venerdì, aprile 03, 2009

In Passione Domini [2]


"Il tempo passa e la Pasqua si avvicina.
Siamo invitati non solo a piangere i nostri peccati ma specialmente a meditare le grandi sofferenze che Cristo nostro Signore e Salvatore volle affrontare per espiarli.
Come mai fratelli siamo abitualmente così poco sensibili a questo argomento? Perché ci siamo abituati a lasciar trascorrere questo tempo come un qualsiasi altro tempo, e non pensiamo a Gesù più che in altri periodi, o almeno non proviamo per lui maggiore commozione? Non ho forse ragione nel dire che questo è il nostro abituale modo di essere? E se è così abbiamo un serio motivo per cercarne la spiegazione.

Noi non ci commuoviamo quando sentiamo parlare dell'amara Passione che Gesù Cristo, Figlio di Dio, ha sofferto per noi. Non piangiamo i nostri peccati che ne furono la causa, ne abbiamo un grande interesse per essa, non soffriamo con Lui.
Se veniamo in chiesa ascoltiamo la Parola di Dio, e poi ce ne andiamo; non ne siamo per niente rattristati o, al più, solo per un momento. E molti non vengono neppure in chiesa; per loro questo tempo santo e solenne è come tutti gli altri tempi. Mangiano, bevono, dormono, si alzano, vanno in giro per i loro affari e per i loro piaceri come sempre; non pensano a colui che per loro morì. [...]
Questa purtroppo è la dolorosa realtà che non si può negare.

Ma se è vero che il Figlio di Dio è disceso dal cielo e si è spogliato della sua gloria, si è sottoposto al disprezzo, a trattamenti crudeli, e accettò di essere messo a morte dalle sue creature -da quelle creatura che egli aveva fatte, che aveva conservato fino a quel giorno, che ancora sosteneva nella vita e nell'essere- è ragionevole che un sì grande evento non ci debba commuovere? E non è allora corretto dire che la nostra mentalità è veramente irreligiosa se non abbiamo un poco di riconoscenza e di partecipazione, un po' di amore e di timore, un po' di rimorso e di confusione, un po' di pentimento e di desiderio e di emendazione al pensiero di quello che Gesù ha fatto e sofferto per noi?

Non può un sì gran benefattore esigere da noi un po' di sincera gratitudine, di viva partecipazione, di fervente amore, di profondo timore, di amaro rimorso, di serio pentimento, d'ardente desiderio e forte anelito ad un cuore rinnovato? Chi potrebbe negarlo?
Perché allora fratelli miei non è così?
Perché rimaniamo sempre allo stesso punto?
Ahimè! Lo dico con tristezza: il tempo trascorrerà, verrà la Passione, il Venerdì Santo, la Pasqua; passerà una settimana dopo l'altra e molti di voi rimarranno come prima: non più vicini al cielo, né più vicini a Cristo nel cuore e nella vita, né impressionati in maniera duratura e salutare al pensiero delle sue misericordie, al pensiero dei vostri peccati e demeriti.
Ma perché avviene questo? Perché comprendete tanto poco l'Evangelo della vostra salvezza? Perché i vostri occhi sono così offuscati e le vostre orecchie così dure ad ascoltare? Perché avete così poca fede, così poco cielo nel cuore?

Vi è un solo motivo: se dovessi esprimere il mio pensiero con una sola parola, direi: perché meditato poco. Non meditate, e perciò siete insensibili.

