martedì, ottobre 09, 2007

visioni private /17

Ovvero: "FIGLIOLI SIATE UMILI, STATE BASSI, SIATE UMILI STATE BASSI!" (S.Filippo Neri)


La fiction religiosa "Chiara e Francesco" andata in onda domenica 7 e lunedì 8 ottobre 2007, quale nuova perla nella litania di biografie di santi che la Lux Vide produce per la privata devozione dei fedeli al piccolo schermo, ha ottenuto il prevedibile gradimento del pubblico con oltre sei milioni di spettatori la domenica e sino a 7.795.000 (share 29.48%) il lunedì.

Poichè Sant'Ignazio di Loyola nelle sue "regole" ( a conclusione degli Esercizi Spirituali) insegna ai fedeli cattolici che bisogna: "Lodare le reliquie dei santi, venerando quelle e pregando questi; lodare le "stazioni", i pellegrinaggi, le indulgenze, le perdonanze, le Crociate e l'accendere candele nelle chiese" non posso che unirmi al plauso per la mini-serie in due puntate che Raiuno ha offerto alla visione "beatifica" del pubblico televisivo italiano poichè l'italico telespettatore ha così potuto venerare le effigi e meditare sulle virtù dei due santi assisiani doppiamente patroni poichè l'una è la Patrona della Televisione e l'altro è il Patrono d'Italia!

E poichè lo stesso Sant'Ignazio esorta a "Lodare molto la vita religiosa, verginità e continenza, e non in uguale misura il matrimonio" non si può non rimanere piamente consolati che i mezzi di comunicazione di massa vengano messi al servizio di un argomento così squisitamente spirituale, ascetico e mistico quale la sequela e l'imitazione di Nostro Signore Gesù Cristo, povero, casto ed obbediente alla volontà del Padre buono che è nei cieli!
Lodabile quindi la volontà di "attualizzare" i racconto agiografico del "Poverello" affinche l'universale messaggio dell'amore evangelico fosse sentito ancor più vicino e quasi compenetrato alla sensibilità del "veggente catodico"!

Mirabile a tal scopo la scelta del protagonista maschile Ettore Bassi, attore dalla faccia pulita, che (se non legittimamente) è stabilmente unito da vincoli di amore e di fedeltà con una singola donna nonchè, in obbedienza alla finalità precipua dell'unione coniugale, padre di una plurima prole. Bassi è stato protagonista di fiction di buoni sentimenti e per molti hanni è stato presentatore di programmi finalizzati al diletto della puerizia.
L'attore barese nato nel 1970, e che principiò la propria cariera nel mondo dello spettacolo nel 1992 con la vittoria del concorso "Il più bello d'Italia", grazie al proprio fisico per nulla imponente, asciutto, e direi emaciato, ha ben impersonato il giovine figlio di Pietro di Bernardone rispetto ad un Raul Bova che, esattamente un quinquennio prima in un'altra fiction (in onda su canale 5 domenica 6 e lunedì 7 ottobre 2002), interpretò un Poverello "atletico" poichè nonostante sia acclarato dalle fonti storiche che Francesco d'Assisi fosse secco, basso, pelato e con le orecchie a sventola, la post-moderna agiografia televisiva pretende che il santo sia interpretato da attori molto avvenenti.


Nella prima puntata perciò Ettore Bassi è un capelluto Francesco ventenne "et ellu è bellu et radiante cum grande splendore" che incrocia lo sguardo dei una Chiara bambina durante i drammatici eventi intorno all'anno 1200 quando il partito dei borghesi di Assisi si ribellò contro il governo della nobiltà cittadina costringendo anche messer Favarone, padre di Santa Chiara, ad andare in esilio. L'espediente narrativo ha la lodevole funzione di far notare al telespettatore la forte differenza d'età tra Francesco e Chiara che solitamente, per una vulgata canonizzata dal celebre film di Zeffirelli, vengono immaginati come due coetanei e dipinti pertanto nelle posa di adolescenti complici e solidali nelle esternazioni loro crisi adolescenziali.

