giovedì, dicembre 27, 2007

CASTRUM DOLORIS XII



Entrando nella (già "patriarcale") Basilica romana di Santa Maria Maggiore, definita molto suggestivamente quale "il più antico santuario dela Madre di Dio in Occidente", si è presi dalla profonda impressione di star respirando un'arcaico profumo di cristiana devozione che quasi trasuda dai marmi secolari impregnati dall'incenso delle liturgie che, nell'augusta e più solenne Aula Regia edificata in onore della Madre di Dio nell'Urbe, quotidianamente si susseguono da quando, intorno all'anno 440, la basilica fu donata "al popolo di Dio" per opera della devozione mariana di papa Sisto III (come si legge al vertice del mosaico dell'arco trionfale).

La motivazione prossima dell'erigenda basilica fu quella di rimarcare da parte della Chiesa di Roma la dichiarazioni dogmatiche del Concilio di Efeso del 431, cioè che essendo la persona umana di Gesù di Nazaret, che fu partorito a Betlemme dalla Vergina Maria, la stessa e medesima eterna Seconda Persona della Santissima Trinità ciò significa che veramente (e non solo metaforicamente o per analogia) la madre di Gesù è realmente "Madre-di-Dio".

La basilica sorse sulle rovine di una più piccola chiesa edificata dal Papa Liberio, secondo la nota tradizione nel luogo di una miracolosa nevicata avvenuta sulla cima del colle Esquilino il 5 agosto dell'anno 351 : da qui l'origine della devozione e del culto per la "Madonna della neve".
Il nuovo tempio cristiano fu adornato con le colonne ioniche di marmo pario che originariamente formavano il peristilio del vicino tempio di Giunone Lucina: ovvero la dea romana protrettrice delle partorienti.

Ben presto nella devozione popolare così come del cerimoniale pontificio la chiesa "maggiore" della Vergine Maria in Roma divenne la Betlemme dell'Urbe in cui solennemente si recavano i pontefici il 24 dicembre per presiedere la solenne messa della vigilia di Natale.

Il Liber Pontificalis narra che a causa dell' invasione persiana della Palestina i monaci della Basilica della Natività di Betlemme, per salvare la reliquia della magiatoia in cui era nato Gesù Cristo da sicura distruzione, pensarono bene di mandarla al papa Teodoro I (642-649) già monaco "greco" che prima di giungere a Roma era vissuto presso la comunità cenobitica di Betlemme.
Quei monaci non potevano certo sospettare che dalle distruzione capillare di tutti i santuari cristiani di Terra Santa i persiani avrebbero risparmiato solo la loro Basilica della Natività poichè profondamente impressionati dal mosaico, all'ora presente sulla facciata, che raffigurava i Magi venuti da Oriente abbigliati alla maniera dei sacerdoti persiani del culto di Zoroastro.


Giunta che fu a Roma papa Teodoro ritenne conveniente destinare la reliquia della mangiatoia (per essere archeologicamente più esatti trattasi di parte di una antichissima culla di legno d'acero!) alla chiesa della "Madre di Dio". Perciò nel medioevo la basilica romana fu universalmente nota come Sancta Maria "ad praesepe" cioè Santa Maria presso la mangiatoia.

Difficile districare la storia sacra dalle pie leggende, difficile provare che fu l'arrivo della reliquia a fare di Santa Maria Maggiore un luogo natalizio per antonomasia o fu il contrario come invece sostengono gli antichi agiografi. Il fatto è che nella basilica vi era un precipuo altare su cui i Papi pontificavano la notte di Natale; esso era rivolto ad oriente e racchiuso in un piccolo sacello tutto adorno di sassolini strapati dalla grotta sottostante la basilica di Betlemme e portati a Roma dai pellegrini di ritono dai luoghi santi.
L'altare papale di Santa Maria Maggiore non era nè al centro del presbiterio ne tanto meno "verso il popolo" poichè l'altare era rivolto a quell'Oriente da cui - come dice il vangelo di San Luca- "sorge un sole per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte".


Fino alla fine del quattrocento, all'epoca di papa Sisto IV (1471-84) Santa Maria Maggiore non ebbe un altare al centro del presbiterio ma in compenso ne aveva ben due, uno di fronte all'altro ai lati della navata centrale, esattamente dove adesso si aprono i due grandi arconi che, interrompendo il ritmico succedersi delle due file di colonne, immettono alle due grandi cappelle laterali: la Cappella funeraria di Sisto V (del Santissimo Sacramento) e quella di Paolo V Borghese (dedicata alla Madonna "Salus populi romani").

