lunedì, aprile 11, 2005

POST mortem



Aldo Cazzullo sul Corriere della sera del 9 aprile, descrive il lungo cerimoniale delle esequie di Giovanni PaoloII, conclusosi con la posa della lapide di marmo di Carrara su cui è la laconica iscrizione del nome e delle date di nascita e di morte del pontefice.
In realtà la prima data non fa riferimento alla nascita – 18 maggio 1920 – ma alla data di elezione a papa: 16 ottobre 1978.

C’è qualcuno che si chiede il perché (non il perché i giornalisti scrivano delle inesattezze, ma il perché di questa particolarità sulla lapide del papa).

Perché questa differenza rispetto alle date canoniche che segnano l’inizio e la fine dell’esistenza umana che invece troviamo su tutte le tombe dei nostri cimiteri?
Rispondo.
Per lo stesso motivo per cui al funerale del papa non c’erano crisantemi e corone di fiori, non c’era il carro funebre per il trasporto della bara in chiesa, non c’era nemmeno la comune bara, anzi per molti giorni non c’è stata nemmeno una bara, ed alla fine, giunto il momento della tumulazione, di casse ne sono spuntate ben tre!

Per capire il funerale del papa bisogna partire da un assunto fondamentale: a differenza di quel che si dice , in realtà la morte NON è uguale per tutti. Quando una persona ha esercitato un ruolo pubblico o fortemente simbolico anche la sua morte avrà comunque delle risonanze nella collettività, e tali reazioni saranno dalla collettività comunque ritualizzate in qualche modo.

Il 5 aprile, nella conferenza stampa con cui il maestro delle cerimonie pontificie Piero Marini ha presentato ai giornalisti il “nuovo” rito delle esequie pontificie, Marco Tosatti della Stampa ha chiesto come mai il rito della constatazione della morte si sia svolto il giorno dopo e non la sera stessa del decesso del pontefice.
Monsignor Marini ha risposto che la cerimonia prevedeva la partecipazione di molte cariche ecclesiastiche non reperibili tutte sul momento. Il vaticanista non è rimasto per nulla soddisfatto della risposta puntualizzando che, essendo a tutti evidente che il pontefice era nelle sue ultime ore di vita, era possibilissimo convocare tali personalità ecclesiastiche attorno al capezzale dello spirante.

A me è sembrato che il tal giornalista non aveva assolutamente percepito la differenza sostanziale che c’è tra la “certificazione” e invece la “constatazione” della morte del papa.
Non è certo competenza di cardinali, monsignori e protonotari apostolici quello di compilare il certificato di morte, cioè stabilire le cause cliniche del decesso di un vecchietto ottantaquattrenne malato di Parkinson. È compito unicamente dei medici. Compito degli ecclesiastici è invece quello di redigere una specie di atto notarile che – ad perpetuam rei memoriam – tramandi l’avvenimento negli annali della storia.

Da notare che questo rito non si è svolto nella stanza dove è morto Karol Wojtyla. Il corpo è stato debitamente composto nella cappella dell’appartamento pontificio e rivestito degli abiti che per foggia e per colori si rifanno alle vesti degli imperatori romani.
Solo allora gli ecclesiastici, anch’essi rivestiti con i segni della propria dignità, si sono avvicinati alla salma ed il cardinale camerlengo ha “ritualmente” costatato il decesso di un uomo che per quasi 27 anni è stato: vescovo di Roma, arcivescovo metropolita della provincia romana, primate d’Italia, patriarca d’occidente, sommo pontefice della Chiesa cattolica, sovrano dello Stato della Città del Vaticano e “servo dei servi di Dio”.

Così hanno avuto inizio una serie di riti che hanno avuto lo scopo di protrarre più a lungo possibile la visibilità e la centralità del papa anche se ormai defunto. La solenne esposizione della salma per 3 giorni si sarebbe svolta anche senza che 2 milioni di persone scorressero davanti al feretro, così il rito delle esequie si sarebbe svolto con altrettanta solennità anche senza tutti quei capi si stato e senza una sterminata folla osannante perché l’oggetto del cordoglio della Chiesa cattolica non è la dipartita di papa Wojtyla, ma del Pontefice Romano tout court. Anche in un momento di naturale cesura, compito del rito è evidenziare e glorificare la dottrina della successione apostolica di cui il papa morto, qualunque papa morto, è stato un ulteriore anello di una catena che risale fino a san Pietro. Ragion per cui storicamente c’è stata sempre grandissima cura nell’annotare esattamente la durata del pontificato di un papa più che la lunghezza della sua vita anagrafica.

Chiunque è eletto dai cardinali al soglio pontificio riceve per diritto divino il potere di governare tutta la Chiesa. È supremo legislatore, è superiore al diritto canonico, e le sue decisioni sono inappellabili.
A chiunque è stato per anni o per poche settimane la suprema autorità della cristianità sono rivolti gli onori funebri, prescindendo dalla simpatia, dalla bontà, dalla santità di vita o meno della persona del singolo papa, infatti anche un pontefice simoniaco non è menomato nella sua autorità apostolica.
Tutt’altro punto di osservazione bisognerà avere quando si vuole aprire una causa di beatificazione per un papa; allora oggetto d’indagine sarà tutta la vita di quel povero cristiano che si è trovato a svolgere il “lavoro” di papa, tanto è vero che il processo di beatificazione gli sarà intestato con il nome di battesimo e non di pontefice.

Sulla tomba di papa Wojtyla non c’è il nome di battesimo ma quello scelto proprio il 16 ottobre’78 al momento in cui Karol divenne Giovanni Paolo, ed il cambiamento di nome è la manifestazione più evidente che per la dottrina cattolica con l’accettazione dell’elezione, nel cardinale di Cracovia ci sia stato un reale mutamento di status giuridico oltre che teologico.
Quando torneremo la prossima volta nella Basilica di S. Paolo fuori le mura, troveremo sotto il medaglione con il ritratto dell’allora 58enne Giovanni PaoloII , non l’iscrizione vixit annos LXXXIV menses X dies XV, ma invece: SEDIT ( “dedette” sulla cattedra di san Pietro) a.XXVI m.V d.XVII.

Non che storicamente sulle tombe di molti papi non ci fosse indicata la durata della vita accompagnata comunque sempre alla durata del pontificato, considerata l’informazione più importante, và però notato che negli ultimi secoli, sulle tombe e sui monumenti dei papi sono scomparsi i riferimenti annalistici. Sulle tombe dei papi del XX secolo sepolti nelle grotte vaticane - Benedetto XV, PioXI, Pio XII, Giovanni XXIII, PaoloVI e Giovanni PaoloI – il nome del defunto è l’unica iscrizione: nessuna data.
Tutto questo mortifero post non ha come scopo spiegare il significato che ha la data apposta sulla tomba di Giovanni Paolo II ma sostenere che se ne poteva fare benissimo senza.

Il motivo per cui si è voluto incidere la durata del pontificato è che, come il cardinal Wyszynski fu definito il “primate del millennio” cioè vissuto all’epoca del millenario della conversione della Polonia, così Giovanni Paolo “Magno” è stato il papa del bimillenario della storia del cristianesimo. E giustamente lo si è voluto rimarcata :non è una concomitanza che possa capitare ad ogni morte di papa!

1 commento:

Luciano ha detto...

Così, non diamo il giusto copyright a chi ha inventato il titolo, eh?
Male, Duca, Male...