Qualche anno addietro, in una tv locale romana andava in onda una specie di talk show sull’avvincente tema: “signoramia non c’è più la mezzastaggione”.
L’esperto spiegava che è molto semplice rendersi conto delle variazioni climatiche che sono avvenute a Roma essendo attivo nell’urbe un osservatorio meteorologico fondato dai gesuiti a metà del ‘500.
A tutt’oggi ubicato nell’antica sede di via del Caravita, una traversa di via del Corso, accanto alla barocca chiesona di sant’Ignazio l’osservatorio registra giornalmente le variazioni climatiche della città eterna.
Colpito da una tale rivelazione il presentatore tentò di infondere nell’abulico pubblico in studio un po’ del suo entusiasmo per la lieta novella.
- Signora! Lei lo sapeva dell’esistenza nel centro di Roma di un così antico osservatorio?
- Beh si, sapevo che c’era L’Osservatore Romano ma non sapevo di preciso il posto in cui stava. ‘La sventurata rispose’ senza accorgersi della paresi che le sue parole avevano causato al conduttore televisivo.
Questo simpatico siparietto mi torna in mente ogni volta che il giornale vaticano diviene oggetto di polemiche.Io ritengo che la vera causa scatenante di tali polemiche sia l’ignoranza di ciò che è L’Osservatore Romano; ignoranza di ciò che debba essere nella mente del suo particolarissimo editore. Strano ma vero molti sembrano ignorare “il posto in cui sta” “l’Osservatore”
.
C’è chi ha trovato molto bello il post di tal Bernardo che, atteggiandosi a figlio di Pietro di Bernardone, si straccia le vesti per l’assenza di spirito dialettico e concertativo nei giudizi espressi dal quotidiano della Santa Sede intorno all’avallo di Romano Prodi al disegno di legge sui Pacs presentato dai Democratici di Sinistra.
«…sono orgogliosamente cattolico, tuttavia mi sento in dovere di affermare senza mezzi termini che sui PACS l’organo ufficiale della Santa Sede sbaglia. La posizione dell’Osservatore Romano (per fortuna non condivisa da tutta la Chiesa, gerarchia compresa) è¨ semplicemente insensata perchè manifesta un’assoluta incapacità di lettura dei segni dei tempi e ciò equivale a condannare all’obsolescenza l’umanità stessa di Cristo, la professione di fede nella “carne” che dalla Trinità si è riversata nella storia attraverso la croce del Signore. L’annuncio stesso del Vangelo non può essere vitale al di fuori delle lingue degli uomini, e questo per volontà esplicita dello Spirito Santo, come dimostra la glossolalia seguita alla Pentecoste nella quale ogni uomo, “fino agli estremi confini della terra”, “poteva udirli parlare nella lingua della sua gente” »
Or bene,
accantonerei la diatriba su quale sia, o dovrebbe essere, l’atteggiamento della Chiesa verso “la modernità”, per soffermarmi invece sulla «assoluta incapacità di lettura dei segni dei tempi » dell’Osservatore Romano.
La polemica, a mio modesto parere, è stata causata dall’erronea convinzione che il quotidiano vaticano sia un quotidiano come tutti gli altri. Basterebbe sfogliarlo per capire che non è così.
È un giornale in lingua italiana, ma non è un giornale italiano: è il giornale dello Stato della Città del Vaticano. Di uno Stato molto particolare; una ierocrazia, dove il Codice di Diritto Canonico è la legge, dove forse più dell’ottanta per cento dei suoi cittadini sono preti e suore, che nulla hanno a che farsene della legalizzazione dell’aborto e del divorzio, che non debbono curarsi della finanziaria, dell’iva e dell’irpef, che non sono interpellati con le primarie se c’è da eleggere il “leader”, e perciò se ne possono beatamente strafottere delle polemiche sul maggioritario e sul proporzionale.
Ad un giornale pubblicato in un così peculiare contesto, mi sapreste dire cosa gliene frega di essere “politicamente corretto”?
Il quotidiano della Santa Sede non ha il problema di accattivarsi i pubblicitari visto che è un giornale totalmente finanziato dallo Stato vaticano e supervisionato dalla Segreteria di Stato.
Suo compito principale è quello di pubblicare integralmente: le encicliche, le omelie, i discorsi del Sommo Pontefice nonché i documenti dottrinali emanati dalle varie Congregazioni della Curia.
Non è per niente un giornale che cerchi lo scoop tant’è vero che il numero giornaliero esce in edicola il pomeriggio del giorno prima, un giornale che può tranquillamente prendersi il lusso di ignorare la rielezione del capo della Nazione più potente del mondo!
Insomma: i suoi redattori non ne fanno minimamente un punto d’onore l’essere sempre “sulla notizia”!
Un giornale in cui generalmente gli editoriali riguardano temi “scottanti” quali: l’Eucaristia, il Sacro Cuore ed il Rosario e dove al “santo del giorno” si può persino dedicare un’intera pagina mente gli altri quotidiani che ospitano tale rubrica; compreso il cattolico Avvenire; dedicano tre righe in terzultima pagina.
Quando poi non ci sono beatificazioni e canonizzazioni, l’Osservatore dedica la prima pagina a notizie dal terzo mondo a cui i nostri giornali, impelagati nel “teatrino della politica”, forse (ma forse!) dedicano un trafiletto nella pagina degli esteri. Ma questo non è sufficiente per trasformare l’Osservatore Romano in un grande quotidiano conservatore.
Ho trovato molto divertente la costernazione di un Fassino per i toni molto accesi dell’articolo contro i Pacs. Si aspettava da un giornale come quello maggior compostezza e pacatezza nei toni. Ma la pacatezza avrebbe senso come linea editoriale di un quotidiano, conservatore quanto si voglia, ma che vuol fare “opinione”.
L’Osservatore non è il “Times” e nemmeno “il Foglio” o “il Giornale”. Non si può pensare che l’Osservatore Romano ospiti una replica di Fassino cui segua una puntualizzazione del cardinal Herranz, o che pubblichi una “lettera al direttore” di Bertinotti cui può seguire una risposta del cardinal Pompedda. Questo lo può fare il Corriere della Sera, il Foglio o qualunque altro ente che s’occupi di informazione che si prenda carico di sviscerare i pro e i contro di una legge, di un fatto di cronaca, di un evento che coinvolge la collettività.
Il ruolo dell’Osservatore Romano è un altro: è l’“unicuque suum” ! Rendere a ciascuno la sua parte di lodi o di “mazzate” in base alle posizioni ufficiali della Santa Sede.
Un ruolo giornalisticamente poco moderno ma pur sempre un servizio utile per chi voglia conoscere il pensiero “duro e puro” del Vaticano.
Un termometro della posizione religiosa della Chiesa Cattolica e della posizione geopolitica della Segreteria di Stato vaticana.
Ci si arrenda allora all’evidenza senza isterismi! Non sarà mai un sofisticato quotidiano cultural/teologico/politico. Mi rendo conto che molti cattolici amerebbero qualcosa di più “clerical schic”, ma L’Osservatore Romano è solo un antico e blasonato giornalino parrocchiale e come tale dovremmo trattarlo.