martedì, luglio 11, 2006
Felici FaustoQue Ingressui anno Dom. MMVI
«Benvenuti a Moggiopoli: l’Italia mondiale è nata qui. Sotto la cupola, al telefono e sui campi: allenatore, giocatori, pure gli schemi.
Eddai lo sanno tutti, ma non si può dire: è scorretto, villano, volgare... Ma Cannavaro alza la coppa. La alza lui, che è il simbolo dell’Italia di Luciano Moggi. Uno. Felice. Fabio, il figlio di un’idea, di un modo di fare messo alla berlina senza neppure sapere che è così che funziona e non è il caso di fare i verginelli.
Quello attaccato per la telefonata intercettata: “Tu devi dirgli a Brindellone che vai via”. Cannavaro andò alla Juventus. Vergogna.
E adesso?
Adesso s’è portato il Mondiale a casa, per lui e per noi. S’è messo dietro tutti gli altri. La locomotiva del treno partito da Moggiopoli: Buffon, Zambrotta, Del Piero, Camoranesi. E poi gli altri retrocessi: Oddo, Nesta, Pirlo, Gilardino, Toni, Peruzzi e Inzaghi.
Gli impettiti signori del Financial Times non hanno avuto paura di scriverlo ieri: la Juventus è la squadra che ha inciso di più sul Mondiale di Germania, davanti al Chelsea, al Bayern Monaco, all’Arsenal, al Milan: due squadre italiane nelle prime cinque. Tutte e due nel gruppo delle corrotte. La Juve in testa. Tanti giocatori
suoi, tutti decisivi: in finale ce ne erano tanti. Perché c’è chi ha alzato la coppa e chi l’ha persa: Trezeguet, Vieira, Thuram. Poi gli altri del giro juventino del passato: Zidane, Henry, Inzaghi, Peruzzi. Gente che la Juventus ha trattato: comprato, venduto, valorizzato.
La Juventus di Luciano Moggi ... L’Italia di Luciano è campione. Perché è una squadra nata quando Moggi c’era e nessuno si aspettava che sarebbe finito.
Non ha vinto in sette partite, ha vinto dalla fine di Euro 2004, quando la Federazione scaricò Giovanni Trapattoni per prendere un allenatore diverso, senza acqua santa e con il marchio di un’identità. Fu preso Marcello Lippi: lo voleva il presidente della Figc Franco Carraro, uno che del sistema Moggi ha vissuto per molti anni. Lippi era stato scoperto da Luciano. Scudetti, Coppa dei campioni ai rigori
contro l’Ajax, Coppa intercontinentale.
Poi altri scudetti. L’addio, perché aveva capito che alla Juve aveva finito il percorso. Fu Moggi a spingere Marcello verso Roma e Coverciano. Come e perché sono sempre stati un dettaglio. Carraro lo voleva, Lippi era d’accordo. Stava bene a tutti e tre...
Campioni del mondo.
L’Italia di Moggi vince come spesso vinceva la sua Juventus: a contenere un uno a zero, a mettersi dietro ad aspettare gli altri, chiusi in difesa. Uno a zero è uguale a tre a zero: bisogna vincere e basta. Conta poter dire soltanto: “In campo conta solo il risultato”.
Francia-Italia di Berlino sembrava la finale di Champions Juventus-Ajax di Roma. Uno a uno al novantesimo, i supplementari, poi i rigori. Vittoria, vittoria, vittoria. E’ il sistema Luciano che va.
Il pallone s’è vergognato delle telefonate di Moggi e Lippi.
Come se Marcello non potesse avere amici, come se non si dovesse confrontare con gente che di pallone ne capisce. “Tienimi fuori Del Piero, stavolta”.
Dicono tutti che l’Italia ha retto fisicamente: è merito anche di questa furbizia, made in Moggiopoli. E di uno staff che è nato esattamente dove è nato questo gruppo: a casa di Lucianone. Ma non si può dire neanche questo, come nessuno si azzardi a dire che la rivoluzione tattica di questo Mondiale vinto Moggi l’aveva vista prima degli altri, meglio degli altri.
Le intercettazioni si usano soltanto quando sono fango da spargere col ventilatore. Quando si parla di calcio tornano nei cassetti. Moggi aveva segnalato a Marcello un’idea: “Devi giocare con una punta e con Totti”. L’Italia di prima giocava con due punte e Totti, l’Italia campione del mondo ha giocato con una punta e Totti. Previsti tutti i cambi, ogni sostituzione, ogni dettaglio. Chi sa fare sa capire...
Campioni.»
[Epitome di un articolo di Beppe Di Corrado sul Foglio di martedì 11 luglio 2006]
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