La finzione televisiva sposa così la tesi degli storici che vedrebbe assai probabile il giovane Francesco quale attivo membro della ribellione del ceto dei "Minores" di Assisi nella lotta politica ai "Maiores". Va notato che in quel frangente i rivoltosi dovettero industriarsi a costruire nuove mura e fortificazioni a difesa di Assisi ed è probabile che proprio in tale occasione Francesco abbia imparato a fare il muratore, arte che metterà a frutto anni dopo al tempo della propria "conversione" quando si impegnerà nella riparazione delle chiesette campestri di San Damiano, San Pietro e Santa Maria degli Angeli.

Ho trovato assai lodabile la prima parte della miniseria, in cui si racconta del giovane socialmente privilegiato (sapeva infatti il latino ed il francese, ovvero le lingue della cultura sacra e della cultura mondana) scialacquatore dei beni paterni tutto dedito a conseguire l'arrampicata sociale dandosi arie da gran signore (infatti quando cadde prigioniero nella guerra contro Perugia fu proprio grazie ai suo contegno aristocratico che fu erroneamente posto nella prigione assieme ai nobili).
Francesco a causa del malessere che lo bloccò per mesi non potè partire nel 1204 per la Quarta Crociata ma quando -dopo tentennamenti- partì per le Puglie per mettersi alle dipendenze del nobile Gualtiero III di Brienne non lo fece per partire nuovamente per la Crociata, come si sostine nella fiction (e non solo!), ma per andare a combattere per guadagnare a Gualtiero il trono di Sicilia, in quegli anni politicamente tumultuosi della minore età di Federico II.

Forse troppo esuberante la recitazione di Lando Buzzanca nei panni di Pietro Bernardone, o forse troppo scialbe le capacità espressive dei comprotagonisti. Comunque vedendo Buzzanca che torna a casa e chiama la moglie franzosa col vezzeggiativo di "Mon amour" sembra che il film si intitoli "Il merlo maschio alle crociate".

Sulla voce di Cristo che sembra parlare a San Francesco "col megafono" dico solo che poi non ci si deve stupire se i "cattolici distratti" si meraviglino assai ed anche si scandalizzino alla notizia che una Santa come Madre Teresa di Calcutta abbia ammesso di non sentire la voce di Dio!

Anche se piena di strafalcioni ed inesattezze la fiction "Chiara e Francesco" meriterebbe somme lodi unicamente per un particolare della rappresentazione -peraltro fedele all'iconografia giottesca- di San Francesco che si denuda dei propri abiti riconsegnandoli al padre (e cioè rinunciando volontariamente ai privilegi della propria casta).
Per la prima volta in un film su San Francesco la folla che assiste non ride divertita e non sghignazza boccaccescamente poichè gli uomini del medioevo nella nudità non trovavano niente di comico e di risibile! Nudità era, infatti, sinonimo di povertà e in un'epoca in cui era l'abito a fare il monaco la rinuncia alle stoffe di Francia era una rinuncia non solo alla ricchezza personale ma anche alla privilegiata posizione sociale.
Una cosa che dopo otto secoli ancora non si comprende è che san Francesco non rinunciò alle ricchezze ma rinunciò al "potere" (ragion per cui la sua crisi religiosa non si concluse con "l'entrata in Seminario" poichè anche il prete è chiamato a esercita un potere). E se il Vescovo di Assisi lo coprì ( o lo fece coprire) col proprio mantello episcopale non fu certo perchè mancassero altri che potessero porgere uno straccio per coprire le pudenda del figlio ribelle di Pietro di Bernardone ma proprio a significare che Francesco era sotto la protezione (cioè il controllo) della gerarchia ecclesiastica (la Chiesa così si faceva garante del ristabilimento dell'ordine sociale).


Francesco se sceglie di indossare un saio di stoffa grezza cinto da una semplice corda non fa niente di "nuovo" egli si è vestito da "penitente" così come stabilito dal "diritto canonico" che imponeva la "mutatio habitus" per manifestare pubblicamente la propria condizione di pubblico peccatore e prescriveva una serie di divieti fra cui quello di assistere agli spettacoli e partecipare a feste, vietava di dedicarsi al commercio ed il possesso delle armi.
Non era affatto inconsueto che uomini e donne scegliessero di "fuggire il Mondo" per fare penitenza dei propri peccati e lo stesso san Francesco nel "Testamento" dettato poco prima di morire racconta così la genesi del francescanesimo: "Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza cosi".

