lunedì, ottobre 10, 2005

Beati tedeschi

Ovvero: appunti di una beatificazione.

Se Giovanni Paolo II non fosse morto ad aprile oggi avremmo potuto ricordare la beatificazione del cardinale Clemens August von Galen, assieme ad altri santi preti e sante suore, celebrata in piazza san Pietro sotto il tiepido sole di domenica 24 aprile 2005.
Quella domenica invece in piazza san Pietro si è svolta la cerimonia di inizio del pontificato di Benedetto XVI ragion per cui quella beatificazione non solo è stata rimandata, ma anche non più celebrata poiché Benedetto XVI, non intendendo più presiedere personalmente le beatificazioni -avocando a se le sole canonizzazioni-, ha smembrato quella cerimonia originariamente fissata al 24 aprile, in tante cerimonie (quasi quanti sono i nuovi beati) presiedute dal cardinale prefetto della Congregazione delle cause dei Santi.

Non è una vera innovazione.
Fu Paolo VI nel ’71 a presiedere per la prima volta una beatificazione: quella di Massimiliano Kolbe, quale segno d’omaggio alla cattolicissima Polonia, nazione “martire” tra nazismo e comunismo. L’esperimento venne giudicata da papa Montini, pastoralmente efficace per cui decise di proclamare personalmente non solo i santi ma anche i beati, e papa Woytjla ne ha imitato l’esempio.

Prima era ben diverso: le canonizzazioni (sempre multiple) erano rare ed erano una delle pochissime occasioni per vedere il Sommo Pontefice celebrare dentro la Basilica Vaticana; fino a tutto il pontificato di Giovanni XXIII, infatti, quasi tutte le rarissime messe celebrate in pubblico del papa erano celebrate dentro alla Cappella Sistina.
Le beatificazioni invece (sempre singole), venivano celebrate, al mattino, dal cardinale arciprete della basilica di San Pietro all’altare della Cattedra poi al pomeriggio il Sommo Pontefice scendeva in basilica a venerare le reliquie del nuovo beato.

È indubbio che lo snellimento del processo di canonizzazione voluto da Giovanni Paolo II ha aumentato enormemente il numero dei nuovi santi, ma soprattutto quello dei beati!

Preoccupazione del Papa teologo è stata probabilmente quella di far percepire al fedele la netta distinzione teologica tra l’essere beato e l’essere santo, ed ha declinato ai cardinali il presiedere ai riti di beatificazione per evitare accuratamente che i fedeli possano considerare la canonizzazione un doppione della cerimonia di beatificazione.

Altra novità delle beatificazioni ratzingeriane sarà la loro “devolution”.
I Servi di Dio la cui beatificazione, regnante Giovanni Paolo II, era stata prevista a San Pietro verranno elevati agli onori degli altari a Roma ma d’ora in poi i riti di beatificazione avverranno nelle patrie e nelle diocesi d’appartenenza dei Servi di Dio. Ciò significa che se la decisione di procedere alla beatificazione del “Leone di Münster” fosse stata presa sotto il pontificato ratzingeriano, oggi, il rito di beatificazione del Cardinal von Galen si sarebbe svolto sotto le volte gotiche del duomo di Münster e non sotto il cupolone michelangiolesco.

Ma Clemens August von Galen era pur sempre un cardinale di santa romana Chiesa; e non capita tutti i giorni di beatificare un cardinale; così che rispetto ad altri “beatificandi” è stata riservata una maggiore cura organizzativa alla cerimonia per il “Leone di Münster”, avvenuta il 9 ottobre ’05 , non foss’altro per la comune origine tedesca col Sommo Pontefice “ccioiosamente” regnante e per l’alto valore storico della sua opera pastorale che lo pose in collisione col regime nazista e la sua ideologia anticristiana e neopagana.


L’aristocratico vescovo Clemens August von Galen, si oppose strenuamente alla soppressione dell’ora di religione che nei piani dei nazisti doveva essere sostituita con indottrinamento hitleriano della gioventù; si oppose alla politica di asservimento della Chiesa, e dei suoi beni economici, ai fini bellici; denunciò la politica di sterminio dei portatori di handicap e condannò la discriminazione delle minoranze. Forse fu l’unico uomo pubblico che in Germania si oppose apertamente contro la politica nazista, tanto da essere definito dal New York Times «il più accanito oppositore del regime nazionalsocialista» e gli alleati lanciavano sopra Berlino persino volantini con i testi delle sue prediche.

Hitler voleva condannarlo a morte ma ciò avrebbe significato suscitare l’opposizione di tutta la cattolica regione della Westfalia, decise perciò di rimandare la propria vendetta alla fine della guerra. Non potendolo colpire direttamente, a mo d’intimidazione, vennero condannati ai campi di concentramento 42 ecclesiastici della diocesi di Münster di cui 10 non sopravvissero agli stenti.
Il Cardinale stesso sopravvisse miracolosamente alle “moral bombs” sganciate dagli alleati sul duomo di Münster.
Durante l’occupazione alleata, poi, protestò veementemente presso il comando britannico per i maltrattamenti nei confronti degli uomini e degli stupri delle donne operate dalle truppe d’occupazione.

Il vescovo von Galen in tutta la sua azione pastorale tenne sempre in grande ossequio il magistero pontificio, difese sempre papa Pacelli dalle accuse della propaganda nazista, e cercò (come si evince dalle 8 lettere che riuscì a far giungere a Roma), ed ottenne, la benedizione di Pio XII per i suoi eroici sforzi pastorali in quella così drammatica congiuntura storico-politica.

Quindi ci fu un comune spirito che animò il “Leone di Münster” che non si stava zitto ed il silenzioso “Pastore Angelico”?
Certamente si, in cuor loro.
Ed il fatto che la beatificazione del primo sia avvenuta esattamente nel 47° anniversario della morte di Pio XII lascia intendere implicitamente la volontà vaticana di estendere l’aureola del primo anche al secondo (può anche essere un caso fortuito ma oltretevere a certe coincidenze fanno molta attenzione).



La volontà di Pio XII, a pochi mesi dal termine della II Guerra Mondiale, di elevare al cardinalato, il 18 febbraio 1946, tre vescovi tedeschi, come premio e risarcimento per le vessazzioni subite sotto il regime hitleriano, è da considerarsi sintomo eloquente dei sentimenti di papa Pacelli.

Scrive il beato von Galen il 6 gennaio 1946 al pontefice per ringraziarlo della porpora:
“La radio e poi i giornali hanno reso noto che Vostra Santità si è compiaciuto di integrare il Sacro Collegio cardinalizio con la nomina di un gran numero di nuovi membri. Chiamando al supremo Senato e Consiglio del Capo della Chiesa uomini di tutte le parti del mondo, popoli e nazioni, Vostra Santità ha dimostrato e manifestato in modo insuperabile al mondo intero la sovranazionalità della santa Chiesa cattolica, la sua coesione e la sua unità che mostrano quanto sia vergognoso l’odio dei popoli. Neppure il nostro povero popolo tedesco, devastato dalla guerra, umiliato dalla sconfitta, e oggi da ogni parte calpestato dall’odio e dalla sete di vendetta, è stato dimenticato, bensì illustrato dalla nomina di tre vescovi tedeschi nel Collegio cardinalizio; e per questo, con cuore profondamente commosso, i cattolici tedeschi insieme ai loro vescovi e sacerdoti e anche a molti tedeschi non cattolici ringraziano il Vicario di Cristo in terra.”

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