martedì, gennaio 24, 2006

Letterature comparate /3


Propongo il (molto) lungo articolo di Andrea Monda, apparso sul Foglio del 30 dicembre 2005, in cui vengono sottolineate alcune analogie tra il pensiero dello scrittore C.S.Lewis ed il teologo Ratzinger.
Propongo l'articolo - ahivoi!- assai cospicuo, conscio di contravvenire alla regola aurea dei blog.
Lo dedico a Monsieur de Lapalisse che, con'egli protesta, non legge i giornali e non guarda la tv ma si informa tramite i novelli mezzi telematici.
Per tutti coloro che invece non possiedono in grado eroico la virtù della perseveranza, segnalo un post della impeccabile PESCEVIVO che dell'articolo ne ha fatta degna epitome.


"Un modo originale, ma non sbagliato, di avvicinarsi alla lettura della prima enciclica, “Deus Caritas est”, che Benedetto XVI ha firmato il giorno di Natale, è forse proprio la visione del film “Le cronache di Narnia”, tratto dall’omonima saga letteraria di C.S. Lewis, che sta mietendo in questi giorni successi in tutto il mondo.
Il teologo e poi cardinale Ratzinger infatti, a suo tempo fu lettore di Lewis e non è stato neanche il solo cattolico illustre a rendere omaggio al geniale scrittore anglicano, come dimostrano la corrispondenza epistolare tra quest’ultimo e il prete veronese (poi proclamato santo) Giovanni Calabria, gli elogi di Urs von Balthasar (che definì “Il grande divorzio” un vero capolavoro) o le più recenti citazioni del cardinale Christoph Shoenborn nei suoi testi a commento del catechismo della Chiesa Cattolica o, per finire, l’elogio indiretto che Giovanni Paolo II rivolse al segretario dello scrittore inglese, Hopper(...).
Anche Ratzinger, dunque, fa parte dei lettori di Lewis, del quale ha apprezzato la grande intelligenza, lo humour e, come avrebbe scritto Borges (altro acuto estimatore di Lewis) “l’infinita onestà di quell’immaginazione”. Come Chesterton, anche Lewis fu un geniale convertito d’Inghilterra capace di trattare argomenti sommi con somma levità, animato da un’imponente forza dialettica, un gusto del paradosso che non diventa mai sarcasmo ma sempre stimolo per una riflessione ulteriore e uno sguardo più aperto e franco su quel mistero chiamato uomo. Autore molto prolifico, Lewis è oggi famoso in tutto il mondo come maestro del genere fantastico ma forse i saggi sulla fede cristiana rappresentano le sue pagine più belle e vitali, come nel caso de “I quattro amori”, “Il cristianesimo così com’è” e “L’abolizione dell’uomo”. Quet’ultimo libro fu elogiato esplicitamente da Ratzinger, così come un altro best seller di Lewis, “Le Lettere di Berlicche”, in cui lo scrittore “osa” mescolare teologia e sbrigliata immaginazione. Di questo libro, l’allora cardinale Ratzinger nel 1999 disse: “Quanto sia oggi antimoderno
interrogarsi sulla verità lo ha genialmente esposto lo scrittore e filosofo inglese
C.S. Lewis”.

Lo scrittore anglicano e il teologo bavarese

Esistono altre tracce rivelatrici di questa relazione tra il teologo bavarese e lo scrittore anglicano. Ecco un brano di “Miracles”, scritto da Lewis nel 1947: “Per dirla con franchezza, non ci piace per niente l’idea di ‘un popolo scelto’. Democratici per nascita e per educazione, preferiremo pensare che tutte le nazioni e tutti gli individuipartano alla ricerca di Dio da una posizione uguale per tutti, o addirittura che tutte le religioni siano vere. Ma, come si deve subito ammettere, il cristianesimo non fa nessuna concessione a questa ipotesi. Non parla affatto di una umana ricerca di Dio, ma di qualche cosa fatta da Dio per l’uomo, sull’uomo e riguardo all’uomo. E il modo in cui è stato fatto è selettivo al più alto grado, non democratico. Dopo che la conoscenza di Dio si era universalmente perduta o oscurata,
viene individuato un uomo fra tutti gli uomini della terra (Abramo); egli viene separato (e, possiamo supporre, in modo abbastanza penoso) dal suo ambiente naturale,
viene mandato in un paese straniero, e fatto l’antenato di una nazione destinata a tramandare la conoscenza del vero Dio. All’interno di questa nazione vi sono altre selezioni – alcuni muoiono nel deserto, alcuni rimangono in Babilonia – e poi altre selezioni ancora. Il processo va avanti restringendo sempre più il suo campo, alla fine si concentra su un piccolo punto luminoso simile alla punta di una spada.
E’ una ragazza ebrea assorta in preghiera. Tutta l’umanità (per quel che concerne la sua redenzione) si è ristretta a tanto.
Un tale processo è molto diverso da quanto vorrebbe la sensibilità moderna; ma, sorprendentemente, è proprio quello che si produce abitualmente nella Natura, il cui metodo è la selezione, e con essa (dobbiamo ammetterlo) uno spreco enorme.
Di tutto l’enorme spazio solo una parte piccolissima è occupata dalla materia.
Di tutte le stelle solo pochissime hanno dei pianeti, forse solamente una. Di tutti
i pianeti del nostro sistema, probabilmente solo uno tollera la vita organica. Nella trasmissione della vita organica, sono emessi innumerevoli semi e spermatozoi, dei quali solo alcuni sono selezionati e assegnati all’onore della fertilità. Tra le specie, solo una è razionale. Nell’ambito di questa specie solo pochi si elevano all’eccellenza della bellezza, della forza o dell’intelligenza”.
E’ notevole in questa pagina, tra le altre cose, specie per un anglicano (per quanto vicino al cattolicesimo come Lewis), l’accento su Maria, paragonata a “un piccolo punto luminoso simile alla punta di una spada”.

