mercoledì, ottobre 29, 2008

CASTRUM DOLORIS, XVI


Ovvero: Lo spirituale ed il temporale

Vaticanista del Corriere della Sera, Luigi Accattoli la sera di martedì 28 Ottobre 2008, nonchè cinquantesimo anniversario della elezione di Papa Giovanni, si trovava presso la tomba di quel Papa-Re Giovanni Maria compagno di beatificazione del Papa Buono, nella Basilica paleocristiana di San Lorenzo Fuori le Mura. Basilica presso la quale accorse Pio XII dopo essere stata colpita del bombardamento degli alleati anglo-americani che ridusse in cenere la sontuosa decorazione voluta da Pio IX. Papa Mastai Ferretti amava particolarmente la basilica patriarcale del Verano, dove decretò la propria sepoltura, e la volle affidare alle cure spirituali dei frati francescani cappuccini poichè i francescani minori e i francescani conventuali officiavano già rispettivamente le altre basiliche patriarcali del Laterano e del Vaticano.

Nella sobria navata dove le antiche colonne portano evidenti i segni delle bombe, Luigi Accattoli era giunto quale moderatore della tavola rotonda sui “Contenuti elementari del vivere umano”, con padre Giacobbe Elia, Flavio Keller, Tonino Cantelmi, Alessandro Meluzzi, Roberto Fornara, nell’ambito del convegno intitolato “La vita: fragilità e pienezza”, promossa dai padri Cappuccini e dall’Associazione "Identità e Confronti".

Scrive sul proprio blog il "giovanneo" Accattoli:
Prima è andata via la luce e la Basilica di San Lorenzo fuori le Mura era ancora più bella, perchè finalmente la vedevi, senza più quei fari abbaglianti. Ma subito dopo è arrivata l’acqua: un fiume d’acqua che scorreva tra le navate, coprendo con le foglie dei platani e i foglietti della messa i mosaici del pavimento e salendo veloce al livello del primo gradino del presbiterio.
Era appena entrato in Basilica il sindaco Giovanni Alemanno e io l’avevo salutato a nome di tutti, essendo il coordinatore della tavola rotonda sulle “ragioni della vita”. Ed ecco Giancarlo Elena, uno degli organizzatori, che dice al microfono: “C’è un fatto nuovo, l’acqua entra nella Basilica, dobbiamo trasferirci nella sala superiore”.
Alla rinfusa transumiamo a centinaia verso quella sala, ma anche per raggiungere l’uscita che passa per la sacrestia dobbiamo camminare nell’acqua, che subito sulla nostra sinistra precipita a cascata nella cripta, scorrendo sotto la cancellata e scendendo a balzelloni per i gradini verso la tomba di Pio IX. Passando per un corridoio vediamo il chiostro allagato ancor più della Basilica.
Continuano i tuoni e lo scrosio dell’acqua.
Nella sala superiore, il padre Carmine De Filippis, ministro provinciale dei Cappuccini del Lazio, esclama: “Signor Sindaco, forse è un segno che tutto questo sia capitato mentre lei era qui: ci aiuti a salvare la Basilica! Sono 12 anni che frequento questo luogo e sarà già successo quattro o cinque volte un tale allagamento: noi viviamo nel terrore dell’acqua alta, come nella Roma dei secoli passati, dove la memoria delle generazioni era scandita dalle inondazioni del Tevere”.


E mentre il pensiero nostro segue, sgomento, lo scorrere dell'acqua piovana che dal cosmatesco pavimento della basilica medievale precipita giù per le scale che scendono alla cripta dove il beato corpo di Pio IX, dal giorno della Beatificazione del 3 settembre 2000 è felicemente esposto sotto il nuovo altare della sua interrata cappella funeraria che la devozione dei cattolici di tutto il mondo volle completamente e splendidamente decorata a mosaico, pare di sentire nuovamente attorno a Papa Mastai la eco della "pasquinata" trovata nella Basilica Vaticana il 17 settembre 1870, tre giorni prima della Breccia di Porta Pia: "Santo Padre benedetto, ci sarebbe un poveretto/ che vorrebbe darvi in dono/ questo ombrello. E' poco buono,/ ma non ho nulla di meglio./ Mi direte: "A che mi vale?"./ Tuona il nembo, Santo Veglio;/ e se cade il temporale?

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