mercoledì, novembre 17, 2004

la marcia Perugia vs Assisi

A seguito delle polemiche sulle radici cristiane dell’Europa, Carlo Ripa di Meana ha riespresso il suo rammarico per la bocciatura di un suo emendamento al primo articolo dello Statuto regionale dell’Umbria.

Quel verde di un marito di Marina, convinto che, almeno, sulle radici cristiane dell’Umbria nessuno avesse nulla da eccepire, aveva presentato un emendamento che cercasse di evidenziare che la storia preunitaria aveva già fatto nascere in Umbria, valori ed ideali che oltre ad avere ancora un indubbio riverbero sui cittadini umbri di oggi, hanno plasmato la storia culturale dell’universo mondo.

Quel “ patrimonio spirituale e culturale, civile e cristiano, caratterizzato dai movimenti benedettino e francescano, che fa dell’Umbria una terra di pace, e di Assisi la capitale del dialogo tra le religioni.”
Si è optato per un anonimo e vago terzo comma che recita:

La Regione ispira la propria azione agli ideali di pace e di integrazione fra i popoli e, nell'ambito delle proprie competenze, favorisce ogni iniziativa volta a promuovere la reciproca conoscenza ed il rapporto fra le diverse culture.

Specificare donde scaturisce questa vocazione agli “ideali di pace e di integrazione”, no, eh?
Peccato!
Anzi –come direbbe Buttiglione- “anche se io pensassi che sia un peccato”…si deve convenire che se voglio l’autonomia regionale, se credo che la mia terra abbia una sua peculiarità, una sua storia, una vocazione! Sarebbe cosa buona e giusta –oltre che intelligente- proclamarle apertamente: Umbria pride! E che cavolo; c’è chi si inventa le radici celtiche! Si chiedeva di citare nello statuto regionale, Assisi -dico ASSISI!-, mica Gallarate.

Probabilmente i consiglieri regionali, di fronte all’emendamento di Ripa di Meana, avranno avuto la sensazione di un testo che si discosta dal linguaggio politichese e burocratese, che informa sciattamente ogni documento che vanti rilevanza istituzionale, ma ciò nulla toglie alla sintetica e al contempo ottima analisi esposta nel suddetto emendamento.

Certo che l’Umbria non è solo San Francesco e San Benedetto; ci sarebbe pure Santa Chiara, Santa Rita da Cascia, Santa Chiara da Montefalco, Santa Veronica Giuliani, (il beato) Iacopone da Todi e un altro centinaio di santi e beati; ma l’intento non era cattolicizzare lo statuto inserendovi una devota litania dei santi patroni, ma esaltare quei MOVIMENTI ideali e culturali di rilevanza mondiale sorti in seno alla storia cristiana dell’Umbria.

Molte regioni hanno preferito tagliare corto partendo dal Risorgimento, o (ancora più giustamente e sobriamente) direttamente dalla Resistenza su cui si fonda la carta costituzionale, ma nel caso dell’Umbria, credo che il citare Francesco d’Assisi non poteva da nessuno venire etichettato come deriva clericale.

La tesi secondo cui il cristianesimo non è l’unica religione che ha plasmato l’identità europea, nel caso dell’Umbria è palesemente insostenibile. Allora perché non scriverlo? E scriverlo dove si parla degli ideali e non dove, in un altro articolo, si parla della ‘preservazione’del “patrimonio spirituale” “civile e religioso”, facendo così del patrimonio spirituale roba da ProLoco, utile agli introiti del settore turistico alla stregua del settore “norcinerie”.E mi si conceda di notare che anche quando il fatto religioso viene “musealizzato”, mon si ha nemmeno allora la libertà intellettuale di specificare che quel patrimonio religioso, che tanto hanno a cuore, è cristiano (e cattolicissimo).

Sono certo che gli estensori dello statuto hanno considerato lapalissiana, e quindi superflua, tale menzione.
Bontà loro, democraticamente e laicamente, lasciano al cittadino la libertà di costruirsi un bagaglio di conoscenze storico-critiche che consentano una adeguata lettura dell’incipit dello statuto, che produca, nel procedimento ermeneutica, il recupero dei sottaciuti riferimenti. Complimenti: grazie per la fiducia!


Nello statuto dell’Emilia Romagna si dice che essa “si fonda sui valori della Resistenza al nazismo e al fascismo…”, mi colpisce che la giunta regionale in questo caso abbia voluto specificare “al nazismo e al fascismo”non ritenendo che fosse ormai più lapalissiano nominare‘La’ Resistenza tout court; manifestando in tal modo –a differenza degli ottimisti umbri- scarsa fiducia nelle capacità ermeneutiche del proprio elettorato.Forse che, avranno avuto paura che, di primo acchito, il pensiero corresse “ai valori della resistenza irachena”? Ipotesi da non scartare.


Leggo che è ancora in via di approvazione lo statuto della regione Marche, la quale “si ispira al patrimonio storico del Risorgimento, ai valori ideali e politici della Repubblica nata dalla Resistenza”(in questo caso tout court) “alla tradizione civile, culturale e comunitaria delle popolazioni marchigiane”.
Mentre leggevo mi son chiesto: quale apporto civile e culturale e -perché no?- religioso hanno dato le Marche alla storia del Risorgimento?
Ci dev’essere stato, visto che lo citano espressamente, in quel periodo storico un marchigiano doc che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’ottocento, no?

Ah! Ho capito! Volevano riferirsi a PIO IX.

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