martedì, novembre 14, 2006

Croce e delizia [2]

Epistola pubblicata dal Foglio addì sabato 11 novembre 2006 in cui "l'orrido" Langone si fa apostolo della Santa Croce.

Ovvero:LA VERA DOTTRINA SPIEGATA ALLE RAGAZZE



Carissima Cristina,
tu sei cristiana e non porti il crocifisso.
Dici che è solo un ornamento e che non vuoi portare Gesù morto in croce come ornamento.
Dici che tutti quei ciondoli con croci di forma strana e materiali troppo preziosi (anche platino) non hanno più niente dell’oggetto religioso. Siccome sei precisina mi fai anche il nome di qualche marchio, Breil, Kris, che però non ho mai sentito nominare (io al massimo conosco Bulgari o Pomellato).
Dici che il crocifisso portato sopra i vestiti è di cattivo gusto. Dici che incastrato fra i seni è volgare.[...]
Ho tenuto per ultima la questione che vorrei risolvere per prima: “Il collo è fatto per essere baciato, la catenina del crocifisso disturba”.

Questa del crocifisso di castità non l’avevo mai sentita, come ti è venuta in mente? Quando ti avrò convinto a portarla, la croce ti proteggerà dai malintenzionati e non frenerà gli slanci degli amanti.
Te lo dice un maschio: in quei momenti cruciali, nella lunga lista degli impicci possibili l’impiccio-catenina proprio non esiste. Mi piacerebbe entrare nei dettagli, spiegarti per filo e per segno quali sono i pensieri, e i timori (anche timori tecnici), che passano nella mente dell’uomo che ti sta baciando sul collo. Tu però sei una donna severa e mi guarderesti con espressione schifata, quindi lascio perdere e torno alla catenina e ai suoi poteri: ad esempio potrà far capire a certi bruti che con te devono comportarsi meglio del loro solito, che sei una brava ragazza e non devi essere buttata dopo l’uso. Non mi sembra un malvagio risultato.

Adesso provo a fugare i dubbi più consistenti:
1) il valore materiale dell’oggetto che scaccerebbe il valore spirituale; 2) l’ostentazione fastidiosa; 3) i cattivi propositi di chi se lo infila tra le tette.

Io porto una croce di pietre dure (quarzo occhio di falco oppure occhio di tigre, non ho mai capito la differenza). Me l’hanno regalata ma anche se l’avessi comperata avrei speso poco. Per aumentare il tasso di francescanesimo, ma anche perché lo ritengo più elegante (sono uomo vanitoso), al posto della catenina uso una cordicella di cuoio di quelle che si comprano dal calzolaio. Detto questo, non mi scandalizzerei per croci e catenine in metallo prezioso. Innanzitutto la questione va ridimensionata: non stiamo parlando di Aston Martin e nemmeno di Porsche Cayenne bensì di piccoli oggetti alla portata del 90 per cento degli italiani.
Sarebbe bello che l’esibizionismo della ricchezza si risolvesse nell’esibizione di ricchi crocifissi. Camminare per strada sarebbe come sfogliare un’edizione Franco Maria Ricci della Lettera ai Galati di San Paolo: “Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”.[...]
Non confondiamo il cristianesimo col pauperismo, Cristo non ci vuole tutti poveri, ci vuole tutti salvi.
Se la nonna lascia in eredità alla nipote la sua croce d’oro la ragazza deve conservarla come cosa cara e indossarla alla prima occasione: è un tenero ricordo di cui non deve vergognarsi.
E’ anche un modo per obbedire al quarto comandamento, che esorta a rispettare i genitori ma anche a “tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati” (c’è scritto nel Catechismo, non me lo sto inventando io). Tramandare un oggetto è tramandare la memoria delle personeche l’hanno posseduto, è sfidare l’onnipotenza della morte, è religione.
Se la croce della nonna non si discute la croce del gioielliere invece sì: ne sconsiglierei l’acquisto se non altro per non fornire occasioni agli scippatori e agli invidiosi. Comunque quando incontri qualcuno ti invito a notare la croce e non il metallo: cerca di avere uno sguardo da cristiana e non da impiegata del monte dei pegni. Se proprio non riesci fare a meno di indignarti per il platino, o l’oro o il titanio o quello che è, trasforma questo tuo problemino in opportunità: comprati una croce di ferro così da testimoniare la tua fede sobria.