I due altari erano stati in epoca gotica sormontati da due ciborii, certamente simili seppur più piccoli del ciborio che ancora sovrasta l'altare papale di San Giovanni in Laterano (e simili allo scomparso altare della Veronica nell'antica basilica vaticana).
Mentre il ciborio lateranense regge un tabernacolo ogivale che conserva busti reliquiarii dei due apostoli fondatori della Chiesa di Roma, similmente, nella "basilica liberiana" sopra ad un ciborio era conservata l'icona "Salus populi romani" veneratissima nel medioevo e la cui ostenzione al popolo romano era sempre salutato quale un grande evento. Sopra l'altro altare, l'altare del presepe, era il gotico tabernacolo che conteneva la cassa reliquiario della mangiatoia. Questo tabernacolo veniva aperto solo durante le festività natalizie e la cassa veniva solennemente calata per gli atti di venerazione.
La parte inferiore di questo ciborio che inglobava l'altare papale non deve essere immaginato come uno spazio aperto, a differenza degli altri ciborii dell'epoca, ma esso era chiuso quasi a formare una piccola stanza, anzi una grotta per via delle pietruzze che adornavano i muri.

Papa Niccolò IV nel 1288 incaricò ad Arnolfo di Cambio di adornare la parete di fronte dell'altare del presepe in Santa Maria Maggiore proprio con una raffigurazione scultorea della Natività. Essa è nota come "il primo presepe della storia" perchè mai fino ad all'ora la scena del Natale di Gesù era stata raffiguato per mezzo di sculture (cosa che invece per noi moderni parrebbe lapalissiana).
In realtà si trattava non di "statuine" a tutto tondo ma di un altorilievo marmoreo raffigurante l'ingresso dei tre Magi in una stanza in cui si trova San Giuseppe, il bue e l'asinello e Maria col Bambino. La scultura marmorea era dipinta e decorata con intarsi a mosaico.
In un unico monumento erano racchiusi, pertanto, tre venerandi manufatti in perfetto dialogo armonico: in alto il reliquiario della mangiatoia (in cui sarebbe nato il Redentore), perpendicolarmente in basso l'antico altare su cui i pontefici annualmente ne commmeravano solennemente il ricordo avendo di fronte agli occhi una delle più antiche raffigurazioni della Natività stessa.

L'equilibrio artistico devozionale fu rotto da Papa Sisto V (1585-90), papa urbanista che diede ordine al proprio architetto Domenico Fontana di erigere al lato della basilica paleocristiana una vasta cappella a croce greca sormontata da un'alta cupola. La novella cappella "Sistina" doveva soddisfare a tre finalità: essere cappella funeraria del pontefice regnante, essere Cappella per il culto del Santissimo Sacramento (in omaggio ai decreti tridentini), essere nuovo sacrario per la reliquia della Natività.


Ai piedi del nuovo altare venne scavata una piccola cripta che nella mente del pontefice sarebbe dovuto essere il nuovo sacrario per conservare l' altare medievale del presepe.
Domenico Fontana, cui era riuscito di progettare e realizzare lo spostamento dell'obelisco vaticano dal lato della basilica di san Pietro al centro della piazza, progettò un sistema per segare i marmi, staccare e trasportare in un'unico blocco l'antico altare ed il presepe di Arnolfo nella cripta della vicina cappella di Sisto V. Il trasporto si rivelò più difficoltoso e rovinoso del previsto ed il presepe di Arnolfo di Cambio andò in frantumi.


L'antico altare cosmatesco su cui per secoli i papi avevano celebrato e, nei tempi moderni, davanti al quale San Gaetano ebbe l'apparizione della Vergine che gli poneva il Bambinello tra le braccia dopo avervi celebrato la propria prima messa il 6 gennaio 1517; lo stesso altare che aveva visto celebrare la prima messa sant'Ignazio di Loyola nella Notte di natale del 1538, venne posto nella nuova cripta. Per pala d'altare venne scolpita una moderna natività per nulla rispondente al modello antico mentre i personaggi del presepe di Arnolfo di Cambio, ridotti a statuine, furono posti quasi come reliquie in un vano rettangolare scavato nel muro del corridoio che gira attorno alla nuova cripta.



