martedì, dicembre 08, 2009

La [piccola] Peste di Milano [2]


EMINENZA REVERENDISSIMA, UFFA!

Ovvero:
amplissimi stralci della lettera aperta che Luigi Amicone, dalle pagine del Foglio di martedì 8 dicembre 2009, ha indirizzata all'Eminentissimo (ac Reverendissimus) Dionigi, Arcivescovo Metropolita della Chiesa Ambrosiana nonchè della Santa Romana Chiesa Cardinale Tettamanzi.


"Eminenza carissima, cardinale Dionigi Tettamanzi,
permetta qui una confessione pubblica: sono un cattivo cattolico, le parole del mio Vescovo mi parvero negli ultimi tempi come l’eco lontana di un pastore salito sull’Alpe e rimasto lassù, mentre noi qui, pecore smarrite restiamo a brucare terra nera, spazzata dalle fatiche della quotidianità e dalle angosce per il futuro nostro e, soprattutto, dei nostri figli.
“La nostra Città oggi è una città solidale, all’altezza della sua tradizione? E’ difficile rispondere con poche parole”. No, non è difficile rispondere in poche parole e con dati alla mano alla domanda contenuta nella sua omelia. Milano potrebbe figurare in cima a una enciclopedia della solidarietà in Italia. E non c’è bisogno delle ricerche del Censis per misurare questa realtà, basta la notizia di esempi che abbiamo qui sottomano.
Per esempio, in quest’anno di acuta crisi economica e sociale, in una sola giornata di “spesa per i poveri”, il Banco Alimentare ha raccolto nei supermercati di Milano città 375 tonnellate di alimenti contro le 360 tonnellate dello scorso anno, incrementando la raccolta del 4 per cento rispetto al 2008 e superando di un punto la media nazionale che è stata comunque superiore di 3 punti rispetto al 2008.
Per esempio, dall’Opera Nomadi alla Casa Famiglia tutti gli operatori milanesi impegnati sul fronte zingari possono confermare alla Curia di Milano che, nonostante le difficoltà e i conflitti presenti nei quartieri più periferici e popolari (sono infatti i più poveri che soffrono il problema degli accampamenti rom), gli sgomberi di questi giorni non sono ceauseschiani, non passano i carriarmati sulle bidonville e nessun bambino rom viene sacrificato sugli altari del consumismo e di una amministrazione politica che, secondo certa visione ecclesiastica, lucrerebbe consenso investendo sulla pura immagine. Qui a Milano gli zingari prendono voucher, i bambini rom sono scolarizzati, il patto di legalità funziona e non c’è città o paese d’Italia che abbia investito in conoscenza, risorse economiche e progettualità sociale, come il capoluogo lombardo.

E’ vero che le ruvide accuse della Padania bruciano e che non ha senso dare dell’imam al cardinale arcivescovo di Milano. Ma c’è disorientamento quando dal Duomo si diffonde il sospetto che nella diocesi più grande del mondo Cristo si è fermato nei modi in cui non si è fermato neanche a Eboli.

Eminenza carissima, quando qualche anno fa lei invitò a Milano Adriano Sofri perché, assieme ad altri scrittori e poeti, animasse con la lettura della Ballata del carcere di Reading i giorni della settimana santa, Lei forse non sapeva che dal carcere di Pisa Sofri aveva riflettuto sulla possibilità che la Lega Nord divenisse l’alternativa protestante alla chiesa cattolica. Sotto molti aspetti questa visione è corretta. Quanti fedeli lombardi hanno trovato nel partito di Bossi l’ascolto e la difesa identitaria che non trovano più nei Principi della chiesa? [...]
Eminenza, lo sappiamo, lo viviamo male, ma non possiamo sfuggire alla verità che il cattolicesimo è, per definizione, “annuncio a tutte le genti”, ecumenico, universale, slegato da ogni provenienza di razza, censo, cultura e religione. Ma allora perché stiamo diventando cattivi cattolici? Perché il popolo non ha quasi più sentore dell’esistenza di una chiesa locale?
Perché le Sue parole suscitano discussione quasi esclusivamente politica e vengono largamente ignorate dall’uomo della strada? Milano, la più grande diocesi del mondo, sembra subire silenziosamente il destino di un declino e di una protestantizzazione del cristianesimo.