E che significa meditare Cristo?
Significa pensare abitualmente e costantemente a lui, alle sue azioni e alle sue sofferenze. Vuol dire tenerlo dinnanzi alla mente come uno che possiamo contemplare, adorare, a cui ci rivolgiamo quando ci alziamo e quando ci corichiamo, quando mangiamo e quando beviamo, quando siamo in casa e quando siamo fuori, quando lavoriamo, camminiamo o riposiamo, quando siamo soli e quando siamo in compagnia: questo significa meditare Cristo. Solo così i nostri cuori diverranno sensibili e acquisteranno i dovuti sentimenti.
Abbiamo cuori di pietra, cuori duri come le strade battute, e la storia di Cristo non lascia alcuna impronta in essi. E tuttavia se vogliamo salvarci dobbiamo avere cuori teneri, sensibili, vibranti. I nostri cuori devono essere spezzati, squarciati come il terreno, smossi, curati e rinfrescati, coltivati fin quando non diverranno come giardini; giardini dell'Eden graditi a Dio, giardini in cui il Signore possa passeggiare e dimorare [...].
Il deserto duro e desolato deve far scaturire acqua viva.
Se vogliamo essere salvi, nei nostri cuori deve aver luogo tale cambiamento; in una parola dobbiamo acquistare quello che non abbiamo per natura: la fede e l'amore. E questo lo si può realizzare, con la grazia di Dio, solo attraverso la meditazione devota, pratica, costante.
Quanto intendo dire lo descriveva san Pietro quando parlando di Cristo diceva: "Voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa".

Cristo se ne è andato, non è più visibile: noi non l'abbiamo mai visto, abbiamo solo letto libri su di lui e sentito parlare di lui.
C'è un vecchio proverbio che dice: "Lontano dagli occhi, lontano dal cuore". State pur sicuri che sarà così, dovrà essere così anche per noi per quel che riguarda il nostro Salvatore benedetto, se non facciamo degli sforzi continui per pensare lungo il giorno a lui, al suo amore, ai suoi comandamenti, ai suoi doni, alle sue promesse.
Dobbiamo richiamare alla mente quello che abbiamo letto su di lui nel Vangelo o nei Libri Sacri. Dobbiamo tener presente quello che abbiamo sentito in chiesa. Dobbiamo pregare Dio di renderci capaci di comportarci in questo modo; di benedirci quando lo facciamo e di aiutarci a compiere ciò con uno spirito semplice e sincero, pieno di venerazione.
[...] ed anche le persone più umili possono farlo, purché lo vogliano.


Ora vorrei fare due rilievi intorno alla meditazione della vita di Cristo, delle sue opere e delle sue sofferenze.
Il primo rilievo è fin troppo banale per menzionarlo ma se non lo facessi si potrebbe pensare che l'avessi dimenticato mentre lo do per scontato, eden è questo: tale meditazione all'inizio non è piacevole.
la gente in principio la troverà noiosa e la mente si volgerà facilmente ad altro oggetti. Ed è vero, ma considerate che se Gesù stimò la vostra salvezza degna del suo grande sacrificio, e delle sue volontarie sofferenze, non dovrete anche voi pensare -questo è il vostro compito- che essa merita il lieve sacrificio necessario ad imparare a meditare su quelle sofferenze?
Egli ha compiuto la grande opera; non si può allora esigere da voi questa ben piccola cosa: cioè crederla ed accettarla!

Il secondo rilievo è il seguente: solo gradualmente la meditazione addolcirà i nostri cuori induriti e la storia delle prove e dei dolori di Gesù ci commuoverà nel profondo. ciò non si verificherà col pensare a lui solo una volta o due ma continuando con calma e con costanza il pensiero di lui fisso nella nostra mente, acquisteremo lentamente un po' di calore, di luce, di vita, di amore. [...]

Ora, come esempio, vorrei accennare all'abbassamento volontario di Cristo per suggerirvi alcuni pensieri che dovreste avere sempre con voi ma specialmente in questo tempo, il più santo dell'anno. Sono pensieri che pur nella loro modesta misura, con l'aiuto di Dio, serviranno a prepararvi alla visione di Cristo in cielo e, al contempo, vi renderanno meglio disposti a contemplarlo nella solennità della Pasqua. La Pasqua viene una volta all'anno, è un giorno breve come tutti gli altri. Oh, se noi potessimo approfittarne, gioirne intensamente! Che questo giorno non passi, come tutti gli altri, senza lasciare un segno che ce lo faccia ricordare!
Venite perciò, fratelli, in questo tempo prima che arrivino i giorni solenni, e meditiamo alcune delle privazioni del Figlio di Dio fatto uomo..."


(Cardinal John Henry NEWMAN; Parochial and Plain Sermons, VI)

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