sabato, marzo 03, 2007

Parole sante , Signora mia! 3


La rivista "30 Giorni", nel numero di Gennaio 2007, pubblica un interessante intervista a Monsignor Mario Senigaglia che fu segretario particolare di Albino Luciani negli anni dell'episcopato veneziano. Alla giornalista Stefania Falasca racconta come e perchè avvenne -il lunedì 11 Luglio 1977- l'incontro tra il futuro pontefice Giovanni Paolo I e suor Lucia di Fatima.

Si dimostra così -contro ogni posteriore mitologia agiografica!- che non fu una suor Lucia divinamente ispirata a chiamare a Coimbra il cardinal Luciani, ma Luciani andò al convento carmelitano di Coimbra perchè quella tappa era prevista nel programma del pellegrinaggio. Peraltro non fu certo suor Lucia a chiedergli un incontro a quattrocchi e che di quell'incontro di cui molto si è romanzato ci furono dei testimoni oculari!

"...Ma come avvenne l’incontro con suor Lucia nella clausura di Coimbra?
SENIGAGLIA: Innanzitutto Luciani non entrò da solo.
Come? Non era solo a quell’incontro?
SENIGAGLIA: No. Lo accompagnò e vi assistette una nobildonna veneziana.
E chi era?
SENIGAGLIA: La marchesa Olga Morosini de Cadaval.

Un momento... ci faccia capire bene i fatti dall’inizio. Da dove viene fuori questa nobildonna? E perchè Luciani era andato a Fatima? C’era un motivo, una ricorrenza particolare…
SENIGAGLIA: No. Nessuna motivazione particolare. Andò a Fatima semplicemente per un pellegrinaggio.
Ogni anno, qui a Venezia, il padre gesuita Leandro Tiveron, che era stato anche il confessore di Luciani, organizzava un pellegrinaggio in qualche santuario mariano. E quell’anno decise per Fatima.
Luciani era stato a Lourdes diverse volte. A Fatima invece non era mai stato. Il padre Tiveron gli propose allora di andare e lui accettò. Così il patriarca si unì alla comitiva dei pellegrini. Una cinquantina circa.
Il 10 luglio visitarono il santuario e parteciparono alla celebrazione eucaristica a Fatima. E il giorno seguente si spostarono a Coimbra per assistere alla messa nel convento delle suore carmelitane. A proporre e a organizzare la tappa al monastero di clausura di Coimbra fu proprio la marchesa de Cadaval, che aveva legami con il convento.

E come mai questa nobildonna aveva tanta familiarità con il convento di Coimbra da avere persino accesso alla clausura?

SENIGAGLIA: La marchesa de Cadaval era sposata a un portoghese, tenutario del sud. Era una donna di elevata cultura e sensibilità ma anche di profonda pietà, e durante le sue permanenze in Portogallo si adoperava come crocerossina al santuario di Fatima divenendo ben presto anche benefattrice del convento di Coimbra. Lì ebbe modo di conoscere suor Lucia, con la quale instaurò uno stretto rapporto di fiducia. Per anni fu sua collaboratrice. Assisteva suor Lucia nelle traduzioni della corrispondenza. Durante la guerra, ebbe persino l’incarico di portare personalmente, e spesso a memoria, messaggi a Pio XII e messaggi di questi a suor Lucia.
Pacelli conosceva la marchesa fin dagli anni della sua giovinezza. La Cadaval, infatti, aveva frequentato l’università a Roma ed era in buone relazioni con la famiglia del futuro Pontefice. Si trovò così a svolgere anche il ruolo di trait d’union tra suor Lucia e il Papa. Nel ’77 era anziana ormai, avrà avuto più di una settantina di anni.
Luciani l’aveva conosciuta prima di quell’occasione?
SENIGAGLIA: L’aveva vista in qualche occasione a Venezia.
E lei, la conosceva personalmente?
SENIGAGLIA: Sì. Era una mia parrocchiana. Durante i suoi soggiorni a Venezia abitava a due passi dalla chiesa di Santo Stefano e ogni giorno, al mattino presto, veniva a messa in parrocchia. Così ebbi modo di conoscerla. E fu in una di quelle mattine dopo la messa che, parlando del pellegrinaggio a Fatima, venne fuori l’idea della visita a Coimbra.