Con questo verbo, testimoniare, arrivo al punto 2: “Il crocifisso portato sopra i vestiti è di cattivo gusto”. Allora portalo sotto, che problema c’è? A parte che il gusto, buono o cattivo, non credo abbia a che fare con l’immortalità dell’anima. E’ molto soggettivo, sottoposto a forti oscillazioni nel tempo. Un anno va il nero, l’altro anno va il bianco. Un’epoca esige l’essenziale, un’altra va pazza per l’orpello. Sono fenomeni a cui bisogna dare il giusto (modesto) peso.[...]

Io sono cristiano perché voglio l’eterno, non mi faccio inchiodare al qui e ora del trendy che domani mattina sarà già modernariato.

Siccome sei cresciuta a Bologna vado a rivedermi il catalogo del bolognese Guido Reni, pittore per esteti.
Com’è giusto che sia i crocifissi abbondano e non c’è Maddalena senza la sua brava croce. Magari non al collo però in mano e di grandi dimensioni, quindi ancora più visibile. La Maddalena penitente conservata a Baltimora porta una croce sottilissima, elegantissima, evidentissima.

Potresti obiettarmi che per quanto ex peccatrice Maddalena è una santa e tu invece sei una donna normale. A maggior ragione: la croce non è un premio da meritarsi, non è una medaglia al valore. Sono proprio i santi quelli che potrebbero farne a meno e siamo esattamente noi, distratti, smemorati, ad averne costante bisogno. Per lungo tempo ho temuto che il mio cattivo comportamento (i vizi a cui sono tanto affezionato) potesse gettare un’ombra sulla croce che porto al collo.
Ho avuto questo cruccio fino a quando non ho letto Angelo Scola, il patriarca di Venezia: “Se io dovessi aspettare di essere perfetto per testimoniare non testimonierei mai. Invece paradossalmente anche il più grande peccatore può testimoniare. Non si comunica se stessi, ma il grande dono ricevuto da Gesù.”

Una rassicurazione definitiva dopo la quale posso soltanto passare al punto 3: la questione molto molto femminile del crocifisso infilato fra le tette.

Sì, il mondo dello spettacolo è pieno di zoccole che usano la croce per valorizzare la scollatura. Non tutto il male viene per nuocere, la zoccolaggine dilagante sugli schermi mi dà l’occasione di citare niente meno che Alessandro Manzoni: “E’ dottrina perpetua della chiesa che si devono detestare gli errori e amare gli erranti.”

Sei una donna cavillosa, Cristina, e mi dirai che mi viene troppo facile di amare le zoccole.

Sì, mi è sempre venuto facilissimo, non è che bisogna soffrire 24 ore su 24 per tutti i giorni che ci sono dati da vivere.
Temo ci sia anche un pizzico di superbia nel non volersi mescolare con le puttane o simili. Frequentarle non è obbligatorio ma non è nemmeno proibito. Gesù lo faceva, abitualmente, e infatti i farisei, razza di vipere ipocrite, non perdevano occasione per criticarlo. Lui non si faceva condizionare e a casa di Simone il Fariseo si fece massaggiare i piedi da una di quelle: “Una peccatrice venne con un vasetto di olio profumato; e stando dietro, presso i suoi piedi, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato” (Vangelo di Luca 7, 37-38, se vuoi puoi andare a controllare).
Simone naturalmente pensò male e Gesù rispose in questo modo: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato.” Dopo una frase del genere, di quelle che bastano per salvare vite e mondi, faccio fatica a continuare ma devo.

Parlavamo delle zoccole crocimunite.
Può darsi che usino il crocifisso al solo scopo di attirare l’attenzione dei maschi ma può anche darsi che non sia così. Credo che parecchie volte si intreccino le due motivazioni: l’orgoglio per le tette e l’affidamento a Cristo (ne hanno molto bisogno, è un duro mestiere, le tette durano poco). Ma siamo sempre nel campo delle ipotesi. Lo sai tu che cosa passa per la testa di queste signorine? Io no. Mi piacerebbe ma non lo so. E allora “in dubio pro reo” come dicevano i latini. [...]



Infine: ammettendo pure che i non tantissimi crocifissi che si vedono per strada siano tutti, nessuno escluso, al collo di baldracche o sataniste, vuoi lasciare a gente simile il monopolio della rappresentazione divina?

