giovedì, maggio 17, 2007

POST Mortem 4

Articolo di Giulio Meotti sul Foglio di giovedì 17 maggio 2007:
"Uccisioni, crocifissioni, minacce, sequestro delle case, imposizioni della jiza (la tassa sui dhimmi). Molti fuggono"


2007, CRISTIANI IN FUGA DALL’IRAQ
«Nel 1976 un team di archeologi iracheni scoprì una chiesa del quinto secolo vicino alla città santa sciita di Kerbala. Costruita centoventi anni prima dell’avvento dell’islam in Mesopotamia, la chiesa, durante quell’enorme campo di concentramento in superficie con fosse comuni sotto terra che era il regime di Saddam Hussein, fu trasformata in un poligono di tiro.
“In quel periodo un milione di persone fu deportato, per la maggior parte curdi e cristiani” ha detto il vicepremier Barham Salih.
Saddam pose le chiese sotto il controllo del ministero delle proprietà islamiche, noto come “Awqaf”, ne bombardò a centinaia. I nuovi nati non potevano essere chiamati con i nomi cristiani e il siriaco fu bandito. In cambio il regime garantiva una certa tranquillità alla comunità caldea, alla quale apparteneva il ministro degli Esteri di Saddam, Tareq Aziz.

I cristiani iracheni ora stanno soccombendo di fronte a una minaccia più terrificante dell’arabizzazione di Saddam, che distrusse duecento villaggi cristiani fra il 1960 e il 1988: l’estinzione fisica di massa, la caccia all’uomo scatenata da al Qaida e dall’insorgenza.
“Faremo tutto il possibile per salvarli” ha detto il premier Nouri al Maliki. Agenzie di stampa come Fides e AsiaNews, ma soprattutto organi di informazione assiri e caldei, diffondono le cronache sul massacro degli eredi degli apostoli nella terra dei due fiumi. Un eccidio che ricorda le immagini dei quattro padri bianchi uccisi in Algeria nel 1992, dei sette monaci trappisti sgozzati nel 1996 e delle tre missionarie crivellate in Yemen nel 1998. Un’ecatombe senza precedenti. La fine di un mondo. La distruzione delle origini.


“C’è un’altra guerra in Iraq: la guerra contro la cristianità” dice Arnold Beichman della Hoover Institution. Nina Shea, che dirige il Freedom House’s Centre for Religious Freedom, definisce i cristiani “canarini nella miniera del medio oriente”. E parla di “pulizia etnica”.
Lawrence Kaplan di New Republic scrive che “sunniti e sciiti concordano su poco, tranne che sulla persecuzione dei cristiani”. Andy Darmoo, presidente di Save the Assiryans, ha parlato di “fine della cristianità in Iraq”.

Oltre la metà dei cristiani ha già abbandonato il paese. “Entro vent’anni non ci saranno più cristiani” dice Wijdan Mikha’il, ministro per i Diritti umani nel nuovo Iraq. “Mi sono sempre considerato prima iracheno, poi cristiano. Oggi si dice che un cristiano è ‘infedele’”.

Liquidata la comunità ebraica, quella dei Profeti e degli scribi del Talmud, anche l’ottanta per cento dei mandei, il più antico culto gnostico, ha lasciato l’Iraq.
Nel gennaio 2005 una delle loro figure di spicco, Read Radhi Habib, fu ucciso dopo aver rifiutato di convertirsi all’islam.
Poi fu la volta dei tre fratelli Juhily, rapiti e sgozzati. “I fanatici islamici ci attaccano per ciò che siamo” dice Yonadam Kanna, parlamentare cristiano di Baghdad.
E’ stata appena assassinata la segretaria di una clinica cristiana di Mosul. Il giorno dopo un fedele della parrocchia di San Paolo. Quattro mesi fa padre Munthir, settantenne reverendo della chiesa presbiteriana di Mosul, fu ritrovato con un proiettile nel cranio.
“Uccideremo tutti i cristiani iniziando da lui” avevano detto i rapitori. Poi due suore caldee, Fawzeiyah e Margaret Naoum, pugnalate a morte a Baghdad. Il direttore del Museo nazionale iracheno, l’assiro Donny George, è fuggito in Siria.