Quest’anno, dopo non so quanti anni, Milano ospiterà un grande presepe in piazza del Duomo. Ma l’iniziativa proviene dalle istituzioni laiche, dal comune, non dalla Curia.
Grazie all’iniziativa delle Ferrovie dello Stato la Caritas ritroverà le sue sedi nelle stazioni e nuove risorse arriveranno per accogliere e sfamare gli ultimi, gli sbandati, i barboni.
Grazie all’opera di un’infinità di benemerite associazioni (anche vip e consumistiche) il Natale conoscerà ancora una volta un proliferare di iniziative per i poveri e di eventi di beneficenza.
Eminenza, non è l’attenzione agli ultimi e il senso della solidarietà che mancano. Semmai ciò di cui si sente la mancanza è una presenza piena di ragioni, di metodo e di speranza cristiana.
Sentiamo il generico richiamo a Cristo, ma non lo vediamo affermato in una proposta puntuale, che irradi intelligenza, conoscenza, fascino, e, perché no, potenza vitale.

Che ne è delle chiese e degli oratori ambrosiani dove una volta la gioventù incontrava il prete che lo trascinava in un’avventura esistenziale, piena di ragioni e di vita?
Oggi gli oratori vengono dati in affitto ai club calcistici e al posto dei biliardini degli anni sessanta offrono party umanitari e discoteche allo scopo di attirare una certa “clientela”.
Oggi i catechismi vengono spalmati per anni e anni, e sacramenti come la cresima vengono rinviati perché, pensano i preti, così almeno si riuscirà a tenere i ragazzini un po’ più impegnati e a trattenere più giovani in chiesa. Il risultato naturalmente contraddice i programmi: ragazzini e giovani se ne vanno anche a costo di perdere la confermazione e tutti gli altri sacramenti.
Ma esiste una valutazione serena di tutto ciò?
Cosa ne è della fede, della speranza e della carità vissuti dentro un orizzonte non genericamente umanitario e moraleggiante?
Oggi si deve andare nei grandi santuari per ritrovare quel popolino minuto e semplice che è stato il cuore pulsante del cristianesimo lumbard. Vai alla Madonna di Caravaggio e ogni domenica troverai come parte cospicua dei fedeli qualche vecchio agricoltore benestante e una marea di filippini che fanno pic nic e vi trascorrono l’intera giornata.

Il vecchio capo della comunità cinese a Milano ha voluto farsi tumulare nel cimitero Monumentale. Ma quali presenze cattoliche si stanno muovendo per portare la buona novella a Chinatown?
Si parla dell’immigrazione e, giustamente, si concentrano attenzioni e ansie nella questione islamica. Ma che senso pastorale c’è nell’affrontare il problema islam con gli appelli al dialogo interreligioso, gli incontri con imam che si fanno competizione interna e sono sul libro paga dei diversi stati mediorientali, la ripetizione dell’ovvio principio che la libertà di coscienza e di religione sono gli antemurali di tutte le libertà?
La fortuna e l’originalità del cristianesimo è che, a differenza dei musulmani, cristiani non si nasce, cristiani si diventa. Si diventa con il Battesimo e si sceglie di rimanere cristiani con un atto di libertà e di ragione. Da un certo punto di vista dovremmo riconoscere che nella secolarizzazione e nella globalizzazione c’è un processo che aiuta il cristianesimo. Quando tutte le identità e le tradizioni crollano sotto il vento della morte di Dio e della società liquida, il Cristo emerge con la sua pretesa che “nemmeno un capello del tuo capo andrà perduto”. Ma come è colta questa opportunità? Quali pastorali sono fondate non tanto sulla consolazione all’ombra dei più “poverini” quanto piuttosto sull’offensiva fondata su Colui che dice di sé: “Non sono venuto a portare pace, ma una spada”?

