"Il giovane Caravaggio in Lombardia"
Costanza Colonna era la secondogenita di quel Marc'Antonio Colonna che nel 1571 comandò la flotta papale nella vittoriosa battaglia di Lepanto e che Filippo II nel 1577 nominò Vicerè di Sicilia.
A tredici anni Costanza si trovò ad essere una pedina dell'alta diplomazia. Si intavolarono, infatti, le trattative per il matrimonio della principessina figlia del Vicerè di Filippo II con il diciassettenne marchese Francesco Sforza.
I principi Colonna - araldicamemte parlando - non ci guadagnavano nulla da questo matrimonio poichè oramai gli Sforza a Milano contavano ben poco; e il futuro sposo era addirittura appartenente ad un ramo cadetto! Però questi Sforza "di seconda classe" erano i Signori del marchesato di Caravaggio: un territorio che visto sotto l'aspetto della strategia politica e militare era inportantissimo.
Colonna esitò in un primo tempo anche per la giovinezza della figlia «d’età sì tenera», come scrisse in una lettera al cardinale Alessandro Sforza, che si era fatto tramite di suo nipote Francesco. Ma dovette sciogliere tutte le sue riserve quando nella partita entrò anche il cardinale di Milano, Carlo Borromeo, che si fece convinto sponsor di quel matrimonio. Così, quando il 21 ottobre 1568 la ragazzina partì a bordo di una galera alla volta di Genova, il padre fece partire una lettera indirizzata al Borromeo, in cui esponeva tutte le sue inquietudini: «Donna Costanza mia figlia se ne viene a marito, et certo sento infinitamente questa sua lontananza, per esser così giovinetta, pur mi vo consolando la presentia di Vostra Signoria Illustrissima in Milano, dove so che mirerà per lei et ne terrà proportione». Puntualmente il cardinale, il 9 novembre, dava notizia a Marcantonio dell’arrivo della figlia a Milano: «La Signora Donna Costanza nostra giunse qua iersera, et io l’ho vista...»
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Ma Michelangelo Merisi come entra invece nell’orbita della marchesa Costanza?
Il 14 gennaio 1571 a Caravaggio vennero celebrate le nozze di Fermo Merisi e Lucia Aratori (proprio Fermo e Lucia, come Manzoni – senza nulla sapere di questa vicenda solo ora ricostruita – chiamò inizialmente i protagonisti dei suoi Promessi sposi!).
Per quanto Fermo fosse un semplice muratore, al matrimonio, come attestano i documenti, fu presente, in qualità di testimone, anche il marchese Francesco.
Il 29 settembre, giorno di san Michele Arcangelo, nacque il loro primogenito, che per questo venne chiamato Michelangelo. Nacque probabilmente a Milano, dove Fermo lavorava e dove aveva casa vicino a San Vito in Pasquirolo. Ma nel 1577 l’intera famiglia era certamente tornata a Caravaggio per sfuggire alla peste che aveva colpito Milano e che Fermo non riuscì comunque a scansare: morì infatti il 20 ottobre di quello stesso anno.
Toccò così a Lucia farsi carico dei figli sopravvissuti: Michelangelo, appunto, e poi Giovan Battista e Caterina. E qui iniziano a infittirsi gli indizi di un primo contatto tra il futuro artista e la marchesa di Caravaggio. Innanzitutto il nonno materno, Giovan Giacomo Aratori, era stato nominato procuratore della famiglia Colonna-Sforza. In secondo luogo la zia Margherita (sorella della mamma di Michelangelo) era l’affezionatissima balia dei figli di Costanza: si conservano tante lettere piene di tenerezze tra lei e la marchesa. In terzo luogo a Caravaggio, su indicazione di san Carlo (ne parla lui stesso in una lettera del 18 gennaio 1570), era stata «introdutta la schola di dottrina cristiana... e la Marchesa va lei medesima a insegnarla».
Giacomo Berra, l’autore del libro da cui stiamo attingendo le notizie per questa storia del giovane Caravaggio, ne conclude che «è una notizia particolarmente interessante in quanto si potrebbe ipotizzare che qualche anno dopo la stessa Costanza abbia esposto al giovanissimo Michelangelo gli elementi fondamentali della dottrina cristiana».
Possiamo solo immaginare quale fosse la vita di un borgo che aveva nell’agricoltura la sua prima ricchezza, ma che viveva anche attorno a quel santuario che godeva di sempre maggior devozione e popolarità.
