difeso, da musulmano. E non l’ho fatto solo per il diritto formale alla libertà di espressione: l’ho sostenuto anche nel merito della sua analisi sull’espansione dell’islam».

Il cammino è stato lungo, ma a un certo punto si sarà detto: «Mi converto». Quando?
«Circa un anno fa. Mi sono confidato con monsignor Rino Fisichella, che mi ha seguito nel mio percorso. Un lungo tragitto che ha trovato il culmine sabato sera».

Essere battezzato dal Papa non è da tutti. Che cosa si prova?
«Un’emozione fortissima. Sono rimasto teso per tutta la cerimonia. Lo considero il dono più grande che la vita potesse riservarmi».

E le polemiche?
«In Italia esistono alcune migliaia di convertiti dal cristianesimo all’islam, e nessuno li ha mai condannati o minacciati. Viceversa, se un musulmano si converte succede il finimondo ed è condannato a morte per apostasia. In Italia ci sono migliaia di convertiti che vivono la loro fede in segreto, per paura di non essere tutelati. Mi sono convertito pubblicamente per dire a queste persone: uscite dalle catacombe, vivete in modo chiaro la vostra fede. Non abbiate paura».

Ha detto che la Chiesa ha paura ad accogliere pubblicamente i convertiti: perché?
«La Chiesa teme di non poterli tutelare. E per le rappresaglie che possono subire i cristiani nei Paesi musulmani. Ma è sbagliato: l’estremismo e il terrorismo sono fenomeni di natura aggressiva, non reattiva. Giovanni Paolo II condannò la guerra in Irak: e in Irak i cristiani sono massacrati».

Andrà a Messa. Ha paura?
«Purtroppo vivo sotto scorta da 5 anni: andrò blindato anche in chiesa. Ho intitolato un mio libro Vincere la paura: perché l’obiettivo dei terroristi islamici è raggiunto se ci lasciamo sopraffare dalla paura. È questa la loro arma».

Si aspettava critiche?
«Ho messo in conto reazioni violente da parte di alcuni, ma non mi lascio intimidire. È una battaglia di civiltà, che va combattuta e vinta tutti insieme. Altrimenti sarà la fine della nostra civiltà occidentale e dell’Italia come nazione. Ma sono confortato da un fiume di telefonate, messaggini ed email di tantissimi italiani. La maggior parte della gente perbene ha condiviso il mio gesto. È questo che conta».

Duque de Gandìa ha detto...

Govanni Matia Vian

(©L'Osservatore Romano - 25-26 marzo 2008)

Libertà religiosa e dialogo

Cuore dell'anno cristiano, la Pasqua richiama ogni donna e uomo - siano essi già battezzati o semplicemente in cerca della verità - alla conversione. Per questo da tempi antichissimi la liturgia della Chiesa prevede nella veglia pasquale il battesimo dei neofiti e il rinnovamento delle promesse battesimali per quanti già lo hanno ricevuto.
Sulla morte e risurrezione del Verbo incarnato - avvenimento che davvero "ha cambiato il corso della storia" - ha meditato profondamente Benedetto XVI durante le celebrazioni, battezzando a San Pietro sette adulti provenienti da ogni parte del mondo, ai quali ha poi amministrato la cresima e la comunione, come ogni anno avviene nella liturgia papale.

Tra loro vi è un giornalista di origine egiziana, Magdi Allam, vicedirettore ad personam del "Corriere della Sera", il più importante quotidiano italiano. Questi, dopo una lunga ricerca personale e la preparazione necessaria a questo passo, ha chiesto liberamente di essere battezzato, con il nome di Cristiano.

L'avvenimento, che è tanto singolare quanto solenne e gioioso, non è stato enfatizzato, come dimostra la riservatezza che sino all'ultimo ha accompagnato la notizia e conferma il pertinente commento del direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi: il Papa non fa "differenza di persone", tutte importanti davanti a Dio e benvenute nella comunità della Chiesa.

Il gesto di Benedetto XVI ha nello stesso tempo un importante significato perché afferma, in modo mite e chiaro, la libertà religiosa. Che è anche libertà di cambiare religione, come nel 1948 fu sottolineato dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (anche se in seguito, purtroppo, la dichiarazione è stata proprio su questo punto ridimensionata). Così chiunque chieda senza costrizione il battesimo ha il diritto di riceverlo.

E come non vi è stata enfatizzazione, così non vi è alcuna intenzione ostile nei confronti di una grande religione come quella islamica. Da molti decenni ormai la Chiesa cattolica ha dimostrato una volontà di confronto e di dialogo con il mondo musulmano, nonostante mille difficoltà e ostacoli. Ma difficoltà e ostacoli non devono oscurare quanto vi è in comune e quanto può venire dal futuro, come si legge nella dichiarazione conciliare Nostra aetate e da allora hanno più volte ripetuto i Romani Pontefici.
Con il battesimo - ha detto Benedetto XVI durante la grande veglia e poi nel tradizionale messaggio alla città e al mondo - la luce di Dio entra in noi trasformando le stesse tenebre, e la Pasqua significa che Cristo è la "speranza vera per ogni essere umano". Chiamando ognuno alla conversione, cioè "a vivere rifiutando l'odio e l'egoismo". Perché davvero nell'amore di Cristo "il cuore di Dio e il cuore dell'uomo si sono toccati".