Di solidarietà e sobrietà, Eminenza carissima, lei parlò all’omelia di Natale dello scorso anno, ci tornò sopra in una prima serata di primavera televisiva in cui fu ospite di Fabio Fazio e infine ne ha parlato di nuovo nella sua predica di Sant’Ambrogio. Lei ripete che “la comunità cristiana può e deve diventare molto più sobria”. Che “c’è uno stile di vita costruito sul consumismo che tutti siamo invitati a cambiare per tornare a una santa sobrietà”. Che “con la sobrietà è in questione un ‘ritornare’” perché “ci siamo lasciati andare a una cultura dell’eccesso, dell’esagerazione” e “soprattutto la sobrietà è questione di ‘giustizia’, siamo in un mondo dove c’è chi ha troppo e chi troppo poco e…”. Uffa. Ma quanto ancora sentiremo la volgarizzazione delle tesi di Erich Fromm, delle confetture di Medici senza frontiere, delle denunce antimafia contro i pericoli delle infiltrazioni per qualunque cantiere aperto per modernizzare la città e dare lavoro alla gente?

Piuttosto, qualche anno fa, per iniziativa della Curia di Milano venne promossa in tutta la diocesi una ricerca sullo stato di salute della fede praticante.
Anche il sottoscritto, come tutti i frequentatori delle messe festive, fu chiamato a esprimersi su una batteria di domande che indagavano sulla pratica religiosa. Come mai a distanza di oltre un lustro i risultati di quella inchiesta non sono ancora stati noti? La sensazione diffusa è che nella più grande diocesi del mondo il tasso di disaffezione al precetto festivo e a tutti gli altri sacramenti abbia raggiunto percentuali da paesi del nord Europa.
Forse la diocesi di Milano non sarà un “cimitero”, come dicono le statistiche sul cristianesimo in Belgio o in Olanda. Ma tutto lascia supporre che la strada imboccata è quella di una pace senza vita. Senza contare che in quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, la mezzaluna di Maometto ha preso stabile dimora. Ma se Muhammad è il nome più diffuso tra i neonati di Milano..."

5 commenti:

Duque de Gandìa ha detto...

Ida Magli, il Giornale, 8 dicembre 2009:
"...la Chiesa si deve convincere che non è con i preti d’assalto che servirà i poveri e, tanto meno, che aumenterà la sua autorità in Occidente.
Senza l’Occidente, però, cosa ne sarà della Chiesa?
Sono molti i laici, credenti e non credenti, che se lo chiedono con preoccupazione perché vedono sempre più un cristianesimo «morbido», a poco a poco sommerso dall’ebraismo, dall’islamismo, o da quella tolleranza che si vuole far diventare la religione universale. Questa è, infatti, la verità: mischiando i popoli di diverse culture e religioni, si crede di poter giungere ad una coabitazione che scolori le tinte più vivide lasciando alla vista soltanto un comodo grigio. Ma i politici che lo credono, o che fingono di credervi, si sbagliano, così come si sbaglia la Chiesa se spera che un tale atteggiamento possa risparmiare i conflitti lasciando sopravvivere le credenze di tutti.
Ne sono una prova evidente proprio quei «rom» che da tanti anni cerchiamo di «sistemare» senza riuscirci. I rom non si sono integrati. La loro «cultura» è morta ormai da moltissimo tempo. Se non ci fosse il «tabù» che vieta di affrontare questa «morte» con il normale buon senso, aiuteremmo davvero i rom inducendoli a riconoscere che vivere su una casa «con le ruote» non significa essere «nomadi», che la cultura «nomade» non ha possibilità di esprimersi fingendo che un accampamento in città sia una tenda nella prateria, che rubare automobili sia prendere al laccio cavalli selvaggi... Fingono loro, pretendendo di «accamparsi» in una metropoli di milioni di abitanti come Milano, e fingiamo noi che sappiamo benissimo che si tratta di una ridicola, ma purtroppo anche tragica, finzione. Come dimostra la polemica di questi giorni fra la Lega e l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, accusato di non difendere il crocifisso e di fare appelli solo per l’accoglienza.

Perché la Chiesa, dunque, non aiuta sia loro che noi a vivere nella «verità»? Sarebbe questo il suo compito, perché questa è l’essenza del messaggio di Gesù. Non può esserci carità senza verità."

