mercoledì, maggio 16, 2007

Gran Rabbi nato /5

IL DIBATTITO E' MEGLIO DEL DIALOGO
Ovvero: Mercoledì 16 maggio 2007 il Foglio pubblica un (lunghissimo) articolo-intervista di Andrea Monda al rabbino che ha "illuminato" Joseph Ratzinger!


Non c’è Von Balthasar. E nemmeno Rahner e Congar (e Wojtyla). DeLubac giusto una volta, Danielou due volte e Agostino, il “suo” Agostino, tre volte soltanto.
E’ interessante, a volte, leggere un libro a ritroso, partendo dalle ultime pagine, anzi, dall’indice dei nomi. Se poi il libro è quello di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, un’occhiata alle “fonti” è tentazione troppo forte a cui resistere. E le sorprese non mancano, non solo per le assenze ma anche per le “presenze”, come quella dell’anglicano C.S. Lewis, l’autore delle “Cronache di Narnia”, ma la più notevole delle quali è senz’altro quella di Jacob Neusner a cui Benedetto XVI dedica intere pagine, proprio nel cuore del suo saggio, nel capitolo dedicato all’esame del Discorso della montagna.

Neusner, chi era costui?
Anzi, chi è, visto che il settantacinquenne Rabbi Jacob è attivo come non mai.
Nato ad Hartford nel Connecticut nel 1932, sposatosi nel 1964 e padre di quattro figli, Jacob Neusner è un rabbino culturalmente influente quanto raffinato, tra i massimi esperti delle Sacre Scritture ebree: ad oltre novecento ammontano le sue pubblicazioni su Torah, Mishnah, Talmud e sui Midrash. Ha insegnato in diverse università americane (Columbia, Wisconsin, Dartmouth…) e dal 1994 insegna Storia e Teologia del giudaismo al Bard College dello stato di New York.
Ma forse il suo ritratto migliore è quello che gli dedica il Papa a pagina 129 del suo saggio su Gesù di Nazaret quando riconosce il “grande aiuto” che ha ricevuto dalla lettura del libro di Neusner “A Rabbi Talks with Jesus: An Intermillennial, Interfaith Exchange”, New York 1993) (tradotto in italiano da Piemme, Casale Monferrato, nel 1996 col titolo “Disputa immaginaria tra un rabbino e Gesù” e ora, purtroppo, introvabile).

Scrive Benedetto XVI che “Neusner, un ebreo osservante e rabbino, è cresciuto in amicizia con cattolici ed evangelici, insegna all’università insieme con teologi cristiani e nutre un profondo rispetto nei confronti della fede dei suoi colleghi cristiani, ma resta saldamente convinto della validità dell’interpretazione ebraica delle Sacre Scritture.
Il profondo rispetto verso la fede cristiana e la sua fedeltà al giudaismo lo hanno indotto a cercare il dialogo con Gesù”.
Parafrasando le parole di Benedetto XVI si potrebbe dire che ora è il Papa che, spinto dal profondo rispetto verso la fede ebraica e dalla sua fedeltà al cattolicesimo, è stato indotto a cercare il dialogo con il Neusner.


Il Foglio ha cercato Jacob Neusner per saperne di più di questo dialogo tra un ebreo e un teologo cattolico, iniziato negli anni Novanta attraverso una corrispondenza epistolare privata e ora diventato pubblico grazie al libro su Gesù di Nazaret, che quel teologo ha scritto dopo essere stato eletto Papa.

* * *

Nel suo saggio “Mere Christianity” del 1952 Lewis afferma: “Sto cercando di impedire che qualcuno dica del Cristo quella sciocchezza che spesso si sente ripetere: ‘Sono pronto ad accettare Gesù come grande maestro di morale, ma non accetto la sua pretesa di essere Dio’. Questa è proprio l’unica cosa che non dobbiamo dire: un uomo che fosse soltanto un uomo e che dicesse le cose che disse Gesù non sarebbe certo un grande maestro di morale ma un pazzo… oppure il Diavolo”.

Jacob Neusner da buon ebreo non accetta la pretesa di Gesù di essere Dio ma la prende molto sul serio e soprattutto non ama ripetere luoghi comuni come per esempio quello di separare il Gesù storico dal Gesù della fede. Questa sua apertura intellettuale non lo fa però venir meno neanche di un millimetro rispetto alla sua fede nell’Israele Eterno. “Io e il Papa siamo d’accordo sull’asserzione che il Gesù storico non è separato dal Gesù della fede” afferma il rabbino settantacinquenne.