Nella Fiction, Frate Bassi appare vestito da novizio cappuccino con quella sua imperitura barba di due giorni che sottolinea la mascella volitiva del frate -che non deve chiedere mai- e con un poco clericale taglio di capelli.

Col fascino della sua repentina vocazione frate Bassi riesce a trascinare i suoi ex compagni di ventura così che lo spettatore non viene informato che in realtà San Francesco passò ben tre anni prima che nel 1209 qualcuno si unisse a lui!
Tra questi primi compagni spicca Illuminato interpretato da Gabriele Cirilli -"Tatiana?! Chi è Tatiana?!!"- che per gli sceneggiatori è un pò il Sancio Panza della situazione esattamente come un'altro attor comico Enrico Brignano che nella fiction del 2002 su Sant'Antonio da Padova interpretò il fraticello zotico e cafoncello compagno dell'aristocratico "Santo dei miracoli" impersonato da Daniele Liotti (il Raul Bova dei poveri).
L'onnipresenza di frà Illuminato si spiega col fatto che nello svolgersi della trama è prevista la scena del dialogo tra San Francesco e il Sultano -anche se le fonti parlano di "predica" al Sultano!- e San Bonaventura, nella "Legenda Maior", informa che- conformemente alla regola evangelica di andare a predicare a due a due- il Santo aveva portato con se proprio Frà Illuminato!
Colui che è passerà alla storia come San Illuminato da Rieti nonchè vescovo di Assisi viene rappresentato come un sempliciotto servitore di un "San Francesco super star" che è sempre giovane e fascinoso con sempre una splendida e folta capigliatura che non sfiorisce nemmeno quando di ritorno dalla Terra Santa -finalmente!- la barba si allunga e s'imbianca repentinamente.

Ho sperato ardentemente che da un momento all'altro frate Gabriele Cirilli guardandolo in faccia frate Bassi sbottasse nel suo consueto tormentone cabarettistico: "Ma come "azz" porti 'sti capelli!!!"

Se il Concilio Vaticano II ha abolito per gli ecclesiastici l'obbligo della "chierica" all'epoca del Concilo Lateranense IV invece si era di parere diametralmente opposto!
San Francesco era a tutti gli effetti un ecclesiastico non solo perchè membro di una confraternita religiosa ma perchè era stato consacrato Diacono su ordine di Innocenzo III per dare un minimo di appiglio canonico sia all'autorità di Francesco sui suoi primi compagni sia per meglio legare Francesco all'obbedienza della gerarchia.
Il regista e gli sceneggiatori di "Chiara e Francesco" non possono essere scusati per il non presentare mai il poverello in abiti liturgici così come si sarebbe dovuto fare ad esempio nella riproposizione del presepe di Greccio. Nel 1223 a Greccio, dove il Santo tornando ad Assisi- proveniente non da Gerusalemme ma da Roma!- trascorre il Natale, non ad uno stalliere ma ad un nobile del luogo, Francesco chiese l'autorizzazione di organizzare una sacra rappresentazione cui parteciò in religiosa e ben ordinata processione tutta la popolazione guidata dal clero (in tale occasione nessuno fu chiamato a rappesentare Giuseppe e Maria!) e davanti ai soli bue e asino venne celebrata la Messa di mezzanotte che San Francesco servì in abiti diacononali e proprio in quanto diacono lesse il Vangelo dell'annunzio degli angeli ai pastori di Betlemme e tenne il sermone! Su questo a fiction sorvola.


Anche l'altro celebre "fioretto" del lupo di Gubbio viene avulso dal contesto storico e viene tramutato nell'incontro affettuoso tra un Aski e il suo volenteroso "educatore cinofilo".

