mercoledì, febbraio 14, 2007

Pacco, contropacco e contropaccotto /6

Ovvero: Prefazione scritta dal metropolita Kirill di Smolensk (presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca) al libro di Joseph Ratzinger Introduzione al Cristianesimo pubblicato per la prima volta in lingua russa dalla "Biblioteca dello Spirito" per decisione del patriarcato di Mosca.


"Il libro Introduzione al Cristianesimo che proponiamo ora al lettore russo, fu pubblicato per la prima volta quasi quarant’anni fa, nel 1968. Raccoglie le lezioni tenute nel corso dell’estate 1967 all’Università di Tubinga dal sacerdote Joseph Ratzinger, che in seguito sarebbe diventato papa Benedetto XVI. Non è tuttavia l’attuale posizione dell’autore a motivare la pubblicazione di questo libro in Russia oggi.
A mio parere, la ragione principale per la quale il volume è stato più volte stampato e tradotto in diverse lingue risiede nell’attualità del tema che vi viene trattato, un’attualità che aumenta di anno in anno. Può sembrare paradossale, ma noi, cristiani dell’inizio del terzo millennio, abbiamo sempre più bisogno di un’introduzione al cristianesimo, di riscoprirne cioè i principi fondanti, di ritornare ai capisaldi, alle origini. Questa necessità è sentita in modo particolarmente acuto nel continente europeo, per secoli culla del cristianesimo, e la cui cultura e civiltà si fondano sulla fede cristiana.

Introduzione al Cristianesimo è un tentativo di chiarire in profondità il significato della fede in Cristo nel mondo moderno.
Qualcuno potrebbe obiettare che gli anni 60 del secolo scorso sono molto diversi dal contesto in cui l’umanità vive oggi. Che cosa può dire - verrebbe fatto di chiedersi - questo libro al lettore contemporaneo, all’uomo che vive nell’epoca di internet, dei telefoni cellulari e della globalizzazione?
Ahimè, il progresso tecnologico e i mutamenti sociali creano condizioni più agiate di vita materiale ma non influiscono positivamente sulla vita spirituale della gente. Al contrario, le tendenze preoccupanti che si osservavano già negli anni 60 nella condizione spirituale del mondo che soleva farsi chiamare cristiano, hanno oggi acquistato piena forza, e l’Europa si vergogna addirittura delle proprie radici cristiane.

Analizzando la situazione attuale del cristianesimo in Europa si è facilmente tentati di ricondurre le diversità e le difficoltà esclusivamente a fattori storici e politici. Tanto più che sulla situazione religiosa dei paesi dell’Est Europa, e soprattutto della Russia, hanno notevolmente influito le persecuzioni contro la fede perpetrate dai regimi totalitari. Nella prima metà del XX secolo, fu sottoposta a persecuzioni analoghe anche la Chiesa cattolica in Messico e nella Spagna repubblicana.
Va sottolineato che anche coloro che perseguitarono i cristiani a quel tempo, erano cresciuti a loro volta in un contesto cristiano, avevano avuto costantemente la possibilità di udire l’annuncio della fede. E nonostante questo, per vari motivi non accolsero «le parole di vita eterna» (Gv 6,68).
Furono loro a rifiutarlo intenzionalmente, o forse i portatori dell’annuncio cristiano vennero meno in qualche modo alla loro missione?
Penso che noi, come credenti e membri della Chiesa, che abbiamo come primo compito quello di annunziare il Vangelo, dobbiamo trarre una lezione dalla storia e decidere nuovamente, ognuno per se stesso, che cosa dire e in che modo parlare al mondo di Cristo, per poter essere ascoltati.

Mi arrischio ad asserire qui che un grave fattore che ostacola la capacità di accogliere l’annuncio cristiano nel mondo secolarizzato di oggi è il fatto che noi cristiani, in Occidente come in Oriente, ci siamo preoccupati prevalentemente di trovare un linguaggio adeguato per dialogare con il mondo, dimenticandoci nel contempo i contenuti da comunicare. In realtà, l’essenza e il significato della Buona Novella che siamo chiamati ad annunciare è la Verità stessa, la quale ha in sé una grande capacità di attirare le persone, parlando direttamente ai loro cuori. A noi tocca semplicemente presentare agli uomini la Verità in tutta la sua integrità e pienezza, e poi sarà essa stessa a farli liberi (cfr. Gv 8,32). Proprio per questo motivo è necessario tornare continuamente alle origini, alla Tradizione, che riveste un’importanza vitale per la Chiesa perché in ultima analisi scaturisce dal Dio che si è fatto Uomo.

Dobbiamo ricordare sempre che il centro del nostro annuncio dev’essere il Verbo Divino Incarnato, il nostro Signore Gesù Cristo. È Lui che prima di tutto dobbiamo far conoscere agli uomini. Se così faremo, le nostre parole troveranno sempre maggior ascolto, così come tutto il mondo prestò ascolto agli Apostoli, semplici pescatori della Galilea.

Mi pare che proprio questo sia il messaggio essenziale contenuto nel libro Introduzione al Cristianesimo. Per questo, è così importante per noi prendere in esame la personalità del suo autore. Joseph Ratzinger era noto in tutto il mondo come illustre teologo, molto prima di essere eletto Papa e anche prima di essere nominato Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Per questo motivo, l’attuale pontefice ha sempre goduto di una solida fama di tradizionalista e conservatore, tanto da essere guardato con una certa diffidenza dagli ambienti liberali che, purtroppo, guadagnano sempre più posizione nel mondo cristiano contemporaneo. Per qualche ragione, infatti, la mentalità comune fa coincidere il conservatorismo con una ristrettezza di vedute, mentre questo in realtà non è assolutamente vero. Il tradizionalismo di Benedetto XVI è uno sguardo che va in profondità, una saggia capacità di cogliere l’essenza intima delle cose. Attraverso la preoccupazione che gli è propria di ritornare ai fondamenti del cristianesimo, egli non intende affatto sottrarsi ai gravi interrogativi che il mondo pone: al contrario, vi risponde con decisione, sempre fondandosi sull’eterna e immutabile Verità.
Del resto, il mondo muta solo esteriormente, e gli interrogativi che pone sono gli stessi di mille anni fa; neppure il contenuto delle nostre risposte, quindi, deve cambiare.
Questo - è mia profonda convinzione - deve essere l’atteggiamento di tutti i cristiani che desiderino rimanere fedeli all’eternamente giovane Tradizione della Chiesa a fronte dell’ennesima offensiva del relativismo totalitario di cui siamo oggi spettatori. Tale fedeltà alla tradizione è oggi professata con chiarezza dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa cattolica. Questo avvicina le loro posizioni e lascia sperare in un superamento dei problemi che esistono attualmente fra di esse, affinché possano giungere a una feconda collaborazione nell’annuncio dei valori cristiani. Proprio questo spirito di fedeltà alle nostre comuni radici permea letteralmente il libro di papa Benedetto XVI, Introduzione al Cristianesimo, che raccomando calorosamente ai lettori ortodossi così a come tutti i credenti in Cristo e a coloro che sono ancora alla ricerca di una strada che conduca alla Verità."

[Tracce, gennaio 2007]

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