venerdì, aprile 15, 2005

POST mortem 2

Una cosa è certa: per un giornalista è più facile gestire un papa Wojtyla morto più che un Wojtyla vivo ma infermo.

È assolutamente incomprensibile, a noi uomini carnali e mondani, la cocciutaggine con cui Giovanni Paolo II ha continuato a fare il papa nella sofferenza, non avendo vergogna della sua fragilità; convinto di non essere d’ostacolo per la Chiesa cattolica, dato che per lui la Chiesa non è una multinazionale ma il Corpo mistico del Dio e Salvatore Gesù Cristo. Quel Cristo, di cui il papa si ritiene rappresentante, che accettò il titolo di re solo sulla croce.

È però assai difficile e poco remunerativo per un giornalista raccontare queste “storie”, ad un pubblico materialista e malizioso, che non riesce a convincersi che “i preti” ci credano veramente alle belle ma strambe teorie che raccontano, e che i “misteri” che il papato difende non sono solo quelli della fede.
Anzi, per una generazione evangelicamente antidogmatica in nome di un Gesù buonista, non ci sono misteri della fede da difendere con i denti, altrimenti nessuno si scandalizzerebbe di fronte agli ammonimenti formali che la Congregazione per la dottrina della fede indirizza, non a degli opinionisti da talk show ma, esclusivamente a dei teologi cattolici (cioè persone il cui lavoro è spiegare i dogmi della Chiesa).

L’oscurantismo di Wojtyla in campo sessuale è universalmente noto: non l’Incarnazione o la Transustanziazione sono i pilastri del cattolicesimo ma il condom è il principio e fondamento su cui si giocherebbe l’esistenza stessa della religione Cattolica Romana, come si dice convintamene per bocca di quell’intellighenzia che ci rappresenta pienamente, mentre invece l’ultimo grande impegno del vecchio papa polacco è stato proprio la preoccupazione di ribadire la fede nella Transustanziazione proclamando l’anno dell’Eucaristia.
Dimensione incomprensibile per i nostri ragionamenti mondani.
La capacità di Karol Wojtyla di guardare la realtà in prospettiva mistica in fondo ci disturba, disturba la volontà di mostrare il proprio decadimento fisico e disturba soprattutto perché quest’ostentazione viene da una persona che detiene una posizione di potere. Per questo è molto più semplice (far finta di) interrogarsi sulle reali possibilità che un papa paralitico ha di “governare” la Chiesa immaginando un papa in balia di cardinali che lo tengono in ostaggio.
Inutile spiegare che il Vaticano non ha nessuna valigetta nucleare e che le decisioni che il papa deve prendere sono tutte di lungo periodo: non c’è nessuna urgenza, entro le ventiquattrore, né di proclamare un nuovo dogma ne di nominare un nuovo vescovo!

E che pensare di quei commentatori, in vero non italiani ma anglosassoni: malati di un secolare antipapismo, che hanno ritirato fuori il fantasma simil sovietico di un papa già morto da ore ma di cui non si dava notizia perché i collaboratori dovevano giocarsi la successione, nella più totale ignoranza dei meccanismi vaticani.

Ma di questa ignoranza noi ce ne beiamo, altrimenti non troveremmo alcun diletto leggendo i romanzi di Dan Brown. Tutti i lettori di “Angeli e Demoni” vedendo il quasi ottuagenario Martinez Somalo avranno forse riflettuto su quanto comica è la scena descritta dal romanzo dove, appunto il Camerlengo, sceso nelle grotte vaticane, per arrivare velocemente alla tomba di san Pietro apre un tombino e si lancia atleticamente nella necropoli sottostante?

È più semplice puntare sull’atavica morbosità per i meccanismi del potere ecclesiastico, che porsi o aiutare a porsi le domande di fondo: non come sta il papa di salute ma chi è il papa; quale è il suo ruolo, “chi si crede di essere”, quali sono le sue prerogative, allora molti che si scandalizzano per le idee retrive di Giovanni Paolo II si scandalizzerebbero vieppiù se gli spiegassero la dottrina della “Plenitudo Potestatis”.

Ed ora che anche gli opinionisti si sono stancati di dirci la propria piatta opinione sul pontificato appena concluso, tutti presi ad interrogarsi sul successore e sul suo “dovere” di “democraticizzare” la Chiesa del terzo millennio, ho percepito veramente l'assenza di Giovanni Paolo II.
Sto pian piano acquisendo una più reale coscienza della morte di papa Wojtyla.

Forse sembra strano, ma tutto è questione d’abitudine.

Mi è venuto da piangere rendendomi conto che mi sto abituando alla sua assenza.

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