Riguardo al primo viaggio a Roma del 1210 con i primi dodici compagni per ottenere udienza dal Papa (con tanto di presentazione del vescovo di Assisi che ne garantiva l'ortodossia) lo spettatore che ha introiettato il maestoso fulgore del Duomo di Monreale che Zeffirelli usò per rappresentare l'Aula Concilii del Patriarchio Lateranense non può rimanere che deluso dalla chiesetta di cartone che fa da cornice all'udienza col Santo Padre -anzi con "il Padre Santo"- che seppur appare più giovane rispetto al vegliardo del film di Zeffirelli (Innocenzo III all'epoca aveva 50 anni) è accomunato dagli stessi errori storici nella rappresentazione della persona del papa: innanzi tutto Innocenzo III non portava la barba.
Se in età Contemporaneo è divenuto normale vedere il Pontefice Romano andare in giro vestito di bianco nei tempi antichi il Papa doveva sempre apparire in pubblico ammantato di rosso tant'è vero che i cardinali proprio nel XIII secolo ebbero dai papi il privilegio di vestirsi dei colori papali (cioè la porpora!) per meglio significare che la loro autorità sulla Chiesa Romana era un'emanazione dell'autorità della persona del Papa stesso.
La Tiara papale era bianca ma era bassa e non raggiungeva le arditezze ogivali rappresentate nella fiction (che invece raggiungerà unicamente per il periodo del pontificato di Bonifacio VIII) e che più che guardre a Zeffirelli si sarebbe dovuto guardare agli affreschi di Giotto. Così anche quando timidamente si cerca di uscire dal vicolo ceco del lieto fine di "Fratello Sole Sorella Luna" non si osa giungere ad una rappresentazione realistica del dialogo tra il papa e il Santo e attenuando il più possibile l'ingiunzione pontificia di andare a predicare ai porci, giungendo così a rappresentare un inconciliabile "giusto mezzo" tra Zeffirelli e Dario Fò.



Sulla presenza di Francesco in Egitto si può solo apprezzare la volontà di rappresentare la volontà di dialogo del santo e parimenti del Sultano anche se però appare grottesca la scena in cui da un crociato che gli annuncia l'indizione della quinta crociata (1217) il santo viene a sapere della sciuagurata conclusione costantinopolitana della quarta crociata di dodici anni prima!
Sottolineare, poi, che all'epoca di San Francesco il termine "Crociata" -ampiamente usato nella fiction- non era stato ancora coniato è inutile come deprecare che in Quo Vadis ci siano gli ananas e le banane.
Sottolineare, invece, che San Francesco non tornò in Italia perchè la sua "missione di pace" in Palestina era fallita ma perchè fu avvisato che in sua assenza i frati stavano litigando sulle regole della vita "conventuale" e stavano scindendosi in gruppi contrapposti, questo non mi pare affatto secondario!

Inevitabile nel confezionalento del "santino" di S.Francesco il mettergli in bocca la così detta "Preghiera di San Francesco" - quella che dice: "Signore, fa di me uno strumento della Tua Pace: Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore, Dove è offesa, ch'io porti il Perdono, etc"- che in realtà fu composta ai primi del XX secolo e stampata dietro ai santini che venivano distribuiti ai soldati della prima guerra mondiale!

In questa mia -affettuosissima- disamina della novella agiografia televisiva ho a bella posta tralasciato l'altra "protagonista": Santa Chiara.
Il racconto della vocazione religiosa della nobilissima e bellissima figlia di messer Favarone è sostanzialmente fedele così come la presentazione di Chiara come già da bambina tutta intenta alle opere di pietà verso i poveri e non, come spesso si ritiene, come spinta dall'esempio di Francesco. Al processo di canonizazione la sorella Beatrice testimoniò che : "San Francesco udita la fama della sua santità, andò a lei, così che la vergine Chiara acconsentì alla sua predicazione e rinunciò al mondo e a tutte le cose terrene e andò a servire a Dio più quanto presto potette".

Molto coinvolente la rappresentazione della consacrazione monacale di Chiara ed il taglio dei capelli per mano di San Francesco in un contesto squisitamente liturgico, con la processione notturna con le fiaccole al canto di un acconcio reponsorio gregoriano "Veni Sponsa" e all'interno di una chiesa (anche se in realtà la cerimonia noturna si svolse alla Porziuncola e non in San Damiano!) e non "nei campi di grano che dirti non sò" di Zeffirelli.