Vista la brutta piega che negli anni Settanta stavano prendendo le cose, papa Paolo VI si preoccupò di fissare l’ultima trincea: “Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”. Quel piccolo gregge siamo noi che portiamo la croce in quanto cristiani. E’ intorno al nostro collo che si gioca la validità del famoso versetto del Vangelo di Matteo: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

Questo dovrebbe bastarti per farti scattare verso il più vicino chincagliere onde munirti di croce regolamentare. Lo hai già fatto, lo so, me l’hai detto, “per farti un’idea”. Ma non hai trovato nulla.
Non hai trovato nulla perché sei andata nei negozi di articoli religiosi che andrebbero invece chiamati negozi del kitsch religioso. Gli oggetti in vendita sembrano realizzati per indurre ripugnanza e favorire, per reazione, l’eresia iconoclasta.

Bella la tua mail in proposito:
“La ricerca del Crocifisso si sta facendo sempre più ardua e le suore non sono il massimo della simpatia. Vado al negozio di apostolato liturgico in piazza Duomo e la suora mi ripropone le Tau (“NONEEE”) e croci in legno con Gesù in metallo (“La vorrei senza Gesù”). Rimane una crocetta che dovrebbero vendere corredata di lente di ingrandimento.
Esco. Libreria San Paolo, sempre in piazza Duomo. Entro e c’è nell’aria “No woman no cry” (Bob Marley). Mi rivolgo a questo prete che ha la faccia, i capelli e le mani da busone. Aridaje con le Tau in legno e con le crocette microchip. Mi apre la scatolina delle crocette microchip e ne prende una e non vuole darmela in mano (come alle elementari: Te la faccio vedere, ma in mano mia).”


Povera Cristina e povero Cristo!
Gli esponenti del clero in cui ti sei imbattuta richiamano una frase di Pio XII: “La prova che la chiesa è un’opera divina è che neanche gli ecclesiastici sono riusciti a distruggerla.” In particolare le Tau, le croci egiziane a forma di T, mi fanno innervosire. Le ho sempre viste addosso a telepreti in stile Antonio Mazzi, mezzesuore in stile Rosi Bindi, ragazzi smunti che scrivono sui settimanali diocesani, chitarristi beat che ragliano durante la messa domenicale. E’ la croce prediletta da quella deprimente fauna parrocchiale che a me fa uno stranissimo effetto: ogni volta che la sfioro mi prende l’irresistibile voglia di ascoltare heavy metal ad alto volume e partecipare a orge con ragazze indossanti slip di pelle nera.

Ovviamente la croce da portare al collo deve avere la forma della croce su cui venne inchiodato Cristo. Una croce latina, quindi. Qualsiasi altra croce tradisce la realtà, ad esempio quelle croci deformi, curvilinee, quasi aerodinamiche, che si vedono in tante vetrine. “Nell’arte sacra non c’è spazio per l’arbitrarietà. Dalla soggettività non può venire alcuna arte sacra.”
Lo ha scritto il cardinale Ratzinger e chissà a quali serbatoi di pazienza avrà attinto quando, divenuto Papa, ha dovuto parlare al convegno ecclesiale di Verona sotto una grande croce dai braccini corti che al posto di Gesù Cristo mostrava un ectoplasma lattiginoso. Gli oggetti condizionano, eccome, e l’arcivescovo di Milano sotto quella croce rattrappita fece un discorso che le somigliava, rachitico, ingeneroso, un discorso coi braccini corti. Descrisse la chiesa come un club esclusivo, per soli preti e amici dei preti.
Il Papa dovette poi spiegare che è invece un movimento inclusivo, aperto a tutti: è cristiano chiunque sappia che la croce salva l’uomo, e non importa granché se non conosce o non condivide ogni singolo dogma.

Le ultime parole pronunciate da Gesù furono: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Se lui vuole stare con me io voglio stare con lui, portando una croce che mi ricordi sempre e per sempre la sua presenza, seguendo l’esempio di papa Giovanni Paolo II che stringeva spasmodico il crocifisso partecipando malatissimo alla sua ultima via crucis, l’esempio del milione di cristiani (lavoratori indiani, filippini, libanesi, egiziani copti…) che vivono in Arabia Saudita e rischiano ogni giorno di essere picchiati e incarcerati perché quel regime musulmano proibisce severamente anche il possesso di un rosario, l’esempio della signora Nadia Eweida, impiegata della British Airways all’aeroporto londinese di Heathrow, che si è fatta sospendere dal lavoro pur di non strapparsi dal collo la sua piccola croce.

Cristina, per il nome che porti e per i sentimenti che ho conosciuto in te, sono sicuro di non dover aggiungere altro. Che Dio ti benedica.
Camillo

1 commento:

fabrizio ha detto...

Ma quanto è intelligente! E che stile fresco, movimentato, poco ecclesiastico! Meno male che c'è gente che imperversa per riche e righe per sipegare quanto è fico portare la croce! Meno male