martedì, febbraio 28, 2006

Visioni private / 8



Il Duca de Gandìa protesta "coram populo" che tra tutte le sue remore e le sue inibizioni non possiede quella che impedisce di recarsi al Cinema da solo.
Il Duca si dice conscio che questa è rivelazione assai scabrosa per coloro che reputano assai bislacco recarsi in una sala cinematografica senza alcun corteggio, additando tale pratica qual vilissimo esempo di misantropia.
La Sua Altezza Ducale, invero, comprende le sequele di telefonate, sms ed e-mail al fine di cooptare un congruo numero d'esponenti dell'umano genere e farli, finalmemte, sedere sulle poltrone del prescelto Cinema, e loda tutti quegli immani sforzi quali segni efficaci dei vividi sentimenti di fratellanza, libertà di associazione (diritto sancito dalla Costituzione!), e di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo schermo cinematografico.

Epperò, le contingenze storiche in cui dipanano le vite mortali rendono alle volte vani i tentativi di cooptazione: da ciò deduciamo che la solitaria visione di un film è una ultima ratio che non può e non deve esser bollata quale espressione di scarso spirito filantropico.

Per amor di verità, il Duca protesta candidamente la sua segreta ambizione di poter avere un giorno, si spera non lontano, la ventura d'esser l'unico e solitario despota d'una intera sala di un qualunque Cinema. Costringere i gestori del Cinema a proiettare la pellicola per un solingo spettatore pagante, similmente a ciò che accade in Giappone quando un parente della famiglia imperiale prenota un tavolo in un ristorante e gli avventori, avvertiti dell'incombente arrivo del lontano parente del Figlio del Sole, spontaneamente abbandonano il locale pieni di sacro rispetto.
La Sua Altezza Ducale stava quasi per coronare un tale traguardo, mercè il film "Donnie Darko", ma (oh, disdatta!) dopo cinque minuti buoni dall'inizio del film, nel buio della sala penetrò furtivamente sgattaiolando tra le vuote poltrone, un secondo avventore!

Nella scelta cerchia che onora il Duca de Gandìa, con immeritata stima, è davvero arduo reperire alcuno cui aggradino quei film ch'egli gradirebbe vedere. Ovviamente ci sono rare eccezioni per cui accade che qualche esimio messere lo abbia rimbrottato in modo non meno che signorile: ragion per cui, per non far sì che i post, quasi epitaffio alla visione d'un film, possano essere interpretati quali manifestazioni di poca stima ed affetto, il Duca negli ultimi mesi ha evitato diligentemente di far segno, mercè il di lui blog, di visioni filmiche.
Il medesimo Duca -sempre sia lodato!- avendone avuto universale diniego di corteggio non avrà alcuna remora a pubblicizzare d'aver avuta la piacevole visione di "Brokeback Montain" .
Come dichiarò nel settembre ultimo scorso, il Duca trova opportuno dare un personale giudizio su ciò che la settima arte propone.

Motivo principe, in vero, è stata la curisità di vedere la novella interpretazione del protagonista del sunnominato Donnie Darko, che il Duca ricordava anche interprete del piacevole film "Moonlight Mile". Il Duca, infatti, si chiedeva se negli ultimi anni Jake Gyllenhaal avesse preso qualche lezione di recitazione. Grande è stata la sorpresa ed il giubilo constatando che Heath Ledger possiede più d'una espressione facciale! Durante tutto il fluire del film riesce persino con la mimica facciale a manifestare tanti stati d'animo quanti se ne possono contare sulle dita di una mano offesa dallo scoppio di una granata; una tale espressività attoriale è cosa -a memoria d'uomo- mai vista in sue interpretazioni precedenti, ed in ciò si spera che perseveri.

La trama del film è universalmente nota, ciò è cosa apprezzabile: cosicchè lo spettatore non sottostarà alle forche caudine cui lo sottopone la Comencini con i siparietti lesbici di Stefania Rocca e (la povera!) Angela Finocchiaro nel film "La bestia nel cuore" .

Il film di Ang Lee è godibile grazie ad una superba regia e ad una trama ben studiata per riuscire strappalacrime.
Uscendo dal Cinema il Duca, si mostrava pensieroso, chiedendosi perchè mai se, puta caso, un finale simile avesse riguardato una coppia eterosessuale sarebbe stata sicuramente definita come storia d'amore "tragica", mentre trattandosi di amore omosessuale è stata definita storia assai "romantica"?
In breve, il Duca si domandava quale fosse il "topos" che faceva scattare la molla della trappola dei buoni sentimenti.
Per meglio fissare alcuni concetti al riguardo, il Duca de Gandìa non trovò di meglio che recarsi nella vicina Cripta dei Cappuccini dove, passeggiando tra la sala dei teschi, quella delle tibie e quella delle ossa del bacino, è pervenuto ad alcune semplici conclusione.
Ovverosia che: nella poetica della rappresentazione artistica dell'amore omosessuale, solo "Sorella Morte" riesce a dare alla "rappresentazione del poetico" il necessario senso di grave solennità. Per far trionfare il sentimento dei due cawboy, il loro amore dev'essere cristallizzato, eternizzato, cioè mummificato. E' solo sottostando alla "Poetica della disincarnazione" che può compiersi quell'apoteosi del "vero amore". Di tale "topos" estetico, ad esempio: "La finestra di fronte" di Ferzan Ozpetek ne è sublime espressione.

Dopo aver ringraziato i teschi dei frati cappuccini per aver ascoltato, con cortese ed impassibile soppotazione, il suo intimo ergomentare, il Duca è uscito dalla buia cripta ripromettendosi di poter, in un non lontano futuro, esporre tali concetti ed exempla con più ampia e degna forma.

2 commenti:

Luciano ha detto...

Ma adesso parli di te in terza persona? Fantastico :)

Duque de Gandìa ha detto...

L'uso della terza persona è un "topos":)