Ho, però, notato con dispiacere che il salmo gregoriano è appicicato come una suggestiva musica di sottofondo e non è invece, come sarebbe stato assai opportuno, intonato dalle schiere di frati presenti alla cerimonia: riflesso di un cattolicesimo post moderno che come massimo apprezzando per il "misticismo" della musica sacra non sà fare altro che offrirla ai turisti che visitano le chiese come sottofondo folcloristico.

La Santa Chiara della fiction và poi in giro troppo spesso con i capelli sciolti, cosa disdicevole per una vergine del medioevo, ma che sicuramente è stato un pensato per meglio farla somigliare alle "serafiche" ragazze del XXI secolo dal volto pulito e di buoni sentimenti che popolano le riunioni della Gi.Fra anche se la giovane attrice Mary Petruolo ha corso il rischio di apparire una "Chiara di Rivombrosa".

I realizzatori della fiction hanno esaltato il fatto che per la pri­ma volta santa Chiara non è stata relegata ad un ruolo marginale di muta pia donna, come accaduto nei film del passato, ma anzi è stata utiliz­za come chiave per comprendere Francesco e viceversa.
Insomma, si è voluto meglio sottolineare non solo le affinità "elettive" tra i due santi ma anche sottolineare le nette differenze delle due vocazioni pur nella fedeltà allo stesso e medesimo carisma "francescano": la predicazione itinerante per portare il messaggio evangelico agli uomini lì dove gli uomini vivono (ed innazitutto prima che con le parole dare l'esempio di una vita vissuta solo per Cristo) e invece la scelta di separarsi anche fisicamente dal mondo per vivere di preghera e di contemplazione del messaggio evangelico (per dare l'esempio che è posibile una vita vissuta solo per Cristo).

Se lo scopo era presentare la vocazione di Chiara, vocazione intesa come scoperta ed accettazione gioiosa consapevole e totale della propria personale "chiamata" alla consacrazione totale a Cristo, tale scopo è stato raggiunto. A ciò è bastante la frase detta alla madre: "C'è a chi Dio chiede di formare una famiglia, a chi chiede di fare del bene al prossimo, a me Dio ha chiesto tutto".
Se invece lo scopo era quello di presentare il modo concreto con cui Santa Chiara ha realizzato concretamente la vocazione ad una vita di fedeltà all'ideale francescano, assieme alle altre "Povere Signore di San Damino", in questo la fiction ha fallito miseramente, anzi non ci ha proprio provato.
Poichè oltre a farcela vedere miracolosamente destata da una specie di coma (per la fiction in contemporanea al presepe di Greccio) in una notte di Natale per poter abbracciare e cullare il neonato bambinello Gesù miracolosamente apparso fra le sue braccia (confesso che non sapevo di un tale miracolo, sempre ammesso che non sia stato inventato di sana pianta dagli sceneggiatori unendo pezzi di differenti visioni della Santa!) nulla si racconta di possibili edificanti "fioretti" in parallelo ai grandi eventi della vita di Francesco vivente, nè dopo la morte di esso si racconta niente dei lunghi ventisette anni in cui sopravvissuta al mistico santo fondatore dovette difendere virilmente il "Privilegio della povertà" mentre l'ordine dei frati -cui le clariise erano sottomesse- chiedevano ed ottenevano dalla Curia Romana mitigazioni alla rigorosa regola dattata da San Francesco (già in molte cose mitigata vivente San Francesco stesso).

L'immagine finale di Santa Chiara che camminando su di un prato segue letterarmente le orme di frate Francesco seppur assai bella e probabilmente desunta dal Paradiso dantesco suggella l'evidenza che a dispetto del titolo il protagonista della fiction è solo San Francesco; "La sua famiglia, che si mosse dritta/ coi piedi a le sue orme, è tanto volta,/ che quel dinanzi a quel di retro gitta".
E' comunque lodevole la retta intenzione.

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