sabato, febbraio 25, 2006

Pacco, contropacco e contropaccotto /3


"Mosca. Un’alleanza “tattica” degli ortodossi russi con il Vaticano, per arginare il liberalismo che scuote le fondamenta del cristianesimo tradizionale: è la proposta, anzi, l’invito lanciato da un alto esponente del Patriarcato di Mosca. Secondo il vescovo Illarion (Alfeev), rappresentante del patriarca Alessio II presso le organizzazioni europee, le chiese cristiane tradizionali – cioè l’ortodossia d’oriente e il cattolicesimo – sono sempre più minacciate, nell’ordine, “dal laicismo
militante, dall’islam militante e dal liberalismo militante rappresentato dal protestantesimo”.
Dunque, Roma e Mosca devono accantonare le divergenze per una “alleanza strategica”, che non ha tratti “dogmatici”. Un patto difensivo da firmare senza indugi, perché, dice Illarion, “tra vent’anni potrebbe essere troppo tardi”.
L’intesa dovrebbe essere suggellata da un incontro tra Benedetto XVI e Alessio II, non ancora avvenuto “non perché gli ortodossi non lo vogliano, ma perché non vorremmo ridurlo a una circostanza protocollare”. Mai invito è stato più esplicito, anche se, con l’inizio del pontificato di Ratzinger, Mosca ha lanciato diversi segnali di distensione a Roma, dopo che i rapporti tra le due chiese si erano quasi interrotti negli ultimi anni di Wojtyla.
I segnali che partono dal monastero di San Daniele vengono ricevuti chiaramente al Vaticano, come dimostra la lettera di auguri che Benedetto XVI ha appena inviato al Patriarca di tutte le Russie per il suo onomastico, e nella quale si parla di “rinnovata fratellanza tra i pastori del gregge di Dio”. Un messaggio affidato al cardinale Roger Etchegaray, ricevuto da Alessio II nella sua dacia alle porte di Mosca: un altro segnale che in diplomazia ha, direbbe Illarion, un significato tutt’altro che “protocollare”.
Forse è una svolta. Kommersant titola: “Putin ha invitato a Mosca il Papa di Roma”. Quell’invito che Gorbaciov ed Eltsin avevano fatto a Wojtyla e che zar Vladimir non ha mai rinnovato, pur dichiarandosi favorevole alla visita del Papa.
Con il cambio della guardia a San Pietro, e la scomparsa di quel Papa polacco che, tra rancori storici vecchi di 500 anni e quelli più recenti e “politici” del crollo dell’impero comunista, era considerato a Mosca un nemico, anche il veto del Patriarcato non sembra più così rigido. Un’occasione buona si presenta il 4 luglio, quando a Mosca si aprirà il summit mondiale dei leader religiosi. L’evento è patrocinato dal Cremlino e, anche se gli organizzatori negano di aver mandato un invito a Benedetto XVI, è evidente che il presidente russo sognerebbe di abbinare al suo trionfo della presidenza del G8 a Pietroburgo una visita del Papa a Mosca dieci giorni prima.

Il cambiamento dopo l’elezione di Ratzinger è stato sintetizzato dal metropolita Filarete come “un’opportunità che non era possibile con un Papa slavo, il tramonto del ‘romanticismo’ a favore del ‘costruttivismo’.
“Il ghiaccio si sta sciogliendo”, ha fatto eco il cardinale Kasper, mentre monsignor Lajolo, dopo un’intensa visita a Mosca, ha detto che il Papa sarebbe felice di accogliere Alessio: “E’ possibile? Preghiamo perché succeda”.
Piccoli nodi nelle relazioni tra le due chiese si sono sciolti: la commissione mista di teologi ha fissato il suo primo incontro dal 2002; emissari del Patriarcato hanno partecipato alla consacrazione di una chiesa cattolica; è stato raggiunto un compromesso sull’educazione religiosa degli orfani accuditi da cattolici. La tattica dei “piccoli passi”, come l’ha definita Kasper, ha portato infine all’apertura di Illarion, affidata non a un pope qualunque, ma a un alto diplomatico del Sinodo e in una sede internazionale come il Consiglio mondiale delle chiese in Brasile.

Le tensioni rimangono.
Il Patriarca ha ripreso le critiche ai cattolici per “proselitismo” in terre ortodosse, e per il problema dei greco-cattolici ucraini che hanno spostato la loro sede da Leopoli a Kiev, nel luogoluogo dove, narra la leggenda, l’apostolo Andrea comunicò il verbo di Cristo a quella che sarebbe diventata la Russia. Padre Vsevolod Chaplin, viceresponsabile delle Relazioni esterne del Patriarcato, in quella circostanza aveva dato dell’“aggressore” al Vaticano e il diacono Andrei Kuraev, teologo nazionalista soft vicino al Cremlino, aveva organizzato comizi “in difesa del Natale ortodosso” davanti alle chiese cattoliche il 24 dicembre.
Il cuore del gregge di Alessio rimane diffidente verso i “papisti” come ai tempi dei “Fratelli Karamazov”.
Quella di Mosca è una chiesa conservatrice, che per 70 anni di comunismo non ha avuto bisogno di misurarsi con la modernità e oggi, incontrandola in ritardo, reagisce appellandosi al sentimento nazionale e nazionalista, in una simbiosi con il potere secolare che imita quella dell’epoca zarista.

Il conflitto di civiltà con i musulmani è, per il Sinodo, teorico: il docile islam istituzionale accetta una subordinazione alla “religione tradizionale” numero uno e l’integralismo caucasico è circoscritto e sotto pressione poliziesca. Il vescovo Illarion, in Brasile, si è dilungato sul problema del liberalismo e della rottura con i protestanti, definendo “impossibile” un dialogo con gli anglicani a causa del sacerdozio femminile e del matrimonio gay."

(da Il Foglio di giovedì 24 febbraio 2006)

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