Duque de Gandìa ha detto...

Mria Giovanna Maglie su Libero dell'8 dicembre 2009:
"Il cardinale Tettamanzi fa bene a essere sereno anche se si è sentito assalito, ma non è detto che la sua sia la serenità dei giusti.
Soprattutto non è detto che 1) non sia stato proprio l’esimio cardinale a compiere la prima aggressione quando ha tenuto una omelia ferocemente e ingiustamente critica, tutta politica e non evangelica, populista e millenarista, contro Milano, che è, e resta, città invece generosa e accogliente, in specie in donazioni alla sua diocesi;
2) non sia la sua posizione, che oggi i media sbandierano come senso comune e che soprattutto sotto Natale fa credere a tutti di essere buoni, fortemente minoritaria, meglio snobisticamente elitista, rispetto alle opinioni, sentimenti, ansie, paure, dei suoi fedeli ai quali, da buon pastore, dovrebbe parlare a volte sferzandoli, sempre comprendendoli e accompagnandoli, per esempio quando dicono verità lapalissiane, ovvero che i rom non lavorano e rubano;
3) non sia proprio la composita folla dei suoi difensori, indignati e frementi, spesso dei minori che hanno sostituito con la lamentela collaterale la giustissima ma scomoda battaglia politica sui temi seri all’interno di una formazione politica, la peggior accusa possibile, se solo, oltre alla chiacchiera multiculturale e alla dichiarazione sacrata sul rispetto per la gerarchia, ci si inoltri nell’analisi delle dichiarazioni di costoro, come intendo fare qui di seguito.

"Le frasi del pontefice"
Infine, ma questo riguarda chi scrive, piacerebbe ricordare anche a lei, signor cardinale, quelle frasi straordinarie del cardinal Ratzinger sull’Occidente che odia sé stesso fino all’autodistruzione, ma lei è l’anti Ratzinger per eccellenza, per fortuna di noi tutti non è diventato papa, anche se si era fortemente candidato, e se ne sta a Milano fra balletti cingalesi a messa, lettere agli imam abusivi e in odore di terrorismo, diktat contro il presepe e l’Expo, progetti entusiastici di costruzioni di moschee. Vede quanto accogliente è Milano, è sempre stata la vera città di accoglienza in Italia, anche con lei?
[...]
Se lei fa politica, cardinale, da politico può e deve essere trattato.

Le faccio ora la disamina dei suoi difensori più espliciti, risparmiando a me e a lei battute infelici come quella di Giuseppe Pisanu su Gesù Cristo che chiese asilo politico, o quella di Pier Ferdinando Casini, anche lui alla riscoperta di Gesù straniero, risparmiandole gli scambi tra maggioranza e opposizione nei quali, capirà, lei è un pretesto.

Gianfranco Rotondi, ministro per l’attuazione del programma, «Sono un estimatore delle virtù politiche del collega Calderoli, meno, naturalmente, di quelle teologiche; per cui mi affretto ad esprimere stima a Tettamanzi, vescovo amato da tutti i cittadini della città più accogliente del mondo. Naturalmente, in questo caso parlo come accolito, operando da anni a Milano in sintonia coi milanesi che ci sono nati».
Vede che le dà torto, fatto salvo il birignao democristiano?..."

Urgentissimo! ha detto...

La Magli sembra convinta che la Chiesa debba assolvere ad una "Funzione Sociale"... ;)

Duque de Gandìa ha detto...

Giulio Meotti conclude così un suo articolo sul dialogo islamo-tettamanziano Il Foglio del 10.12.2009:
... Intanto sul sito della diocesi di Milano campeggia ancora un “ringraziamento particolare” a Sara Orabi, la ragazza che sul primo canale della Rai è andata a dire che “non solo è giusto lapidare le adultere, ma se i cristiani fossero veri credenti le lapiderebbero anche loro”.

Ma forse è una svista.

L'agliuto ha detto...

Eccellenza, mi permette di dirLe che Le voglio bene? Al di là di ogni fraintendimento, sappia che
domani ci ritroveremo e che, obtorto o no collo, ci abbracceremo.