“Centinaia di cristiani sono stati uccisi e le loro chiese distrutte”, denuncia Romeo Hakkari, leader di House of the Two Rivers Democratic Party. Una buona notizia è che al monastero di Mar Gorghis di Mosul è stato inaugurato l’anno accademico di teologia. Classi rigorosamente miste, nonostante la minaccia della sharia.

Una bambina caldea di Baghdad è stata riconsegnata morta alla famiglia dopo il sequestro. A Tell el Skop sono appena stati uccisi nove cristiani, fra cui due bambini. “I cristiani sono ormai considerati in via di estinzione”. Sono le parole di Bashar Warda, rettore del Seminario maggiore trasferito da Baghdad in Kurdistan per motivi di sicurezza.

La chiesa di Baghdad dedicata alla Vergine è stata bombardata nel settembre scorso, uccidendo due fedeli. Il 5 agosto 2005 una studentessa assira dell’Università di Mosul, Anita Tyadors, venne giustiziata perché parlava inglese, vestiva occidentale, era orgogliosamente cristiana. Pochi giorni dopo ci fu il massacro di quattro assiri che scortavano Pascale Warda, l’unico ministro donna del governo Jafaari.

La Society for Threatened Peoples pubblica un rapporto sulle violenze contro i cristiani all’Università di Mosul, “aggrediti come ‘agenti americani’”. I jihadisti usano contro i cristiani la stessa accusa che la monarchia hashemita, spodestata dal fascismo baathista, utilizzò per la loro collaborazione con l’impero inglese.
“Uniamoci per mettere fine a questa follia” è la richiesta di aiuto che i vescovi hanno lanciato al vertice di Sharm el Sheikh di due settimane fa. Il portavoce della conferenza dei vescovi americani, Thomas Wenski, chiede a Condoleeza Rice di intervenire.
La popolazione cristiana che nel 2003 contava un milione e 200 mila persone, ora è scesa a 600 mila.


A Ninive, antico nome di Mosul, è nato il profeta Jonah.
Qui caldei e assiri, i più antichi abitanti dell’Iraq, pregano ancora in aramaico, la lingua di Gesù.
Ancora per buona parte del Novecento sono state censite minoranze di ebrei, yezidi e cristiani, e, tra questi, cattolici, protestanti, mandei, armeni, ortodossi, nestoriani e monofisiti giacobiti. Ora a migliaia i cristiani fuggono verso la città curda di Ain Kawa. Qui il mullah wahabita Krekar aveva imposto la chiusura dei negozi durante la preghiera, il burqa alle donne, le parabole satellitari e la musica strumentale, eliminando le foto femminili da ogni prodotto importato dall’estero. La libertà tornò sovrana nel 2003, al seguito delle truppe americane.
Città fiore all’occhiello del generale Petraues, Mosul è oggi terra di conquista anticristiana. Negli ultimi quindici giorni decine di famiglie, le poche che resistono all’esilio, hanno ricevuto intimidazioni in cui si chiede di pagare un “contributo alla resistenza; pena la vita”.
A Baghdad la famiglia di Mazen Sako è stata attaccata da miliziani vestiti di nero: “Siamo venuti a sterminarvi. Sarà la fine per voi cristiani”. Hanno ucciso Majed di dieci anni.

Il patriarcato caldeo ha trasferito nel Kurdistan il Babel College, che detiene la più antica biblioteca cristiana, e il Seminario di San Pietro. A nord i cristiani sono protetti dai peshmerga, leggendaria milizia curda.
Gruppi islamici vanno imponendo la tassa sui “sudditi” a Baghdad e Mosul, la celebre jiza, l’imposta abolita dall’Impero ottomano. “I non musulmani devono pagare il tributo al jihad se vogliono avere il permesso di continuare a vivere e professare la fede in Iraq”.
I cristiani sono anche costretti a lasciare le case dopo che lettere minatorie ne assegnano la proprietà a musulmani.
Quelli che vogliono vendere non riescono a trovare acquirenti, gli imam hanno detto: “Non comprate dagli infedeli, lo avremo gratuitamente”.
Una fatwa vieta di compiere in pubblico gesti rituali. “Togliete le croci dalle chiese o le daremo alle fiamme”. E’ la minaccia alla chiesa caldea di San Pietro e Paolo di Dora, il grande quartiere cristiano di Baghdad. Nel febbraio 2004 a Erbil, i tagliateste di Ansar al Sunna, assassini dei dodici nepalesi, provocarono cento morti nelle sedi dei partiti curdi. “I crociati sono entrati nelle province di Kirkuk” si lesse nella rivendicazione.
Nel 2004 fu ucciso l’assiro Ra’aad Augustine Qoryaqos, docente di medicina della al Anbar University. Nella rivendicazione Zarkawi mise assieme “la Guardia nazionale pagana” e i “collaborazionisti crociati”. Nel marzo 2004 due cristiani di Baghdad, Ameejon Barama e sua moglie Jewded, furono ritrovati con la gola recisa. Il 21 ottobre la morte si avventò sul traduttore assiro Layla Elias Kakka Essa. Sono oltre trecento i traduttori assassinati dai terroristi. Un numero di poco superiore a quello degli accademici uccisi dal 2003.
Un mese dopo al Qaida passò al lancio di granate sulle chiese.