“Nei primi anni Novanta il cardinale Ratzinger, richiamato all’interno della questione della pretesa di conoscenza storica nelle biografie del Gesù storico, fece notare che i risultati di molti diquesti lavori erano predeterminati dalle presupposizioni degli storici che li avevano scritti.
Nuovi approcci sono seguiti a quello storico-critico, rappresentati di recente dal professore Bruce Chilton, nel suo ‘Rabbi Jesus’ che ha realizzato una biografia interiore, descrivendo il significato religioso delle narrazioni dei Vangeli, compreso quello di Giovanni.
Il mio contributo è stato quello di mostrare che il Discorso della montagna, per la gran parte attribuito alle ‘ipsissima verba’ di Gesù, è un documento di una teologia cristiana pienamente sviluppata”.

Jacob Neusner è molto soddisfatto dell’andamento del dialogo tra lui e Ratzinger, persone “fedeli a Dio” che hanno “appreso il rispetto reciproco delle diverse convinzioni: noi partecipiamo a un medesimo compito che è quello di servire Dio e questo non esclude il dibattito. Ciò su cui i due libri insistono è che la pretesa di verità delle religioni non è negoziabile e deve essere affrontata”.

Il rabbino è colpito in particolare dall’affetto del teologo diventato Pontefice, un affetto e un rispetto che si inseriscono “nella tradizione dei doni di Papa Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e del Concilio Vaticano II, e di due generazioni di cristiani che hanno cercato di realizzare questo compito di conciliazione.

La chiesa cattolica ha tentato di formare una teologia cattolica del giudaismo e alcune autorità del giudaismo si sono impegnate a rispondere.
Tutti questi sforzi sono a un tempo sensibili e delicati ma anche capaci di far nascere frutti”.

Profondo conoscitore delle Scritture, Neusner preferisce entrare nel merito del confronto tra ebrei e cristiani a livello appunto scritturistico, lasciando da parte la pur condivisa critica all’eredità dell’illuminismo che ha fatto sì che la questione ‘de veritate’ sia stata accantonata perché la religione è stata progressivamente considerata, proprio per le sua pretesa di verità, come un elemento di disordine e violenza.
Anche a Neusner non va giù che gli stati laici abbiamo predicato e praticato una indifferenza rispetto alla verità e quindi alle religioni ed è triste, secondo il rabbino, che il dialogo e la “negoziazione” abbiano preso il posto del dibattito e della ricerca. Questa considerazione lo porta a confermare la bontà del suo interloquire col pontefice romano perché “quelli che prendono sul serio la pretesa veritativa delle religioni entrano nel dibattito, basato su premesse condivise, riguardante ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”.

Insomma, niente chiacchiere, ma massima concentrazione sul Discorso della montagna, perché è lì che si giocagioca tutto: “Il vangelo secondo Matteo definisce le basi del dibattito con l’affermazione di Cristo sul fatto che egli sia giunto a portare a compimento la Torah.
Questo è il punto di partenza della discussione, un punto in cui persiste un criterio condiviso di verità. E’ un’impresa degna di essere affrontata. Il risultato della discussione è chiarire le scelte fatte dai partecipanti al dibattito, le alternative che si trovano di fronte a ciascuno di essi, e le conseguenti forme di sistema religioso difese da ognuno. Lo studio comparativo delle religioni chiarisce il carattere delle religioni che sono comparate e rinforza da entrambi i lati la fede nelle proprie rispettive posizioni”.

Se queste sono le premesse è scontata la risposta sul tema della tendenza, presente in molti stati occidentali, di ridurre lo spazio pubblico delle religioni che devono essere costrette nell’ambito privato, personale, interiore.

“La religione è una faccenda pubblica e sociale, è qualcosa che la gente compie insieme. Ridurre la religione a qualcosa di privato e di personale è trattare la religione come qualcosa di insignificante. Ma la stragrande maggioranza degli esseri umani in tutto il mondo pratica una religione che è pubblica e che ha una pesante relazione con la sfera politica.
Nella storia e nella contemporaneità il cristianesimo, il giudaismo, l’islam, il buddismo e le altre religioni del mondo esprimono giudizi sulla condizione umana e definiscono la cultura per la maggior parte dell’umanità, come hanno dimostrato gli studi sociali di padre Andrew Greely dell’Università di Chicago e dell’Arizona.
Dobbiamo sempre ricordarci che solo alcune nazioni hanno intrapreso il sentiero di secolarizzazione, solo alcune, non la maggior parte”.