Nel 1571 sempre il Borromeo ne aveva ordinato il rifacimento per avere una chiesa più degna. Il progetto venne affidato al suo architetto di fiducia, Pellegrino Tibaldi; ma il cantiere che s’incaricò di realizzare l’opera monumentale era quello di Bartolomeo Merisi e Fermo Degano. Il primo era zio di Michelangelo: il quale, da ragazzino, è assai presumibile – essendo figlio di muratore – che abbia lavorato per qualche tempo agli ordini di Bartolomeo tra le mura del nuovo grande santuario (che è poi quello che ancor oggi è in piedi).
Comunque nel 1584 il Caravaggio prende un’altra strada: va come apprendista a Milano nella bottega di un pittore, Simone Peterzano. Nella scelta probabilmente entrò in gioco anche l’architetto di san Carlo, Pellegrino Tibaldi...
La tesi del libro di Giacomo Berra è che la Signora Marchesa si sia sempre interessata del giovane Michelangelo Merisi e che, con somma discrezione, lo abbia sempre patrocinato come nel caso del primo viaggio a Roma del pittore nell'estate del 1592. Quell'estate anche la marchesa Costanza si trovava a Roma. La prima sistemazione romana del pittore fu presso monsignor Pandolfo Pucci da Recanati: un amico dei Colonna.
"Ma gli interventi di Costanza si rivelarono ben più preziosi quando la vita di Caravaggio prese la piega drammatica dettata dal suo “cervello stravagantissimo”.
Il 29 luglio 1605, dopo il primo fatto di sangue di cui si era reso colpevole, era fuggito a Genova e qui aveva trovato rifugio e lavoro presso la famiglia Doria, cioè una famiglia legata strettamente ai Colonna.
Tornato a Roma, Caravaggio l’anno successivo si rese responsabile di un fatto ancor più grave, l’omicidio, commesso il 28 maggio, di Ranuccio Tomassoni. Per evitare la condanna fuggì da Roma trovando rifugio nel principato di Paliano, feudo dei Colonna e già proprietà del padre di Costanza (qui tra l’altro Caravaggio dipinse la Cena in Emmaus oggi conservata a Brera). E i documenti confermano che la marchesa Costanza sino al 18 ottobre di quel 1606 si era certamente fermata a Roma...
E per quale motivo poi Caravaggio nella sua fuga da Roma, lasciando Paliano, si dirige verso Napoli?
Perché sapeva di poter contare su appoggi affidabili e potenti: in particolare quello di Luigi Carafa Colonna, nipote di Costanza. La quale, puntuale, si fa trovare a sua volta a Napoli, dove è documentata la sua presenza il 14 giugno 1607.
E come va Caravaggio da Napoli a Malta proprio nel giugno 1607?
Viaggiando sulla galera di Fabrizio Sforza, figlio di Costanza, e cavaliere dell’Ordine di Malta.
Infine c’è l’atto finale, quel drammatico viaggio del 1610 da Napoli alla volta di Roma che si sarebbe concluso con la sua morte.
Nell’ottobre 1609 Caravaggio, tornato di nuovo a Napoli, era stato ferito gravemente davanti all’Osteria del Cerriglio. Per sfuggire ai suoi sicari, come documentano alcune lettere ritrovate nell’Archivio Segreto Vaticano da Vincenzo Pacelli, si sarebbe rifugiato nel palazzo Carafa Colonna di via Chiaia, lo stesso dove alloggiava con il suo seguito la marchesa Costanza. Fu lei a far da tramite con papa Paolo V per ottenere la grazia per il pittore? Non ci sono prove. Ma certo Caravaggio intraprese il viaggio fatale dell’estate del 1610 nella convinzione di poter contare ancora una volta su una mano potente che aveva sistemato i suoi pasticci." Sempre quella marchesa di Caravaggio che secondo il Cappaccio, un cronista dell'epoca, voleva affidare al suo talentuoso suddito la decorazione della chiesa di Sant’Anna dei Lombardi a Napoli.
E' bello scoprire che di queste vicende poco note ma tanto appassionanti Rai Fiction si proponga di farne opera di divulgazione. Peccato che la divulgazione sia sempre più intesa come volgarizzazione: per cui gli intensi rapporti vassallatici che legano la marchesa e il pittore suo suddito, dalla fiction prodotta dalla Rai sulla vita di Caravaggio , vengano banalizzati e "giustificati" da un legame amoroso tra la nobildonna ed lo scapigliato artista bohemien .
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