Ovvero: Avvenire radioso
Nella intervista "a caldo" rilasciata all'inviato dell'Avvenire (pubblicata il primo dicembre), a proposito dei colloqui privati tra i sommi pastori delle due "Rome", il Patriarca Ecumenico ha dichiarato:
"A questo riguardo posso dire che ho parlato con Sua Santità di qualcosa, qualcosa che potremmo fare.
Gli ho fatto una proposta che ora tuttavia non posso anticipare, in quanto aspettiamo una risposta ufficiale in tal senso; però posso dire che Sua Santità s’è dimostrato molto interessato e l’ha accolta con favore.
Speriamo che si possa realizzare, perché si muove proprio nella prospettiva di quel progresso ecumenico che, come abbiamo affermato e anche scritto nella Dichiarazione congiunta, siamo entrambi determinati a perseguire."
Sabato 2 dicembre, poi, "L'Avvenire" pubblica la seguente intervista all'archimandrita Eleuterio Fortino:
«Un concreto passo avanti verso la piena unità»
Non c'è solo la dichiarazione comune, firmata dal Papa e dal Patriarca, nel bilancio ecumenico, «ampiamente positivo», del viaggio di Benedetto XVI a Costantinopoli. Ci sono anche tanti gesti, piccoli e grandi, magari sfuggiti all'occhio «profano», ma non ad un osservatore attento come monsignor Eleuterio Fortino.
Il sottosegretario del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani, esperto di dialogo tra cattolici e ortodossi, lo dice chiaramente: «Questo incontro è un concreto passo avanti verso la piena unità».
Su che cosa si basa questa sua valutazione?
«La dichiarazione comune è sicuramente interessante sia per il tono, sia per i contenuti. Ma al di là dei documenti, dei discorsi e degli incontri ufficiali, ho notato alcuni gesti che sono autentiche primizie dei rapporti tra Roma e Costantinopoli».
Ci può fare qualche esempio?
«Per la prima volta, durante la celebrazione della Divina Liturgia al Fanar, c'è stato lo scambio del segno di pace nel corso della celebrazione stessa. In passato, infatti, tale gesto era sempre stato collocato fuori della celebrazione, dato che per gli Ortodossi il segno di pace durante la liturgia esprime un impegno importante, tanto è vero che viene introdotto dal diacono con questa esortazione: "Amiamoci gli uni gli altri affinché in unità di spirito possiamo fare insieme la professione di fede". Averlo collocato nell'ambito della liturgia è un fatto molto significativo. Inoltre vorrei far notare che nella dichiarazione congiunta il Papa e il Patriarca si definiscono "pastori della Chiesa", senza altre specificazioni».
Restando alla dichiarazione, quali sono, a suo avviso, gli spunti più nuovi?
«Mi ha molto colpito che, ricordando l'abolizione delle scomuniche, Benedetto XVI e Bartolomeo I affermino: "Noi non abbiamo tratto tutte le conseguenze positive che possono provenire da quell'atto per il nostro cammino verso la piena unità".
È davvero interessante che il Papa e il Patriarca abbiano scritto una frase di questo tipo. Essi cioè hanno voluto riaffermare la loro ferma volontà di procedere nel dialogo e nella ricerca dell'unità. Altrimenti i gesti rimangono simboli vuoti».
Quali sono i passi concreti da compiere ora su questa strada?
«Nel documento sono indicati chiaramente. Continuazione del dialogo teologico, dopo la ripresa dei lavori della Commissione mista che si è riunita a Belgrado in settembre. Ricerca delle forme di esercizio del ministero petrino, perché - come già propose Giovanni Paolo II e come ha riaffermato in questi giorno Benedetto XVI - "pur rispettandone la natura e l'essenza", esso realizzi "un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri". E naturalmente una sempre più stretta collaborazione per annunciare il Vangelo, specie di fronte alle sfide del mondo contemporaneo».
Ha colpito, in particolare la riproposizione dell'idea di Papa Wojtyla rispetto al primato di Pietro.
«Sì, direi anzi che questa ricerca delle forme possibili di esercizio del primato, così da essere condiviso da cattolici e ortodossi, è una tematica decisiva per l'avvenire delle relazioni ecumeniche».
Quali reazioni arrivano da Costantinopoli dopo la visita?
«Penso che bastino le parole del Patriarca nell'intervista rilasciata ad Avvenire. Espressioni che indicano un atteggiamento di profonda soddisfazione».
Debbo sentitamente lamentare che alla fine dell'intervista il giornalista Mimmo Muolo è incorso nella solita caduta di stile dell'interrogarsi (e nell'interrogare) sulle possibili "reazioni" del Patriarcato di Mosca.
Il buon Fortino ha risposto con ammirabile circospezione:
«Io credo che tutto ciò che è stato detto e fatto dal Papa, per esprimere la considerazione della Chiesa cattolica per la tradizione spirituale, teologica, liturgica ortodossa, manifesti un atteggiamento verso tutta l'ortodossia che non può non essere gradito anche da parte del Patriarcato di Mosca».
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