Fu dunque iniziativa della marchesa l’incontro di Luciani con suor Lucia, non fu la veggente di Fatima a chiedere di lui…
SENIGAGLIA: Mentre si parlava della visita a Coimbra la marchesa disse: «Se dovesse venire il patriarca… avrei piacere di presentarlo, con l’occasione, a suor Lucia». Ecco come venne fuori. E il seguito andò così: «Se le fa piacere…», risposi allora, «provi a chiederglielo…». «Guardi però», aggiunsi anche, «che se lei fa presente al patriarca questa possibilità, prima di partire, è probabile che le dica di no». Luciani, infatti, era sempre discreto e restio a queste cose. Attento a non dare mai incomodo a nessuno. E, «di sicuro», dissi alla Cadaval, «se lei glielo chiede prima, obietterà che staccarsi dai pellegrini non sarebbe opportuno, che farebbe perdere del tempo… Ma se glielo dice stando lì, all’ultimo, allora… può darsi che alla fine per un saluto accetti». E così fece, in accordo col padre Tiveron.

E l’incontro come si svolse?

SENIGAGLIA: La Cadaval si trovava già al monastero quando arrivarono i pellegrini e aveva informato suor Lucia della presenza del patriarca Luciani. Venuto il momento, al termine della celebrazione eucaristica, disse al patriarca che suor Lucia avrebbe avuto piacere di salutarlo. Insieme alla priora del convento entrarono in clausura.
La Cadaval lo accompagnò da suor Lucia e restò con loro.
Visto poi che Luciani riusciva a capire abbastanza bene il portoghese, si fece in disparte, e finito il colloquio lo riaccompagnò dove lo aspettava il segretario don Diego Lorenzi per andare a pranzo con gli altri.

Don Diego disse che quell’incontro durò un’ora e mezzo. Altri ritengono di più. Luciani stesso riferì di aver parlato a lungo… SENIGAGLIA: Ma… vero è che un tempo lungo per Luciani poteva essere già mezz’ora. Per chi aspettava forse potrà esser sembrato ancora più lungo… Ad ogni modo, né Luciani, né la Cadaval mi hanno mai rilevato questo fatto del tempo come qualcosa di eccezionale. So che raggiunse gli altri al ristorante e che dopo il pranzo, con la macchina messa a disposizione dalla Cadaval, tornò a Lisbona per poi rientrare a Venezia, dove aveva degli impegni. Tutto qui.

Lei incontrò Luciani al suo rientro da Fatima. Che cosa le disse?
SENIGAGLIA: Ricordo che entrai nel suo studio e mi disse: «Siediti». Questo significava che era in vena di raccontare.
Mi parlò del viaggio, del clima di autentica preghiera e dei gesti di penitenza commovente che aveva visto a Fatima. Dei pellegrini che avevano fatto un lungo tragitto a piedi nudi sui sassi nella spianada, sotto il sole, e delle pie donne che all’occorrenza medicavano, all’arrivo, i piedi di quei pellegrini.
Parlammo allora della differenza con Lourdes e poi ancora di queste diverse forme di pietà, e andando avanti nel discorso, a un certo punto, gli chiesi di Coimbra: «So che è stato lì e ha avuto modo anche di incontrare suor Lucia…».
E lui: «Sì, sì l’ho vista… Ah! ’sta benedeta monèga», mi disse, «m’ha preso le mani tra le sue e ha cominciato a parlare…».
Rimase quindi un po’ a pensare con le mani giunte, poi riprese: «… ’Ste benedete monèghe quando cominciano a parlare non la finiscono più…». Mi disse però che delle apparizioni non aveva parlato e che lui le chiese solo qualcosa sulla famosa “danza del sole”.
E poi?
SENIGAGLIA: E poi basta. Entrammo nelle questioni di Venezia. Prima di chiudere l’argomento gli dissi però, essendo allora direttore di Gente Veneta: «Eminenza, perché non ci fa un pezzo su questo incontro?». E lui: «Va bene, volentieri, lo faccio». Ed è quello che poi ha scritto.
Si riferisce alla relazione pubblicata il 23 luglio del ’77…
SENIGAGLIA: Esattamente. E lì scrisse quello che mi aveva accennato e tutto quello che, a riguardo, aveva in animo di dire. Scrisse, non senza il suo fine e abituale humour, del carattere gioviale, del parlare spedito della piccola suora, che con tanta energia e convinzione insisteva sulla necessità di avere oggi suore, preti e cristiani dalla testa ferma, e dell’interesse appassionato che rivelava, parlando, per tutto ciò che riguardava la Chiesa con i suoi problemi acuti. Scrisse poi che le rivelazioni, anche approvate non sono articoli di fede, che in merito si può pensare quello che si vuole senza far torto alla propria fede, e concluse con quello che sempre ripeteva riguardo al significato di questi luoghi mariani, e cioè: che apparizioni, non apparizioni, messaggi, non messaggi, i santuari sono lì solo per ricordarci l’insegnamento del Vangelo, che è quello di pregare.
[...]
E la marchesa, ebbe modo di rivederla dopo? Che cosa le riferì riguardo a quell’incontro?
SENIGAGLIA: La rividi a Venezia a settembre, in occasione della Biennale. Mi disse che era rimasta contenta per come era andato il pellegrinaggio. Che anche suor Lucia era rimasta contenta, e che, parlando con lei, dopo quel colloquio, la suora le disse che trovò Luciani una bella persona.
Non fece nessun altro riferimento alle parole dette da suor Lucia?
SENIGAGLIA: No.
[...]
Un anno dopo, nel marzo del ’78, ci fu però un episodio che fu all’origine delle successive dichiarazioni su quell’incontro a Fatima. Luciani disse al fratello Edoardo di aver incontrato suor Lucia e, vedendolo turbato, Edoardo mise in relazione questo fatto con le predizioni che la suora gli avrebbe riferito sul suo futuro…
SENIGAGLIA: Sono impressioni, ipotesi, deduzioni personali, che Edoardo espresse subito dopo la morte del fratello. E delle quali io non posso rispondere. Edoardo, tuttavia, non sapeva come era andata quella circostanza. Luciani gli disse solo che aveva incontrato suor Lucia. Nient’altro.