Per Neusner, e questo è un altro punto di accordo con l’impostazione ratzingeriana, la religione ebraica insieme a quella cristiana, rappresentano il vero “illuminismo”, perché portano la luce della ragione in un mondo pagano oscuro e violento, e questo lo si comprende bene rispetto al problema della concezione della vita: “Abbiamo appreso la lezione della guerra e dell’Olocausto, che ci ha insegnato ad apprezzare il carattere sacro, inviolabile della vita, anche dei non nati.
Il giudaismo e il cristianesimo stanno dalla parte della vita che supera la morte.”

Dalla vita alla famiglia il passo è breve: “La famiglia trova la sua definizione nel racconto della creazione nella Genesi, con la sua enfasi sull’unione tra l’uomo e la donna.
Il rito del matrimonio del giudaismo è esplicito nel paragone tra gli sposi e Adamo ed Eva”.
Breve anche il passo dalla famiglia alla nazione; sotto questo aspetto Neusner rifiuta ogni idea di ebraismo come religione etnica o nazionalistica: “I profeti della Bibbia ebraica e i rabbini del Talmud che sostengono l’eredità profetica trasmettono una visione di tutta l’umanità, una visione di pace, e includono nelle loro profezie tutti i popoli e le razze.
Questa è la concezione del giudaismo, che cerca la riconciliazione escatologica di tutta l’umanità”, come dice il secondo capitolo del libro del profeta Isaia: “Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le genti”( Is 2, 1-2).

Se il Papa sottolinea la portata universale del messaggio cristiano, gli fa eco (e da controcanto) il rabbino Neusner: “Il giudaismo porta un messaggio per tutta l’umanità e apre la porta alla conversione, all’accettazione della Torah del Sinai e alla sua legge e alla sua teologia da parte di tutta l’umanità. In questo senso l’umanità realizza la santità di ogni vita umana, nell’accettare la parola di Dio della Torah e il piano per la santificazione dell’umanità.
Il giudaismo, che accetta i convertiti, non è una religione etnica o nazionalistica ma una religione che si comprende attraverso la figura di Israele come popolo di Dio, così come definito dalla Torah. In questa convinzione entra lo stato di Israele che incarna la speranza del popolo ebraico per la restituzione della terra santa al popolo santo e viceversa, ma questa è un’aspirazione soprannaturale, non limitata a un particolare gruppo etnico”.

Universalismo e questione del sabato: il rabbino rilegge il capitolo che il Papa dedica al Discorso della montagna e, con perfetta simmetria, ne sottolinea anche tutte le “distanze”: “Il sabato per il giudaismo è inteso come la celebrazione della creazione del mondo e la liberazione per gli schiavi dall’oppressione, la libertà per l’umanità.
Il riposo del sabato rappresenta un’offerta a Dio. Tutto questo non può essere desacralizzato, ‘laicizzato’. Qui le due fedi sciolgono la compagnia, si dividono.
E così pure l’islam che, da parte sua, ha una concezione del venerdì diversa dalla santificazione giudaica del settimo giorno della creazione e diversa pure dalla domenica cristiana”.
Così, acutamente senza peli sulla lingua, un ebreo rabbino capo parla con Gesù e di Gesù, aiutato e confortato dall’altrettanto acuta e schietta attenzione di un teologo tedesco che da due anni da oltre un miliardo di persone di quel Gesù è considerato vicario.

2 commenti:

Duque de Gandìa ha detto...

Sul Corriere della sera del 17 maggio 2007 una intervista a ernesto Galli della Loggia sul "Gesù" di Ratzinger:

«Un'opera che si contrappone a chi ha visto in Cristo solo un saggio»
Uno strappo da ricucire, per ricongiungere il Gesù storico al Cristo della fede. Papa Benedetto XVI svela l'intento nelle prime righe della premessa a «Gesù di Nazaret»: far nuovamente coincidere il personaggio realmente esistito con il figlio di Dio. Domani sera in Duomo, in una serata aperta al pubblico, a discutere del testo di Papa Ratzinger, insieme al cardinale e arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi e al cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, ci sarà anche lo storico Ernesto Galli della Loggia, preside della facoltà di Filosofia dell'Università Vita Salute San Raffaele.

