martedì, febbraio 06, 2007

Agata guarda, stupisci! /2



Ovvero: Stralcio di un articolo di Ottavio Cappellani, scrittore, catanese, alle prese con una città indicibile, un luogo dove si precisa che mai un poliziotto fu ucciso per motivi futili. Tutti dispiaciuti perché Sant’Agata è stata costretta a “purificarsi”.
[ Il Foglio di martedì 6 febbraio 2006]

«...in una città che si stende dalla cima innevata dell’Etna alle strisce di coca preparate direttamente sui tetti delle macchine parcheggiate durante la processione per Sant’Agata.
In una città che si è svegliata all’improvviso indignata e vergognata, attonita e stupefatta, sorpresa e dignitosa, meditabonda e decisa, colpita e offesa, come se avesse scoperto soltanto ora.
Quanto segue è soltanto una maniera, breve, di raccontare una città estrema, nel bene e nel male, contraddicendo chi sostiene che il fattaccio è accaduto a Catania, ma poteva accadere anche, per dire, ad Ascoli. La questione non è “dove poteva accadere”, bensì “dove era molto probabile che accadesse”. La risposta è: Catania. Come d’altronde sosteneva un recente rapporto dell’intelligence.
Catania resta un osservatorio privilegiato: prendete il resto come la cronaca di un delirio, forse soltanto il mio.

Per descrivere la città, partiamo dal “dibattito”.
La Sicilia, praticamente l’unico quotidiano letto sotto l’Etna, strumento utilissimo per capirne l’anima, domenica scriveva nell’editoriale in prima pagina (firmato: La Sicilia) – dopo avere dichiarato che Catania è piena di persone per bene e che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio – che la colpa è anche “di quegli intellettuali che con snobismo sono pronti a pontificare”...

Tra i “botti”, i palloncini colorati, lo zucchero filato, il torrone, i “sacchi bianchi”, i cappellini, e la sfilata della “carrozza del senato”, seguita da “autorità”, con l’applausometro in cui la città si chiede con il fiato sospeso se hanno applaudito di più Scapagnini o Bianco (sfilata quest’anno sospesa), è in atto un continuo tira e molla tra i vertici della chiesa e i cittadini fedeli-tutti sulla velocità che deve mantenere la Santa affrontando la salita (l’acchianata) di via di San Giuliano. Manco fosse, per dire, la Ferrari. Tre anni fa la Santa andava troppo veloce, non fece in tempo a frenare, e investì, uccidendolo, Paolo Calì, ventidue anni.

Nell’editoriale di ieri, sempre La Sicilia, scrive: “Anche l’altra festa, quella della città per la sua Santa, s’è dovuta purificare – niente fronzoli, niente spari o luminarie, niente candelore. Niente che assomigli a un festival”.

Non stiamo parlando di un giornalista stanco a cui è scappata la mano, in quelle parole sta lo zeitgeist (e pure la weltanschauung) di Catania: una città dispiaciuta perché la festa religiosa è stata costretta a “purificarsi” (questa è la “logica” catanese), e perché sempre di meno la celebrazione della Patrona assomiglia a un “festival”. Nella mente del catanese il Catania Calcio in seria A, Sant’Agata per le strade del centro storico, e Pippo Baudo a Sanremo si confondono e uniscono in una gioia panica.
Non è un paradosso o una provocazione.

Il giorno dopo gli scontri e l’omicidio, nella piazza antistante il Cibali, si è svolto regolarmente il “mercatino del sabato”: mentre ancora si cercavano le prove, tentando di ricostruire l’accaduto, qualche migliaio di persone comprava mutande passeggiando sulla scena del delitto. Hanno parlato di “incomprensione tra gli organi inquirenti e il comune”, dal mio fruttivendolo dicevano che se non gli facevano fare il mercatino, la bomba carta, a Scapagnini, gliela mettevano direttamente nel beverone antiaging.
Sarà che c’ho un fruttivendolo frequentato da intellettuali.

Posso testimoniare di una ragazza che, il giorno dopo l’omicidio, la mattina era indignata perché il suo ragazzo aveva preso una storta alla caviglia e ce l’aveva con le forze dell’ordine che non rispettano i tifosi, venti minuti dopo sosteneva che il calcio deve essere una festa, nel primo pomeriggio è andata dal parrucchiere, e al tramonto era al Cibali per depositare un mazzo di fiori guardandosi attorno per vedere se c’erano telecamere.
Probabilmente la retorica l’ha convinta a cambiare idea.

Ieri, a Librino, tra una mazza da baseball sulla quale era impresso lo stemma del Catania Calcio, le pasticche di ecstasy, un paio di fucili a pompa, è stata sequestrata anche una spada stile “Kill Bill”: si comprano a via Pacini, nel negozio d’armi vicino alla pagoda laccata di rosso del ristorante cinese, e di fronte alla coltelleria nella quale è appena arrivata l’ultima novità, “il centesimo”, un coltello lungo e sottile, del diametro di una moneta da un cent.

In questo scenario si muovono le forze dell’ordine, sdilliriando contro il governo Prodi, e contro quelli che imputano qualunque cosa alla mafia, mentre qui è esploso tutto e i cittadini per bene si ritrovano a volte inginocchiati davanti a Sant’Agata pregando: “Santuzza, ridacci la mafia, quella di una volta, quella vera”, perché si dice che “una volta”, se un picciotto ammazzava un poliziotto per motivi “futili”, la mafia te lo accompagnava a pedate fino in questura, se non te lo faceva direttamente trovare bruciato tra la pietra lavica.»

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