martedì, giugno 13, 2006

Si Queris Miracula

Ovvero: Come mirabilmente accade che una pisciatina d'acqua benedetta del fu Commissario Tecnico italico, nonchè opusdeista, Giovanni Trapattoni nulla potè a fronte di una nazionale italica formata da pubblici peccatori; mentre assaissimo potè, e può, la devozione allo Spirito Santo della protestante nazionale carioca.



Faccia da bravi ragazzi, correttezza in campo, mani giunte prima della partita, segni della croce. Sono brasiliani. Qualcuno nato nelle favelas. Loro sono i calciatori più forti del mondo. E sono (quasi) tutti di fede evangelico pentecostale.

Luglio 2002. In Giappone e Corea la nazionale verde-oro ha rifilato due gol alla Germania. Il portiere Marcos se ne sta sulla linea di porta, mani levate al cielo, solo con le sue preghiere. Kakà e Lucio sono a terra, abbracciati, fasciati dalla bandiera dell’ordem e del progreso, in religioso raccoglimento. Zé Roberto, defilato, alza gli occhi al cielo.
Così tutti gli altri, in un tripudio di magliette con la scritta “I belong to Jesus”, io appartengo a Gesù. Un messaggio forte, al punto che la Fifa ha vietato ai giocatori di manifestare il proprio credo in campo, con gesti o sottomaglie esplicite.

Quattro anni dopo, c’è attesa: come si comporteranno i brasiliani, favoritissimi? Se lochiedono i numerosi gruppi evangelico pentecostali teutonici, che sulle loro pagine web dedicano ampio spazio a questi messaggeri di Gesù o, come qualcuno gli ha chiamati, agli “atleti di Dio”.

In cima alla lista, l’imprendibile e geniale Kakà, uno dei pochi che non ha vissuto l’esperienza delle baraccopoli, ma che al contrario è cresciuto nell’alta borghesia paulista. Nel dicembre scorso ha sposato la sua Caroline: “Perché è una persona che piacerebbe tanto anche a Gesù”. Luogo della cerimonia, la chiesa evangelica di San Paolo “Renascer em Cristo”, punto di riferimento anche per tanti atleti pentecostali.

E che dire di Adriano, Imperatore nerazzurro, che la sua fede in Cristo l’ha riassunta nel tatuaggio sul braccio: “Gesù vive con me, Gesù sta con me e io sto con Gesù”. L’esperienza degli slums di San Paulo l’ha vissuta eccome Zé Roberto, in forza al Bayern Monaco.
Proprio la Bundesliga del protestantissimo paese ospitante è il serbatoio ideale per gli atleti di Cristo.
E’ dello Stoccarda il goleador Cacau, considerato un santone, quasi un erede dell’“italiano” Amarildo (ex Cesena) che negli anni ’80 regalava Bibbie agli avversari. Cacau ha trovato un escamotage per aggirare il divieto Fifa: dopo ogni rete solleva la maglia scoprendo una canotta dal (poco) sibillino quanto pacifico messaggio “J….”.
E poi c’è il roccioso stopper Lucio, anche lui Bayern. O Marcelo Bordon dello Schalke 04. Tra i più ferventi, troviamo anche la mezzala del Barcellona campione d’Europa Edmilson.
Il sito internet dall’eloquente indirizzo www.fussballgott.com racconta le loro storie.
In ultimo il fenomeno dei fenomeni. No, non Ronaldo, ma Ronaldinho. Non compare ufficialmente tra gli atleti di Dio, ma chi gli chiedesse: “Donde viene mai sì straordinario talento?”, lui non può che rispondere, sorriso sulle labbra: “Dalla mano di Dio”.

(Il Foglio ; martedì 13 giugno 2006)

1 commento:

InOpera ha detto...

I brasiliani, i carioca, la selecao, la squadra joga bonito da battere, quella che arriverà in finale sempre e comunque, che quando segnano fanno sempre il gesto della culla per qualche nuovo nato.

Quella che ha tutti i suoi giocatori pagati in euro ed al soldo dei maggiori club europei. Quella che i suoi giocatori sono i testimonial della nike, puma, adidas ed altre simpatiche multinazionali che fanno cucire le scarpe ai bambini del sud del mondo.

non male per essere dei seguaci di gesú