Venti anni dopo papa Sisto, Papa Paolo V Borghese fece edificare una cappella gemella per meglio onorare l'antica icona della Vegine "Salus populi Romani". Questa, calata per l'ultima volta dal tabernacolo gotico, il 27 gennaio 1613 venne portata processionalmente per le vie di Roma e al suo ritorno in basilica sistemata al centro del maestoso altare della Cappella Paolina.

Quasi cento cinquantanni dopo la basilica divenne nuovamente un cantiere per volontà di Papa Benedetto XIV che, in vista del giubileo del 1750, affidò all'architetto Ferdinando Fuga il "restauro" esterno ed interno del vetusto edificio. Il Fuga pertanto si ripropose di ridisegnare l'assetto del presbiterio. e fece abbattere tutti e tre i ciborii per erigere sopra quattro grandi colonne di granito rosso un magniloquente baldacchino roccocò di preziosi marmi e bronzi dorati.


Per la cassa reliquiario della mangiatoia non venne trovata alcuna nuova collocazione nella rimodernata basilica, pertanto essa venne spostata in un ambiente della Sacrestria dalla quale usciva per essere esposta alla venerazione dei fedeli durante il Tempo Natalizio per poi tornare ad essere negletta per il resto dell'anno. Solo la sensibile indole religiosa di Pio IX venne a porvi rimedio col riproporre in forme maestose la stessa idea di Sisto V. Papa Mastai, infatti, diede ordine al proprio architetto Virgilio Vespignani di scavare davanti all'altare maggiore una "Confessione" cioè una cripta sul modello di quelle presente in San Pietro (e in altre basiliche) per conservarvi le reliquie della mangiatoia che nel frattempo erano state composte in un artistico reliquiario in cristallo ed argento dorato della scuola del Valadier.
La "Confessione" riccamente decorata da intarsi marmorei e pietre dure, fu inaugurata nel 1864 da papa Pio IX. Non senza giusto motivo ivi, di fronte all'altare della Sacra Culla venne poi posto il monumento funerario di Pio IX. Raffigurato in atteggiamento orante l'immagine di Papa Mastai Ferretti indirizza verso il reliquiario la curiosità del turista e l'attenzione del pellegrino.



Ma se nell'ipogeo sotto l'altare papale della basilica di Santa Maria Maggiore il Natale dura tutto l'anno ecco che proprio tra il 24 dicembre ed il 6 gennaio il reliquiario viene solennemente traslato nella sovrastante aula basilicale per un particolare atto di venerazione ed omaggio alla "memoria" del presepe in cui nacque Gesù Cristo.

Il Capitolo liberiano, ovvero i monsignori che formano il clero della basilica di S. Maria Maggiore, nella Natività del Signore dell'anno 2007 dell'Incarnazione ha decretato di non traslare la reliquia a causa degli evidenti segni di "un preoccupante deterioramento" sia dell'urna reliquiario sia del legno contenutovi. Si è voluto non sottoporre il reliquiario agli inevitabili scossoni ed a sbalzi termici. Monsignor Franco Gualdrini, prefetto della sagrestia di Santa Maria Maggiore, ha spiegato che il reliquiario del Valadier risulta seriamente "compromesso" e abbisogna di urgente restauro mentre le cinque assicelle di di legno d'acero appartenenti ad una culla del I secolo circa si stanno sbriciolando: "ci siamo accorti che era necessario un lavoro di analisi e di restauro di questo oggetto tanto caro alla pietà dei romani e di tutti i cristiani".

I fedeli che la notte di Natale 2007 hanno partecipato al solenne pontificale in Santa Maria Maggiore, non potendo venerare la Sacra Culla, hanno avuto la specialissima e singolare possibilità di venerare un'altra reliquia della Natività da moltissimo tempo tolta alla venerazione dei fedeli: il "Panniculum Chisti", il "pannolino" di Gesù. Conservato in un prezioso reliquiario (sempre dono di Pio IX!) trattasi di un brandello di stoffa, di circa 20x15 cm che, secondo la medievale tradizione, sarebbe una piccola porzione delle fasce con cui Maria ha avvolto Gesù Bambino prima di porlo nella mangiatoia.

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