lunedì, febbraio 05, 2007

Agata guarda, stupisci!



« Il problema non è il calcio.
Catania-Palermo si è giocata ieri, venerdì [2 febbraio, ndr], per motivi di ordine pubblico, visto che da oggi [3 febbraio, ndr]inizieranno in città i festeggiamenti in onore della patrona della città, S. Agata.
Motivi di ordine pubblico. Cosa c'entrano le due cose? Nulla.
Cosa c'entra l'ordine pubblico? Nulla.
In realtà, la minaccia all'ordine pubblico sarebbe sopravvenuta nel momento in cui gli sfegatati tifosi catanesi avrebbero dovuto scegliere tra la partita e le celebrazioni. In un posto normale, un credente non impiegherebbe più di quattro secondi a decidere se andare in Chiesa o allo stadio.
A Catania, no. A Catania la fede nei confronti di S. Agata e quella nei confronti del Catania Calcio sono due cose esattamente identiche, paritarie, uguali, vissute sullo stesso piano al punto di mescolarsi tra loro. Al punto da rendere lo scenario quasi comico: all'inizio della partita in cosa è consistita la coreografia della curva sud dei tifosi catanesi? In uno striscione enorme srotolato lungo l'intera curva raffigurante proprio lei, S. Agata. Allo stadio, nel derby. Cosa c'entra? Niente, direte voi. A Catania, c'entra.»

1 commento:

Duque de Gandìa ha detto...

In processione nessuno prega per Filippo
FULVIO MILIONE
CATANIA

La brava gente di Catania è delusa per una festa a metà, per i fuochi d’artificio che non hanno illuminato i bei palazzi e le chiese barocche, per le sfilate dei carri e dei figuranti in costume soppresse in segno di lutto dopo la morte dell’ispettore di polizia Filippo Raciti.

«Cittadini, siamo tutti fedeli e tutti andremo in paradiso. Cittadini, viva Sant’Agata», gridano i devoti della «Santuzza», le cui reliquie sono portate in processione dalla mattina alla sera per le strade della città. Indossano casacche bianche e baschi neri, trascinano insieme con lunghe corde il fercolo con le reliquie racchiuse in un busto tempestato di pietre preziose.

Non pregano mai per Filippo, sembrano voler rimuovere con quel rito collettivo, il ricordo triste e angosciante della morte violenta di un uomo. La brava gente tutt’intorno applaude e annusa con trasporto l’aria che odora di carne e salsicce cotte alla brace dagli ambulanti che, evidentemente, non hanno raccolto l’invito del Comune a limitare al massimo i loro commerci in un giorno che dovrebbe essere di dolore.

In piazza della Regina Iolanda, fra centinaia di bancarelle che mettono in mostra fasci di ceri votivi e quintali di torroni, medagliette della Santa e cd taroccati, la vecchia Rosa Maria scuote mesta il capo. Verrebbe da pensare che la sua tristezza sia legata al ricordo di un poliziotto ucciso appena tre giorni fa.
Non è così. Il suo, più che lo stupefatto dolore per l’enormità di quanto è successo venerdì scorso, è un sentimento di delusione. «Quello che è accaduto è stato terribile», dice.
Certo, signora, c’è stato un morto...
«Appunto, la partita sarebbe stato meglio farla giocare la prossima settimana. Così quei delinquenti degli ultras non avrebbero rovinato la festa».

«Cittadini, evviva Sant’Agata», ripetono a gran voce i devoti con i loro camicioni immacolati e le coccarde con al centro l’effigie di Sant’Agata. Molti sono giovanissimi, ragazzi neanche maggiorenni, come quello che chiamano Omar. Il colletto abbottonato non basta a nascondere una parte di tatuaggio, forse una lingua di fuoco che lambisce la base della nuca rasata. Dicono che Omar è un ultrà, «uno di quelli che vanno allo stadio per fare casino». Una testa matta come tanti altri «cani di bancata», piccoli delinquenti che un giorno vanno a far danno e magari sono pronti a pestare un poliziotto, e il giorno dopo s’inginocchiano davanti al busto della Santa, «perché dobbiamo andare in Paradiso». E che oggi si mescolano indisturbati ai fedeli in processione. Dicono che Omar fa parte di una delle formazioni più violente. «Chi, io? - dice Omar fissando con aria di sfida - Vatinni, massannunca pigghi coppa». Vattene, altrimenti sono botte.

Nelle omelie e negli interventi dell’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina, il nome di Filippo Raciti è stato pronunciato molte volte. Durante la «messa dell’Aurora» celebrata all’alba, prima che le reliquie della Santa lasciassero la cattedrale, il parroco Barbaro Scionti ha parlato di «giorni difficili e di grande dolore», chiedendo «ad Agata il perdono per questa città che offre uno spettacolo assurdo» e spendendo parole di solidarietà per la moglie di Raciti. Anche l’arcivescovo di Catania, Salvatore Gristina, ha pregato perché «la vita prevalga sulla morte».

Ma nelle strade colorate da migliaia di palloncini si respira un’atmosfera diversa da quella «strettamente religiosa e penitenziale» invocata dalle autorità ecclesiali. Nessuno, qui, si sogna di dire che forse sarebbe stato opportuno annullare tutte le manifestazioni per Sant’Agata e tenere il busto in cattedrale invece di portarlo in processione. Ferdinando, vecchio devoto, anche lui vestito con la casacca bianca e il basco nero, spiega perché: «Non sarebbe stato giusto mandare tutto a monte: che colpa abbiamo dei disastri combinati da un gruppo di delinquenti? Nessuno qui rinuncerebbe mai alla festa della Santuzza: per noi è più importante del Natale. Ci sono catanesi emigrati all’estero che rinunciano a parte delle ferie d’estate pur di non mancare alle processioni. Se il vescovo avesse impedito anche le celebrazioni religiose sarebbe scoppiato il finimondo. Altro che scontri allo stadio...».