Sive: SUMMORUM PONTIFICUM CURA
“Ammiratori e avversari hanno esaurito tutte le loro risorse per rilevare l’antitesi totale che Giovanni XXIII avrebbe costituito col suo predecessore tanto nelle caratteristiche personali, fisiche e psicologiche, quanto nello stile e nei metodi di governo.
Un gioco anche troppo facile, se non altro per l’imporsi addirittura quasi violenta di certi contrasti, a partire da quello delle relative figure. Ma il cui torto peggiore è quello di voler dimostrare una tesi data per scontata, come se la sua contraria non avesse le minime chanches di farsi valere.
Gioco per gioco, ma con la speranza che non sia altrettanto futile, vorrei individuare se, nonostante le opposte e così vistose apparenze, essi avevano invece qualche elemento in comune o addirittura, nonostante tutto, una certa affinità. […] ho preso come punti di riferimento quattro caratteristiche fondamentali del modo di essere di papa Pacelli: l’impassibilità, la chiarezza delle idee e delle scelte, il senso di autorità e la ieraticità. Esse possono benissimo essere valide nel confronto essenziale che mi limiterò ad abbozzare.
Quanto all’impassibilità, trovo che il termine lascia molto a desiderare e che potrebbe meglio essere sostituito da quello di imperturbabilità. La impassibilità è più una dote fisica che morale, al contario dell’imperturbabilità. Ora ammetto che non sarebbe facile un discorso sull’impassibilità di Giovanni XXIII, mentre non è affatto arduo quello sulla sua imperturbabilità; ma anche il discorso su Pio XII riesce non solo più agevole ma anche più adeguato e preciso nel secondo caso. […]
Parlando del Pacelli infatti, veniva più spontaneo porre l’accento su quella caratteristica traduzione esterna, fisica, della sua interiore imperturbabilità che definivo la statuarietà o la marmorizzazione della sua figura. Lo stesso stato interiore, invece in papa Roncalli si traduceva non già in un’impassibilità immobilistica, ma, al contrario, in una mobilità contenuta ma significativa e a volte persino in vivacità.
Quello che conta è che ambedue i pontefici vivessero il loro ruolo di papi con una profonda tranquillità di spirito, senza turbamenti e senza ansie interiori, o con turbamenti e ansie subito fugati, senza agitazioni o oscillazioni d’animo. Ciò che in un’indole più fredda e dominata da una prevalente determinazione della volontà come quella di Pacelli, si traduceva in un self-control naturale il cui risultato era appunto l’imperturbabilità esteriore, e cioè l’impassibilità; in un’indole invece più sentimentale ed effusiva, come quella di Roncalli, si traduceva in una serenità rivelatrice di quiete e persino di gioia interiore, donde addirittura gli sfoghi di buonumore di letizia, ecc.
E perché la chiaroveggenza e la sicurezza delle scelte, sia teoriche che pratiche, tipica di Pio XII, non si accorderebbe idealmente, fino ad identificarsi nel suo nucleo primordiale, con la sicurezza intuitiva di Giovanni XXIII?
Quello che per l’uno era deduzione irresistibile e cristallina per via di ragione, per l’altro era percezione per così dire intuitiva; comunque sia nell’uno che nell’altro caso ne derivava per i due pontefici un senso intimo di sicurezza, di solidità, di saper appoggiare le proprie vedute e le proprie decisioni sulla roccia e non sulla sabbia. Senso si sicurezza fondamentale, per capi come essi erano, che li assisteva nell’assunzione delle responsabilità di governo e che si trasmetteva anche nei loro sudditi i quali si aspettavano da loro una guida sicura, senza tentennamenti e senza pentimenti.
Anche il senso di autorità emanante da Pio XII non può essere messo in sostanziale contrasto con quello di Giovanni XXIII, al contrario. Se il primo naturalmente lo rivestiva delle note caratteristiche del proprio temperamento autocratico e assolutista, e il secondo invece di quelle proprie del suo temperamento democratico ed egualitario, esso era però sostanzialmente identico nella sua convinzione interiore, nella sua efficacia, nella sua influenza. Solo aveva un fascino e un’attrazione diversa, l’autorità del Pacelli essendo qualcosa che fondeva, per così dire, le qualifiche del suo altissimo ruolo con le doti della sua eccezionale personalità e quella del Roncalli presentandosi con l’incontro tra la virtù evocatrice del profeta e l’ansia scrutatrice delle moltitudini, il cui istinto vitale non fallisce se toccato da autentiche virtù taumaturgiche.
Infine la ieraticità di Pio XII non contraddiceva in nulla la semplicità del suo successore. Pacelli, infatti, al sentirsi papa univa uno sforzo di concentrazione e un’acquisizione di consapevolezza interiore che si traducevano in un’assunzione di atteggiamenti esteri conformi alle funzioni eccezionali del suo ruolo; il Roncalli, a sua volta, viveva il proprio ufficio per se stesso e non in funzione della propria persona, ciò che mentre eliminava le complicazioni di intrusioni personali, faceva emergere in tutta la sua purezza il significato e l’essenza della sua funzione di sommo pontefice…”
[CARLO FALCONI, Ritrattazioni, 1972]
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