Venti anni dopo (Lewis intanto era morto nel 1963), nella sua ormai classica “Introduzione al cattolicesimo”, il professore di Tubinga Joseph Ratzinger, parlando della “ragionevolezza della fede”, osserva come la fede cristiana non possa venire in alcun modo neutralizzata o sterilizzata, sopprimendo lo scandalo che l’accompagna. Vale a dire che il senso che fonda l’essere e la storia si immerge esso stesso nella storia divenendo un evento, una figura particolare di questa storia. E si chiede se poi i cristiani abbianoil diritto “di abbandonarsi a un’unica figura collocando così la salvezza dell’uomo e del mondo come sulla punta d’ago di quest’unico punto d’incidenza.”
E continua: “Noi restiamo quasi ammutoliti di fronte a questa Rivelazione cristiana, domandandoci, specialmente qualora la confrontiamo con la religiosità dell’Asia, se in fin dei conti non sarebbe stato per noi assai più facile credere nell’Eterno, pensando a lui, anelando a lui e confidando in lui. Ci chiediamo se non sarebbe stato quasi meglio che Dio ci avesse lasciati a una distanza infinita come prima; se effettivamente non sarebbe stato assai più agevole, trascendendo ogni realtà mondana, cercare di cogliere attraverso una tranquilla contemplazione il mistero eternamente inafferrabile … Questo Dio ristretto a un unico punto non deve forse morire definitivamente, nel quadro di un mondo che ridimensiona inesorabilmente l’uomo e la sua storia riducendoli a un infinitesimale granello di polvere sperso nel tutto, e solo nell’ingenuità dei suoi anni di fanciullezza aveva permesso all’uomo di considerarsi come il centro dell’universo?
Questo stesso uomo, però, al momento attuale che segna il suo risveglio dai sogni
d’infanzia, non dovrebbe finalmente avere il coraggio di destarsi del tutto tergendosi gli occhi scuotendosi da quella pazzesca illusione, pur bella che fosse, inquadrandosi senza indugi in quel poderoso complesso di cui la nostra minuscola vita non è che una microscopica cellula, la quale dovrebbe ritrovare un senso proprio così, nell’ammettere la sua esiguità?”.

Lo scandalo del cristianesimo

Lo scandalo del cristianesimo è una punta di spada che spezza in due la storia umana, è nella “selezione” così “scorretta” con cui Dio, nell’Incarnazione come nella Natura, incide nella vicenda umana. Ma la riflessione dei due teologi, lo scrittore e ilprofessore, continua in parallelo, nella
stessa direzione.
Scrive Lewis: “Quando analizziamo la selezione dai cristiani attribuita a Dio, non troviamo in essa niente di quel ‘favoritismo’ da noi temuto. Il popolo ‘scelto’ non è scelto nell’interesse suo proprio (certamente non per il suo onore o il suo piacere), ma nell’interesse di chi non è scelto. Ad Abramo viene detto che ‘nel suo
seme’ (la nazione scelta) ‘tutte le nazioni saranno benedette’.
Quella nazione fu scelta per portare un pesante fardello. Le sue sofferenze furono grandi, ma, come riconobbe Isaia, furono sofferenze che guariscono altri.
Alla Donna scelta per ultima è riservato il profondo abisso dell’angoscia materna.
Suo Figlio, l’Iddio Incarnato, è ‘un uomo dei dolori’; l’unico Uomo nel quale sia discesa la Divinità, l’unico Uomo che possa essere legittimamente adorato, eccelle per la sofferenza”.

Gli fa eco Ratzinger in un altro brano, tratto dal suo testo fondamentale di ecclesiologia, “Nuovo popolo di Dio”, del 1969:
Si diventa cristiani non per sé, ma per gli altri; o piuttosto lo si è per se soltanto quando lo si è per gli altri”. Questo è il motivo, per il teologo, per cui il servizio della Chiesa è grande: non perché la Chiesa venga salvata e gli altri rifiutati, ma perché tramite essa anche gli altri vengono salvati, secondo il principio che caratterizza tutta la storia della salvezza, quello della Pars pro toto della “minoranza a servizio della maggioranza”, della “rappresentanza”.
“Alla nostra ottica” osserva Ratzinger, “il fenomeno Chiesa diventa sempre più minuscolo nel tutto del cosmo. Se si comprende la Chiesa alla luce di quanto si è detto, non c’è più bisogno di sorprendersi per questa sua piccolezza nel mondo… Per poter essere la salvezza di tutti non è necessario che la Chiesa si identifichi anche esternamente con tutti. La sua essenza è piuttosto radicata nella sequela di quell’uno che ha preso l’umanità intera sulle sue spalle; la sua essenza consiste nell’essere la schiera dei pochi, tramite quelli Dio vuole salvare tutti. La Chiesa non è tutto ma esiste per tutti. Essa è l’espressione del fatto che Dio edifica la storia nella reciprocità degli uomini alla luce di Cristo”.
L’esiguità della Chiesa è la sua forza, è la solitudine del seme che sopravvive alla selezione, è il “resto di Israele”, sono i Giusti di cui parlava Borges nell’omonima poesia, persone che, senza saperlo, “stanno salvando il mondo”.
E’, infine, la paradossalità la cifra della riflessione filosofica e letteraria di Lewis, una cifra che senz’altro troveremo nella prima, programmatica, attesa enciclica di Benedetto XVI, “Deus Caritas est”.

Andrea Monda

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