OVVERO: "A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!" (Lc 7,31-32)
"Come hanno seguito gli ebrei che vivono in Israele la visita del Papa al Tempio Maggiore di Roma?
Nonostante la presenza all’evento del vice-premier Silvan Shalom, l’attenzione dell’opinione pubblica è stata abbastanza limitata. Sui siti dei quotidiani di Gerusalemme si è dato spazio a una cronaca molto sobria e – soprattutto – rigidamente ristretta al dibattito sulla figura di Pio XII.
Colpisce – in particolare – lo scarso interesse per le parole pronunciate da Benedetto XVI sul tema più generale del rapporto tra cristiani ed ebrei. «Alla sinagoga di Roma il Papa difende il Vaticano dell’era nazista», è il titolo scelto dal quotidiano israeliano Haaretz. Dove nell’articolo la frase sull’«azione discreta e nascosta» della Santa Sede è l’unica a essere citata del lungo discorso del Pontefice.
Ancora più radicale la scelta del sito di Yediot Ahronot , il più diffuso quotidiano israeliano, che dedica il titolo alle parole del presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici: «Il leader degli ebrei romani incalza il Papa sul 'silenzio' di Pio XII » .
Su Arutz Sheva , l’agenzia vicina alla destra religiosa, lo stesso episodio diventa addirittura: «Parole brusche per il Papa durante la storica visita in sinagoga » , un’immagine assolutamente lontana dalla realtà. «Il Vaticano si adoperò per salvare gli ebrei» è infine il titolo scelto dal Jerusalem Post , che curiosamente non pubblica nemmeno la foto di Benedetto XVI in sinagoga: preferisce ricorrere a un’immagine d’archivio, in cui il Papa compare accanto a una grande croce.
Nessuno, dunque, a Gerusalemme ha raccontato agli ebrei israeliani che a Roma il Pontefice domenica ha anche ripetuto le parole scritte da Giovanni Paolo II nel biglietto deposto al Muro Occidentale, ha condannato con parole nette l’antisemitismo, ha invitato i cristiani a conoscere più a fondo l’ebraismo e ha indicato nuove strade per un’amicizia più profonda tra ebrei e cristiani.
[...]
Del resto la prospettiva non è che cambi molto se si analizzano le reazioni nell’altra maggiore comunità ebraica mondiale, quella degli Stati Uniti. Anche sul sito di Forward , la più importante rivista ebraica americana, sulla visita del Papa in Sinagoga non si va oltre un lancio di agenzia in cui l’unica frase citata di Benedetto XVI è sempre la stessa. E nonostante la condanna dell’antisemitismo sia stata tutt’altro che marginale nel discorso del Pontefice, non se ne trova traccia nemmeno nella sezione dedicata ai rapporti interreligiosi del sito dell’ Anti defamation league , l’organismo che si occupa della lotta ai pregiudizi contro gli ebrei."
[© Copyright Avvenire, martedì 19 gennaio 2010
"Da Israele agli Usa, l’occasione perduta dei media ebraici"
di GIORGIO BERNARDELLI ]
1 commento:
LA VISITA DEL PAPA ALLA SINAGOGA DI ROMA nell'articolo Bernard-Henri Levy
(Copyright Corriere della sera, di mercoledì 20 gennaio 2010 e riproposto da ©L'Osservatore Romano - 21 gennaio 2010)
"Bisognerebbe smetterla con la malafede, il partito preso e, per dirla tutta, la disinformazione, non appena si tratta di Benedetto XVI.
Fin dalla sua elezione, si è intentato un processo al suo «ultraconservatorismo», ripreso di continuo dai mass media (come se un Papa potesse essere altra cosa che «conservatore»).
Si è insistito con sottintesi, se non addirittura con battute pesanti, sul «Papa tedesco», sul «post-nazista» in sottana, su colui che la trasmissione satirica francese «Les Guignols» non esitava a soprannominare «Adolfo II».
Si sono falsificati, puramente e semplicemente, i testi: per esempio, a proposito del suo viaggio ad Auschwitz del 2006, si sostenne e — dal momento che col passar del tempo i ricordi si fanno più incerti — ancor oggi si ripete che avrebbe reso onore alla memoria dei sei milioni di morti polacchi, vittime di una semplice «banda di criminali», senza precisare che la metà di loro erano ebrei (la controverità è davvero sbalorditiva, poiché Benedetto XVI in quell’occasione parlò effettivamente dei «potenti del III Reich» che tentarono «di eliminare» il «popolo ebraico» dal «rango delle nazioni della Terra» Le Monde, 30/5/2006).
Ed ecco che, in occasione della visita del Papa alla sinagoga di Roma e dopo le sue due visite alle sinagoghe di Colonia e di New York, lo stesso coro di disinformatori ha stabilito un primato, stavo per dire che ha riportato la palma della vittoria, poiché non ha aspettato nemmeno che il Papa oltrepassasse il Tevere per annunciare, urbi et orbi, che egli non aveva saputo trovare le parole che bisognava dire, né compiuto i gesti che bisognava fare e che dunque aveva fallito nel suo intento… Allora, visto che l’evento è ancora caldo, mi si consentirà di mettere qualche puntino su qualche «i».
Benedetto XVI, quando si è raccolto in preghiera davanti alla corona di rose rosse deposta di fronte alla targa commemorativa del martirio dei 1021 ebrei romani deportati, non ha fatto che il suo dovere, ma l’ha fatto. Benedetto XVI, quando ha reso omaggio ai «volti» degli «uomini, donne e bambini» presi in una retata nell’ambito del progetto di «sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosè», ha detto un’evidenza, ma l’ha detta.
Di Benedetto XVI che riprende, parola per parola, i termini della preghiera di Giovanni Paolo II, dieci anni fa, al Muro del Pianto; di Benedetto XVI che chiede quindi «perdono» al popolo ebraico devastato dal furore di un antisemitismo per lungo tempo di essenza cattolica e nel farlo, ripeto, legge il testo di Giovanni Paolo II, bisogna smettere di ripetere, come somari, che egli è indietro-rispetto-al-suo-predecessore.
A Benedetto XVI che dichiara infine, dopo una seconda sosta davanti all’iscrizione che commemora l’attentato commesso nel 1982 dagli estremisti palestinesi, che il dialogo ebraico cattolico avviato dal Concilio Vaticano II è ormai «irrevocabile»; a Benedetto XVI che annuncia di aver l’intenzione di «approfondire» il «dibattito fra uguali» che è il dibattito con i «fratelli maggiori» che sono gli ebrei, si possono fare tutti i processi che si vuole, ma non quello di «congelare» i progressi compiuti da Giovanni XXIII. ..."
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