Professore, il suo credo laico farà da contraltare a quello cristiano?

«Mi limiterò a parlare del libro, in un modo diverso da come potrebbe parlarne un credente, con un'interpretazione meno ortodossa».

Papa Ratzinger in effetti presenta questo libro come una "ricerca personale", quindi passibile di critiche o smentite.

« È così. Non si tratta di un atto magisteriale, ma della riflessione documentata di uno studioso. È il lavoro di un fine teologo, c'è una ricerca filologica accurata, con un'analisi linguistica dei termini evangelici. Naturalmente è un libro complesso, non è un semplice catechismo, ma chi lo legge ne trae grandi conoscenze».

Chi sono i «maestri del sospetto» a cui vuole contrapporsi Papa Ratzinger?

«Ci sono state correnti di pensiero che in questi anni hanno trasformato Gesù in un grande saggio, ma negando che fosse realmente il figlio di Dio. Mi viene in mente l'"Inchiesta su Gesù" di Corrado Augias e Maurizio Pesce».

Il libro ha venduto 50 mila copie in un giorno. Un segnale di fede o di mancanza di certezze?

«È la dimostrazione che la religione ha di nuovo un posto di primo piano, interessa tutti, persino gli atei che se ne occupano non fosse altro che per attaccarla.

Questo è stato possibile grazie alla riaffermazione delle civiltà».
Benedetto XVI parla di «dramma del cristianesimo».

«Il cristianesimo è molto criticato, perché è tornato al centro del dibattito. Ci si è accorti che non è più un moribondo, e per questo produce antagonismi forti. C'è una curiosa coincidenza: mai come oggi si è parlato tanto di Gesù, dai libri ai film, e mai come oggi ci si è allontanati dalla fede».

Come valuta la lezione del Ratzinger teologo?

«Ratzinger è un grande studioso a cui nella vita è capitato curiosamente di fare il Papa. Il suo carattere intellettuale è emerso nella prima Enciclica "Deus caritas est" e nella lectio di Ratisbona. In questo sta la differenza con Papa Wojtyla, più politico. L'inclinazione professorale ha permeato ogni aspetto di Raztinger, anche quello fisico. Lo si vede sempre un po' imbarazzato e con l'aria assorta dello studioso».

A chi consiglia questo libro?

«A tutti naturalmente, cristiani e no. Nei Paesi civili tutti si interessano di religione, soltanto in Italia esistono i "vaticanisti"».

Duque de Gandìa ha detto...

Il Foglio di martedì 29 maggio 2007 informa di un articolo ed intervista del prestigioso Time al rabbino tanto citato nel ratzingeriano libro: Gesù di Nazaret

Il rabbino del Papa raccontato da Time:

Rabbino berlinese deportato a Theresienstadt, Leo Baeck cercò per una vita di “reinserire il Vangelo nell’ambiente originale della Palestina ebraica e assegnare ai fatti e agli atti di Gesù la loro vera origine: la tradizione autentica dell’ebraismo”. Autore dell’opera “Il Vangelo. Un documento ebraico”, Baeck ricordava che l’asino con cui Gesù entra a Gerusalemme è presente nella tradizione sapienziale, che i Proverbi e Qohelet furono un modello per gli adagi, che la Passione è presente nei Salmi sul Servo Sofferente, che Gesù era ebreo. Baeck era attratto dalla figura del Cristo ebreo, che morì come membro del suo popolo, fedele alle sue pratiche, figlio della speranza ebraica e “resuscitato dai morti il terzo giorno”, come vogliono i Profeti.
Il Vangelo è “un libro integralmente e perfettamente ebraico”, celebra la fede, l’oppressione, la sofferenza, lo spirito, la disperazione e l’attesa ebraica. “L’ebraismo non ha il diritto di passare davanti a esso senza fermarsi, di ignorare e di cercare di rinunciarvi. Anche qui deve cogliere e conoscere il proprio genio”.