Shlemon Warduni, vescovo dei caldei di Baghdad, ha detto che “da due mesi molte chiese non hanno più croci sulle loro cupole”, come la chiesa assira di San Giorgio, a cui gli islamisti hanno staccato la croce, per quella caldea di San Giovanni ci hanno pensato i fedeli. L’agenzia Sir rende noto che i cristiani di Dora possono rimanere solo se accettano di dare in moglie una figlia o una sorella a un musulmano, creando i presupposti di “una progressiva conversione dell’intero nucleo familiare all’islam”.
Raymond Moussalli, portavoce dei rifugiati cristiani, ha detto che sette chiese a Dora hanno chiuso. Una fatwa vieta di portare la croce al collo.
“I cristiani stanno morendo” dice Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, mentre giungono notizie di autobombe e uccisioni di cristiani anche dalle zone curde.
Padre Adris Hanna avverte che “i preti vengono rapiti, le donne violentate, a Bassora un ragazzo di 14 anni è stato crocefisso”. “Quella dei cristiani iracheni è stata fra le prime comunità al mondo, con il rito siriaco e la lingua aramaica” dice padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews. “E’ in corso una guerra contro il cristianesimo e ‘la’ radice cristiana. Queste comunità sono importanti nella storia dell’evangelizzazione. La difesa dei cristiani non è confessionale, ma di civiltà. Il tradimento dell’occidente è complice dell’islamismo panarabo”.


Nel mirino anche i pagani.
Tre settimane fa sono stati giustiziati 23 yazidi, antichissima setta prezoroastriana, sulla strada fra Mosul e Ba’ashika, villaggio a maggioranza cristiano. Hanno fermato l’autobus e li hanno uccisi dopo aver fatto scendere i cristiani, a cui hanno imposto la tassa. Il 21 ottobre 2004 i corpi di due yazidi furono trovati senza testa fra Talafar e Sinjar. Alle donne cristiane viene chiesto di rispettare la sharia, altrimenti rischiano la morte, e alcune sono state uccise.
Anche la nuova Costituzione, la prima antifondamentalista del mondo islamico e sostenuta dai cristiani, è al centro della furia jihadista perché all’articolo 14 dice che “gli iracheni sono tutti uguali senza distinzione di sesso, etnia, nazionalità, origine, colore, religione”, e all’articolo 7: “Ogni comportamento che appoggi, aiuti, istighi o propaghi il razzismo, il terrorismo, il takfir (dichiarare infedele), la pulizia etnica sono proibiti”.
Nell’ideologia takfir è lecito uccidere gli “infedeli”, compresi i musulmani che non seguono la sharia. E’ ammesso l’omicidio di bambini perché non pecchino in futuro.