Resta però quel turbamento…
SENIGAGLIA: Ma quante volte, quando andavamo a trovare le suore di clausura a Venezia, lo sentivo dopo commentare: «Queste donne benedette… non escono mai e non se ne perdono una… conoscono i problemi della Chiesa meglio di noi!». Con suor Lucia ha parlato di questi in generale. Della Chiesa con i suoi odierni, acuti problemi, del pericolo dell’apostasia. L’ha detto. E quindi su questi può essere tornato, non senza preoccupazione, a riflettere.

Insomma, lei non ha mai dato peso a quell’incontro, non lo ha mai messo in relazione con l’elezione di Luciani e la sua repentina morte…
SENIGAGLIA: No. Né prima né dopo la morte.
Gliel’ho detto. Guardi, rividi Luciani anche quel mattino presto quando lasciò Venezia per il conclave. Era preparato a quello che sarebbe successo in quel conclave, sapeva, ne era cosciente. Come lo sapevano gli altri. Nessuna sorpresa. A Venezia erano passati a trovarlo vescovi e cardinali da tutto il mondo. Lo conoscevano, lo stimavano tutti. Del resto era stato indicato già nel ’72. Proprio qui, a Venezia, Paolo VI gli aveva messo la stola sulle spalle. È noto. Quella fu più di un’autentica profezia ad personam. E sotto gli occhi di tutti. Più di così… non ce n’era bisogno di altre.
Questo quindi è tutto, per quanto riguarda Luciani.
Quanto alla Cadaval…

Quanto alla Cadaval?
SENIGAGLIA: Morì quasi centenaria nel 1997. Vent’anni dopo, dunque, quell’incontro a Coimbra. E fino alla fine rimase attiva e lucidissima. Mai fece allusioni, né mai intuii, dalle sue parole, il minimo accenno a preveggenze, profezie di suor Lucia nei confronti della persona di Luciani.
L’anno precedente la morte della Cadaval, nel giugno del ’96, trovandomi a Fatima per gli esercizi spirituali, celebrai la messa nel convento di Coimbra insieme a un altro sacerdote, e anche a noi, la marchesa, permise di incontrare brevemente suor Lucia. Ci mise persino cortesemente a disposizione la macchina per andare e tornare. Questo anche per dire dell’amicizia, intercorsa e continuata nel tempo con lei, e di quante occasioni ho avuto, in tutti questi anni dopo la morte di Luciani, per vederla e parlarle."

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