Il rabbino Jacob Neusner, che i lettori del Foglio hanno conosciuto per una sua bella intervista del 16 maggio scorso, è il più alto erede di questa tradizione ebraica di lettura evangelica.
“Come uno studioso ebreo è diventato la musa del cattolico numero uno”. E’ l’incipit del ritratto che Time magazine dedica a Neusner, “il rabbino preferito del Papa”.
Di lui Benedetto XVI parla nel quarto capitolo del “Gesù di Nazaret” (Rizzoli), dove analizza il Discorso della montagna, “la nuova Torah portata da Gesù” dopo quella consegnata a Israele.
Il rabbino ortodosso Neusner è l’autore del libro “A Rabbi Talks with Jesus”, New York, 1993), un rabbino parla con Gesù, secondo Ratzinger “il saggio di gran lunga più importante per il dialogo ebraico-cristiano che sia stato pubblicato nell’ultimo decennio”.
Neusner, scrive il Papa, “si è, per così dire, inserito tra gli ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi cercato di avviare un colloquio con Gesù… Questa disputa, condotta con rispetto e franchezza fra un ebreo credente e Gesù, il figlio di Abramo, più delle altre interpretazioni del Discorso della montagna a me note, mi ha aperto gli occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla scelta di fronte alla quale ci pone il Vangelo. Così desidero entrare anch’io, da cristiano, nella conversazione del rabbino con Gesù, per comprendere meglio, partendo da essa, ciò che è autenticamente ebraico e ciò che costituisce il mistero di Gesù”.

“Non sono offeso che i cristiani mangino il maiale”, scherza Neusner nel dialogo con Time. Il settimanale americano scrive che mai prima di oggi un Pontefice aveva fatto suo il punto di vista di un ebreo sui cattolici. Era sempre avvenuto il contrario, neanche il Concilio Vaticano II aveva osato tanto. “Scegliendo Neusner come sua musa, Benedetto XVI ha selezionato un uomo formidabile e controverso in materia di studi ebraici come il Papa lo è nel cattolicesimo”. Autore di 950 pubblicazioni,
Neusner è il più grande specialista della letteratura rabbinica antica.
“Come esperto della letteratura che va dal primo al sesto secolo, Neusner è un costruttore imperiale, una figura centrale nel cimentarsi con l’analisi del giudaismo nelle università americane”.
Raccontando la sua “sovrumana e brillante produttività”, David van Biema scrive che “Neusner è famoso per indisporre molti dei suoi allievi. Può mantenere un’amicizia – John Updike scrisse nel 1986 la storia ‘John Neusner’ – ma come lui stesso ammette, resta una delle persone più conflittuali che conosca”. E il conflitto è l’anima del suo libro più noto: “Neusner basa il suo libro sulla comprensione che il Vangelo di Matteo fu scritto come un invito ai discepoli ebrei di Gesù, cercando di convincerli che egli era il Messia a lungo atteso da Israele. La sua affermazione secondo cui il Discorso della montagna ‘non abolisce la Torah e i discorsi dei Profeti, ma li completa’, è una delle sentenze cardini che connettono i monoteismi”.

Time scrive che Neusner e Ratzinger avviarono una corrispondenza negli anni successivi il Concilio Vaticano II. “Una lettura attenta del capitolo del Papa suggerisce più che un matrimonio di convenienza. Benedetto XVI è preoccupato da ciò che vede sul messaggio della divinità di Gesù. Benedetto scrive che ‘Neusner ci ha mostrato che abbiamo a che fare non con un moralismo, quanto con un altissimo testo teologico’”.
L’ampia citazione del Papa ha colto felicemente di sorpresa il rabbino nella sua casa di Rhinebeck, nei pressi di New York.
Nel libro scriveva: “Immaginate di camminare un’estate per una strada polverosa in Galilea, di imbattervi in un piccolo gruppo di giovani, guidati da un giovane uomo. La personalità dell’uomo attrae la vostra attenzione; egli parla. gli altri ascoltano… Se voi foste stati là, che cosa avreste fatto?”.
Neusner oggi dice: “Se mi fossi trovato nella terra di Israele nel primo secolo, non avrei abbracciato il circolo dei discepoli di Gesù; se avessi ascoltato il Sermone della montagna non lo avrei seguito”.

Joseph Sievers, direttore del centro di studi giudaici della Pontificia università gregoriana di Roma, ricorda che Neusner è stato ospite del suo istituto e che in quell’occasione ha dimostrato di “prendere molto seriamente le affermazioni di Gesù: egli non è solo un rabbino che insegna la regola d’oro”. Neusner e Ratzinger condividono un’“alta cristologia”.
“Il rabbino non cerca facili soluzioni o di costruire ponti” dice Sievers. “Non puoi aspettarti che il Papa si circoncida” dice Neusner. “E’ cristiano, io sono ebreo”. Poi confida: “Vorrei scrivere un libro con lui su Paolo”.