“Avete goduto della pace nella terra dei musulmani. La vostra malevolenza è diventata evidente quando sono penetrati gli invasori. Hanno trovato grande sostegno fra i cristiani come interpreti e informatori. I cristiani sono agenti degli occupanti”. Questo mandato di morte fu diffuso dalle “Brigate per la liquidazione degli agenti cristiani”.
A settembre fu decapitato padre Amer Iskander, sequestrato dopo il discorso a Ratisbona di Benedetto XVI dai “Leoni dell’islam”. “Il ciarlatano Benedetto XVI ricorda Urbano II a Claremont” disse il successore di Zarkawi, Abu Ayyub al Masri. L’uccisione del coreano Kim Sun-il fu rivendicata contro “un cristiano che voleva evangelizzare la terra dell’islam”. I rapitori di Iskander volevano trenta cartelle di scuse affisse sulle chiese di Mosul. Il ministro curdo Sarkis Ghajan doveva bloccare la costruzione di case per i cristiani in arrivo. Il giorno della morte di Iskander, padre Joseph Petros fu ucciso a Baghdad.

All’Agenzia Fides una suora dice che “la responsabilità è degli imam che dicono che uccidere un cristiano non è reato. E’ una caccia all’uomo”. Tra i mestieri più colpiti i commercianti di alcolici, un lavoro permesso sotto Saddam. Dalla “Rabbia di Allah” all’“Organizzazione della dottrina islamica”, i wahabiti vanno a caccia di mercanti di alcol. Il 95 per cento dei negozi di liquori gestiti da cristiani ha già chiuso. Nel maggio 2003, lo sceicco sadrista Mohammed al Fartousi emise una fatwa contro alcolici e cinema. Fra i primi a morire ci fu Sabah Sadiq, mentre andava a pagare il riscatto del fratello. La categoria dei barbieri è un’altra fra le più insanguinate.
Dopo Baghdad e Mosul, negli ultimi giorni sono stati colpiti a Kirkuk. Nel 2005 a Baghdad quaranta barbieri crivellati o sgozzati. A Mosul situazione anche peggiore. Sulle vetrine ci sono volantini di “Monoteismo e Jihad”, l’organizzazione di Zarqawi. Il testo invita i barbieri a non offendere l’islam col taglio rasato. Pena “la decapitazione del barbiere e del cliente di fronte ai famigliari”.
Altri crimini: ascoltare musica occidentale, indossare jeans, vendere film, danzare, commettere adulterio e, nel caso delle donne, non coprirsi o camminare senza un uomo.
Una campagna è stata lanciata contro l’“arte non islamica”. Una serie di sculture pagane sono state polverizzate. Una famosa statua nella parte nord di Mosul è stata distrutta perché ritraeva donne con le giare sulle spalle.
Sono stati frustrati dei cristiani accusati di bere alcol. Il corpo di una donna in vestaglia è stato ritrovato per strada. “Una prostituta punita” diceva il cartello. Che tutti prendessero nota. I barbieri hanno esposto cartelli in cui si legge che “non si effettuano né il taglio rasato né la rasatura della barba”. I cristiani che non si sono dati alla clandestinità hanno messo scritte cautelative: “Niente massaggi al viso”. Su un autobus di linea il conducente ha imposto la divisione fra uomini e donne. Altri volantini obbligano i negozi di abbigliamento a coprire i manichini.


I bagni pubblici hanno chiuso a causa di una fatwa sul sapone, “non esisteva all’epoca di Maometto”. Gli ordini arrivano fino all’assurdità: i ristoranti, molti cristiani, non possono preparare insalate di cetrioli e pomodori, uno è femmina e l’altro maschio. Le donne cristiane non si mostrano in pubblico senza il velo. I muri della città sono tappezzati di volantini che intimano di “seguire le orme della nostra signora Maria che si copriva il capo. Pena la morte”.
All’indomani dell’11 settembre, le televisioni di tutto il mondo trasmisero uno spot di al Qaida. Un drappello di jihadisti fa irruzione in una casa, marcia sotto il funebre stendardo, spara contro un bersaglio. Una croce cristiana. Simbolo da abbattere, come le bellissime giare di Mosul, come i meravigliosi Buddha di Bamyan, come padre Iskander. Pochi compresero la simbologia.

Nel 1998 il vescovo pachistano John Joseph si sparava alla tempia davanti a un tribunale in cui era stato condannato a morte il cristiano Ayub Masih. Oggi come allora, le ciglia del mondo libero si abbassano sulla sorte dei cristiani. In Iraq, la terra dell’Eden, la patria di Abramo da cui partirono gli evangelizzatori della Cina, una storia millenaria si sta spegnendo come cenere fredda.
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1 commento:

Antonio Candeliere ha detto...

Interessante!