venerdì, dicembre 29, 2006

Sonetos Fùnebres, X

Ovvero: Dei Sepolcri (imbiancati da poco)



(Assuntina Morresi; Il Foglio; giovedì 28 dicembre 2006)

"Il linguaggio religioso di un cristianesimo rovesciato: l’hanno dovuto usare i radicali per imporre al dibattito pubblico e all’agenda politica il tema dell’eutanasia. Con la vicenda di Piergiorgio Welby la svolta lessicale è stata evidente, ma si stava preparando da tempo. Non categorie sociali, ma affamati e assetati, già negli anni Ottanta, e poi carcerati e, ultimamente, i malati, gli “ultimi” per eccellenza nel linguaggio evangelico, i destinatari delle opere di misericordia corporale della chiesa cattolica: questi via via sono stati messi sotto i riflettori dai radicali. E se tempo addietro siamo stati invitati a sit-in e fiaccolate, se per l’indulto l’anno scorso è stata indetta una marcia nel giorno di Natale, per Welby i radicali hanno proposto una veglia notturna, un’espressione con cui di solito si intende una precisa preghiera comunitaria cristiana, che non poteva non richiamare il grande indimenticabile malato, Giovanni Paolo II. Vegliarono a migliaia in piazza San Pietro durante la sua agonia, anche il suo dolore e la sua malattia erano stati offerti alle telecamere, impietosamente e fra polemiche; noto il suo rifiuto dell’ennesimo ricovero in ospedale. Piergiorgio Welby come Giovanni Paolo II: più volte lo ha ripetuto Marco Pannella – lo ha dovuto fare, per legittimare il dolore e il disfacimento del corpo sbattuti sui media di tutto il mondo. E se la malattia di Luca Coscioni aveva la bandiera della “libertà di cura”, uno slogan innanzitutto politico, quella di Welby sventolava in nome del dolore e dell’umanissimo non poterne più. Intorno a Welby non solo i compagni di lotta ma innanzitutto i familiari che da sempre lo hanno amato e avuto cura di lui: la moglie, la sorella e la madre, “le pie donne”. Un matrimonio solido, una famiglia unita. E pure il prete della parrocchia si è provvidenzialmente materializzato alla fine, per annunciare il mancato funerale religioso; eppure nei tre mesi precedenti nessuna telecamera l’aveva mai intercettato – e sì che non ne mancavano da quelle parti – mentre andava a visitare il suo parrocchiano che chiedeva l’eutanasia al presidente della Repubblica. Con la morte Welby è diventato il “cattolico Piergiorgio”, a cui sono stati “negati i funerali religiosi”, e che il Vicariato non ha chiamato “fratello Piero” come ha denunciato il Riformista con indignazione. Al suo corpo “è stato impedito anche dopo morto di ricevere il conforto confessionale cattolico richiesto dalla sua famiglia”, hanno protestato i radicali, lasciando quasi intendere che pure prima di morire ci fosse stato un rifiuto simile. Ma è noto che Piergiorgio Welby non era cattolico, e quei funerali sono stati chiesti dai familiari. I funerali di Welby sono stati comunque segnati da una “profonda laica religiosità” (presumibilmente in contrasto con una profonda cristiana religiosità), “una profonda religiosità, non quella bigotta, ma una religiosità altra, secondo cui il corpo di ognuno appartiene a Dio, per chi ci crede”, secondo Emma Bonino, che ha pure specificato: “Questa è una piazza che ama la vita”. “Oggi è già Natale – ha predicato poi Pannella – e grazie alla morte opportuna, conquistata e serena di Welby è nata una speranza”. Religiosità, Natale, speranza, vita, veglia, e poi gli affamati, i carcerati, i malati, e non dimentichiamo che sulla parola “maternità” si è giocata la battaglia di emozioni sulla legge 40. Per entrare in sintonia con lo “spirito dei tempi” oramai non si può più prescindere da certe parole, che però svuotate della loro origine – carità senza verità, sintetizzava con efficacia Baget Bozzo – appaiono come riflesse dagli specchi deformati dei luna park."

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