mercoledì, ottobre 26, 2005

Last night I dreamt of San Pedro /2

Ovvero: IPOTESI SU SAN PIETRO o d’un’agiografia per la regia del teologo Giulio Base

La rappresentazione del “primato” di Pietro che ne da la fiction lascia molte perplessità.
Se si va a leggere la trama: “Pietro era il suo più fedele discepolo”,
“Pietro deve vincere le proprie debolezze e deve capire che gli è stata affidata un compito, il compito di tenere unita la comunità e di edificare spiritualmente e materialmente la Chiesa. Pervaso dai sensi di colpa per il rinnegamento e per non essere stato in grado di salvare il maestro, Pietro non si sente adeguato, non si sente all’altezza del compito.
Intanto dopo tre giorni Gesù risorge…”


Riverbero la mia perplessità per la mancanza di un totale smarrimento nella psicologia degli Apostoli. Il Venerdì Santo segna il crollo delle cose in cui avevano sperato, crolla la fede nella messianicità di Gesù.
La crocifissione è la prova che Gesù non è il Messia che doveva ristabilire il “regno di Dio”, e tutte quelle sue belle parole si dissolvono nella tomba insieme con lui.

Nella fiction -invece- a poche ore dalla morte di Cristo gli Apostoli “braccano” Pietro e lo eleggono “per acclamazione” loro capo: “adesso che non c’è più Gesù devi essere tu a guidarci!”
Quest’ansia di mettere al più presto fine alla “sede vacante” la troverei più appropriata in riferimento al conclave 2005, rispetto alle ore che seguirono la Passione.

A capo di cosa doveva mettersi Pietro?
E a quale scopo?
Continuare la missione di Gesù?
Ma qual era la missione di Gesù?



Dalla lettura dei Vangeli sappiamo che Gesù per quasi tre anni è andato in giro dicendo: «In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti che non morranno prima di aver visto il regno di Dio» (Lc 9,27).
«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino» (Mc1,15).
Cioè: si è compiuto il tempo delle profezie bibliche che annunciavano la salvezza del popolo ebraico per mezzo del Messia inviato da Dio.
Gesù applica quelle profezie a se stesso: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4, 16-21)
I suoi discepoli quindi credevano che Gesù fosse il Messia e la loro fede era rafforzata dai prodigi che egli compiva. Gli Apostoli erano convinti che in questo futuro “regno di Dio” loro avrebbero svolto il ruolo di “Consiglio dei Ministri”. Il Messia doveva essere discendente del re Davide per questo il futuro regno di pace e di giustizia, ed abbondanza (vedi moltiplicazione dei pani!) nelle menti degli Apostoli, coincideva con i confini dell’antico regno d’Israele. Lo stesso Gesù non faceva nulla per smentire questa ipotesi. Mentre una donna fenicia implorava un miracolo, i discepoli chiesero a Gesù: “Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”, Gesù rispose: “Non sono stato inviato se non alle pecore perdute della Casa d’Israele” (Mt 15, 21-28)
Se gli Apostoli davano questa lettura della missione di Gesù è evidente che:
a) solo un profeta inviato da Dio con poteri soprannaturali poteva riuscirci
b) Gesù pur avendo quei poteri è morto senza instaurare il regno di Dio.
Persino dopo la Risurrezione gli Apostoli non si elevano ad una visione più spirituale della missione di Gesù. Scrive infatti Luca che durante una delle apparizioni gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno d’Israele?" (At 1,6)
Da queste premesse “evangeliche”, risulta chiaro che con la morte di Gesù il sodalizio degli Apostoli non aveva più alcun senso e alcun futuro. Soprattutto vista la brutta fine che era toccata al loro capo e indottrinatore, l’ultima cosa che gli Apostoli volevano era passare per un gruppo gerarchicamente organizzato.

Ma si dirà –come dicono infatti i discepoli della fiction- che Pietro è “la roccia”; che Gesù lo ha prescelto per essere a capo della comunità!
Il riferimento è al famosissimo episodio della “consegna delle chiavi” (Mt 16, 17-18) che però bisognerebbe prendere molto con le molle. Così come il fatto che nelle liste dei dodici Apostoli, che fanno gli Evangelisti, Pietro sia il primo della lista.
I Vangeli sono stati scritti con la stessa ottica delle detective stories, dove l’autore ha in testa da subito che l’assassino è il maggiordomo, perciò nel corso del romanzo vengono inseriti i vari indizi che porteranno al colpo di scena finale. Similmente gli Evangelisti, fermamente convinti della realtà della Resurrezione, hanno descritto la vita di Gesù alla luce del mistero pasquale e delle sue conseguenze. Per cui se negli Atti degli Apostoli emerge l’autorità carismatica di San Pietro ciò non vuol dire che nei tre anni precedenti fosse considerato un’autorità dagli altri Apostoli, ne tanto meno questa autorità gliela conferì Gesù!
La metafora delle “chiavi del regno” è un’espressione biblica che si riferisce alla cerimonia con cui gli antichi re d’Israele nominavano il primo ministro. Quindi Gesù avrebbe promesso a Pietro di metterlo a capo dell’esecutivo del suo futuro Governo del “regno dei cieli”. Ma questo non risulta abbia dato a Pietro alcun potere sopra gli Apostoli: rimaneva una promessa (“fonderò” “di darò” “ciò che legherai” “ciò che scioglierai”) da avverarsi in futuro.
Pietro non era per volontà di Cristo il leader incontrastato del gruppo degli Apostoli se nei Vangeli si parla di molte discussioni su chi di loro fosse il più grande! Persino durante l’Ultima Cena.! E quel “povero Cristo”, non rispose loro che Pietro era il suo vice, ma fece il gesto di lavare loro i piedi, per mostrare che chi più si ritiene grande ha il dovere di mettersi al servizio degli altri.

Nella fiction a ventiquatt’ore dall’Ultima Cena –invece- tutti proclamano che Cristo aveva scelto Pietro per guidarli. Ma Gesù non lo nominò mai suo successore, casomai promise di dargli la Presidenza del Consiglio nel suo Regno; promessa, che dopo la morte di Gesù, che valore poteva ancora avere, e per lui, e per gli altri?
E per inciso, leggendo il Vangelo, non risulta che Pietro fosse il “più fedele discepolo” di Gesù. Gli Evangelisti sono impietosi nel raccontare la goffaggine, l’ottusità e soprattutto l’incoerenza di san Pietro. In ultimo l’averlo apertamente rinnegato.

Il grande errore che solitamente fa la cinematografia, quando tocca questo argomento, è presentare “il primato” di Pietro come un premio al più affidabile quando invece il compito di pascere le pecorelle di Cristo –che Gesù da a Pietro solo dopo la Resurrezione!- vuol essere invece la dimostrazione plateale che quello veramente affidabile è Dio che rimane comunque fedele alle sue promesse nonostante l’infedeltà e l’incoerenza umana.

Nessun commento: